27/07/11

La casta si attribuisce i successi di Tallin... mai un attimo di serenità in Fidal


Andrea Buongiovanni sulla Gazzetta di ieri ha tirato l'ennesima fucilata a pallettoni all'atletica italiana: ma ormai è davvero come sparare sul morto. Fortuna sono ancora unanimemente condivise le regole base sugli effetti della pubblicità: l'importante è parlarne, bene o male che sia, piuttosto che cadere nell'oblio dell'anonimato. Di sicuro l'atletica Made in Fidasics in questi anni ha fatto parlare molto la stampa: quasi sempre in male. Una volta lo sportivo italiano medio conosceva Mennea, la Simeoni, Cova, Panetta... oggi, a meno di essere un appassionato di atletica tra i più assidui, gli atleti più famosi del nostro sport li si riconosce esclusivamente con lunghe perifrasi: "ma sì, quello che si vuole  mangiare i Kinder... ma che poi una ragazza glielo ruba... come si chiama... ?". Oppure ci capita la sfortuna tutta pubblicitaria che il campione olimpico abbia un cognome teutonizzante cui manca il naturale (per noi italiani) rotacismo della "r" a metà (Schwazer contro SchwaRzer), rendendo tutto tremendamente difficile nell'agganciare il nome alla persona: fortuna che il Kinder lo mangia pure lui, rendendo quanto meno univoco il prodotto, al cambiare degli atleti. Italia atletica unita nel nome del Pinguì.
Torniamo alla Gazzetta e ad Andrea Buongiovanni: il giornalista torna su un tema già più volte affrontato, ma anche trito e ritrito da queste parti: la pochezza numerica della spedizione italiana a Daegu. Voglio dire: magari in Francia, in Inghilterra, in Germania le discussioni vertono su come finirà, quante medaglie si potranno vantare... in Italia le discussioni partono indistintamente dai pochi "minimati" italici e sfociano quasi sempre nel pianto greco sulla pochezza del movimento, che a dire il vero, almeno a livello giovanile, qualcosa sta facendo vedere. Più avanti vedremo che ciò che non può essere vantato per motivi logici dalla Fidal, in realtà proprio la Fidal se ne vanta.
La gazzetta snocciola qualche numero inclemente: 8 soli italiani hanno il minimo "A" per i mondiali, e uno solo di loro nelle corse (L'aresiano OVE, più noto come Howe). Gli altri sono Fabrizio Donato e Simona La Mantia nel triplo (per il reatino, minimo ottenuto nella stagione indoor), Vizzoni e la Salis nel martello, la Di Martino nell'alto, la Giordano Bruno nell'asta e Chiara Rosa nel peso. 3 uomini e 5 donne. Uno solo nella corsa in pista, due nei lanci e 5 nei salti. Aggiunte le due staffette, maratoneti e marciatori, e minimi "B" da valutare (guai se non portano due atlete non-militari come Caravelli-Gentili che i loro risultati li hanno letteralmente strappati alle proprie giornate lavorative) il limite massimo di atleti pronti per la Corea dovrebbe aggirarsi a circa 30 unità. 
Trenta atleti con pochissime possibilità di vittoria, naturalmente. Diciamo che dopo l'infortunio della Di Martino, il cielo si era fatto plumbeo sopra la testa di Arese (che per inteso, non se ne andrebbe nemmeno se facesse zeru tituli da qui all'eternità); ma ora è rispuntato Schwazer; senza contare che quest'anno Vizzoni non è poi così male, vista anche la vorticosa fluidità dei valori nel martello mondiale quest'anno. La Di Martino, chissà. Donato potrebbe sfruttare l'assenza di Thamgo in un altro panorama internazionale molto fluido. Difficile per OVE-Howe, che dovrebbe migliorare di mezzo secondo per entrare tra i medagliabili. Poi, perchè no, c'è il duo Rubino-Rigaudo, che forse è quello più solido e potrebbe farci la sorpresa. 
Ma avete notato una cosa? Nessuno di questi atleti è figlio della Fidal di Arese, ma trae origine da precedenti mandati: come dire, i talenti risalgono al periodo Ming dell'Atletica Italiana. La Fidasics (questa Hydra nata nel 2004, e che coniuga un signore incompatibile per la Statuto per via dei suoi interessi personali, col ruolo apicale che ricopre ... megato da tutti gli organismi di controllo interni che avrebbero dovuto osteggiarlo) non ha ancora prodotto in 7 anni un solo atleta da esporre sui teatri internazionali. Baldini, Vizzoni, Donato, Di Maritno, La Mantia... tutti originatisi in epoche diverse da quella attuale. 
Chiaro che non può certo essere Arese ad andare nell'oratorio di Ovodda o Vertemate con Minoprio a scoprire i talenti: ma gli impulsi tecnici, di risorse umane e pecuniarie, di idee, di strutture (manco una pista indoor alternativa ad Ancona in 7 anni... Padova verrà pronta giusta per l'anno olimpico ed elettorale: tipico in Italia, no?) partono tutte dal centro. 

In questo bellissimo quadretto emergono i risultati dei giovani in giro per il mondo, indubitabilmente. 
E ora smentitemi per favore. Qualcuno mi scriva e dica: "hanno ragione loro". No, perchè a leggere l'ultima intervista effettuata da Raul Leoni (speriamo che, almeno lui, ottimo e dettagliante giornalista non mi minacci di querele per averlo citato) per il sito della Fidal, si capisce proprio questa cosa: che grazie alla Fidal (io pensavo "nonostante") l'Italia junior si è ben comportata a Tallin. 
A dirlo è proprio la duplice testa dell'Hydra: Arese-Uguagliati, che probabilmente non hanno creduto ai propri occhi quando hanno avuto la possibilità di tirar fuori dall'armadio pieno di naftalina (visto l'inutilizzo dell'abbigliamento) la divisa da alta parata in Piazza Rossa e poter apporre le chilometriche mostrine delle vittorie. La frase incriminata di Arese è questa:

"Diamo credito ai risultati di questi ragazzi, ma non mi sembra giusto valutare lo stato di salute del nostro movimento facendo ogni volta il bilancio del singolo evento: in realtà abbiamo dato il via da tempo ad un progetto globale, nonostante le evidenti difficoltà, e quello che ci rende fiduciosi è proprio la continuità delle prestazioni nei vari livelli di competizione".

Sapete perchè non vuole valutare il bilancio del singolo evento? Secondo me perchè sugli junior, quelli di Tallin, la Fidal non c'azzecca proprio nulla. O almeno: cosa può aver mai fatto la Fidal per Tricca, Lorenzi, Danesini e Rontini se non aver avuto il merito di convocarli? Convocare le persone non fa parte di un progetto, ma di un dovere. Io sul sito della Fidal non ho mai letto nulla di questo progetto se non, un tempo, un finanziamento a pioggia (per cifre ridicole) ai tecnici e, forse, alle società  agli atleti. 
Io un vero progetto lo vedrei più come il prendere decine di ragazzi e monitorarli costantemente con un ufficio ricerche negli anni. Non seguirli finchè vanno bene e poi dimenticarsi di loro. Assistenza medica e tecnica costante. Sia che vadano bene, che, soprattutto dopo aver raggiunto ottimi risultati, inizino ad andare male. Bisogna capire quali siano le motivazioni che poi portano a lasciare lo sport. Un pool di persone che lavori a stretto contatto coi tecnici dei diversi atleti in maniera sinergica, collaborativa. Motivatori. L'unica cosa che conosco al momento sono i famosi "tutor" che secondo il sottoscritto hanno un ruolo motivazionale sui ragazzi. 
Un modo come un altro per dire agli elettori e ai media che qualcosa si fa per i giovani senza dover spenderci troppo tempo e denaro. Costa molto meno avere una manciata di tutor, che tener uniti centinai di tecnici, no? 
Ma voi pensate davvero che il pachiderma-Fidal abbia davvero dato il via ad una cosa del genere o anche qualche cosa di lontanamente simile? Pensate davvero che vi siano banche dati mostruose relative ai giovani sulle quale ragionare e fare progetti, tipo sullo studio dell'incessante abbandono degli atleti (se mi telefonano glielo spiego io)? Sono un inguaribile pessimista e credo proprio di no: c'è troppo lassismo in quella organizzazione. Basti pensare che fine abbiano fatto i campionati italiani assoluti: nonostante siano anni che le condizioni di quella manifestazione sono ad encefalogramma piatto, che nessuno ha mosso un solo dito per cambiare una virgola e cambiarne le sorti. Tipico della organizzazioni morenti. 

E se i famosi progetti esistessero davvero? Che poi, scusate: perchè non vengono mai pubblicati gli esiti di questi fantomatici progetti? O sono tali solo a parole quando si vincono le medaglie?

Riflessione finale: ma è mai possibile che anche di fronte ad un momento come la vittoria di una medaglia da parte di qualche giovane, ci si fiondi sopra come degli avvoltoi accreditando il successo a qualche cosa d'altro che non sia da accreditare totalmente all'abnegazione di qualche allenatore di provincia, al talento e alla fatica degli atleti che allena? Non si poteva per una volta esaltare queste realtà senza dover metterci immediatamente il marchio Fidasics sopra? 

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