27/09/12

Fidal, la proposta folle: e se la base riuscisse a dire finalmente la sua?

E' mesi che ogni tanto penso a quanto sia ermetico e blindato il sistema elettorale della Fidal. Negli anni, nel più diffuso menefreghismo di tutti (o semplicemente all'oscuro di tutti), figuri modesti hanno creato meccanismi elettorali inespugnabili, artificiosi, perversi, un porcellum per garantirgli la permanenza alla guida del potere (di casta) in eterno. Per le vie da loro disegnate, per qualunque giovane o qualunque persona animata da sani principi, la scalata non dico "al potere", ma semplicemente ad un atto democratico quale può e deve essere "dire la propria" su una cosa cui si prova parecchia passione, sembra impossibile. La cosa surreale è che nonostante vi sia una fiumana di persone, composta da tecnici, appassionati, atleti, che vorrebbe cambiare tutto il sistema, questi si ripresentano ancora sfacciatamente come prima, immutabili e imperscrutabili. Tanto la buriana prima o poi passa, no? E poi si gioca proprio sulla passione delle gente e sul fatto che chi fa parte di questo mondo, lo fa su base volontaria, e già si è talmente tirati coi tempi della vita quotidiana, che appare difficile se non impossibile strappare altro tempo all'umana esistenza quotidiana per perorare delle idee... politiche, ancorché se innovative e rivoluzionarie. Il sistema impedisce il cambiamento: punto e a capo. 

Così, mi si perdonerà, questo mondo ha creato le condizioni per essere affollato di ultrasettantenni nullafacenti, che proprio in virtù del fatto che non hanno nulla da fare (tranne qualcuno che possiede 8/9 aziende da portare avanti e allora l'intento della sua presenza sembra essere tutt'altro), hanno trovato il loro momento di piccola gloria riflessa.

Come è noto, da master 40enne, non ce l'ho certo con i settantenni, ma semplicemente con i settantenni che non avendo nulla da fare, imbavano con la loro funesta presenza-assenza le normative federali, o che dormono alle riunioni dove si decidono le sorti di migliaia di tesserati (qualcuno di loro è pure giovane, ma quel giorno lì in cui ha votato a favore delle norme-porcata, manco se n'è accorto), lasciano tracce della loro inettitudine e menefreghismo in ogni dove, pur di farsi spesare un viaggetto in giro per il mondo (speriamo che quanto meno i parenti più stretti se lo siano pagati da loro il viaggio), o farsi ficcare in qualche organismo internazionale nonostante l'assoluta incapacità politica e relazionale (magari senza sapere nemmeno le lingue). 

Se poi l'alternativa è rappresentata da un gruppo di persone di pari età (se non superiore) vuol dire che il futuro è davvero cupo. Ai giovani, a chi ha le idee, a chi vuole colorare il mondo, ma soprattutto a chi rappresenta davvero qualcuno, non è data alcuna possibilità, perchè poi al voto andranno altri settantenni, ovvero i presidenti delle società, che avranno vedute della nostra atletica simili a quella di chi se ne andrà e di chi si insedierà. Non c'è davvero speranza, nemmeno per i prossimi quattro anni, a meno che una persona, davvero super-partes, coagulasse attorno ad un progetto giovane, rivoluzionario, entusiastico, gioioso, tutti. Ma c'è?

Allora ecco quello che ho pensato... se Maometto non va alla montagna (so che citare Maometto di 'sti tempi è pericoloso), perchè la Montagna, ovvero la stragrande maggioranza dei tesserati, non va da Maometto? La mia idea sembra semplice, forse troppo rivoluzionaria, ma se avesse uno sbocco, una catena parallela al potere costituito che potrebbe davvero dire la propria.

Un sindacato dei tesserati, degli atleti, dei tecnici, di chi AMA davvero questo sport.
Un unico organismo composto da migliaia di appassionati (necessariamente tesserati) che troverebbero così un canale per esprimere il proprio dissenso e le proprie pretese sulla gestione della cosa pubblica, cioè la nostra atletica. Un ente esterno, composto da migliaia di persone, appunto. per rivendicare diritti che sono stati calpestati a più riprese dai satrapi della Fidal. Che possa promuovere anche azioni risarcitorie nei confronti di chi promulga norme a cazzo-di-cane (solitamente un marchigiano, sembrerebbe, dopo le esternazioni di uno del cerchio magico), avendo poi pure la bavosa arroganza di ripresentarsi alle elezioni successive come se nulla fosse. Noi dobbiamo liberarci da queste persone indegne!! Procacciatori di cadreghe, di prebende, di agevolazioni, di esenzioni, di distacchi, di rimborsi. BASTA!

E secondo voi potrà farlo nella migliore delle ipotesi l'ALTRA cordata? Gente che non si riesce a staccare dall'osso nemmeno dopo 40 anni che le è rimasta attaccata con le gengive? Hanno colonizzato e manipolato tutto il sistema elettorale, e non c'è davvero speranza se non trovare una soluzione esterna. 

Ma pensate che in linea super-teorica si era previsto all'interno del Consiglio Nazionale della Fidal delle figure che potessero perorare le cause delle diverse componenti: consiglieri eletti in quota Atleti (ma che atleti non lo sono più da anni... ma che sono stati lo stesso tesserati tali per quella carica), e che sempre in linea super-teorica avrebbero dovuto difendere la categoria. L'han fatto? Dubito... e i consiglieri in quota tecnici? Ha difeso i tecnici? Dubito... e i due Consiglieri responsabili dei master? Qui stendiamo un velo pietoso, va... 

Un sindacato ha un potere enorme: se chi ne fa parte è animato dai giusti propositi e principi, può davvero far paura. Può raccontare ai suoi iscritti quello che succede; può chiedere di essere ricevuto dai vertici della Fidal e comprendere dove si intenda andare; può opporsi; può scioperare; può denunciare; può scrivere e avere un suo organo di stampa; può davvero coagulare il dissenso; può fare proposte alla Fidal che altrimenti non sarebbero mai ascoltate, visti tutti i filtri al rinnovamento che sono stati posti dai gerontocrati; può difendere i propri tesserati dai soprusi...

Sarebbe la rivoluzione degli atleti contro il sistema delle società. Sarebbe la presa di coscienza di  un'atletica come sport individualistico, contro quello esclusivamente societario che ci hanno inculcato in 40 anni di storia atletica. Del resto tutti i competitors delle proprie elezioni hanno fatto il pellegrinaggio a Modena per cosa? Per accattivarsi gli atleti o i Presidenti, secondo voi? Dai. Non ci sarebbe quindi bisogno di passare per mille pastoie burocratiche per far sentire la propria voce: o aspettare 4 anni per semplicemente "sperare" che cambi qualche cosa. Siamo illusi se pensiamo in questo modo: tutto cambia per non cambiare. Anzi, con Arese non hanno nemmeno avuto la cortezza di dire che cambierà qualche cosa. Con lui non cambia e non cambierà: chi lo vota, a queste condizioni, non potrà non farlo solo in virtù di uno... scambio. Altrimenti perchè eleggere uno così? 

Questa è quindi la mia proposta: basterebbe un'iscrizione simbolica di un centesimo, dopo aver sottoscritto uno statuto. Poi si eleggerebbe (democraticamente, con un'assemblea via-web) un Segretario e lo si sparerebbe in faccia a questi cadreghisti imbullonati alle loro sedie-Fidal. 

Vi sembra follia? 

24/09/12

C.d.s. assoluti: and the winner is...

Già, chi? A qualcuno piacerebbe, eh, che indorassi i vincitori... non lo farò, non mi interessano. Dei c.d.s. assoluti, non mi interessa proprio nulla, se non i risultati dei singoli atleti. Ecco, si salva solo lo spirito libero dei ragazzi (quelli che ancora vivono le trasferte come gite scolastiche) e che con il loro entusiasmo pennellano di colore una manifestazione discesa dall'iperuranio delle menti illuminate degli ultrasettantenni consiglieri nazionali (o qualche anno in meno). I bavosi architettano di continuo nelle catacombe sotto la Via Flaminia i loro arzigogoli normativi, per favorire le tal squadre, contro le tal altre, Demoni dissacratori di uno sport di cui hanno lasciato solo le ossa. Forse per questo, ormai senza denti, continuano a succhiare da quell'osso quanto più possono. Guardatevi la foto dei vincitori con il Capo dalle 8 teste (magister nelle 8 imprese che possiede a vario titolo) là davanti: di una tristezza sconcertante, ma direi, come dicevo tempo fa, la fotografia perfetta di 8 anni mortiferi.  

Non è che la politica di cui sentiamo tanto parlare sui giornali sia un mondo a sè stante della vita quotidiana. Se a tanto si è arrivati, è perchè tutti i meccanismi della società del nostro Paese (anche in piccolo) hanno riproposto lo stesso identico modo di ritenere la "gestione della cosa comune" cosa di esclusiva pertinenza di qualcuno e non di tutti. Anzi "Cosa loro" persino le tasse che gli paghiamo per gestirla. Oggi tutto funziona nello stesso modo: la politica nazionale, la politica regionale, quella delle amministrazioni locali e non potevano mancare anche le gestioni delle organizzazioni sportive. Tutti gestiscono le cose nostre dicendoci che lo fanno per ideali che non hanno, che non hanno mai avuto, che lo fanno "per NOI!"  e il risultato l'abbiamo sotto gli occhi di tutti: nessuno di noi poveri umani oggi può più accedere democraticamente alla stessa gestione della cosa pubblica apportando nuove idee, quel quid di ingenuità che rende più onesta ogni organizzazione. E' tutto esclusivamente cosa loro. Ce l'hanno rubata dalle mani e nemmeno a pensarla si trova la soluzione per arrivare a dire la nostra in quelle sedi, a proporre un'alternativa, ovvero dirgli in faccia che sono a seconda dei casi, dei ladri, dei malandrini, dei bastardi, dei malintenzionati. 

I casi si ripetono, in un devastante effetto a cascata, in organizzazioni di uomini piccole o grandi che siano. Mi vengono in mente quante persone per mantenere vive le nostre prerogative di cittadini onesti, hanno perso la propria vita. "Martiri laici" li chiamano. Oltre a loro, la voragine che la loro scomparsa ha creato nell'esistenza delle loro famiglie. La cascata di dolore sulle persone che credevano in loro, e su tutti i cittadini che in loro hanno creduto e in cui credono tutt'ora, sperando che il loro sacrificio non sia stato vano. Perchè ora è così: magistrati, poliziotti, carabinieri, i loro familiari, sono morti invano per darci un Paese migliore ma che la spudorata realtà attuale ha usurpato.

Io non dico che questi gestori dell'atletica siano così infami come i politici di oggi. Ma lo stesso ci hanno portato via l'entusiasmo e la felicità del nostro piccolo scrigno di sogni, come vorremmo che quel ritaglio di giornata che gli dedichiamo, restasse. Persone che non possedendo una colonna vertebrale, e che sfidando le leggi della fisica, hanno l'arroganza di ripresentarsi senza nemmeno più utilizzare da coperta un programma politico. Almeno hanno scoperto le carte. Nemmeno la presa per il culo velata ci riservano più: e allora il messaggio è chiaro, lapalissiano: il voto in cambio del favore. A questo ci siamo ridotti. Il peggio del servilismo politico.

In tutto questo contesto, non vi sembra surreale la felicità di una squadra che esulta per uno scudetto figlio di mille intrallazzi normativi, dove praticamente nessuno di quella società è figlio del vivaio? Parliamo di mercenariato puro, di cosa se no? I vivai rappresentano i cuori pulsanti di ogni società, ne incarnano l'amore più puro, perchè implicano degli investimenti nel lunghissimo periodo, dove i risultati non si ottengono mai dall'oggi al domani, e probabilmente, in molti casi, non si vedranno mai. Il senso di fare qualche cosa per qualcun'altro. Il mercenariato è fare qualche cosa per sè stessi e basta. 

Ecco, combatto il mondo surreale dei famelici e bramosi accalappiatori di c.d.s., con l'amore di chi vive questo sport infischiandosene degli scudetti, dei piazzamenti, delle promozioni e delle retrocessioni, ma dando solo la possibilità ai ragazzi e a chi lo chiede, di far parte di una piccola famiglia itinerante e gioiosa. Questo è un piccolo scrigno di gioia, molto più che l'artefazione di un gruppo di Lanzichenecchi aggregati forzatamente a suon di dollaroni sotto un'unica maglietta.

L'atletica in Italia è morta principalmente per questo motivo: è morto l'amore che ci lega a qualche cosa, soppiantato dal facile successo. E se a farlo è sono stati coloro che per decenni hanno inculcato a decine di atleti come me quei valori che adesso hanno platealmente rinnegato, il decesso è ancor più amaro. Ma sapete come si dice, no? Contenti loro... 

20/09/12

Il weekend dei c.d.s., la settimana dei presidenti

... e così da domani partono i c.d.s. assoluti, e si sa ormai urbi et orbi. Gli ultimi dell'era Arese (si spera) ovvero di un periodo geologico in cui questo sport ha rischiato l'estinzione con tutti i suoi dinosauri. Naturalmente sulla pietra tombale di questi due mandati metterei come foto del defunto proprio l'immagine dei c.d.s. assoluti e dell'architettura dei c.d.s. in Italia in generale. Non esiste davvero immagine migliore per disegnare il Paleozoico cui ci ha fatto ripiombare l'Ufficio Norme (deve avere un nome simile). Dopo il putsch del 2008 quando le norme dei societari furono scandalosamente cambiate a stagione "amministrativa" già iniziata (era dicembre, quando ormai tutte le società avevano tracciato le loro strategie e di fatto conclusa la campagna acquisti-vendite) quando si passò all'atto pratico, ovvero tutte le fasi previste, si dimostrò la pochezza e l'incredibile artefazione del "nuovo" c.d.s., creato ad hoc per estromettere le società militari e dar peso ad un ristretto numero di società civili, e a ben vedere nemmeno a tutte e nemmeno a tante. Intervento di macro-chirurgia (tagliato il tumore delle società militari) e microchirurgia (aver studiato norme che favorissero solo un numero ristrettissimo di società civili). 

Ci vendettero la cosa come un toccasana per rimpinguare i vivai delle società (la norma passò infatti come quella "degli allievi ai c.d.s.") e dopo quattro anni possiamo pure tirare una riga e poter valutare quanto in effetti i vivai siano stati rimpinguati da chi su quelle norme ha prosperato. La società campione d'Italia 2011 (e probabile 2012) infatti, non schiera più un solo atleta proveniente dal vivaio da diverse edizioni. Tutti acquisiti, acquistati, transati, ritornati. Per me, che ci sono nato e cresciuto, uno smacco legato al dubbio che i valori che mi erano stati inculcati al tempo fossero tutte scuse... cosa che mi amareggia parecchio, visto che si faceva di un vero e proprio cursus honorum all'interno della società (la crescita in un ambiente sano) il perno di tutta l'attività sportiva.

E chiaramente, non è che nelle altre società di vertice si sia fatto diversamente, eh: semplicemente le norme dei c.d.s. erano state create pro domo parvi. Ci hanno preso per il culo, senza tanto girarci intorno. Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi, non rendendosi conto che quel tipo di c.d.s. avrebbe coperto di ridicolo tutto il movimento (una delle svariate volte che i geni o il genio del settore normativo ha fatto ridere) sbeffeggiato in diretta persino da Bragagna che non si capacitava di norme tanto stupide. Non si capiva nulla: probabilmente nemmeno un giocatore incallito di soduku ci avrebbe tirato fuori qualche cosa. Non si comprendeva chi avesse vinto se non dopo astrusi calcoli algoritmici che implementavano anche i risultati degli allievi (le vere vittime di questa idiozia) e diverso tempo dopo l'ultima gara: una volta la 4x400, l'ultima in programma, diventava una guerra per conquistare un punto... All'ultimo anno si è così tornati all'originario sistema di punteggio: tanto rumore per nulla, e una scia di danni su molti. 

Con gli anni infatti, il tiro è stato continuamente corretto, giusto perchè nemmeno gli ideatori risucivano più a capacitarsi di quello che stava avvenendo. Penso che al mondo non vi sia stato un solo concorso per squadre così poco privo di interesse come il campionato di società italiano.

Oggi i c.d.s. presentano ancora storture paurose, la più macroscopica delle quali, a mio modo di vedere, è il ritorno degli atleti militari alle cosiddette società d'origine. Ora, questa norma studiata ad hoc, è una vera e propria mannaia su tutto il sistema, perchè ha portato a dinamiche perverse delle società civili, oltrechè generare una ferita davvero profonda al tessuto di integrità morale che dovrebbe ammantare uno sport.

Gli atleti militari vengono pagati dallo Stato italiano (da noi tutti, no?) per svolgere la loro attività in nome e per conto dello Stato. I loro allenamenti, il tempo che viene impiegato per essi, è pagato da Noi contribuenti, non dalle società di origine, che sono soggetti privati. Ma mi dite perchè questi dovrebbero gareggiare per società private, visto che la loro "professionalità" molto particolare viene pagata da tutti gli italiani con le loro tasse?
E nel giorno del c.d.s. come risultano inquadrati questi ragazzi nei rispettivi ordini di servizio? Gli viene sospeso lo stipendio? Voi tollerereste, ad esempio, che i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri ricevano uno stipendio da tutti noi per poter esser messi a disposizione del riccone che ne fa richiesta per tutelare i suoi interessi sottraendoli alla sicurezza pubblica? 

Nessuno ha ancora fatto un esposto alla Corte dei Conti? Devo farlo io? Basta andare a prendere l'ideatore della norma, chi l'ha avvallata, e fargli pagare tutte le giornate retribuite ingiustamente a questi atleti da parte dello Stato. 

Poi è chiaro che gli atleti non hanno colpe... ci mancherebbe. Ma questa è la dimostrazione di quanto si siano maneggiati i regolamenti infrangendo norme di civiltà che sembrerebbero di normale applicazione. Naturalmente il mondo dell'atletica italiano, atrofizzato e narcotizzato da anni, oltre a farsi far passare le norme sui c.d.s. con gli allievi si è fatto passare pure questa. Che poi... le società d'origine hanno di certo un interesse leso, ovvero la perdita forzata di un atleta sul quale si era investito, inglobato nel sistema Statale. Ma la soluzione adottata (ovvero restituirgielo quando gli serve) vi sembra la scelta più giusta?

Si individuino piuttosto delle forme di risarcimento che non ricadano sulla collettività! Anche se fosse per pochi euro... Che so, agevolazioni fiscali con la Fidal (alla fine gli atleti militari non sono l'unica fonte di atleti di un certo livello della federazione, no?). Che poi, scusate, ma non si sta assistendo alla compravendita di atleti che diverranno militari da parte delle società di vertice (che vanno a pescarli presso le società che davvero fanno attività di proselitismo) l'anno precedente al loro arruolamento? Soluzione che consente a questi squadre dopo solo pochi mesi di parcheggio, di poter facilmente sfruttare quello che lo Stato (NOI) sta stipendiando? Alla fine questo sistema perverso favorisce solo un soggetto, la società civile di vertice, creando un vulnus sia alla piccola società che trova i talenti, che allo Stato.
 
Torno sui c.d.s.: ma ha ancora senso farli così? Un pastrocchio normativo, complicato, generato ad immagine e somiglianza di pochi e contro i molti, con troppi codicilli, piazzato in un periodo dell'anno che depone a sfavore dello spettacolo (se ancora possiamo definirlo così), con atleti in molti casi alla frutta, alcuni svogliati, con società latrici di molteplici buchi tappati con atleti meno performanti (guardiamo anche alle serie inferiori), con addirittura 4 serie che costringono le società meno danarose a sobbarcarsi costi di logistica spesso insopportabili, quando forse sarebbe a questo punto logico decentralizzare (se proprio si vogliono tenere in vita i c.d.s. per i piazzamenti oltre il 25 posto...) o radicalmente modificare il senso stesso dei c.d.s.. 

Comprendo che le piccole società vivano di piccole sponsorizzazioni: ma vale di più un piazzamento al 32° rango d'Italia, o poter investire quei soldi risparmiati da una sanguinosa trasferta sul proprio vivaio? O poter valorizzare alcuni atleti meritevoli? Alla fine l'atletica è uno sport individuale, non dimentichiamocelo MAI, e lo iato tra il senso unico di questo sport superindividualistico e le aspirazioni delle società deve fondersi in una concentrazione dei propri sforzi su ciò che fornisce il territorio, quello che la propria cultura societaria racconta, ciò che i propri tecnici e la loro professionalità riescono ad insegnare, quello che le strutture consentono di allenare... 

Perchè quindi costringere le società ad inventare ostacolisti se non ci sono gli ostacoli al campo? O astisti senza aste? O velocisti senza pista? O lanciatori senza attrezzi per i lanci? Oppure costringere le società a dover "acquistare" o dover investire una tantum per poter concludere un c.d.s. cercando atleti in giro per l'Italia? Quando le risorse di una società son scarse, queste mancanze si traducono in una sottrazione di ulteriori risorse al resto dell'attività... Meglio quindi che ogni società si specializzi in quello per la quale è meglio attrezzata ed invogliata e per quello che ha, che possa competere per aggiudicarsi un riconoscimento nazionale. I campionati di specialità, appunto. Solo in un contesto del genere le risorse e la professionalizzazione potranno meglio essere incanalate verso un miglioramento le prestazioni degli atleti seguiti, grazie alla presenza di tecnici mediamente più preparati, la tradizione in una specialità, le strutture per allenarla, le esperienze. 

18/09/12

Europei Master VII: dai 5000 solo gloria in rosa

Zgorzelec: lo stadio del mezzofondo
Dai, ripartiamo a bomba con l'analisi dei campionati europei master. La devo finire! Ero arrivato solo ai 1500. Manca ancora, per terminare il mezzofondo, i 5000 e i 10000. I 5000 si sono rivelati una specialità particolarmente proficua dal punto di vista "medaglifero", trasbordando nel forziere azzurro 4 dobloni, 2 d'oro e 2 di bronzo. Tutti rigorosamente... femminili. Nelle ultime due edizioni di campionati Europei Master all'aperto, solo una medaglia per i maschietti sui 5000, ovvero il bronzo di Gianfranco Cometti a Nyregyhaza '10. Bisogna invece tornare al Lubiana '08 per trovare gli ultimi ori, cioè quelli di Sergio Agnoli e Alessandro Eccheli. Di contro, è la 6^ edizione consecutiva di Europeo all'aperto dove almeno una azzurra vince una medaglia d'oro sui 5000. Quest'anno è toccato a Nadia Dandolo ed Egger Waltraud, due pezzi-da-90 del masterismo italiano.

Per Egger Waltraud ho già speso tutte le parole spendibili. Un filone aurifero deambulante di medaglie. 21'21"83 il suo tempo per portarsi a casa il oro europeo sui 5000 su 6 edizioni di cui ho contezza dal 2002 a oggi. Unico neo il 4° posto di Lubiana '08, ma mi sembra di ricordare una vistosissima fasciatura al ginocchio che le rendeva quasi difficile camminare. Netto e schiacciante il vantaggio sulla seconda, l'inglese Tabor: addirittura una ventina di secondi. 

Tra le W45 netta anche la classe superiore di Nadia Dandolo sulle avversarie: 18'13"35 contro il 18'28"77 della lituana Luse, e il prestigiosissimo bronzo dell'altra azzurra Donatella Saiu (18'33"21). Per la Dandolo, al caps azzurro-master, potrei anche dire che il risultato di Zittau rappresenta l'apice della sua nuova carriera over-35. Infatti vantava come career high l'argento ai mondiali di Lahti '09 e l'argento sui 3000 a Gand '11 (euroindoor). In realtà vi è anche l'odo agli EMG di Lignano, ma si sa che al momento la manifestazione è ancora in una fase embrionale rispetto al resto dell'attività master. Primo oro W45 italiano, ma anche prime medaglie (con il bronzo della Saiu) da 12 anni a questa parte. Quello che c'è prima del 2000, rimane ancora un mistero di cui nessuno sa più nulla. La Saiu, invece, conquista la propria seconda medaglia internazionale dopo il bronzo di Gand '11: oggi come allora, la vincitrice è stata Nadia Dandolo. 8 i suoi caps azzurri.

Quarta medaglia dalla... Sardegna, ovvero dall'amica Sonia Marongiu, nella versione W35 (qui il link alla gara) tarantolata di gare a qualsiasi latitudine e di qualsiasi natura. Nella circostanza continentale, Sonia, è riuscita a raggiungere il terzo bronzoso rango, con un crono più che rispettabile: 18'09"55. E' il bronzo per la Marongiu in una competizione internazionale master, dopo quelli nei cross ai mondiali di Lahti '09 e Gand '11, e quello di cui ho già parlato dei 1500 metri proprio a Zittau. 9 i suoi caps azzurri. Nella storia del binomio della specialità agli europei (delle ultime 7 edizioni), l'Italia vanta altre 3 medaglie, tutte vinte da Lorella Pagliacci in 3 edizioni differenti: ad Aarhus '04 fu oro. Nel 2008 a Lubiana, vinse l'argento, mentre a Poznam 2006 vinse il bronzo. Medaglia di legno (18'27"30) della medesima gara per Maria Domenica Manchia, che solo un annetto fa si cingeva dell'iride mondiale sulla distanza a Sacramento (dalla California tornò addirittura con tre ori e un bronzo: spedizione indimenticabile per lei). 9 caps per lei, con 5 medaglie, compresa l'argento conquistato sui 10000 proprio nell'edizione di quest'anno degli europei.

Tra le W40 la già citata Lorella Pagliacci giungerà 5^, con al posto Francesca Pini Prato. Qui il link alla gara. Per la Pagliacci è il 34° caps azzurro (una delle mezzofondiste più presenti degli ultimi anni a livello master), ricordo i due ori continentali (uno sui 5000 e uno sui 10000) che rappresentano i suoi apici carrieristici over-35. Sui 5000 vanta le citate 3 medaglie da W35 (l'oro, l'argento e il bronzo) nelle 3 edizioni di europei cui ha partecipato. Sono 6 i 5000 corsi tra mondiali e europei outdoor per lei. Francesca Pini Prato invece vanta la bellezza di 26 caps, e come migliori piazzamenti con l'azzurro-master, i quinti tanghi di Lahti '09 (5000), Nyreghyhaza '10 (10000) e Poznam '06 (5000). I due piazzamenti di Pagliacci e Pini-Prato sono comunque i migliori mai ottenuti da atlete italiane dal 2000 in poi nel binomio W40/5000.

E gli uomini? La cosa curiosa è che il peggior piazzamento di una donna italiana durante i campionati europei di Zittau (il 6° della Pini-Prato), ha ottenuto un piazzamento migliore del miglior atleta azzurro al maschile (il di Antonio Sotgia). Spedizione tecnicamente da rivedere, per usare un eufemismo. L'ultima edizione in cui un master italiano non andava a medaglia nei 5000 risale addirittura a 12 anni fa, a Jyvaskila '2000. Non che a Nyregyhaza fosse andata così bene, visto che si vinse solo un bronzo con Gianfranco Cometti: mezzofondo azzurro master in crisi? Questione sono logistica?

Antonio Sotgia, come dicevo, è risultato così esser il migliore della spedizione: appunto tra gli M50 con 17'13"56 (miglior piazzamento in maglia azzurra-master per lui). Il più volte citato Gianfranco Cometti è arrivato invece tra gli M60 (18'43"03). Tutti gli altri azzurri, risultano piazzatisi oltre l'11^ posizione. 

14/09/12

Le Queen-proposte I: norme di partecipazione agli italiani

L'isola di Utopìa - di T. Moro
Penso che l'atletica degli ultimi anni sia fallita (non diamole più speranze di resurrezione al momento) tra i tanti motivi  per l'assoluta incapacità di stare al passo coi tempi (il principale dei quali è l'assoluta inadeguatezza delle persone che arrivano ai posti chiave, ereditato dal buco nero di un sistema elettorale che non consente democrazia, che consolida le lobbies, che non permette soprattutto il cambiamento delle persone che arrivano al potere). Tutti gli altri sport cambiano i loro "asset", la loro organizzazione, e l'atletica, gestita da gerontocrati pieni e grondanti di interessi personali, rimane graniticamente stabile agli anni '70-'80. Da allora non è cambiato proprio più nulla per il meglio, e in questo caso (guarda un pò!) non attribuisco le responsabilità al solo Arese, ma a anche a tutto ciò che è venuto prima. La pianta è macita anni fa. L'ho già detto più volte: ad un certo punto della storia dirigenziale dell'atletica italiana, deve essere successo qualcosa che ha fatto in modo che prevalessero gli interessi particolari, sul generale. L'Alien si è stabilito nel corpo-baccello della Fidal e ora si è scaraventato fuori dallo stomaco. Le società prevalgono sugli atleti. I dirigenti più preparati dei tecnici. I c.d.s. più importanti delle Olimpiadi: perchè è così! Se facessimo un sondaggio tra i presidenti che formano i quadri dirigenziali della Fidal e li mettessimo di fronte ad una scelta (c.d.s. o Olimpiade) sceglierebbero con ogni probabilità i c.d.s.. Ora, chiaramente le società sono l'ossatura della Federazione, ma l'invasione di interessi particolari ad oggi è diventata patologica e sfacciata, tanto che non si registra  quasi più spazio per l'attività individuale. Tra maggio e luglio (i mesi dell'atletica) l'attività individuale viene praticamente sospesa per poter consentire alle società di poter concorrere ai c.d.s. cadetti, allievi, junior, promesse, senior e master. E se non si fa parte di una di queste categorie, l'attività ha l'encefalogramma piatto, perchè i GGG vengono convocati in massa a coccolare i societari, di qualunque natura essi siano. Questa è almeno la situazione in Lombardia, che al momento risulta essere la vera palla al piede dell'atletica italiana (visto il numero di consiglieri che produce) e i risultati normativi partoriti. 

Si è così assistito a continui step verso il basso, limitazioni, costrizioni, moltiplicazione di eventi "societari" a discapito dell'attività individuale. Insomma, i Presidenti di Società (che gestiscono de facto l'atletica italiana) hanno cercato di omologare l'atletica al fantasmagorico giuoco del calcio dimenticandosi quasi completamente della natura assolutamente individualistica di questo sport. Molti si sono rimangiati anche tutte le battaglie di posizione che avevano condotto per anni contro, che so... le società militari, millantando valori come l'attaccamento alla maglia, la ricerca di giovani e i sacrifici per i vivai, la lotta per principi superiori. Oggi penso che non vi sia più traccia di tutto questo. L'atletica è appunto fallita per consentire di far bene i c.d.s. alle società. 

Badate bene: non sto invocando cambiamenti delle regole del gioco. Non voglio che i 100 metri divengano 98 metri e che si corra su una gamba i 1500 con le mani legate dietro la schiena. Chiedo che vengano modificate le regole di ingaggio. Cioè? Cioè che cambi l'organizzazione generale dell'atletica, la filosofia ultima, il prodotto finale a disposizione della massa. Oggi sembra tutto caotico, senza idee, alla viva-il-parroco. La gestione dell'atletica deve cioè fornire un prodotto migliore al proprio tesserato, che nella stragrande maggioranza dei casi è un atleta non-evoluto. Adesso il prodotto-atletica è pessimo, ma nei prossimi mesi sarà pure peggiore. Obiettivo da perseguire? Fare in modo che gli atleti rimangano sempre, anche se sono gli ultimi o i penultimi. Non abbandonare nessuno al proprio destino (anche se fisiologicamente sarà sempre impossibile non avere un numero oscuro di ritiri). 

Ciò avviene secondo me in un solo modo: fornendo opportunità. Dando cioè alla massa di atleti che compongono la pancia di questo sport, più possibilità di far parte del gioco, di far parte organica di questo mondo. Oggi, basta vedere le liste che fornisce la Fidal: ad esempio, io master sono figlio di un Dio Minore, a anche se corro sotto gli 11" i 100 non ho la possibilità di confrontarmi con gli altri senior della mia portata. Le categorie sono state cioè rese impermeabili, rigidamente separate, almeno dal punto di vista organizzativo. E questo tralasciando che la separazione tra master e assoluti sembra una cazzata assoluta che non dovrebbe nemmeno esistere (si scriverà anche di questo) e nonostante alcuni consiglieri federali facciano carte false per umiliare gli over-35 (tra l'altro essi stessi personaggi che sfigurerebbero anche tra gli M95 quanto a capacità fisiche: se poi sono pure avvinazzati, manco alla fine di un 60 arriverebbero). Quindi, dopo un forse troppo lungo preambolo, ecco sotto la proposta.

Proposta: 
una lista italiana secondo un ranking a punti
Campionati italiani con i primi 32 della classifica a punti

L'obiettivo è quello di connettere tutti (come i social network, così vincenti in questi anni) in un unico listone, ma non sotto l'unico elemento del tempo ottenuto nella miglior gara dell'anno (quello che avviene adesso), ma, come ad esempio avviene nel tennis, secondo l'andamento prestativo dell'atleta in un determinato arco di tempo. Il principio sarebbe cioè quello per cui verrebbe premiata una determinata media di prestazioni, piuttosto che un singolo evento, che nell'atletica non è certo il caso accademico. Atleti che corrono, in una sola circostanza ed in determinate e favorevoli condizioni atmosferiche, che riescono ad ottenere i minimi (poi rimanendogli distanti tutti l'anno) e altri che arrivano costantemente vicini a quei dannati minimi, senza mai ottenerli. Il principio da me invocato, in questo caso, premierebbe il secondo a scapito del primo. E di sicuro non verrebbe stravolto il senso ultimo dell'atletica, giacche i più veloci, i più forti, i più dotati, prevalgono sempre. Sarebbe solo un giochino per attirare le persone a dare il meglio... sempre. A partecipare, a cimentarsi, a confrontarsi. Più partecipazione, più vita. 

Mi spiego meglio. Esistono già in rete applicativi simili, che attribuiscono un punteggio ad una  determinata prestazione cronometrica o metrica (in atletica), togliendo o aumentando il punteggio a seconda del dato del vento (se è una gara di sprint o salti), che pesino in termini di punti la tipologia di gara in cui la prestazione è avvenuta (se è un campionato provinciale, un meeting regionale, un campionato di società...), la POSIZIONE in cui l'atleta è giunto (nei meeting di tutta Italia, ormai l'idea del piazzamento è stata soppiantata completamente: l'atletica sembra uno sport dove non conta più chi vince, ma solo il tempo o il risultato ottenuto), il numero di partecipanti alla gara.

Ricapitolando: un software banalissimo (già impostabile con excel... figurarsi la Fidal con 20 milioni di euro di badget se non riesce a trovare il figlio, del fratello, dell'amante di qualche consigliere che non sappia farlo) che prenda in considerazioni questi dati:
  • la prestazione cronometrica;
  • il piazzamento all'interno del singolo evento;
  • la tipologia di gara (se valida come campionato, come meeting, se regionale, se provinciale...);
  • il vento (nelle gare di sprint/salti);
  • il numero di partecipanti all'evento in cui il risultato è stato ottenuto. 
  • l'intervallo di tempo in cui i risultati sono stati ottenuti (diciamo 8 mesi di default).
  • numero di prestazioni prese in considerazione (si può discutere...).
Risultati. Innanzi tutto, se lo "scienziato" di cui sopra inserisse l'applicativo direttamente nel Sigma, basterebbe inserire i risultati della gara per vedersi vicino al proprio nome già il punteggio ottenuto in quell'evento. A quel punto il sistema genererebbe e aggiornerebbe costantemente e quotidianamente una classifica diacronica (basata cioè su un intervallo di tempo che nel nostro caso d'esempio è degli ultimi 8 mesi), basata non solo quindi sulla miglior prestazione dell'atleta, ma sul suo andamento prestativo effettivo nel corso del tempo. Come nel tennis, appunto. I risultati antecedenti ai nostri 8 mesi, verrebbero invece o cancellati, o meglio, come altra ipotesi adottata dal software che ho trovato, perderebbero ogni settimana (o ogni giorno) un piccolo quid di punteggio, facendo così diminuire l'importanza relativa di quel dato sul totale. Si può poi eventualmente discutere se prevedere un numero minimo di gare per ottenere il punteggio medio (3?). 

Effetti positivi: innanzi tutto verrebbe limitato quello che è un grosso limite del Sigma, ovvero il tempo di iscrizione alle gare. Le serie e le batterie oggi vengono costruite sul miglior tempo dell'anno, senza tener conto delle condizioni dell'atleta. E questo si trascina fin quasi al giugno dell'anno successivo, nonostante le condizioni dell'atleta cambino radicalmente. Anzi, il Sigma assimila pure i tempi ventosi, e, faccio il mio esempio, si è costretti da un risultato farlocco ottenuto a Donnas, a finire in tutte le prime serie (non meritate) di tutte le gare di natura regionale e locale. Talvolta umiliante. Il Sigma non tiene poi conto degli infortuni, della condizione dell'atleta, e spesso questo porta a situazioni agonistiche che nell'era pre-Sigma avvenivano raramente. L'iscrizione brevi manu, quanto meno, portava ad aggiustamenti più o meno reali sui propri tempi ipotetici e reali... e gli sboroni del tempo-farlocco si permettevano di farlo giusto una volta, poi ritornavano nei ranghi con tempi che più gli si confacevano. C'era insomma una forma di autoregolamentazione che bene o male aveva sempre funzionato. Oggi, invece, si assiste sbigottiti a fenomeni nuovi, come i "forti" delle ultime serie. I "deboli" delle "prime" serie. Insomma lo stravolgimento agonistico delle gare. Con una graduatoria a prestazione-nel-tempo, le serie sarebbero più equilibrate e più rispettose dei valori espressi in quel momento in cui l'evento sta per succedere... poi è chiaro che qualunque modello non sarà mai perfetto.

Diminuirebbe così l'impatto dei risultati "dubbi" sul tessuto generale dell'atletica, imponendo a chi corre forte una volta, di farlo almeno un'altra (cosa che non riesce sempre...) per conquistarsi i privilegi delle prime serie o dell'imprimatur di "testa di serie". 

Altro effetto positivo sarebbe la creazione di un unico ranking nazionale che metterebbe tutti gli atleti italiani di una specialità, in un'unica classifica basata sul merito nel periodo di tempo, piuttosto che su un'unica prestazione. Porterebbe molti, probabilmente, a cercare di scavalcare quelli che stanno davanti (anche dalla 1567^ posizione rispetto alla 1568^), o a cercare di scalare la classifica; a cercare di ottenere punti cercando gare dove incontrare i diretti avversari (visto che i piazzamenti conterebbero qualche cosa); in poche parole: aumenterebbe la partecipazione, che è il seme primordiale del successo di uno sport.

I campionati italiani. A quel punto, direi, potrebbero cambiare anche i criteri di partecipazione ai campionati italiani. Non più tutti coloro che corrono sotto un determinato limite (alcuni dei quali, è risaputo, avvengono in condizioni particolari... mai più ripetute), ma i primi 32 (un numero a caso... come 4 batterie da 8, tutto qui) o 20 (nel caso dei salti... o un numero comunque ragionato ante-quo) estrapolati dal ranking nel giorno della deadline pre-campionato. Aumenterebbe così sicuramente il numero dei partecipanti (i campionati italiani individuali sono ad oggi una manifestazione da far piangere per la pochezza... numerica). Consentirebbe agli organizzatori di lavorare su numeri certi. Aumenterebbe l'indotto di pubblico (parenti-amici, che sono sempre una forma di pubblicità indiretta) e soprattutto aumenterebbe la qualità media dei campionati. Costringerebbe alcuni "forti" ma non-fortissimi (come del resto avviene in Francia) a cimentarsi durante la stagione e a non esordire a giugno inoltrato, nel caso in cui volessero partecipare ai campionati italiani. (poi sarebbe da imporre la partecipazione ai campionati nazionali anche come trial a qualunque manifestazione internazionale. ma questo è un altro discorso). Naturalmente si dovrebbero lasciare un paio di wild-card federali per i casi più eclatanti. 

Effetti negativi? Dall'altra parte quale sarebbe il portato negativo? Io dico che poi ad Olimpiadi e Mondiali andrebbero comunque quelli più forti e che sarebbe sempre difficile che andasse un John Carneade autore di un 10"22 a Donnas con 2,0 di vento. Ovvero, l'attività di vertice estremo non subirebbe alcuna conseguenza. Se si manifestasse il problema di collocamento tra i primi 32 in Italia per un atleta-top, bè, allora quello non potrebbe/dovrebbe essere considerato... top. Chiuso il caso dell'atletica di vertice... non intaccata da questa proposta. Cambierebbe però quella medio-piccola, e in meglio, come già spiegato prima. Darebbe molte più opportunità agli atleti "medi" che raramente vedono coronate le loro fatiche durante tutta la carriera agonistica (primo motivo d'abbandono delle classi... medie) anche solo per semplice "sfiga". Consentirebbe maggiore partecipazione, più coinvolgimento collettivo, più appuntamenti. 

Conclusione. Bene, questa è la mia proposta. Non so, magari la considererete fantascienza (ma nel 2012?). A me sembra solo un modo per dare delle opportunità in più a tutti, piuttosto che inventarsi divieti, limiti e ripicche, che è l'unica filosofia tramandabile del governo-Arese. Prossimamente proporrò altre idee sulle categorie, sui campionati di società e sul sistema elettorale. Naturalmente questa è tutta Utopia, o Utopìa, con l'accento sulla "I"... come la città di Tommaso Moro. 

13/09/12

4 record italiani master... anche Donato e Levorato

L'atletica italiana "buona", si sa, è "datata", come lo dimostrano ormai i risultati: è arcinoto come tra i migliori svettano i vari Nicola Vizzoni, Antonietta Di Martino, Valeria Straneo, Fabrizio Donato... tutti atleti che hanno passato la migliore età agonistica da un decennio, ma che hanno trovato una seconda giovinezza a ridosso o oltre i 35 anni. Si dice "35" e naturalmente (almeno a me) viene in mente "master", ovvero quella categoria di atleti tanto cara ai Consiglieri Federali, come solo per fare un paio di nomi Scorzoso e Angelotti. Amore viscerale, ricambiato... naturalmente. Nonostante questi validi consiglieri letteralmente estasiati dalle categorie master (probabilmente impietriti da una forma di Sindrome di Strendhal del mondo over-35) implementati da ulteriori due consiglieri responsabili proprio delle categorie master, non si capisce a tutt'oggi come siano passate in questi anni le norme-porcata contro i master promulgate dal Sinedrio della Fidal. E ripeto: Arese non c'entra stavolta assolutamente nulla, perchè si sa, a Francè, dell'atletica di base, poco gli frega: e spiegherò anche perchè prossimamente, con teorie contrarie a chi gli scrive ingenue lettere appellandosi al suo passato, al suo orgoglio, alla logica. Figurarsi poi l'interesse di Arese per i master... probabilmente gli interessa più il loro abbigliamento e le loro calzature, ma su questo non voglio fare battute troppo scontate. Comunque, stasera ero qui per parlare di 4 record italiani master, ottenuti nel mese di settembre. Mentre a poco-a-poco sto completando il lunghissimo lavoro di analisi dei Campionati Europei di Zittau, ecco che continuano a piovere record italiani nelle categorie over-35. Da un sommario calcolo, dall'inizio dell'anno, tra miglioramenti e pareggi, dovremmo essere arrivati già a 210. Un mondo in continua evoluzione tecnica, non c'è che dire, nonostante la cecità dei vertici e tutti i tentativi di arginarne la presenza. Ma  ecco i nuovi record segnalati. 

Lungo M35 - prestigioso il nome del nuovo detentore del record, ovvero quello del bronzo olimpico Fabrizio Donato, che al Meeting di Rovereto ha saltato nel salto in lungo la misura di 7,66 con 0,2 di vento. Il precedente primato apparteneva a Bruno Frinolli, che a Giulianova, nel 2005, aveva saltato 7,59. Con questo Donato fa quaterna, già detenendo il primato M35 del lungo indoor (8,03 ad Ancona nel 2011), e naturalmente i due del triplo: il delirante 17,73 indoor di Parigi '11, e il mostruoso 17,53 con il quale ha vinto gli Europei di Helsinki 2012. In termini di AGC quest'ultimo risultato porta ad un 98,14%, che equivarrebbe ad una misura di 17,95 se saltata da un ventenne.  

100 F35 - torna finalmente, dopo un lunghissimo stop, Manuela Levorato, che a Faenza ha migliorato il record italiano dei 100 metri F35. La rincorsa è cominciata, anche se come diceva il Duca, purtroppo è passato il treno con la storia olimpica che avrebbe premiato la più grande velocista italiana di sempre di un traguardo prestigioso. 11"75 il suo crono, con -0,2 di vento, che abbassa di 11 cent il precedente primato di Elena Sordelli, che a Gavardo, nel maggio dell'anno scorso, aveva corso in 11"86 (0,7 il vento). 89,28% il controvalore AGC. Questa la cronologia recente del record:
  • 12"01 (0,3) Lusia Puleanga - Bovolone - 04/07/2009
  • 11"86 (0,7) Elena Sordelli - Gavardo - 21/05/2011
  • 11"75 (-0,2) Manuela Levorato - Faenza - 12/09/2012
salto in alto M50 - da Bellinzona, l'8 di settembre, ennesimo record della leggenda vivente del salto in alto italiano, Marco Segatel. 1,90 contro l'1,88 precedente detenuto dal maggio scorso, quando lo stabilì a Rovellasca. 3° record ottenuto nel binomio M50/alto nel 2012 (è registrato anche l'1,87 di Reggio Emilia. Proprio questo record stabilito in Emilia, cancellava un primato che resisteva da ben 19 anni, ovvero quello di Vittoriano Drovandi, che nel 1993 a Monsumanno era stato in grado di saltare 1,84. L'impresa nell'impresa è stata quella di cancellare il primato più "antico" tra tutte le categorie master nel salto in alto all'aperto, cosa che peraltro gli era già riuscita a livello indoor quest'anno, quando riuscì a battere l'analogo record di Drovandi risalente al medesimo anno (detenuto in comproprietà con Emanuel Manfredini). Ora il record italiano più "antico" del salto in alto, sia indoor che outdoor, è ancora una volta del più volte citato Drovandi, che da M55, nel 1997 a Pisa (luoghi magici) saltò 1,77. Per Segatel viene ribadito il dominio storico della specialità del salto in alto master: oltre a tutte le decine di medaglie, i record indoor-outdoor delle categorie M40, M45 e M50. 95,00% il corrispettivo in AGC. 

300hs M65 - sempre a Bellinzona, cade il primato dei 300hs M65. Autore ne è Aldo Del Rio, capace di correre la specialità in 50"00. 91,26% l'AGC, che equivarrebbe ad un 51"26 sui 400hs...mica male. record italiano detenuto per Del Rio (che diventano 12 con le staffette con la Nazionale e di club). Curiosità: dall'ultimo record di Mallardi a quello di Del Rio, è passato esattamente un anno: era infatti l'8 settembre 2011 (data magica evidentemente). Questa la cronologia recente del record:
  • 50"78 - Antonio Farsaci - Poznam - 23/07/2006
  • 50"38 - Giulio Mallardi - Bastia Umbra - 02/07/2011
  • 50"23 - Giulio Mallardi - Misano Adriatico - 08/09/2011
  • 50"00 - Aldo Del Rio - Bellinzona - 08/09/2012

10/09/12

Morire d'amore... per l'atletica

...detto così sembra quasi riduttivo. L'atletica non può mai essere tutto nella vita di nessuno. E' una parte della giornata, è uno sport: nella vita c'è altro. Deve esserci altro. Lo sport è complementare all'esistenza, non può esserne la ragione. Così la penso io... la pensavo. Dopo aver riflettuto un pò, oggi.
In realtà può essere tutto quando non hai più nulla, o dalla vita hai ricevuto già tutto. O ti manca una finestra di libertà, un progetto, un obiettivo. Così, ieri, ci ha lasciato in un modo che lascia storditi Vittorio Colò, il pioniere del mondo master. Questo per chi non l'ha vissuto, conosciuto, ne ha ascoltati i consigli, i suggerimenti, gli incitamenti. Per tutti ha rappresentato una sorta di fenomeno di longevità (quale esso è, indubbiamente), per il quale si contano decine di record, centinaia di medaglia, una serie sterminata di imprese, alcune delle quali non sono state nemmeno riconosciute, e probabilmente non se ne ha nemmeno contezza.  
Quando ho iniziato a "far atletica", nel 1985, Lui era già lì, quel signore anziano con la tuta verde dell'Atletica Riccardi, i capelli bianchi, il sorriso (sempre). In mezzo al campo, nell'erba, oppure, stranamente, sempre sul rettilineo opposto del XXV aprile. Mi sarebbe piaciuto chiedergli perchè lui allenasse "di là" lontano dai clamori e dalla visibilità del rettilineo finale, ma oggi sembra tutto fin troppo chiaro.
Decine di ragazzi, sempre, con lui. Quelli che poi sono diventati i miei migliori amici di un lunghissimo cammino. Sapete, nella vita cambiano tante cose, passano tante persone, ma "quelli dell'atletica", almeno per me, sono stati sempre gli stessi. E sono quelli che meno sono cambiati in quasi 30 anni. Su un campo d'atletica la fatica accomuna, le convenzioni sociali cadono più che in altri campi della vita (forse perchè la fatica non si nasconde e il cronometro è sempre testimone di verità) e le persone che conosci sono quelle... più reali. E' più difficile indossare una maschera dopo aver corso 6 o 7 volte i 300 con tre minuti di recupero. Si è naturalmente più spontanei.
Vittorio viveva sopra la pista, nel palazzone marrone che faceva angolo dall'altra parte della strada, non so a che piano. Di sicuro si affacciava alla finestra da lassù ogni giorno, ed era subito in pista. Non poteva non vederla. Dopo l'operazione al ginocchio, probabilmente, quello sguardo dev'esser diventata una tortura per lui. 
Rimangono gli eserciti di ragazzini in pista, e la sua figura che ha rappresentato, forse, quella di uno degli ultimi "educatori" in circolazione, non solo un "allenatore". Vorrei raccontare mille aneddoti, ma vorrei che lo facessero chi direttamente l'ha vissuto quotidianamente, per sottolineare la grandezza di un uomo, che insegnando l'atletica, in realtà ha insegnato pezzi di esistenza a tanti giovani. 
Guardandolo oggi che tutto è finito, forse ne si comprende meglio la grandezza: non ha mai cercato i campioncini, probabilmente non gliene fregava nulla. "Avviava all'atletica", anche se in realtà "introduceva alla vita". Era una missione, lì, in mezzo a tutti quei giovani, ad esibirsi lui stesso nel triplo a 90 anni, negli ostacoli, nell'asta (la prima volta che lo vidi provare l'asta, quasi non credevo ai miei occhi) ad essere d'esempio. L'esempio. 
Con lui sono passate ondate di ragazzi che hanno composto l'ossatura della Riccardi per generazioni. Non si vinceva mai il campionato di società, le soddisfazioni di trofei e medaglie erano rare e osannate come eventi olimpici, ma era come se succedesse ad ogni trasferta. Succedeva quando ancora era lo spirito che contava, non il risultato. I principi di appartenenza, fedeltà, amore, memoria, contrapposti al risultato a tutti i costi. E' amaro, oggi, constatare che non è più così. 
Il gesto finale, l'atto più egoistico d'amore che una persona può commettere, non è stato per uno sport come l'atletica, ma per quella finestra di libertà che ogni uomo deve sapersi e potersi ritagliare nella vita.

09/09/12

Europei Master Vi: mancano gli ori. 1 argento e 4 bronzi

i 3 azzurri M40 della finale dei 1500
Makhloufi, Roscioli e Piccioli (bronzo)
Un argento, 4 bronzi, 13 finalisti su 13 partecipanti. Questo è il bottino dei master italiani sui 1500 agli Eurovets di Zittau. A Nyregyhaza, nel 2010, arrivarono la bellezza di 3 ori (Waltraud Egger tra le W60, Alessandro Claut nella categoria sperimantale M30, e Paola Tiselli nelle W35) e un bronzo. Il miglior piazzamento azzurro l'ha ottenuto Konrad Geiser, secondo tra gli M65 con 4'54"33 ancora una volta dietro al vincitore degli 800, l'olandese Hans Smeets. Di Konrad ho già parlato ampiamente trattando gli 800 metri (qui il link all'articolo). 40 i caps azzurri individuati per lui nel mio data-base, con un career high raggiunto nel 2003, a San Sebastian, dove fu campione del mondo degli 800 M55. 12 le medaglie internazionali vinte, 4 delle quali proprio nei 1500 (due argenti e due bronzi). Di fatto è però la prima volta (su 5) che Geiser vince una medaglia agli Europei Open. Curiosità: a Zittau si sono visti per la prima volta dal 2000 in poi, atleti azzurri schierati sui 1500 nella categoria M65. 6 edizioni consecutive senza italiani (di quanto è avvenuto prima non ho contezza) .
Bronzo per Manuel Dalla Brida, finito terzo in un'altra gara, quella degli M35, tecnicamente davvero improponibile per i deboli di cuore. 3'58"69 per il polacco Zblewski, 3'59"69 per lo spagnolo Lorenzo Marcos e 4'02"76 per Dalla Brida. Prima medaglia internazionale per Manuel su 3 eventi cui ha partecipato a livello internazionale master e prima medaglia nel binomio M35/1500 conquistata dall'Italia nelle ultime 7 edizioni (e dovrebbe essere anche la prima in assoluto, visto che la categoria M35 a livello internazionale dovrebbe essere stata introdotta ad inizio secolo). 
Bronzo (5'37"75) per Egger Waltraud, la Signora del Mezzofondo italiano, capace nella sua carriera master di vincere l'impressionante quantità di 44 medaglie in una decina di anni (dal 2002, anno dal quale ho contezza abbia iniziato la sua carriera da over-35). 5 medaglie su 5 nelle edizioni di campionati europei cui ha partecipato sui 1500 (e fu oro a Nyregyhaza due anni fa, e Potsdam nel 2002). Nel binomio W60/1500, le italiane hanno conquistato 2 medaglie: le 2 appunte, di Waltraud.
Tra gli M60 c'è l'ulteriore bronzo di Giovanni Finielli, con il quale aveva anticipato l'argento poi conquistato negli 800. 5^ medaglia internazionale per lui, dopo i due ori agli EMG di Lignano  Sabbiadoro dell'anno scorso e il bronzo negli 800 indoor di Gand '11. 4'47"67 per raggiungere la medaglia. Seconda medaglia nella storia recente degli Europei nel binomio M60/1500, dopo l'oro di Lubiana '08 conquistata da Dario Rappo. 8 finalisti su 9 partecipazioni azzurre il conto sulle finali. 
Ugo Piccioli Capelli, all'esordio ad un Campionato Europeo Master, conquista il suo bronzo, con 4'23"76. Piccolo rammarico sul treno perso nel giro finale (quello composto dallo spagnolo Julio Bardavio Atienza e del tedesco German Hehn): il gap creatosi ad un giro dalla fine non è stato più colmabile nonostante il grande finale di Ugo. Prima medaglia internazionale, per lui che aveva esordito con la maglia azzurra-master agli EMG di Lignano dell'anno scorso. 4 le medaglie vinte (con quella di Ugo) nel binomio M40/1500 nella storia recente della specialità in campo europeo-open: a Lubiana '08 vinse Gannari Litta (e terzo Gianni Bruzzi), mentre la quarta arrivò a Jyvaskyla 2000 per "piede" di Giovanni Ferrari

Gli altri finalisti. giunge Nourredine Makhloufi nei 1500 M40, proprio dietro l'appena citato Ugo Piccioli. Anche per lui si trattava dell'esordio in maglia azzurra. Per i dati generali, basta guardare qui sopra. Stesso piazzamento, 4^, per Lorella Pagliacci nella categoria W40 con 5'14"05 in una gara dominata dalla tedesca Bettina Deussen. Rimangono così 19 le sue medaglie conquistate da master, dai 1500 alla mezza maratona, passando per le staffette. A Zittau vincerà comunque il bronzo nei 10000, evento di cui parlerò prossimamente. 4 le volte in cui Lorella si è presentata sui 1500 agli Euro-Open, con una medaglia (2004 ad Aarhus), due sesti posti e il quarto di Zittau. Nelle ultime 7 edizioni di campionato continentale, nessuna italiana ha mai raggiunto la medaglia nel binomio W40/1500: quello della Pagliacci rappresenta così il miglior piazzamento azzurro, al pari di quello di Laura Avigo conquistato a Lubiana '08. Nadia Dandolo, tra le W45, arriva 5^ (ma si rifarà nei 5000...) con 4'58"21. C'è anche da dire che Nadia è del 1962, cioè in Italia è già de facto W50: di conseguenza ha guerreggiato con atlete di quasi una categoria inferiore. caps azzurro-master, e unica non-medaglia conquistata. Nelle precedenti 5 presenze-azzurre (conteggiate nelle ultime 7 edizioni di campionati italiani) nel binomio W45/1500 tre bronzi. Daniele Pedrini tra gli M50, con 4'32"19, che è il suo miglior piazzamento ad una competizione internazionale tra i master (vantava prima di questo, due decimi posti: uno a Nyregyhaza sui 1500, e uno a Gand '11 sui 3000). 14 caps azzurri per lui. Un bronzo (quello di Luigi Ferrari due anni fa in Ungheria) l'unica medaglia vinta nel binomio M50/1500. Nella stessa categoria, 13° Gianfranco Belluomo con 4'40"18. 6 caps azzurri, tutti contabilizzati nelle ultime due stagioni  Saverio Manca tra gli M65 (5'31"72), alla sua seconda presenza ad un Europeo dopo quella di 10 anni fa a Potsdam (dove si era presentato sulle lunghe distanze). 6 caps azzurri, con, come career high, i 2 bronzi negli EMG di Lignano Sabbiadoro dell'anno scorso. 14° quindi Mauro Roscioli nella gara M40 (5'29"47). Infine, il ritiro di Paola Tiselli nella finale W35. E' il suo primo ritiro nel suo trascorso azzurro-master. 

08/09/12

l'immortalità sportiva di Aries Merritt: 12"80 a Bruxelles

Aries Merritt, per chi non lo sapesse, fa parte della generazione "Grosseto-'04", quella di LeShawn Merritt, Dayron Robles, Kerron Clement, Godfrey Mokoena, Nadine Muller, Jessica Ennis, Svetlana Shkolina, Kelly Ann-Baptiste, Shalonda Solomon... eeee, lo vogliamo dire? Andrew Howe, che di quella edizione fu probabilmente la stella, con i due ori nei 200 e nel lungo, che ormai fanno parte dell'epos atletico italico. A differenza di molti dei qui citati, Aries Merritt ha condotto un'esistenza sportiva nei sobborghi dell'ostacolismo mondiale, a non molta distanza dal centro, ma comunque abbastanza da dover prender i mezzi per farsi una "vasca" nei negozi downtown. 

Mentre Aries conduceva la sua carriera da impiegato degli ostacoli ad elemosinare corsie per i meeting, colui che gli arrivò a un anno luce di distanza in Maremma, 8 anni or sono (13"56 a 13"77), Dayron il cubano, iniziava e (praticamente) terminava la sua parabola sportiva ostacolistica, toccando a metà di questo percorso, il dono dell'immortalità olimpica. Era il 2008, sulla carlinga esibiva già l'argento ai mondiali indoor di Mosca oltre che alle tracce di santità (sportiva) ereditate dai poteri olimpici, quando a Ostrava sciabolava l'allora nuovo record mondiale: 12"87. Tra i suoi averi, arriverà poi anche l'oro mondiale... indoor, mentre rimarrà (fino ad oggi) una chimera il titolo mondiale all'aperto. Quando alla fine lo raggiunse, l'anno scorso a Daegu, il Fato ci mise la "mano" in tutti i sensi, facendolo squalificare per un tocco da-moviola a danno di Liu Xiang. Ma ogni Semi-Dio ha avuto il suo tallone. 

E Aries dov'è stato in tutti questi anni? Ve lo state chiedendo? Aries, dopo il clamore italico ormai lontano un viaggio a curvatura, è ritornato a galla solo l'anno scorso, quando ancora negli States dominava l'enormità di Lord Fener Oliver. Non che nel corso di questi anni abbia corso in 13"50, eh... ogni anno ci stava un risultato sotto i 13"20... o meno. Il 2005 fu del tutto negativo. Nel 2006 la vittoria ai campionati NCAA indoor e outdoor, ma il 5° posto ai campionati americani. Poi il  13"12 col quale arrivò 5° al meeting di Losanna: ci stanno anche 4 volte sotto i 13"20. Nel 2007, anno dei mondiali di Helsinki, il 6° posto ai trials, ed un solo vero acuto: il 13"09 al meeting Galan di Stoccolma. Nell'Annus Holimpicus 2008, l'inopinato 4° posto ai trials, e un SB di 13"24. Anno da buttare. Sono anni in cui abbandona molto l'attività al coperto, per concentrarsi per gli appuntamenti outdoor: nel 2009 centra finalmente la qualificazione alle Forche Caudine dei trials (3° con lo SB di 13"15), e si presenterà a Berlino, dove uscirà malamente in batteria con 13"70. Altro anno da buttare. il 2010 è l'anno peggiore di tutta la sua carriera: tempi altissimi, 3 sole prove sui 110hs, con un over-14" e un 13"95 con il quale a giugno avrà già chiuso la bottega. Il 2011 nasce invece il suo stellone, quello che lo porterà ad Olimpia. Si esibisce in totale su una 20ina di gare nei 110hs e la media dei risultati è probabilmente vicina o inferiore ai 13"20. A Daegu raggiunge il primo risultato degno di nota dopo l'oro di Grosseto: l'accesso alla finale mondiale, dove sarà solo 6° con il peggior tempo dell'anno fino a quel momento. E poi, nel 2012, l'apoteosi. Il titolo mondiale indoor di Istanbul, quello olimpico a Londra, il record mondiale sui 110hs, e quello personale sui 60hs: 7"43. Annus Memorabilis. 

Ieri sera, su una delle piste del Re Baldovino di Bruxelles, ha osato pure ledere la maestà di chi era entrato in pista con il carrozzone di chi doveva impressionare, stupire, sconvolgere, turbare... il Puma Bolt e la Bestia Blake. I record, è un assioma, non arrivano mai a comando. Hanno la loro sacralità, la loro aura misteriosa. Pretendono rispetto, li devi vezzeggiare, ballarci insieme per molto tempo, ipnotizzarli, prima di colpirli in maniera ferale al cuore. E' quello che ha fatto Aries tutto l'anno. Ci ha danzato insieme a quel record del mondo, quel 12"87 di Dayron, fino a peccare di arroganza prima di Losanna: "batterò il record del Mondo!". Detto-fatto. Falsa partenza. Squalificato. Il record ha preteso il suo scalpo nel modo più plateale: gettato fuori dal Salone da Ballo. E così Aries ha dovuto ricominciare a vezzeggiarlo, riappacificandosi: 12"95 a Birmingham, 12"97 a Belino. Solo allora gli Dei degli Ostacoli hanno capito che forse, Colui il quale era entrato tra gli immortali olimpici, fosse l'uomo giusto. A Bruxelles, di fianco a lui, il prode Jason Richardson, uno strumento umano di musica sugli Hs: uno Stradivarius vivente. Che non si dicesse che non ci fosse nessuno in uno dei momenti "storici" della specialità. Ma anche il terzo di Olimpia, il jam Hansle Parchment. Quello che sarebbe dovuto essere il quarto olimpico, Serghey Shubenkov, castrato in semifinale a Londra. Colui che ha segnato la carriera di Merritt dell'ultimo lustro, David Oliver. Il campione del Mondo di Berlino '09, quando Aries naufragò in batteria, Ryan Braitwaite. Per rendere tutto idilliaco, ne mancava solo uno: proprio Dayron Robles. E allora sì che lo sport ci avrebbe fornito una volta di più tutto quanto, niente escluso, che solo un Colossal ti sa dare.

Aries parte come un razzo. Al secondo ostacolo è già in testa, e il gap con Richardson aumenta sempre di più. Ma Stradivarius-Richardson non è uno da 13"30, quindi quel divario già a vista sembra preludere a qualche cosa di gigantesco. Non fa nemmeno l'errore di buttarsi sul traguardo dopo l'ultimo ostacolo, mantenendo la corsa potente e fluida. 12"80. La storia dei 110hs spazzata e riscritta nel giro di pochi secondi. E Aries, ora, è davvero uno degli Dei di questa specialità, anche se il copione prevede le riconferme nelle stagioni successive, prima di giganteggiare definitivamente. La sua grandezza è fornita da alcuni dati: nelle 59 volte con cui l'uomo è sceso sotto i 13", nessuno dei 14 atleti che sono riusciti in tale impresa titanica, è stato capace di correre in una sola stagione 8 volte sotto i 13" (più 2 ventose...). Dayron Robles, nel 2008, arrivò a 7. Nella classifica generale dei sub-13", Merritt sale al secondo posto, al pari di Dayron Robles e David Oliver, con 8 volte. Con 11 "centri" troviamo Allen Johnson. Sono solo 9 gli uomini nella storia che sono scesi almeno due volte sotto i 13". 

Bè, mi sembra di aver detto tutto. Non la rileggo, se ci sono errori, amen. 

05/09/12

Rovereto: ci si aspetta la Grenot, e ci si ritrova la Borsi

L. Grenot a Rovereto - foto Gazzetta.it
Tanto tuonò che... non piovve. Libania Grenot sulla pagine della Gazzetta dello Sport aveva promesso l'attacco al record italiano dei 400 a Rovereto, durante uno dei pochi meeting internazionali rimasti sul suolo patrio (una delle tante eredità di questo mandato federale) ma come è noto, ogni 400 ha una sua storia, una sua trama, una sua genesi, e un suo epilogo. Davvero pochi specialisti nella storia della specialità sono riusciti a maneggiare l'argilla del "giro" tanto da poterne ottenere ciò che ne avrebbero voluto. Libania conclude al terzo posto del meeting con 51"24, nella gara spazzata dalla russa Antonina Krivoshapka con 49"94. Non avendo la vista gara, posso solo desumere l'ennesimo passaggio veloce, come ci ha abituato nelle ultime uscite? Rimango della mia idea: forse sarebbe il caso di spostarsi sui 200, dove ha fatto vedere grandi cose (non ultimo il 22"85 con cui si è issata al 2° rango all-time nazionale), senza per altro precludere con detta preparazione l'evoluzione nei 400. A livello continentale già potrebbe essere competitiva a livello dei 400. Poi, in un'ottica a lunghissima gittata (magari già Rio'16? O è troppo tardi?) potrebbe essere la scelta strategicamente più vincente. Nel frattempo sembra che il principe Wallace Spearmon dai 200 si sposti sui 400: vedremo già l'anno prossimo gli effetti che potrebbe avere il viaggio contrario... Per la Grenot 5^ prestazione stagionale personale. Nella stessa gara Maria Enrica Spacca 53"48, ergo, in naturale flessione rispetto a quanto fatto vedere in tutta la stagione. 

Quindi, un pizzico delusi dal mancato record italiano (che è molto vicino alla barriera dei 50"...) l'occhio di bue si è fermato su Veronica Borsi, cui un proditorio infortunio nel momento più sbagliato della stagione le ha negato di sedersi al lauto convivio che il 2012 offriva agli italiani: europei e olimpiadi. Sì, poi c'era da passare per le fauci dei satrapi della Fidal e i loro cervellotici "criteri di convocazione" che essi stessi non hanno mai avuto le palle di attribuirsi, scaricando di volta in volta parte delle responsabilità sul CONI, come se Petrucci (che di lavoro fa anche il sindaco... il potente ha sempre fame di potere), potesse metter parola sui limiti di uno sport che è ha difeso come le matrone siciliane durante i funerali. Strani giorni, viviamo strani giorni. Veronica sciabola a settembre (di rabbia?) un 13"07, che le vale la seconda prestazione personale di sempre: e ora le liste italiane di sempre, tra Caravelli, la stessa Borsi e Micol Cattaneo, sono state davvero devastate da uno tsunami. Micol Cattaneo intanto, nella stessa gara (vinta dalla ceca Lucie Skobakova con 12"95) rimane sotto la soglia di eccellenza-II, ovvero i 13"20, correndo in 13"13. Del quartetto ostacolistico di inizio anno, è in caduta libera la forma della quarta incomoda, ovvero Giulia Pennella, retrocessa a 13"74, che non sono certo tempi che le appartengono. Quatta-quatta le si sta avvicinando Alessandra Feudatari, arrivatale ad un decimino, e per l'anno prossimo potrebbe essere anche lei un "fattore" dell'ostacolismo azzurro. Tra gli uomini, anche Emanuele Abate mette la ridotta, se ridotta è correre in 13"64 (che in Italia è sempre come correre da primi 10 di ogni tempo...). Stefano Tedesco è tornato ai suoi migliori livelli di sempre, tenendo un trend prestativo molto elevato (13"83), mentre Hassane Fofana si attesta a 14"02, pochi cent dal personale. 

Nei 100 femminili, si impone quella Marya Ryemyen (11"20) che la Grenot aveva battuto poche ore prima a Padova sui 200 (che, per inciso, è la specialità dell'ucraina, una delle top sprinter europee nonchè campionessa di Helsinki proprio su quella distanza), mentre Gloria Hooper, pur correndo a 11"74 (3^ prestazione personale "regolare" di sempre) dimostra quanto meno che le manca un pizzico di velocità, se vorrà "sfondare" nei 200. 

Velocisti italiani annacquati, piatto di contorno ai 100 metri. Si salva Jacques Riparelli, che appare il più veloce sprinter del momento sul suolo italiano: 10"35 con 1,0, battendo quelli che dovrebbero essere al momento gli altri due migliori sprinter in circolazione: Simone Collio e Fabio Cerutti, appaiati in un non significativo 10"43. Così, a sorpresa, dalle retrovie ti spunta Delmas Obou, l'ivoriano di San Giuliano Terme (PI) ora Fiamma Gialla, che con un vento con un dato inferiore (0,4) alla serie precedente, ci sfodera un 10"42 da hit parade sprintistica. Personale migliorato di 2 centesimi (10"44 corso l'anno scorso), e quasi un decimo meglio del SB di 10"51 corso però a... Donnas sebbene con vento regolare. Anche Michael Tumi sta tornando piano-piano ai propri livelli pre-infortunio (una spada di Damocle su tutta la stagione), e incastona anche lui il suo 10"43

Altro risultato da copertina, di quelli che pur non portandone il protagonista a mettere il faccione in primo piano, porta ad un "richiamo" in prima, è il 3'41"88 di Mohad Abdikadar, classe 1993, speranza italica del futuro immediato. Personale piallato di oltre 2" (era 3'44"09 stabilito l'anno scorso). Strano: Abdikadar ha iniziato ad andar forte (anche e soprattutto sugli 800, dove è arrivato a 1'48"74 a Trento) solo dall'ultima decade di Luglio. Proprio sugli 800 continua la irta e difficoltosa risalita della china da parte di Giordano Benedetti, ora che gli 800 mondiali sono diventati de facto una gara di sprint... dopo l'exploit di Lignano, ecco finalmente la prova della conferma del trentino: 1'46"29, seconda prestazione personale di sempre. Sempre mezzofondo, ma femminile: Margherita Magnani batte Elisa Cusma a Padova, sembra passata ad essere la numero "1" della specialità, e due soli giorni dopo viene battuta dalla Berlanda a Rovereto. Stanca? Ranking ondivago della specialità. 

Nel lungo elenco di chi si ritrova con badilate di sabbia nel serbatoio troviamo Chiara Rosa: del resto è stata una stagione lunghissima anche per lei. 17,28 e quinta. Simona La Mantia ritorna addirittura sino a 13,34 (7^ in una gara dove comunque anche le vedette hanno saltato 50 cm in meno). Michele Tricca (47"34, 7°) forse non ha fatto il salto di qualità che ci si sarebbe aspettati dopo le magie del 2011: certo, non era il meeting di Rovereto l'appuntamento nel quale avrebbe dovuto esprimere il suo enorme potenziale esibitoci a Tallin (46"09), ma la prestazione mi ha dato il là per questa considerazione. Così sui 400, il più regolare, costante, solido, è stato Juarez Isalbet, che anche in Trentino è sceso sotto i 47": 46"86

Dopo essersi preservato per settimane (tanta era la paura che potesse succedergli qualche cosa) il salvatore-della-patria 2012, ovvero la leggenda vivente Fabrizio Donato, si concede ad una raffica quasi quotidiana di gare, sfidando gli Dei dei Salti. A Rovereto gli tocca in sorte il lungo: 7,66. Bè, anche quando la gara sembra "liscia" Donato ci mette qualche cosa di suo... stavolta, non so quanto gli possa interessare, ma la sua prestazione rappresenta infatti il nuovo primato italiano over-35 (supera il 7,59 di Bruno Frinolli che risaliva al 2005). 

Altre cose? Bè, la fucilata dell'epigono di Jan Zelezny, suo discepolo e seguace, Vitezlav Vesely: 85,66 nel giavellotto. Norberto Bonvecchio dopo la incredibile notorietà raggiunta con il 79,22 di 3 settimane fa, ritorna nel purgatorio dei 72 (72,07). 

04/09/12

Anche due campioni olimpici agli Europei Master... incluso Robert Zmelik, l'oro di Barcellona '92

Zmelik alle Olimpiadi di Barcellona '92... che vinse
Bisogna battere il chiodi finchè caldo. Innanzi tutto bisogna partire da un assunto: nessuno si è preso la briga di analizzare nome-per-nome tutti gli oltre 3000 iscritti ai Campionati Europei di Zittau per conoscere il loro passato. Quindi la stima non è per difetto, ma difettissimo. Ma i nomi altisonanti (quanto meno tedeschi) di top-atleti mondiali del passato sono davvero tanti. Questi quelli che hanno trovato in una sommaria ricostruzione gli organizzatori: si inizia con Kristina Albertus, che ha partecipato ai 100 metri a Zittau, che era una ex atleta della DDR, specialista del salto in lungo. Dopo alcuni titoli tedeschi orientali, partecipò alle Olimpiadi di Monaco '72. Presente anche Almut Brommel, che partecipò alle olimpiadi del 1956 a Melbourne e nel 1960 a Roma nel lancio del disco e del giavellotto, e che a Zittau si è dilettata nel martello; ma è ormai 30 anni che la campionessa universitaria del 1963 a Porto Alegre frequenta il mondo master. Tra le W50, addirittura il bronzo olimpico di Seul '88 nella maratona, nonchè bronzo mondiale di Tokyo '91, 5^ alle olimpiadi di Barcellona, 4^ alle Olimpiadi di Atlanta, oltre a svariate vittorie nella maratone mondiali (Londra 3 volte!), Katrin Doerre-Heining. La Doerre è giunta seconda nei 10000 W50, come dire... nessuno ti regala nulla. Quindi la velocista Dagmar Fuhrmann, presente con la 4x400 alle olimpiadi di Montreal '76 (a Zittau 3^ nei 100 e nei 200). Illgen Karin, sempre tedesca, fu olimpionica a Mexico '68. Tra le giovani, come dimenticare Kirsten Munechow, bronzo a Sydney 2000 nel lancio del martello. Ebbene ha vinto agli Eurovets proprio il martello con 60,18... Addirittura presente l'oro olimpico di Mosca '80 nel peso (ma a Mosca vinse nel martello): parlo del russo Viktor Rashchupkin, tra gli M60. Ma forse l'atleta più noto agli appassionati italiani, potrebbe essere però il decathleta Robert Zmelik, oro alle olimpiadi di Barcellona '92 e cimentatosi in una manciata di lanci. 8627 punti di personale sulle dieci gare. E questi sono solo la punta dell'iceberg... 

03/09/12

Incredibile: tra i master torna anche Tranhardt ed è record del mondo: 1,87 a 55 anni

Carlo Thranhardt - foto Masterstrack
Continua il flusso esponenziale di atleti dal passato poderoso che decidono di ritornare a cimentarsi nella categorie master: qualcuno evidentemente riesce alla fine a vincere ciò che separa le prestazioni di un tempo, dal divertimento... attuale: troppo brutto pensare che nella vita bisogna rinunciare a ciò che piace di più per... convenzione sociale, paura delle prestazioni (che necessariamente non saranno più quelle di un tempo), paura di pensare che si venga criticati o paragonati a quelli di un tempo. Piace e basta, conta il divertimento che si prova dentro, non ciò che pensano le persone. Quanti ex atleti, anche su facebook, inseriscono nel proprio profilo una foto di quando erano atleti... quasi che la loro immagine nella società fosse ancora quella. E allora? Che aspettano a ributtarsi nella mischia? Comunque, la lunga schiera di ex atleti anche di grido (ori olimpici inclusi) si arricchisce ogni giorno che passa di qualche nuovo super talento del passato. L'ultimo in ordine cronologico è Carlo Thranhardt, classe 1957, che scrisse la storia del salto in alto negli anni '80. Chi se li ricorda i "gemelli" tedeschi Thranhardt&Mogemburg? Duettavano in quegli anni con un certo Javier Sotomajor. Per i più giovani... Thranhardt è stato pure il primatista mondiale indoor con 2,42 (attualmente la seconda prestazione di sempre) e di fatto meglio di lui nella storia del salto in alto, considerando anche le gare all'aperto, ha fatto solo il citato cubano: al suo pari troviamo Patrick Sjoberg. Come se tra i master arrivasse Tyson Gay tra una decina di anni. Un oro europeo (indoor) svariate medaglie continentali, il 5° posto ai mondiali dell'83 e 7°alle olimpiadi di Los Angeles. Un pezzo pesante della storia del salto in alto mondiale... di nuovo in pedana. 

La sua nuova vita da atleta è comunque ricominciata ad Eberstadt, in Germania, dove ha saltato 1,87, che naturalmente è il nuovo record del mondo M55, e che supera di 3 cm il precedente primato (1,84) mondiale dell'altro tedesco Thomas Zacharias. Curiosità: proprio ad Eberstadt, il 10 giugno del 1984, 28 anni fa, stabilì l'allora record europeo con 2,36. Altra curiosità... sapete a quanto equivarrebbe il suo 1,87 centrifugato nel commutatore di prestazioni (l'AGC)? Ebbene, 2,42... ovvero il suo record del mondo. Le sue dichiarazioni? "E' davvero difficile come 23 anni fa, soltanto 50 centimetri più sotto, ma le emozioni sono ancora le stesse...". Pazzesco, no? (fonte: masterstrack)

All'atletica italiana serve Leryn Franco

la giavellottista paraguaiana Leryn Franco
di Gianluca De Luca - Cosa manca all'atletica italiana? Dalle mie parti (sono napoletano) c'è un detto, che i giocatori di tressette capiranno al volo: “lle manca l'asso, 'o doje e 'o tre”, che per chi non lo sapesse sono le carte più importanti del gioco. Traduco subito la metafora in prosa: mancano le infrastrutture, manca un settore dirigente degno di tal nome, mancano buoni allenatori, mancano gli atleti. Tutto sommato tanto basterebbe per definire disperata la situazione e chiudere qui il discorso: il malato è in fase terminale, aspettiamo solo che muoia. Brutale, ma tant'è. 
Ovviamente, come tutte le vicende umane, anche l'atletica vive i suoi alti e bassi: è pur vero che dopo aver toccato il fondo si può ancora scavare prima di risalire, ma prima o poi si risale. Prima o poi. 
Da dove ripartiamo? 
Anche qui, come in tutte le vicende umane, bisogna ripartire da noi stessi. Alcuni problemi possono essere affrontati nell'immediato da ciascuno, altri richiedono tempi lunghi. 
Dicevamo delle infrastrutture, ed in tempo di crisi economica è come parlare di corda in casa dell'impiccato. Ma attenzione, la crisi non gioca a solo sfavore dell'atletica, e porto l'esempio concreto che vivo quotidianamente. Insegno in una scuola d'atletica, circondato da 5-6 scuole calcio. Costo mensile scuola di atletica: 15 euro. Costo mensile scuola calcio: 50 euro. Ben più di un genitore, soprattutto se ha due o più figli, i propri decide di iscriverli alla nostra scuola per motivi economici. Ben venga (si fa per dire) dunque la crisi se sottrae atleti al calcio. 
C'è anche da dire che i ragazzi che incominciano a correre sono veramente in condizioni pietose: i migliori hanno difficoltà a correre senza sbandare, i peggiori inciampano tra le loro gambe. O tempora o mores: ringraziamo la Playstation e i suoi genitori, il capitalismo e la società dei consumi.

Fuggo immediatamente dal discorso politico per sottolineare di nuovo come ciò che scarseggia sia pertanto la materia prima, gli atleti stessi. Quando poi l'atleta bravo viene fuori subentrano altri impedimenti, primo tra tutti l'insipienza di noi allenatori. Ma in Italia sono più scadenti gli atleti o gli allenatori? Non saprei, ma entrambe le categorie soffrono -loro malgrado- della mancanza di professionisti. 
Un allenatore è nel 99% dei casi qualcuno che lo fa per hobby e non per mestiere (insomma non si può sfamare con l'atletica) e un atleta sembra che possa fare il professionista solo se ha la ventura/sventura di entrare in un gruppo sportivo. Ventura perché “si è sistemato”, ora tiene il posto fisso e può pensare solo ad allenarsi, sventura perché -tranne pochissime e lodevoli eccezioni- in capo a due anni come atleta ha finito di migliorarsi. E' naturale: se già a 15 anni ti inculcano che il tuo obiettivo deve essere entrare in un gruppo sportivo, pochi ragazzi lo vedranno come un punto di partenza. 
Per molti sarà piuttosto un punto d'arrivo... Speriamo che l'esempio di Marzia Caravelli ci insegni qualcosa. 
Insomma, finché i gruppi sportivi resteranno la migliore opportunità che può capitare ad un atleta, rassegniamoci a prestazioni da terzo mondo. 
Sul settore dirigente sicuramente chi legge avrà già un giudizio del quale posso intercettare il valore esprimendolo compreso tra scarso e veramente scarso. Chi ha afferrato i meccanismi elettorali (della Fidal) ha anche capito che, finché resteranno tali, sarà impossibile scalzare i soliti nomi dalle loro poltrone. Ma questa è tutta colpa nostra, di noi italiani, nessuno escluso. Avete presente quel detto che recita “italiani santi, poeti e navigatori”? 
Beh, è una cazzata (e mi scuso pel francesismo). Ladri. Ecco cosa siamo, un popolo di ladri. Appena abbiamo l'occasione di mettere le mani nel “bene comune” lo facciamo. Ce l'abbiamo nel DNA, e pertanto ci vorranno un migliaio d'anni per cambiare. 
Un bel guaio a ben pensarci. 

Chiudo con una speranza per l'immediato futuro, considerato che quello più remoto è sicuramente buio. Avete notato come durante le Olimpiadi anche chi non capiva niente d'atletica parlava di Bolt e delle sue imprese? 
Nella società dell'apparire (ahimè) quello che serve ad uno sport per apparire “di più” è un personaggio, come è Bolt o come può essere la Pellegrini nel nuoto o la Sharapova nel tennis. L'ideale sarebbe dunque un'atleta bella e vincente, ma (e non si scandalizzino i benpensanti di turno) basterebbe anche solo bella: confesso di non aver memoria di chi abbia vinto le Olimpiadi nel giavellotto femminile, ma la modella/giavellottista paraguaiana (Leryn Franco) la ricordo in maniera vivida. 
L'atletica italiana -obietterà qualcuno- è roba seria, non abbiamo bisogno di invocare questi mezzucci per attirare l'attenzione. No, purtroppo l'atletica italiana non è affatto seria: semmai è seriosa. 
E, rinnovando l'allitterazione, nasconde con un comportamento autoritario l'autorevolezza che le manca.