31/07/11

Abate non si ferma più: ancora 13"57 in due giorni. Collio 10"16w, 10"30 e 10"34

Non c'è requie per il mio pc. E' ufficiale: Emanuele Abate è completamente posseduto da qualche demone. Di fatto è diventato praticamente ubiquo. Ieri era a Friburgo a corrersi due volte i 110hs (13"93 e il 13"57 del minimo "B"). Questa sera apro il sito della Fidal, e vedo che Abate nel frattempo è già a Malles, in Alto Adige, a corrersi un altro paio di batterie a finali sugli ostacoli alti. Ma quanti km avrà fatto in un paio di giorni? 4 gare in meno di 24 ore e due minimi "B" per Daegu, entrambi a 13"57 e un 13"69. Ci vorrebbe adesso qualcuno della Federazione che lo chiamasse e gli dicesse: "ok, ok, abbiamo capito... adesso fermati!". Già perchè, solo prendendo in considerazione il database della Fidal e aggiungendo i dati di queste quattro gare, siamo a 12 gare in un solo mese (luglio), cioè quelle che un altro atleta "top" si fa in un anno intero. 22 nella stagione outdoor (cioè due anni dello stesso atleta "top"), al netto delle gare che sono state svolte all'estero e che vengono aggiornate con qualche settimana di ritardo. Un pazzo (scherzosamente, si intende). Aggiungeteci quelle indoor (12), e al momento tra batterie e finali, Abate sale a quota 34. Tre anni di un atleta "top". E siamo a metà della stagione... 
Per il resto il meeting di Malles dimostra il leit motiv dei meeting italiani delle ultime settimane: tanti stranieri e pochissimi italiani. Ma il problema qual'è? Gli italiani non vogliono correre (Abate a parte, evidentemente) o molto meno prosaicamente... non ci sono? Probabilmente in medio stat virtus. Così nei 100 Mike Rodgers con quasi due metri di vento contro corre in 10"19, ma anche se è uno dei miei amici su facebook, non ha la solidità prestativa dei tre tenors Asafa-Usain-Steven... E di Dix, naturalmente (tenetelo d'occhio). Rodgers si è qualificato per i mondiali passando i trials e ha già corso il suo carnet di volate sotto i 10" con il PB a 9"85. Ma così, a sensazione, mi sembra "tenerino". Dietro di lui rispunta dopo un periodo di oblio Abdulaziz Zakari! C'è ancora il ghanese! 10"38 con le condizioni di cui sopra. Va a finire che ce lo troviamo in semifinale a Daegu, per divertirci a rigirarci sulla lingua il suo nome-cognome. Nella seconda serie vedo con piacere finalmente impegnato su un 100 Diego Marani. 10"88 con 1,6 di vento (strano che a pochi minuti di distanza il vento sia passato da -1,7 a +1,6). Non conosco cosa sia successo, certo che se prendiamo il risultato così, ce la dice lunga sul perchè Marani non riesca ad uscire dallo stallo fissato sui 21"1/21"2 sui 200. Manca velocità. Nei 100 femminili, dietro all'americana Candyce McGrone, giunge Ilenia Draisci: 11"75 versus l'11"85 di Martina Giovannetti con vento quasi nullo. Stiamo navigando verso nuove stagioni, come scrivevo dopo Arzana. Purtroppo finchè non si vedranno tempi sotto gli 11"50, saremo una nazione non proprio all'avanguardia nello sprint femminile. Usiamo questo eufemismo. 

Cambiamo destinazione ed andiamo in Svezia. No, qui Abate non c'era, ma per scrupolo guardo lo stesso se lo scovo nei 110hs... mmm... non c'è. La gara si svolge a Sundsvall, 400 km a nord di Stoccolma, e ha l'accattivante e ammaliante nome per ogni sprinter di "WindSprint". Un pò come "Via col vento" in salsa Donnasruola. Ma stavolta il vento sul Mar Baltico non soffia a sufficienza (per fortuna) e così Simone Collio se lo trova solo in una delle tre volate (!!) con cui corre i 100 metri: ma quella volata è una gran volta: 10"16, primo sub-10"20 dell'anno per un italiano, anche se ventoso (2,8). Ma che Simone stesse abbastanza bene, si era visto già in batteria: 10"34 con vento quasi nullo: 0,2. Secondo tempo dietro al jamaicano (un altro...) Rasheed Dwyer, 10"32, che è un signore che ha un PB di 10"29. Nella seconda serie spunta l'altro Jam Jacques Harvey, assente nelle batterie (quest'anno 10"09 regolare), e spara 10"03 davanti a Collio col citato 10"16. 2,8 il vento. Finita qui? Macchè: nella lista compare pure un "100-extra": Collio secondo in 10"30 con 0,7 di vento. 
Al meeting era presente anche Roberto Donati: 10"70 con 2,8 e 10"76 con 0,2 di vento. Forse davvero non era così in forma. Inutile rivangare le situazioni delle ultime settimane, ma penso che sia concorde anche lui: in questo momento c'è chi va indubbiamente più forte di lui. Di sicuro ha ancora tanto tempo davanti (ha solo 28 anni) per tornare a correre in tempi vicini ai 10"40 sui 100 e soprattutto sui 20"70/20"80, che allora sì, non riserverebbero dubbi su eventuali staffette. Infine presente anche Leonardo Capotosti sui 400hs: secondo in 51"51. E che dire della "master" Debbie Ferguson McKenzie? Classe 1976, e 11"18 sui 100 con 0,2 di vento?

Terra Sarda: Caravelli bussa ancora ai 13" (che non aprono)... Mullings "coreano": 9"93

Marzia Caravelli è davvero una delle atlete italiane dell'anno. Se dalla Di Martino e dalla La Mantia ce lo si poteva anche aspettare (le imprese al coperto), una Caravelli così non era certo preventivabile. Una delle atlete italiane (migliori) di sempre nei 100hs: anzi, probabilmente per spessore di risultati nel mio personalissimo ranking la seconda di ogni tempo dietro solo alla leggendaria Carla Tuzzi, che per il momento rimane la più brava, anche per la longevità della sua carriera (10 anni sulla breccia con 19 titoli italiani: a questo link la sua carriera in un click). Marzia per superarla, oltre al record italiano, probabilmente dovrebbe aggiungere una medaglia continentale. L'ultimo piccolo pezzo di storia l'ha scritto ieri pomeriggio nel teatro naturale di Arzana in Sardegna, a 800 metri sul livello del mare. 13"01, con vento nulla e lista all-time nazionale ancora scardinata. Peccato, davvero, per il tempo di reazione allo sparo: le immagine mostrano quell'attimo di ritardo in più rispetto alle altre: visivamente sembrerebbe superiore agli 0"200: bastava quell'attimo in meno, e avevamo la terza donna italiana sotto i 13". Per tornare alla Caravelli-storica, qui sotto tutti i risultati italiani fino a 13"05. 

  1. 12.97 1.1 (1) Carla Tuzzi - 67 - Cises Frascati - Valencia - 12 Giu 94
  2. 12.97 -0.2 (1)r1 Tuzzi - Trento - 16 Giu 94
  3. 12.98 -1.3 (5) Micol Cattaneo - 82 - Carabinieri - Annecy - 22 Giu 08
  4. 13.01 0.7 (1) Marzia Caravelli - 81 - Cus Cagliari - Pergine - 23 lug 11
  5. 13.01 0.0 (1) Marzia Caravelli - Arzana - 30 lug 11
  6. 13.03 0.2 (2)b4 Tuzzi - Helsinki - 8 Ago 94
  7. 13.03 1.6 (3) Margaret Macchiut 74 - Fondiaria Sai - Valencia - 28 Mag 06
  8. 13.03 0.9 (1)r1 Cattaneo - Lugano - 12 Giu 09
  9. 13.04 0.0 (8) Tuzzi - Montecarlo - 2 Ago 94
  10. 13.04 0.0 (1) Tuzzi - Caserta - 27 Mag 95
  11. 13.05 -0.4 (6)sf1 Tuzzi - Helsinki - 9 Ago 94
  12. 13.05 0.9 (1) Tuzzi - Valencia - 31 Mag 97
  13. 13.05 -0,3 (1) Marzia Caravelli - Torino - 25 giu 11
  14. 13.05 0.5 (3) Marzia Caravelli - Le Chaux - 3 lug 11
Peccato anche per un secondo motivo, che mi è sovvenuto solo in seguito: se Marzia Caravelli avesse fulminato il record italiano, si sarebbero spalancate le porte per i mondiali anche per Veronica Borsi, che quest'anno ha corso anche lei il limite "B" per Daegu. La politica federale sembra essere scesa a più miti consigli, di fronte agli attacchi incrociati della Gazzetta e alcuni siti internet specialistici sullo spessore numerico del movimento. Comunque sia, la Borsi ad Arzana ha corso in 13"15 che passa quasi inosservato, ma che rappresenta sempre un crono che in Italia ha la sua visibilità storica. Da profano sembra armonica nella tecnica. Se la crescita non si ferma qui, l'anno prossimo si potrebbero vedere grandi sfide a... tre, se non quattro. Già perchè, per 5 ostacoli non solo Caravell-Borsi, ma anche Micol Cattaneo, che ha via via perso terreno: 13"34. Indizi sulla scena del crimine che indicano come la Cattaneo stia ritornando quella della stagione 2008-2009. E senza dimenticare la giovanissima Pennella, che quest'anno ha fatto un gran balzo di qualità. I 100hs sono in questo momento la specialità femminile con il più alto tasso tecnico (statisticamente) insieme al salto in alto, anche se non produce ancora il "faro" internazionale. Le altre producono eventualmente grandi punte, ma senza quel sottobosco di atlete che possono contribuire ad una crescita generalizzata.

Di sicuro il risultato con più visibilità mondiale è stato il 9"93 dell'iguana giamaicana Steve Mullings, che nel 2011 è entrato nel palazzo della notorietà dello sprint mondiale (ma chiaramente prima non era Carneade). 1,4 il vento a favore e 7^ volta sotto i 10 nel 2011 e... nella carriera con il celeberrimo 9"80 di Eugene (gara stellare, con 6 sotto i 10") come PB. Un bel record per il meeting di Arzana. Peccato che sia mancata la sfida con Travis Padgett, suo compagno di allenamento, bannato dalla gara per falsa partenza. Sarà ancora Steve-iguana-Mullings a impressionare sui 200, gara in cui si è imposto ai trials giamaicani con 20"11 e che lo vedrà quindi nel novero della muta anti-Bolt (io lo dico: occhio a Walter il mago Dix). 20"22 con 0,2 per Mullings. Alle sue spalle, dopo circa un secondino, Diego Marani con 21"16 in leggera crescita, opposto al 21"28 di Davide Manenti il leggera flessione. Comunque: hanno centrifugato questi tempi per tutta la stagione, senza particolari svarioni, ma senza nemmeno le punte degli anni scorsi sotto i 21". Condotte stagionali e prestative praticamente speculari: peccato che non si riescano mai a vedere sui 100 o sui 400, per migliorare qualche tips che potrebbe aiutarli nel mezzo giro, come del resto i più grandi sprinter mondiali ci hanno abituato a vedere. 

400 un pò sottotono: Spence Lanforde, giamaicano pure lui, finisce il lap in 46"36, visibilmente contrariato. Del resto è un tizio che quest'anno ha corso in 45"46 e ha un 44"77 di PB. Terzo ai trials jams... sapete quale dovrebbe essere il problema? Che nessuno dei 3 jamaicani al traguardo a Kingston ha ottenuto il minimo "A" per Daegu: ergo ne va solo uno col "B", cioè il primo di quella gara, ovvero Riker Hylton. Paradossalmente l'unico ad avere il minimo "A" è Jermaine Gonzales, 44"69 quest'anno, ma che è arrivato solo 4° a Kingston. Domanda: portano lui e il vincitore Hylton? Lo scopriremo solo vivendo. Alle spalle di Lanforde, lontani qualche decimi di secondo, il duo Juarez-Galletti, al traguardo praticamente appaiati con 46"89 e 46"90. Diciamo... tutta esperienza, anche se non ce ne sarebbe bisogno, visto che traguardi a breve gittata per i 400isti italiani non ce ne sono, a meno di sviolinare un limite "B", anche se francamente ancora un pò lontano attualmente dalle loro corde. Comunque: qui bisogna darsi da fare perchè Tricca-Lorenzi sono invasati e viaggiano sulle ali dell'entusiasmo. L'anno prossimo (se non quest'anno, perchè no?), potrebbero già scendere sotto i 46". Sarebbe bello rinverdire i fasti dell'ultima vera ondata di 400isti: Nuti, Vaccari, Grossi, Aimar, Petrella... 

Sugli 800 maschili si impone il marocchino Amine El Manaaoui. Tempo? 1'46"48. Gara leprata a 51"2 sui 400, e poi spazio al duello finale tra l'ennesimo Kiplagat keniano e il magrebino, più killer nel momento topico. Terzo il "milanese-senegalese" Mor Seck, con 1'47"81, mentre quarto con un "normale" (per lui) 1'48"53 Giordano Benedetti. Giordano che visivamente sembrava già entrato in fase calante ai 550, sul rettilineo opposto a quello di arrivo e un pò remissivo nel rettilineo finale. Del resto questi sono i suoi tempi di quest'anno. Quanto davvero mancano un paio di secondi per iniziare davvero a ragionare in grande. Il fisico alla Steve Cram già lo aiuta parecchio, adesso deve aiutarsi da solo, no?

Detto che nei 3000 c'è stato un Kemboi che ha battuto un Tanui (ma è come se in Italia ci fossero solo Rossi, Bianchi e Verdi!!) sul piede dei 7'49"95, e che nell'alto si è imposto l'americano Jamie Nieto con 2,20, nel lungo si è vista la vittoria del lunghista cubano Wilfredo Martinez: 7,93. Stefano Dacastello anche in recessione: solo 7,24. Oh, non dimentichiamoci che a Torino aveva vinto i campionati italiani con 7,82. Che è successo nelle ultime settimane, visto che si annovera anche la debacle dei campionati mondiali militari di Rio (7,41 in qualificazione e 7,35 in finale)?

Tra le donne, sui 100 si impone Alexandria Anderson con 11"12 (0,6 di vento contro), quasi sconosciuta al duo Tilli-Mori (commentatori d'eccezione per la tv locale Videolina, che ha trasmesso in diretta sul canale 519 di Sky tutto il meeting... mi son reso conto perchè c'è comunque sempre bisogno di un professionista delle telecronache, anche se non ci capisce un "h" di atletica). Ma la Anderson ha fatto una gran stagione indoor, oltrechè 5^ ai trials americani e capace di un 10"91 ventoso (11"01 regolare). Battuta la jam 4 volte finalista olimpica (nonchè oro) Sheron Simpson, 10"82 di PB e 11"32 ad Arzana. Sempre troppo pericolosamente vicine ai 12" le italiane: 11"88 Giulia Arcioni, e 11"93 Aurora Salvagno, in quello che per la velocità femminile azzurra non può non essere considerato l'anno zero, ma con tante speranze per il futuro, perchè no? Nei 200 delle tre americane sotto i 23" (Tiffany Townsend 22"88, la nostra amica Alexandria Anderson 22"90 e Charonda Williams 22"97), Marzia Caravelli dimostra di essere l'attuale migliore interprete della specialità: 23"59 con 0,4 davanti alla Arcioni, 23"74. Anche qui: non sarebbe forse il caso di prendere in maniera "nazionale" i 200 come specialità "target"? Troppa gente sui 100 per emergere: sarebbe il caso di farci un pensierino.

Sugli 800 Marta Milani ingaggia un corpo-a-corpo con la russa Anastasiya Vosmerikova: entrambe lasciano la lepre al suo passaggio in 58"9 e passano in 1', dandosi battaglia di lama sul rettilineo finale. Alla fine per la Milani 2'02"91 contro il 2'03"07 della sovietica. Al quarto posto Elisabetta Artuso, classe '74, infrange ancora una volta la barriera dei 2'04": 2'03"74. Judith Varga, classe '76 2'06"45 mentre Emanuela Baggiolini, classe '72 2'09"65. Sembra che manchi davvero un ricambio generazionale sugli 800 italiani al femminile, che molto misteriosamente ha visto la scomparsa di almeno due generazioni di atlete. Che fine hanno fatto? 

Abate 13"57 a Friburgo (minimo B... quasi A) il giorno dopo delle convocazioni? E ora?


Notizia da finale di film horror. PsychoNon aprite quella porta? La Federazione venerdì produce il listone dei convocati e si tiene in mano 4 belle carte di cui una la mette sul tavolo, ma senza giocarla (Schembri). Le tre carte (che chissà se giocherà mai) sono Weissteiner, Gibilisco e Cusma. Quindi 31 figurine ce le siamo già giocate, 4 sono lì lì: Gibilisco nel frattempo ieri sera a Bucarest spara a vuoto: 5,22 e prima di chissà quante opportunità bruciate. Ma giusto ieri, mi chiedevo nell'articolo pubblicato (lo trovate qui) come mai tra i "papabili" non fossero stati inseriti, visto che si erano avvicinati più volte di Gibilisco al minimo "B", nè Vistalli, nè Abate. Mistero Gaudioso. Passa un giorno dalla fumata bianca che si eleva ad ampie volute verso il cielo, ed Emanuele Abate scende in pista a Friburgo, in Svizzera, e succede il miracolo. Ecce homo!! Si ode da quaggiù, oltre le Alpi, un 13"57 con 1,5 di vento, almeno questo è quello che si scrive sul sito ufficiale dell'atletica elvetica. Ma come si fa a dubitare sui tempi messi degli svizzeri, direte voi... Right! Record personale, a 5 anni dal 13"59 ottenuto a Ginevra nel 2006. Sesto italiano di sempre... solitario, visto che condivideva sempre la sesta posizione nelle classifiche all-time con Devis Favaro (entrambi 13"59). Bè, il finale thrilling è... e ora??? 

Come volevasi dimostrare, direi. La mancanza di regole certe, pontificavo ieri, porta a paradossi difficilmente oltrepassabili senza fare figuracce. Se viene portato in Corea Giuseppe Gibilisco (se beneauguratamente dovesse fare il minimo...) perchè non Emanuele Abate? Perchè continuare a crearsi labirinti di parole che mettono all'angolo ancora una volta la serietà dei criteri adottati? Il limite per la IAAF scade il 15 agosto... il tempo c'è. Abate, a questo punto, pure. Impossibile non portarlo. 

Giusto per essere precisi (più o meno): Abate quest'anno ha corso 7 volte sotto i 13"70 (una sola ventosa e diverse controvento), situazione che gli consentirebbe, se ripetuta nel posto giusto e al momento giusto, di superare almeno un turno ai mondiali. Se poi qualcuno riesce a bloccarlo per qualche giorno (in pratica sta viaggiando da un mese con l'Enterprise a velocità curvatura per tutta Europa per questo dannato minimo) per farlo rifiatare, riesce anche a finalizzare le batterie dei mondiali con la dovuta dignità. 

Ma io sto precorrendo i tempi, me ne rendo conto. Abate non era inserito nel "listone". Mò dovranno rimangiarsi la parola? Come la penso? Per forza. Bravo Abate... e ora sarebbe l'apoteosi con Marco Vistalli. 

30/07/11

Convocazioni ai mondiali: praticamente la "nostra" squadra...

32 atleti. 32 azzurri saranno quindi presenti a Daegu. Ieri è stata ufficializzata la quasi-rosa per i mondiali di atletica in Corea. Qui la lista dal sito della Fidal.  Andrea Buongiovanni sulla Gazzetta dello Sport erano due settimane che diceva che non sarebbero stati più di una trentina, ed invece eccoli qui con questo scherzetto finale: non gliela potevano mica dare vinta a lui! Due in più del par. Tutti dentro alla fine, ma in attesa che il numero si possa rimpinguare con altri tre atleti cui è stata fornita una proroga, ed in attesa che uno dei 32, confermi "l'efficienza per la definitiva conferma". Ricapitolando: vestiranno a Daegu l'azzurro da 31,5 atleti a 35. A oggi il dato è ancora in divenire, giustamente. Siamo in Italia del resto, il paese dell'eterna indecisione (mi ci metto anche io nel novero) e qualsiasi scelta non è mai definitiva, nel solco del "teniamoci sempre una porta aperta". Quello che par strano è un fatto: l'atletica è uno sport individuale. La Federazione dovrebbe essere il motore immobile del movimento per certi aspetti: se un bravo atleta ottiene il minimo (soprattutto se è "B", su quello "A" non penso ci debba essere alcun dubbio), perchè tenerlo sulle spine fino all'ultimo, visto che i minimi non sono certo così accessibili come si potrebbe pensare? Perchè, come ha detto qualcuno sulla nostra bacheca facebook, aspettare di pescare il numero giusto "alla lotteria" per sapere se essere convocati/pescati o meno?
Quello che trasuda italianità, come al solito, sono i due pesi e le due misure con cui vengono trattati gli atleti, la mancanza di regole certe, dispositivi che vengono scritti nero su bianco e poi vengono immancabilmente rimangiati all'atto delle convocazioni. Se fosse stato per il documento Made in Fidal intitolato "criteri di partecipazione ai Campionati Mondiali", la spedizione italiana sarebbe stata composta da non più di una 20ina di atleti (staffette e marciatori compresi). Il codicillo-capestro era comparso proprio laddove venivano gestite le convocazioni dei minimi "B": o sei nato dopo il 1988 o sei tra i primi 24 al mondo. Altrimenti nisba. 
Risultato: ecatombe di convocazioni, perchè volenti o nolenti il nostro movimento non produce atleti di tal fatta: giovani e... forti. A livello individuale avremmo davvero visto non più di 10 italiani. Tant'è che per non doversi più così platealmente rimangiare la parola, sembra che dai prossimi campionati internazionali questo aspetto venga mestamente cancellato. 
Ma rimaniamo su questa cosa: i criteri di convocazione. Ma è mai possibile che non vi siano regole certe e uguali per tutti sin da subito? Ci sono due perversità nelle convocazioni: la prima è quella dell'ulteriore "verifica" prorogata per tre atleti (Gibilisco, Weissteiner e Cusma), la seconda è l'ulteriore prova di efficienza richiesta a Schembri.
In pratica due decisioni che sono simpaticamente contraddittorie fra di loro. A tre che evidentemente "l'efficienza" non l'avevamo mai dimostrata (emblematico il caso di Gibilisco, strano il caso per la Cusma che il minimo l'ha pur fatto) si dà un'ulteriore possibilità (o chissà quante altre); a Schembri che di quelle prove di efficienza ne ha mostrate sin troppe (vincendo pure in Coppa Europa, laddove Gibilisco uscì dalla gara prima ancora di entrarci) se ne chiede una in più. Domanda: e se paradossalmente Gibilisco facesse il minimo e Schembri non dimostrasse la propria efficienza? Sarebbe una terribile ingiustizia, perchè il lombardo ogni volta che è stato chiamato ad uscire dalla trincea e a buttarsi contro il nemico sul campo in battaglia, è saltato fuori dalla buca col fucile in mano e correndo a perdifiato è arrivato sin dall'altra parte. Gibilisco ha infilato una serie impressionante di "x" nelle proprie gare, tanto che ieri sera il co-conduttore della trasmissione radio "Queenatletica", ha sostenuto che il suo miglior risultato quest'anno è stato... un nullo. In realtà ha un paio di risultati validi: a Firenze in Coppa Italia 5,55 (come Stecchi) e a Montecarlo 5,45. Ma sono stati forse gli unici salti validi in 7 mesi di attività. Che poi Gibilisco (il più grande astista italiano, visti i successi internazionali... su questo non ci sono dubbi) ha bistrattato pure Campionati Italiani assoluti sia indoor che outdoor, dando l'idea che la propria attività sia completamente avulsa da tutto quello che gli succede attorno in Italia. Insomma, non è stato in questa stagione propriamente lo Steven Hooker della situazione, tanto da consentirgli di avere questa ulteriore agevolazione e tutta questa libertà. 
Comunque: è possibile, Signora Fidal, avere regole certe per tutti sin dall'inizio? Ci va della credibilità dell'intera organizzazione e il malessere di molti tesserati nasce anche da qui. Non sapere mai come andrà a finire... Aver avuto le idee chiare sin dall'inizio avrebbe portato gli atleti a gestirsi in maniera sicuramente diversa. 
Perchè ad esempio la proroga non è stata concessa a Marco Vistalli o ad Emanuele Abate che al minimo si  sono avvicinati diverse volte, comunque molte più di Gibilisco?  

Entrando nel merito delle scelte, fa molto piacere vedere che alla fine saranno portate Marzia Caravelli e Manuela Gentili, che rappresentano un piccolo spicchio dell'Italia atletica alternativa, quella cioè delle società non militari. Ma più che società civili o militari (ultimamente i comportamenti di alcune società civili non è che mi vadano molto giù), la dicotomia è tra atleti pagati dallo Stato e Atleti Self Made. Digressione: ma perchè in Italia poi l'attività deve essere così vincolata alle società e non si riesce a creare come in tanti altri paesi  un tesseramento "unattached" per cui uno, semplicemente presentando alla Fidal un certificato medico di idoneità alla pratica agonistica, si prende la sua tessera senza dover dipendere per qualsiasi cosa dalla propria società? Tanto molti atleti non hanno alcun tipo di rimborso, alcuna utilità a vestire questa o quella maglietta. E' una scelta matura in uno sport individualista, dove invece si impone il corporativismo forzato. Arrivati ad una certa età si dovrebbe imporre questa libertà di scelta da vincoli: il rapporto con la società d'origine è stato comunque un do ut des, e non solo un des da parte della stessa società. La cosa potrebbe portare anche alle prime forme di sovvenzionamento dei migliori tecnici (dovesse davvero esistere una parte di popolazione non vincolata alle società). Un germe di cambiamento. 
Paura, eh? Non vi sentite un pochino tutti ostaggio dell'atletica societaria? Sarebbe anche il modo per alcuni sponsor di Brand alternativi a quello istituzionale (un paradosso anche solo nello scriverlo) ad entrare in questo sport, sovvenzionando in maniera adeguata i campioni che abbiamo a disposizione. Che bello sarebbe stato vedere, che so, Andrew Howe, vivere del proprio talento debitamente ripagato (che gli avrebbe consentito un termine-carriera molto decente, con cifre decisamente diverse e che gli avrebbero permesso di pagarsi tecnici ultra-specializzati negli States, o avere un terapista personale... o comunque questo genere di amenità che ad un certo livello fanno la differenza tra campioni e campionissimi). 

Marzia Caravelli sarebbe stato un oltraggio alla decenza non portarla. Due titoli nazionali, tre risultati che sono entrati nelle liste italiane di sempre nella top-ten dei 100hs. Anche se un pensiero non può non essere dedicato a Veronica Borsi, autrice di una stagione straordinaria, ma che avendo ottenuto il minimo "B" come Marzia non poteva più essere trasbordata in Corea proprio per il fatto che c'è la possibilità di avere un solo convocato con quel criterio (e 2 o 3 col minimo "A"). E la Caravelli ha decisamente dimostrato di essere stata migliore, se non altro nello scontro diretto. Borsi consolatasi con l'argento ai mondiali militari: lo so che è poco, ma... Speriamo che nell'anno olimpico siano almeno in 2 (o 3?) col minimo "A" (manca un decimo alla Borsi e 5 centesimi alla Caravelli... poi si spera nel miglioramento della Pennella e nel ritorno della Cattaneo). La concorrenza di sicuro stimola al miglioramento. 

Contento anche per Manuela Gentili, che ha corso quest'anno 6 volte tra 56"23 e 56"72 (sto parlando dei 400hs), ovvero tre volte sotto il minimo "B" di 56"55. Ma che per quella regoletta introdotta maldestramente dalla Fidal, rischiava di essere tagliata fuori per una posizione (avendo qualche stagione sopra i 23 anni, doveva infatti posizionarsi tra le prime 24 al mondo... lei era 25^). Ma l'ho già detto? Con un budget annuale di 20 milioni di euro, come è possibile solo il pensare di non portare un atleta che ottiene il minimo (A o B non importa) alla massima manifestazione internazionale di quell'anno? Si tagliano al limite le presenze di persone che viaggiano "allegate" alle trasferte, non certo atleti che si conquistano la partecipazione sulle piste o sulle pedane.

Poi c'era l'annosa questione della 4x100 maschile dove ha prevalso la Ragione e ha perso Di Mulinho. Bocciata la 4x100 cui teneva tanto, ma sarebbe stato francamente troppo. Inaccettabile. Giusto precisare: se Maurizio Checcucci e Roberto Donati avessero corso in stagione 10"25/10"30 e 20"60/20"70 come non prenderli in considerazione? Se si fossero presentati agli Italiani di Torino mettendoci la faccia, e arrivando davanti ad altri (o quanto meno arrivando tanto vicini da insinuare il dubbio che magari, chissà, in altre condizioni avrebbero potuto superarli... ci metto pure questa possibilità), perchè non portarli? Ma anche Christophe Lemaitre ha partecipato ai campionati nazionali (ha pure fatto 9"92) e la partecipazione alla massima rassegna nazionale è per certi versi obbligatoria (eticamente e pragmaticamente) e funzionale alle convocazioni per la Nazionale. Per questo non porterei Gibilisco, anche se dovesse saltare 5,90. E' ora che tutti partecipino ai campionati nazionali soprattutto se si è atleti che ricevono denari forniti dai contribuenti. E' un dovere.
Quindi, oltre agli inamovibili Collio-Di Gregorio (un pò appannati quest'anno) spazio al nuovo Michael Tumi, ma anche a Fabio Cerutti, Jacques Riparelli e Matteo Galvan. Ora sarà bello vedere come sarà disegnata, anche se obiettivamente il motore da favola (i già menzionati Di Gregorio e Collio) non sembra quello dell'anno scorso, e già l'accesso alla finale sarebbe un ottimo traguardo. Di fatto ci sono 3 ottimi partenti (Cerutti, Tumi e Riparelli), un buon duecentista (Galvan). Riparelli appare il più duttile su entrambe le frazioni, ma Cerutti ha comunque nel passato provato come ultimo. Vedremo. Speriamo solo che adesso per un mese intero torni il sereno, si lavori insieme concordemente, giusto per fare una figura dignitosa a Daegu.

Nella 4x400 femminile, che viene portata nella configurazione più performante possibile (qui nessun dubbio), come riserva la spunta la lecchese Elena Bonfanti sulla Sirtoli. Mentre l'altro possibile ballottaggio Chesani-Fassinotti, se lo aggiudica senza nemmeno tanti dubbi il primo, che ha saltato 2,28  in due circostanze vincendo pure il titolo italiano. E aveva pure 23 anni: due certificati-Fidal, diciamo. 

Di Fabrizio Schembri ne ho già parlato: ma diamogli tempo di preparare i mondiali senza doversi ancora buttare a capofitto in un'altra gara da "o dentro o fuori" che prosciuga energie nervose. Che situazione, eh? Sai di essere convocato, ma non del tutto. 
Per Elisa Cusma, invece discorso inverso. Ha il minimo "B", sa di non essere convocata e deve ancora dimostrarlo. Ad ognuno le proprie valutazioni. 

Per concludere: è andata bene. Alla fine ha prevalso il buon senso (al 90%), ma chiaramente non poteva terminare con il fiabesco lieto fine. Per 4 atleti c'è ancora una prova (o quante ancora?). Comunque: ci ho quasi azzeccato su tutte le convocazioni "dubbie". Non penso mi leggano, non ritengo di avere questa diffusione con questo piccolo blog. Quindi sono quasi un veggente...

27/07/11

La casta si attribuisce i successi di Tallin... mai un attimo di serenità in Fidal


Andrea Buongiovanni sulla Gazzetta di ieri ha tirato l'ennesima fucilata a pallettoni all'atletica italiana: ma ormai è davvero come sparare sul morto. Fortuna sono ancora unanimemente condivise le regole base sugli effetti della pubblicità: l'importante è parlarne, bene o male che sia, piuttosto che cadere nell'oblio dell'anonimato. Di sicuro l'atletica Made in Fidasics in questi anni ha fatto parlare molto la stampa: quasi sempre in male. Una volta lo sportivo italiano medio conosceva Mennea, la Simeoni, Cova, Panetta... oggi, a meno di essere un appassionato di atletica tra i più assidui, gli atleti più famosi del nostro sport li si riconosce esclusivamente con lunghe perifrasi: "ma sì, quello che si vuole  mangiare i Kinder... ma che poi una ragazza glielo ruba... come si chiama... ?". Oppure ci capita la sfortuna tutta pubblicitaria che il campione olimpico abbia un cognome teutonizzante cui manca il naturale (per noi italiani) rotacismo della "r" a metà (Schwazer contro SchwaRzer), rendendo tutto tremendamente difficile nell'agganciare il nome alla persona: fortuna che il Kinder lo mangia pure lui, rendendo quanto meno univoco il prodotto, al cambiare degli atleti. Italia atletica unita nel nome del Pinguì.
Torniamo alla Gazzetta e ad Andrea Buongiovanni: il giornalista torna su un tema già più volte affrontato, ma anche trito e ritrito da queste parti: la pochezza numerica della spedizione italiana a Daegu. Voglio dire: magari in Francia, in Inghilterra, in Germania le discussioni vertono su come finirà, quante medaglie si potranno vantare... in Italia le discussioni partono indistintamente dai pochi "minimati" italici e sfociano quasi sempre nel pianto greco sulla pochezza del movimento, che a dire il vero, almeno a livello giovanile, qualcosa sta facendo vedere. Più avanti vedremo che ciò che non può essere vantato per motivi logici dalla Fidal, in realtà proprio la Fidal se ne vanta.
La gazzetta snocciola qualche numero inclemente: 8 soli italiani hanno il minimo "A" per i mondiali, e uno solo di loro nelle corse (L'aresiano OVE, più noto come Howe). Gli altri sono Fabrizio Donato e Simona La Mantia nel triplo (per il reatino, minimo ottenuto nella stagione indoor), Vizzoni e la Salis nel martello, la Di Martino nell'alto, la Giordano Bruno nell'asta e Chiara Rosa nel peso. 3 uomini e 5 donne. Uno solo nella corsa in pista, due nei lanci e 5 nei salti. Aggiunte le due staffette, maratoneti e marciatori, e minimi "B" da valutare (guai se non portano due atlete non-militari come Caravelli-Gentili che i loro risultati li hanno letteralmente strappati alle proprie giornate lavorative) il limite massimo di atleti pronti per la Corea dovrebbe aggirarsi a circa 30 unità. 
Trenta atleti con pochissime possibilità di vittoria, naturalmente. Diciamo che dopo l'infortunio della Di Martino, il cielo si era fatto plumbeo sopra la testa di Arese (che per inteso, non se ne andrebbe nemmeno se facesse zeru tituli da qui all'eternità); ma ora è rispuntato Schwazer; senza contare che quest'anno Vizzoni non è poi così male, vista anche la vorticosa fluidità dei valori nel martello mondiale quest'anno. La Di Martino, chissà. Donato potrebbe sfruttare l'assenza di Thamgo in un altro panorama internazionale molto fluido. Difficile per OVE-Howe, che dovrebbe migliorare di mezzo secondo per entrare tra i medagliabili. Poi, perchè no, c'è il duo Rubino-Rigaudo, che forse è quello più solido e potrebbe farci la sorpresa. 
Ma avete notato una cosa? Nessuno di questi atleti è figlio della Fidal di Arese, ma trae origine da precedenti mandati: come dire, i talenti risalgono al periodo Ming dell'Atletica Italiana. La Fidasics (questa Hydra nata nel 2004, e che coniuga un signore incompatibile per la Statuto per via dei suoi interessi personali, col ruolo apicale che ricopre ... megato da tutti gli organismi di controllo interni che avrebbero dovuto osteggiarlo) non ha ancora prodotto in 7 anni un solo atleta da esporre sui teatri internazionali. Baldini, Vizzoni, Donato, Di Maritno, La Mantia... tutti originatisi in epoche diverse da quella attuale. 
Chiaro che non può certo essere Arese ad andare nell'oratorio di Ovodda o Vertemate con Minoprio a scoprire i talenti: ma gli impulsi tecnici, di risorse umane e pecuniarie, di idee, di strutture (manco una pista indoor alternativa ad Ancona in 7 anni... Padova verrà pronta giusta per l'anno olimpico ed elettorale: tipico in Italia, no?) partono tutte dal centro. 

In questo bellissimo quadretto emergono i risultati dei giovani in giro per il mondo, indubitabilmente. 
E ora smentitemi per favore. Qualcuno mi scriva e dica: "hanno ragione loro". No, perchè a leggere l'ultima intervista effettuata da Raul Leoni (speriamo che, almeno lui, ottimo e dettagliante giornalista non mi minacci di querele per averlo citato) per il sito della Fidal, si capisce proprio questa cosa: che grazie alla Fidal (io pensavo "nonostante") l'Italia junior si è ben comportata a Tallin. 
A dirlo è proprio la duplice testa dell'Hydra: Arese-Uguagliati, che probabilmente non hanno creduto ai propri occhi quando hanno avuto la possibilità di tirar fuori dall'armadio pieno di naftalina (visto l'inutilizzo dell'abbigliamento) la divisa da alta parata in Piazza Rossa e poter apporre le chilometriche mostrine delle vittorie. La frase incriminata di Arese è questa:

"Diamo credito ai risultati di questi ragazzi, ma non mi sembra giusto valutare lo stato di salute del nostro movimento facendo ogni volta il bilancio del singolo evento: in realtà abbiamo dato il via da tempo ad un progetto globale, nonostante le evidenti difficoltà, e quello che ci rende fiduciosi è proprio la continuità delle prestazioni nei vari livelli di competizione".

Sapete perchè non vuole valutare il bilancio del singolo evento? Secondo me perchè sugli junior, quelli di Tallin, la Fidal non c'azzecca proprio nulla. O almeno: cosa può aver mai fatto la Fidal per Tricca, Lorenzi, Danesini e Rontini se non aver avuto il merito di convocarli? Convocare le persone non fa parte di un progetto, ma di un dovere. Io sul sito della Fidal non ho mai letto nulla di questo progetto se non, un tempo, un finanziamento a pioggia (per cifre ridicole) ai tecnici e, forse, alle società  agli atleti. 
Io un vero progetto lo vedrei più come il prendere decine di ragazzi e monitorarli costantemente con un ufficio ricerche negli anni. Non seguirli finchè vanno bene e poi dimenticarsi di loro. Assistenza medica e tecnica costante. Sia che vadano bene, che, soprattutto dopo aver raggiunto ottimi risultati, inizino ad andare male. Bisogna capire quali siano le motivazioni che poi portano a lasciare lo sport. Un pool di persone che lavori a stretto contatto coi tecnici dei diversi atleti in maniera sinergica, collaborativa. Motivatori. L'unica cosa che conosco al momento sono i famosi "tutor" che secondo il sottoscritto hanno un ruolo motivazionale sui ragazzi. 
Un modo come un altro per dire agli elettori e ai media che qualcosa si fa per i giovani senza dover spenderci troppo tempo e denaro. Costa molto meno avere una manciata di tutor, che tener uniti centinai di tecnici, no? 
Ma voi pensate davvero che il pachiderma-Fidal abbia davvero dato il via ad una cosa del genere o anche qualche cosa di lontanamente simile? Pensate davvero che vi siano banche dati mostruose relative ai giovani sulle quale ragionare e fare progetti, tipo sullo studio dell'incessante abbandono degli atleti (se mi telefonano glielo spiego io)? Sono un inguaribile pessimista e credo proprio di no: c'è troppo lassismo in quella organizzazione. Basti pensare che fine abbiano fatto i campionati italiani assoluti: nonostante siano anni che le condizioni di quella manifestazione sono ad encefalogramma piatto, che nessuno ha mosso un solo dito per cambiare una virgola e cambiarne le sorti. Tipico della organizzazioni morenti. 

E se i famosi progetti esistessero davvero? Che poi, scusate: perchè non vengono mai pubblicati gli esiti di questi fantomatici progetti? O sono tali solo a parole quando si vincono le medaglie?

Riflessione finale: ma è mai possibile che anche di fronte ad un momento come la vittoria di una medaglia da parte di qualche giovane, ci si fiondi sopra come degli avvoltoi accreditando il successo a qualche cosa d'altro che non sia da accreditare totalmente all'abnegazione di qualche allenatore di provincia, al talento e alla fatica degli atleti che allena? Non si poteva per una volta esaltare queste realtà senza dover metterci immediatamente il marchio Fidasics sopra? 

26/07/11

Il dopo Pergine: Daegu si avvicina troppo velocemente per l'Italia

La formula del meeting di Pergine è vincente per un motivo: mette insieme i campioni ai "medi"; e i medi ai meno medi ancora, e questo è motivo di attrazione. Sia a livello di iscrizioni, che di pubblico (parenti, amici ed affini). Come non si fa a capirlo? Formula che si scontra frontalmente con quella esclusivistica dei campionati italiani assoluti, che infatti hanno fatto urlare il cigno un attimo prima che decedesse. A Torino, chissà nel nome di quale valore sportivo, si sono viste gare con 5 persone allo sparo della pistola; finali dirette; batterie che escludevano per la finale un paio di persone; ma quel che più conta: gli spalti deserti. L'atletica è sport in cui chi è pista e chi è fuori, si alterna sugli spalti. Pure i coach. Come ho già usato dire qualche tempo fa: mancavano davvero i covoni di fieno che rotolassero per la pista come nel deserto dell'Arizona e l'uscio basculante del saloon che sbattesse al vento. Per questo è necessaria una vera e propria rivoluzione dei campionati italiani assoluti che trasformi il mortorio vincolato ai minimi che siamo abituati a subire ogni anno, e che si rivolga decisamente verso il principio della partecipazione.

C'è chi chiede di alzare i minimi: in realtà ci sarebbero molti altri modi. Anche i minimi sono figli di condizioni particolari (o meno). Ad esempio perchè non razionalizzare tutte le gare sul territorio (molti Comitati Provinciali organizzano manifestazioni, le quali si accavallano ad altre manifestazioni, ed in cui si presentano davvero in 4 gatti e dove tutto procede come su una triste catena di montaggio)?
Fatto questo, perchè non contabilizzarle per creare una classifica a punti nazionale (come nel tennis) in cui si conteggino per ogni atleta un tot di prestazioni conseguite in un intorno di tempo (il tennis utilizza un anno... o gli ultimi dieci mesi, o undici), basate su variabili come la prestazione cronometrica (o metrica), il dato del vento, il piazzamento e il tipo di manifestazione in cui quel piazzamento è giunto; e poi ancora il numero di partecipanti presenti (arrivare primi quando ci sono due atleti che partono è diverso rispetto alla situazione con una ventina di concorrenti). Non è fantascienza: esistono già software sulla rete (All-Athletics mette a disposizione il proprio calculator, che prende in considerazioni i parametri di cui sopra) e non penso che con 20 milioni di euro di budget la Fidal non trovi un discreto web-master che crei un'interfaccia che automaticamente trasformi i risultati del sigma in punteggi. E allora si potrebbero prendere i primi 32 o 24 di ogni specialità di questa classifica che valuta le prestazioni nel tempo e li si inviterebbe agli italiani.

La cosa imporrebbe così anche agli atleti "top" e a quelli militari di partecipare all'attività nazionale, visto il sempre più marcato allontanamento degli stessi dall'attività di base. In Francia esiste un sistema di meeting a cui tutti gli atleti migliori devono partecipare (Lemaitre, Thamgo e Lavillenie inclusi) e che costituiscono anche un requisito sine qua per essere poi convocati per le grandi manifestazioni internazionali. C'è chi propone un campionato italiano di serie "B" (diciamo così) tra coloro che non hanno il minimo (anche questo raccontano avvenga in Francia) e che distribuisce posti (a secondo delle vacanze per raggiungere i quorum di atleti stabiliti) per i campionati nazionali assoluti. I primi 3 o 5 o 7 o 1 accedono ai campionati assoluti francesi per colmare i vuoti che portano a 32 o 24 atleti (gli altri hanno stabilito un minimo). Tutto ciò, che non è fantascienza: basta aver voglia di guardare un pò più in là il baratro e cercare di far qualche cosa per tornare indietro prima che sia troppo tardi.
Comunque, delle proposte per rivoluzionare i campionati italiani ne faremo prossimamente e ben dettagliate, sperando che qualcuno le legga, e anche se non le farà proprie, che pensi ad un cambiamento ormai non più procrastinabile. Se avete proposte vostre, mandatemele a questo indirizzo gigaben@yahoo.it.

Sulla condizione dell'atletica italiana dopo il meeting di Pergine, che dire? Nella velocità si rivede un Jacques Riparelli sfortunato, correre con due metri in faccia in 10"39. Ormai sappiamo tutti che la corsa all'Eldorado di tutti gli sprinter italiani è esclusivamente verso il minimo A (10"18) perchè sembra palese che con il minimo "B" (essendo costretti a portarne uno solo) alla fine costringa a non schierarne nessuno (minimo di 10"25 infatti conseguito da Cerutti, Di Gregorio e Riparelli). Del resto la stagione è stata troppo altalenante per tutti: Fabio Cerutti, dopo il 10"61 nel meeting di Padova ha corso in 10"39 a Rivera, in Svizzera. Raccontano di una bella brezza contraria (qui il link ai risultati) purtroppo non quantificata nel referto. Michael Tumi torna utile per la staffetta ma deve crescere ancora un pochetto per arrivare sotto i 10"30. Simone Collio è attualmente out per un piccolo risentimento... chi ci rimane? Va bè, niente male. Le premesse non sono certo quelle di Barcellona. Alla fine il più in forma in tema di velocità è sicuramente Andre Howe, che comunque i suo 20"5 lo corre sempre, anche se tira che ti ritira, oggi come oggi verrebbe meglio una 4x400 che, come suggeriva qualcuno, avrebbe senso con lo stesso Howe, Vistalli, e il giovanissimo duo Tricca-Lorenzi. Quanto meno un ponte verso Londra 2012. Non dimentichiamoci poi che Juarez Isalbet mi aspetto che cresca molto. E Galletti in staffetta si traforma (lui sì) letteralmente.
Solo contando i personali stagionali dei primi quattro citati esce un 3'05": non vorrete mica che partendo lanciati non possano correre 2/3 decimi più veloci e non riescano a correre sotto il minimo di 3'04"? Pensieri in libertà, niente di più. A proposito di Howe: 20"47 un "pò strano", nel senso che sembrava già molto contratto già ai 120/130 metri. La chiave di volta del suo mondiale sarà comunque la semifinale (naturalmente fatti i debiti scongiuri): riuscirà a reggere 3 turni? Non l'avevamo mai visto in questa nuova dimensione.

Il panorama dei 400 vede finalmente Marco Vistalli scendere sotto i 46" in maniera netta: 45"76. Il minimo "B" è 45"70, che ha solo OVE. Ma poi... Vistalli è dell'87, quindi non è più under-23. Una regoletta introdotta della Fidal, ha sancito che se hai il minimo "B" o sei dell'87 o sei tra i primi 24 del mondo. Vistalli è attualmente 67° ma c'è un esercito di americani (stimo che sia attorno al 35° fatte le dovute scremature). Ma non vorranno mica non portarlo, vero? Proprio Galletti regola Juarez per 4 centesimi: 46"66 a 46"70. Si è rivisto Claudio Licciardello, che è un talento puro: 47"17, e si spera con altre premesse torni a far gioco di squadra per il quartetto olimpico. 

Il cadavere della velocità femminile è ormai freddo, nonostante vi siano molte ragazze pimpanti pronte alle dovute sostituzioni o quanto meno alla possibilità di essere prese almeno in considerazione. Pensate: meglio della 4x100 "ufficiale" a Stoccolma (44"55) hanno fatto sia la Nazionale Promesse (44"31) a Ostrava, che soprattutto quella Junior (44"52) a Tallin. Che qualcuno si debba fare un profondo e dettagliato esame di coscienza penso ci debba essere. Non certo io. Per fortuna sono i 400 la specialità letteralmente "esplosa", portando molte ragazze sulle soglie del paradiso, posto almeno in questo periodo vicino ai 53". Ormai le 4 prescelte sono tranquille, ma alle loro spalle Elena Maria Bonfanti sembra aver preso un vantaggio psicologico su Eleonora Sirtoli: pareggio del personale per la lecchese a 53"61 e 54"50 per la Sirtoli. Clelia Calcagno, nel frattempo, scende per la prima volta sotto i 54": 53"90 e ottava atleta italiana dell'anno sotto i 54", visto che nella serie "vip" l'ostacolista Manuela Gentili è scesa a 53"70. E mi domando se non sia il caso di portare la Gentili ai mondiali (già in possesso del minimo "B" ma senza il requisito delle prime 24 al mondo) visto che come qualcuno diceva non appartiene ad alcun gruppo sportivo e ciò che ottiene, costa certo molti sacrifici in più di chi è pagato per farlo. 

Il meeting di Pergine ha rifatto alzare nuovamente le azioni di Alex Schwazer: anzi, le ha rispolverate dopo che erano state sospese per eccesso di ribasso qualche mese fa. Un rialzo che lo ha rimesso nel novero delle nuove "speranze" di Daegu (che più passano i giorni e più diminuiscono) visto che fuoriclasse sicuramente lo è... il suo miglior tempo mondiale sui 10 km in pista (obiettivamente, una specialità non proprio diffusissima) ha riportato il sorriso sul musetto di  Arese che era diventato inopinatamente pessimista sull'esito della spedizione in Corea (nel senso che l'unico a tornare felice sarebbe stato il solito codazzo di "allegati" Fidal). Emblematico il faccione scuro nel dopo dichiarazione di Howe-OVE sull'abbandono del cavallo morto (il salto in lungo). Saputo della lungodegenza della Di Martino (in un anno in cui solo la Chicherova se ne è scappata fino a 2,07... anche se solo una sola volta sopra i 2,00). Quindi Schwazer ritorna papabile per i 20 km di marcia, una luce in fondo al tunnel.

A Pergine anche Scapini, Rifesser e Benedetti. Ma ancora una volta la barriera dell'1'47" ha resistito. Scapini 1'47"34 e Rifesser 1'47"81. Ai campionati spagnoli è il tempo per entrare in finale agli assoluti: purtroppo sembra che manchi ancora qualche cosa, ma non chiedetemi cosa... Passate le generazioni di Benvenuti, D'Urso, Longo, Giocondi, Viali, ci eravamo abituati a vedere gli 1'45" come cose quasi "normali". Gli 1'47" li si vedeva in batteria. Ora purtroppo si fa a testate contro quel muro. Segno dei tempi. Tra le donne, inutile ritornarci: c'è solo un'atleta in Italia che copre 800 e 1500 con una visibilità quanto meno continentale. Elisa Cusma. Se lei manca, dietro si aprono voragini degne di un buco nero. Daniela Reina sta comunque tornando a poco a poco in una condizione passabile per come ci eravamo (anche qui) abituati a vedere: 2'05"24 e sorprende anche il 2'05"71 della Artuso.

E infine gli ostacoli. Marzia Caravelli ha dato letteralmente spettacolo. 13"01, con 0,7 di vento, e arriva a 4 centesimi dalla Tuzzi e dal suo record italiano, a 3 da Micol Cattaneo, a due dal primo sub-13" della carriera. Quanto meno una posizione guadagnata nel ranking di sempre della specialità in Italia e la quarta prova più veloce di sempre di un'italiana (due della Tuzzi e una della Cattaneo). Il primo tempo con un 13" davanti della lista. Come non si fa a portare a Daegu una che ha scritto la storia della specialità? Certo, è ormai a livelli quasi simili la Borsi (13"08 in Brasile). Ma la Borsi è dell'87, ha molto tempo sportivo davanti a sè. E poi a Pergine c'è il 13"69 periodico di Emanuele Abate, che meriterebbe la convocazione per la sua resa. Peccato che il minimo "B" sia 13"60.

24/07/11

Eurojunior: Meravigliosa 4x400!! - 4x100 donne "storica" e... Bencosme bronzo

Meraviglioso. Non so da quanto tempo non seguivo qualche cosa di azzurro (nell'atletica) che riempisse così di forti emozioni. Forti, tosti, compatti e alla fine pure commoventi: è la 4x400 azzurra di Tallin, che si è conquistata l'oro più bello, quello conclusivo, quello che ha chiuso i campionati europei junior, che ha risvegliato quel qualcosa di assopito che stiamo covando ormai da troppo tempo... anche se è "solo" un oro junior! Michele Tricca inserito in prima frazione è stato il propellente giusto, incastonato nel posto giusto. Il vettore lunare che ha spedito l'Italia in orbita, sverniciando gli avversari fin dall'inizio e presentandosi già sul rettilineo finale con quell'aria, tipica del... "bè, gli altri dove sono?". Già lì, gara segnata: gli azzurri erano là davanti e il resto d'europa doveva andarla a prendere. Paolo Danesini si è trovato così solitario al cambio, con un oceano che gli altri avrebbero dovuto colmare nuotando a rana per andargli a strappare l'oro. Ma poi... con che razza di criterio astruso hanno montato la staffetta i Russi, quelli che sulla carta erano i competitors ufficiali della centuria azzurra? In prima frazione mettono il peggiore dei 4, che si scontra contro il migliore degli azzurri: circa 1"5 già regalati al quartetto azzurro, dando la possibilità agli italiani di discutere di cambi nell'aplomb di un salotto anglosassone. Cosa che accadrà: cambi superfilanti in solitudine. Accademia. Solo in seconda frazione lo stratega russo inserisce il secondo atleta per caratura, Kashefrazov, che guadagna qualche cosa su Danesini ma si fa uccellare dai tedeschi al cambio; solo in ultima il vampiro Uglov, letteralmente posseduto dal demonio in ultima frazione. In mezzo l'Italia mette Alberto Rontini, che compie un mezzo miracolo, mettendo metri tra sè e il tentativo di ricongiungimento russo-tedesco che aveva raggiunto il punto apicale ai 100 metri della terza frazione: lì il distacco si era rinsecchito fino a 5/6 metri. Ma Rontini corre una frazione davvero memorabile, col cuore, la testa un pò incassata: un pò alla Maria Enrica Spacca quando ha un testimone in mano (quest'anno ha poi dimostrato sulla pista quanto valga anche nella gara singola). Rontini sul rettilineo finale riporta il gap ad una distanza di (considerevole) sicurezza. E poi tocca a Marco Lorenzi vs Uglov. Questo Nikita Uglov, secondo nella prova singola con 46"02, tenetevelo a mente per il futuro. Vittoria in tasca? Macchè, Uglov arriva all'imbocco del rettilineo dando quasi (l'ingannevole) possibilità di essere la reincarnazione di Quincy Watts. Mentre invece Lorenzi, evidentemente, se ne era tenuta un pò per la festa di fine rettilineo: metti mai che qualcun'altro avesse voluto venire al party senza essere invitato (tipo Uglov). Proprio Uglov rimane sul posto, umanizzato anche lui dall'accelerazione dei processi lattacidi e Lorenzi, dopo essersi guardato un paio di volte alle spalle, ci scarrozza all'oro: 3'06"46, nuovo record italiano junior, oro europeo e l'impressione che vedere queste cose fa bene al cuore di tutti. L'Italia senior, con Marco Vistalli e non più di 10 giorni fa (certo, sotto la pioggia e il freddo) aveva corso a Zolder in 3'05"97 (con cambi da delirio, a dire il vero: come se una ventata di peste della 4x100 dimulinhana li avesse colpiti in pieno). Considerazioni? Nessuna, perchè i successi, nel giorno della vittoria, si godono senza tendenze al domani. Si godono fino all'ultimo secondo.

E che dire della 4x100 femminile junior? Argento, seconde dietro le panzerine tedesche che con 43"42 battono addirittura un record che era in possesso di un quartetto della DDR: un pò come scavare nel medioevo della specialità. 44"52 per le azzurre, dopo il 44"56 della batteria. Due record italiani in una staffetta veloce in un giorno, in un periodo di pieno negativismo cosmico nel cogitare alla velocità italiana femminile. Si pensava avremmo dovuto aspettare il passaggio della prossima cometa di Halley prima di poter uscire dai confini patrii senza dover arrossire di fronte alle prestazioni del resto del mondo sportivo. Un tempo che è addirittura migliore del tempo ottenuto dalla nazionale maggiore femminile, ma senza (presumo) le badilate di raduni che sono stati necessari alla Squadra A per confezionare il confettino del 44"55 a Stoccolma, in Coppa Europa. Fate Vobis. E ora, ora come si farà ancora a far a meno di queste ragazze? Come si potranno ancora fare quelle scelte (quanto meno azzardate e prive di senso), quando non solo più i tempi e i confronti diretti ci raccontano la storia che stiamo raccontando, ma ora anche le medaglie? Vedremo se il testa-a-testa tra la Ragion di Stato e di Ragione contro la la Ragion di Uno (o Due) continuerà testardamente a mietere figuracce in giro per l'Europa. Squadra composta da Oriana De Fazio, la sorprendente Irene Siragusa, letteralmente esplosa nelle batterie dei 200 con un miglioramento che la stava portando sparata in finale (sfuggita per un centesimo per "piede" di Gloria Hooper); l'esperienza (già ad altissimi livelli) di Anna Bongioni e il talento debordante di Gloria Hooper, che non dovendo fare una partenza dai blocchi (nella finale dei 200, pur correndo in 23"95 è riuscita a fare una partenza che mi ha lasciato sconcertato) ha finalmente liberato il levriero che c'è in lei. La differenza tra la Squadra A femminile e la squadra junior? Tra Tricca & c. e le formazioni assolute? Tra Tumi & C e il DiMulinho-Team? Sembrerà forse troppo ingenuo: la gioia, la spensieratezza dei giovani, che ora più che mai non si dovrà frustare con le solite scelte che premiano le antiche logiche Fidalistiche (non fatemele tirar fuori anche stasera, dai!). 

E poi è arrivato il bronzo di Jose Bencosme De Leon, sui 400hs, con il suo nuovo personale riscritto sulla sabbia (nel senso che al prossimo maroso deve essere immediatamente cancellato) di 50"30. Imprendibile il tedesco Varg Konigsmark che abbassa il personale di oltre mezzo secondo fino a 49"70. Una piccola incertezza sull'ultimo ostacolo e forse (chi lo sa...) Bencosme si gioca il colore della medaglia. E chi se ne frega!? Argento o bronzo, quando non son oro, cambiano poco il loro peso (a meno che l'argento sia un oro sfiorato). Dicono che nel manifesto davanti al teatro c'è anche il suo nome, magari un pò più in piccolo sotto il nome a lettere cubitali del vincitore, ma sempre come attore protagonista e non certo come comparsa della rappresentazione. Il suo piccolo capitolo di storia l'ha scritto anche lui e il proprio libro che sta scrivendo aggiunge un capitolo a quello già vergato nel 2009, dove fu bronzo ai mondiali allievi di Bressanone. 

In tutta questa esplosione di felicità, passa un pò in sottordine il quarto posto nel salto in alto di Alessia Trost, quarta con 1,85 e gabbata dal guizzo della tedesca Nadja Kampschulte: 1,88 alla seconda prova e bronzo. La russa Kuchina dimostra di essere tornata quella della stagione indoor: addirittura 1,95, davanti alla lituana Palyste: 1,91. Forse l'impressione che la Trost stia "stallando" su queste misure, interrompendo quella inesorabile crescita che dovrebbe portarla a veleggiare sull'1,90. E' ancora junior al primo anno, come la Kuchina. Di solito, se si ha pazienza, arriva un giorno in cui ci si sveglia e scatta qualche cosa: e arrivano gli archi e le pennellate desiderate. 

Nel resto del programma, non bene Anna Visibelli: solo 5,80 in una gara dove il bronzo se lo sono portate a casa con 6,11 (quest'anno la Visibelli è arrivata a 6,12). La 4x100 maschile, nonostante le ottime individualità che ipoteticamente potevano portare ad un sub-40", a causa di diversi incidenti stradali lungo il percorso (leggi... cambi) si complica particolarmente la vita in finale, giungendo 5^ con un 41"15 che non è certo la fotografia del potenziale di questi ragazzi. Ma i cambi fanno parte del gioco, e su questa cosa ci abbiamo passato le giornate intere sui pc.

Pergine: Caravelli 13"01, Howe 20"47

(di Sasuke) Una bella edizione la quindicesima del Meeting internazionale città di Pergine. Manifestazione che ha beneficiato della presenza di molti degli atleti di maggiore interesse del piano nazionale italiano alla ricerca dei minimi imposti dalla federazione mondiale. Varie le gare di buon livello in una giornata purtroppo tutto furchè estiva in cui il freddo ha fatto da padrone e infastidita prima da un forte vento contrario e poi da pioggia intensa. Nei 100 metri uomini sono al via nelle batterie vari atleti di livello. Jacques Riparelli sciabola un 10"39 (con vittoria quasi imbarazzante sul secondo, capace di 11"61) che desta interesse visto il muro di vento (-2.1!) contro il quale è stato corso. Purtroppo l'atleta, come un po' da sua caratteristica, in finale riesce a migliorarsi poco (10"37, ma con vento nullo) e quindi manca ancora una volta il minimo A richiesto dalla Fidal. Minimo che, personalmente, ritengo che Jacques valesse anche ieri ma che la sfortuna gli ha finora negato. Meriterebbe sicuramente di andare a Daegu: 13 volte i 100 metri quest'anno, di cui 9 sotto 10"40 e 4 volte sotto i 10"30; Cerutti non è costante (solo 10"61 l'ultima uscita e mai tempi sotto i 10"30 se non a Le Chaux-de-Fonds) e Di Gregorio lo è ancora meno visto che fatica a scendere sotto i 10"40 e non ha più confermato il 10"22 di Hengelo. Ma si sa, l'ultima parola la ha la federazione. Poco convincente Michael Tumi, che corre solo la batteria (10"80 dopo aver preso parte il giorno precedente al meeting di Barcellona dove aveva chiuso terzo in 10"61; comprensibilmente il ragazzo non ha ancora recuperato i numerosi turni degli europei Under-23). Discorso analogo per Francesco Basciani (10"78 in batteria e niente finale). Va ricordato comunque che tutti i tempi sono appesantiti da vento contrario. Rosario La Mastra, che quest'anno ha corso in 10"37 (a Misterbianco) fa 10"80 in batteria e 10"59 in finale; iscritti e non partiti tanto Delmas Obou che Maurizio Checcucci. Vittoria all'atleta delle Barbados, Andrew Hinds (10"23). Gara che al femminile non ha destato molto interesse: vittoria alla giamaicana di turno, Aleen Bailey (11"40) seguita da Judy Ekeh (11.88) a pari merito con la prima italiana Giorgia Candiani.

Ottimi risultati arrivano poi dal giro di pista. Grande prima serie (non ad invito) che vede la lotta tra Elena Maria Bonfanti e Clelia Calcagno. Vittoria della prima sulla seconda che ricompensa entrambe con un nuovo primato personale. 53"61 per la Bonfanti (eguagliato) contro il 53"90 per la Calcagno, atleta di carattere in grande crescità. Dietro di loro molto bene Chiara Natali, anche lei al personale, capace di 54"14;  nelle due serie ad invito primato personale e terza piazza per Manuela Gentili (53"70) chiamata ad un ennesimo test dalla Fidal in vista mondiali di Daegu (l'atleta è in possesso del minimo B, corso varie volte, ed è 25esima al mondo). Primato personale per Manuela (che ha corso anche a Barcellona ieri, in un ottimo 56"72: merita il mondiale). Meno bene Eleonora Sirtoli, ferma a 54"50. Al maschile bella gara del campione italiano Marco Vistalli, capace di abbassare lo stagionale fino a 45"76; bene anche Luca Galletti (46"66), un po' meno Isalbet Juarez (46"70) mentre migliora leggermente Claudio Licciardello, comunque non ancora in grande condizione (47"16). Negli 800 metri ad invito ci sono praticamente tutti i migliori specialisti italiani del doppio giro di pista. Al femminile ancora lontana da tempi degli anni passati Daniela Reina (2'05"24) mentre dietro di lei si comportano bene le due master Elisabetta Artuso (2'05"71, e stagionale) e Maria Vittoria Fontanesi (2'06"51) in una gara in cui si sono comportate discretamente anche Serena Monachino, Cristina Grange ed Eleonora Berlanda. Al maschile vittoria all'africano di turno (Amine el Manaaoui, 1'46"63). Abbastanza bene Mario Scapini, miglior italiano vicino ai suoi limiti (1'47"34) su Lukas Rifesser (1'47"81) ed un meno brillante Giordano Benedetti (1'48"62). Innegabile crisi del mezzofondo italiano, incapace di produrre atleti da meno di 1'47 o 3'40 nei 1500. Poco entusiasmanti i 5000 metri uomini; dominio keniano (i primi 5) e pochissima Italia. Indietro sia il campione italiano Stefano La Rosa (13'49"91) che il giovane medagliato sui 10000 europei, Ahmed El Mazoury (13'56"41). Test richiesto dallo stesso La Rosa, evidentemente non in grande condizione. Va detto che la gara è stata corsa sotto una forte pioggia.

Bravissima Marzia Caravelli: l'atleta del Cus Cagliari riscrive ancora una volta il suo personale (13"01) guadagnando una posizione nelle liste italiane all-time ed avvicinando il record nazionale. Altra atleta che merita senza dubbio di esserci a Daegu. Bravo (e un po' sfortunato, vento -0.7) anche Emanuele Abate. Ennesimo sub 13"70 (13"69) che gli da la vittoria della gara. Solo quarto (14"14) Stefano Tedesco. Da segnalare anche il 14"36 di Hassane Fofana in seconda batteria, che fatica con gli ostacoli dei grandi ma che si difende benissimo. Due atleti di talento, che hanno gareggiato moltissimo (Marzia ha persino vinto due titoli, 100hs e 200, onorando al massimo i campionati italiani, sdegnati da taluni) che, lo ripeto, vanno portati ai mondiali. Getto del peso all'insegna dello spagnolo Borja Jimenez (20.01) che centra il personale davanti, tra gli altri, all'eterno Paolo del Soglio (18.54 per un ragazzone classe 1970!), a Orazio Cremona (18.07) e a due opachi Marco Dodoni (17.20) e Andrea Ricci (15.59). La stranezza è che Dodoni è accreditato di uno strano 19.25 (unico lancio sopra i 18 metri tralaltro!) fatto in Congo a Brezzaville... non si offende nessuno se permetto di dubitare su tale risultato?
Bel 7.99 nel salto in lungo per Jaroslav Dobrovodsky con il primo italiano in terza posizione, Alessio Guarini (7.47). In gara anche James Beckford, il fenomeno giamaicano, fermatosi a 7.41; al femminile bel 6.34 della campionessa in carica Tania Vicenzino, davanti ad Elisa Zanei (6.22) ma dietro a Brianna Glenn. L'americana vince con 6.54. Male Dariya Derkach (solo 6.08) mentre Elisa Demaria non è quella dell'anno scorso (5.75 contro un personale di 6.45). Bella prova quella di Alex Schwazer, che si impone con grinta in una 10 km corsa in solitaria (squalificato, prima di essere doppiato, Matteo Giupponi) vinta a suon di mondiale stagionale e personale, 38'50"28. Bene anche Andrew Howe che con 20"47 (vento +0.7) batte Paul Hession (20"67). A livello mondiale è un tempo che dice poco, ma questo lo si stabilirà al mondiale.

Eurojunior: Tamberi Bronzo, delusione per Abdikadar

Finali:
  • alto maschile: gran bella medaglia di bronzo per Marco Tamberi, che pareggia il proprio personale a 2,25 (valicato alla terza prova) e arriva a due centimetri dall'oro del russo Nikita Anishchenkov, un ragazzone già arrivato a 2,30 quest'anno e discepolo di quella scuola russa che a Tallin ha portato tre atleti tra i primi 5. Peccato per Tamberi che si sia imbattuto nel danese Janick Klausen in giornata di grazia: personale spostato più avanti di 4 centimetri e 2,25 esattamente come Tamberi ma fatto al primo tentativo. Tamberi certifica ancora una volta tutto quanto di buono si è detto di lui, e conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, l'esistenza in questo particolare momento storico-sportivo, di una tradizione italica di saltatori in alto di grande spessore. Come detto altrove il problema è che una base così vasta di saltatori talentuosi, non produca l'occasione di salti sopra i 2,30. Tra l'altro con l'involuzione della specialità subita negli ultimi 10 anni, tra i 2,30 e 2,32 ci si giocano le medaglie alle grandi manifestazioni internazionali. Sarà Tamberi la variabile impazzita del nostro sistema? 
  • 200 maschili: due italiani in finale. Bel vedere. Le batterie avevano messo in evidenza lo Shaun Stonerook dell'atletica giovanile italiana (per la capigliatura), Giacomo Tortu: 21"48, personale abbassato ulteriormente dopo il 21"51 di Le Chaux De Fonds, dietro al francese Jeffrey John che in batteria piazzava un 21"11 che lasciava intendere chissà quali deflagrazioni in finale. Vedemo che non sarà così. Terzo tempo e terza corsia per la finale. Lorenzo Angelini vinceva invece la propria batteria con 21"61 (dopo la squalifica del vincitore de facto, il polacco Zalewski... una brutta bestia per la finale). Quinta corsia per la finale. Show italiano nella presentazione: Tortu fa il fenicottero mentre Angelini si presenta con una bandana rossa e il porta Ipod sul braccio sinistro (si, ok, non è un porta Ipod, ma ci assomiglia). Sparo. Il compatto colored inglese David Bolarinwa (medagliato dietro al prodigioso francese Jimmy Vicault nei 100), nel sandwich italiano, guadagna subito su Angelini e si presenta sulla passerella finale in testa. Netto. I due italiani procedono praticamente appaiati col resto del gruppo, dal quale escono con prepotenza i due francesi impegnati nekla caccia alla volpe inglese. Bolarinwa piomba sul traguardo. Netta vittoria in 21"07. Il grande sconfitto è il francese John: 21"24 e addirittura terzo, superato dall'altro galletto Pierre Vincent. Poi arriva l'allegra brigata Kluczynski-Angelini-German-Tortu, tutti sulla stessa linea sul piede del 21"50. L'occhio elettronico li piazzerà in questo ordine, con Angelini 21"54 e Tortu 21"55. Grande prova comunque per i due azzurri. Per concludere: male Luca Valbonesi, uscito in batteria con un tempo che proprio non gli appartiene: 22"15.
  • 200 femminili: settima Gloria Hooper, con 23"95, ma che quest'anno nelle super condizioni di Bressanone era arrivata anche a 23"61. Strano non averla vista anche sui 100, dove magari avrebbe ottenuto qualche cosa di decente. In finale Gloria Hooper si rende autrice di una partenza da allucinazione nel pieno del Deserto del Sahara. Ottava corsia (in batteria aveva ottenuto 24"00 escludendo per un solo centesimino Irene Siragusa). Sparo e... Tempo di Reazione tipico di una maratona in montagna: 0"328 (in pratica cede già quasi due decimi a tutte le altre concorrenti). Poi, chissà cosa avrà pensato, nei primi due appoggi non si mette proprio in moto e dopo cinque metri è già risucchiata dalla competitor in settima corsia. Gara andata, irrimediabilmente. Poi il talento, enorme, la porta a tirar fuori dal cilindro un 23"95 nemmeno tanto male. I due decimi persi l'avrebbero fatta sicuramente essere più nel vivo della gara, e il bronzo era issato a "solo" 23"55. In batteria fuori le altre due italiane: la già citata Irene Siragusa, che ha sciabolato un pazzesco 24"01 per lei, visto che aveva 24"33 di personale (dati Fidal)! Non bene invece Anna Bongiorni, che di fatto ha invertito il ruolo con la Siragusa: 24"33 quando aveva poco meno di 24" quest'anno. 
  • 1500 maschili: delusione per Mohad Abdikadar che consideravo come l'arma segreta della spedizione italiana. La freccia argentata che si sfodera solo per le grandi occasioni. Certo, sono ragazzi, ma la speranza è che atleti come Mohad, che dominano la stagione in Italia, poi siano fenomenali anche a livello europeo. Alla fine giunge al traguardo ottavo con 3'49"32, in una gara "strana". Parte e va in testa, e sembra apparentemente voler imporre una gara tattica, tanto che il passaggio ai 200 risulta più o meno attorno ai 31", ma rompe gli indugi il tedesco Marcel Fehr, che si si mette a fare la lepre a tutto il gruppo a ritmi da 3'40" sul 1500. Mohad sembra essere sulla gara fino a circa i 700/800 metri, poi si scompone, si cominciano a vedere "buchi" che non riesce a chiudere con i tre o i quattro di testa. Quindi comincia inesorabilmente ad essere fagocitato dal gruppo, piombando nell'anonimato e iniziando a ciondolare vistosamente la testa. Crisi? Ritmi troppo elevati? Non lo so. Rimane il piazzamento e il tempo. Sarà per la prossima: l'insegnamento delle gare internazionali e soprattutto delle sconfitte è quello di diventare consapevoli che c'è tanto lavoro e fatica per primeggiare e che, soprattutto, gli altri non ci stanno a guardare.
  • marcia maschile: Qualche sprazzo di sole dalla marcia maschile, disputata sui 10 km. 5°, 7° e 17° gli azzurrini, anche se naturalmente fino a qualche anno fa ci eravamo abituati a portarci a casa la medaglietta. 5° Massimo Stano con 43'24"52. Anche correndo sul piede del personale, non sarebbe cambiata la posizione. Quindi, sufficienza piena. Leonardo Dei Tos, come tempi equivale a Stano, e giunge al traguardo con 43'50"31. Ci sta il tempo e la posizione, visto che sotto questo tempo ha marciato solo due volte (una molto vicina a 43"42"). Insufficiente invece Filippo Girardi, che ha peggiorato di oltre due minuti i suoi standard giungendo in fondo al gruppo in 46'00"41. Probabilmente qualche malessere. 
  • martello femminile: nono posto per Francesca Massobrio con 58,02 e prova non certo esaltante: contando anche le qualificazioni, è la nona prestazione della Massobrio nel 2011 che in due circostanze in questa stagione aveva superato i 60 metri. 
  • peso femminile: dopo aver raggiunto la finale Francesca Stevanato con 14,34 e 11^ posizione nelle qualificazioni, in finale la ragazza continua con l'apatia e termina 11^ con 14,28. Quest'anno la Stevanato vantava anche un 15,08, che l'avrebbe portata molto a ridosso delle otto migliori. 
Qualificazioni:
  • 400hs maschili: nella seconda semifinale Jose Bencosme De Leon, rischia moltissimo: 4° con 50"84, comunque vicinissimo ai suoi massimi livelli del 2011. Nella prima serie, quella in cui Lorenzo Veroli ormai soddisfatto per il suo europeo (personale in batteria) ha fatto presenza in 53"20,  avevano chiuso forte il tedesco Kongsmark e l'estone Magi, sotto i 50"70. Nonostante tutto, Bencosme si presenta in finale col sesto tempo, a soli 23 centesimi dal migliore, con la piccola fortuna di avere comunque guadagnato la seconda corsia.
  • triplo maschile: 15,08 e per 5 centimetri addio finale. E' la storia dell'Europeo junior di Daniele Cavazzani, che quest'anno aveva saltato (possibile? Una sola gara?) a 15,68. Sfortunato. 
  • disco maschile: una vera e propria Caporetto. Tre atleti, tre usciti direttamente dalla porta di servizio delle qualificazioni. Antonio Laudante uscito con 3 nulli, ultimo e penultimo del seeding Stefano Petrei e Giacomo Grotti rispettivamente con 47,15 e 44,52. Petri di fatto raggiunge quasi il suo personale (è 47,16): quindi, diciamo che il livello tecnico era troppo al momento per lui. Grotti quest'anno aveva 47,02. Comunque, l'idea è che forse in questa specialità, anche i migliori atleti italiani sono molto lontani anche dalla sola finale, che si raggiungeva a quasi 54 metri. Ma c'è gente che in qualificazione ha superato anche i 60...