30/12/12

Le piste-fantasma della provincia di Brescia (e lo strano caso della pista super-dopata: il Calvesi)

le piste bresciane - clik per allargare l'immagine
Un seguace di Queenatletica e ogni tanto collaboratore del sito, nonchè sprinter, ha voluto verificare le informazioni presenti sul sito della Fidal Lombardia relative alla piste della provincia di Brescia. Ebbene, si parte da un dato quasi-surreale, ovvero la presenza in una delle province più vaste d'Italia, con un bacino "umano" di un milione e mezzo di persone (6^ provincia italiana per numero di abitanti ma la prima non-capoluogo di regione) di ben 23 piste. Pure io che ci vivo da una decina di anni mi sono sorpreso del dato, perchè effettivamente, tolte le solite 4/5 piste note, le restanti piste non mi sembra mai averci visto l'organizzazione di alcuna gara. Ecco quindi che ci viene in soccorso l'amico MondoPiste

Incuriosito dai recenti articoli inerenti future piste indoor, impianti all’avanguardia e altro, mi sono interrogato sul perché non si cerchi invece di sfruttare al meglio le piste già esistenti. Mi è così venuto in mente l’esistenza sul sito fidal-lombardia di una sezione riguardante le caratteristiche di tutte le piste di Atletica Leggera lombarde scoprendo che nella mia Provincia ve ne siano ben 23. Ripeto, ventitre. Da quello che ricordo (e ho visto in vent’anni) il solito Campo Calvesi è stato rimodernato nel 2000 con la tribuna coperta e con il rifacimento per due volte negli ultimi dieci anni dell’anello. Si tratta dell’unico impianto dove disputare gare di lanci non crea alcuni tipo di diverbio con eventuali società calcistiche per ovvie ragioni di salvaguardia dei preziosi e indispensabili campi di calcio (uno dei motivi per cui preferisco…. la Pallamano danese). 
Prima di proseguire nell’ambito delle piste in “colato” da menzionare l’altra pista presente a Brescia (quella della Scuola Abba) che sul sito è riportata come in “colato” dove (lo dico perché l’ho provato) le scarpe chiodate non affondano nella gomma perché la gomma... non c’è. Sarebbe curioso poter visionare il progetto (con relative spese e costi) che ha portato a quella pista. 
Le pista di Nave (a mio modestissimo parere molto morbida ed ideale per allenamenti, a salvaguardia di tendini e muscoli) ospita due o tre gare all’anno (tra Master e giovanili) mentre quella di Rezzato inizia a mostrare i chiari segni dell’usura (ho rinunciato ad andarci nonostante si trovi dietro casa mia, preferendo il più morbido Calvesi e fino al 2011 Nave). 
La pista di Castelcovati ormai è in disuso ed è un vero peccato, mentre quella di Roè Volciano non è mai di fatto decollata per le manifestazioni a parte qualche meeting per le categorie promozionali e giovanili (ricordo un campionato di staffette nel 1993 e poi nulla a livello assoluto). 
Ci sono “anelli” anche a Darfo (punto di riferimento per tutta la ValleCamonica) oltre che a Cividate Camuno. Per quest’ultima mi chiedo spesso quando verrà fatta una gara: sul sito viene indicato a sei corsie ma a me sembravano quattro… il giorno che mi fermai, incuriosito, all’esterno dell’impianto. 
La pista di Leno (sede se non sbaglio nel 1986 dei Campionati Provinciali Assoluti che un tempo si svolgevano in due giornate consecutive) è quasi impraticabile. 
A Lumezzane sapevate che c’è una pista? 
Passiamo al capitolo “sportflex”. Lascio a voi lettori e a chi ci è stato la valutazione sulla pista di Salò, provatela e poi fate sapere le vostre sensazioni alla redazione di QueenAtletica. L’impianto di Desenzano del Garda è a mio parere un vero gioiello. La pista mi sembra sia stata recentemente rifatta: con lo “sportflex” è così, devi rifare tutto poiché non basta una passata (o due) di “colato”. A Desenzano sapevate che nel 1993 e nel 2000 si disputarono Finali Nazionali dei Campionati Studenteschi? Complice la splendida posizione geografica e i numerosi alberghi (qualcuno dice anche l’Organizzazione, peraltro il “cronometro” leggeva tempi sia pari che dispari) entrambe le manifestazioni sono state un successo. 
Pista “sportflex” anche a Rodengo Saiano, a Gavardo e a Chiari. Quest’ultima di fatto ha scritto la parola fine per la vicina pista di Castelcovati che però è sempre andata avanti grazie alla squadra di Atletica proprio… di Chiari. A Rodengo c’è parecchia attività poiché è sede di allenamenti di numerose società della zona. Attenzione ai tendini però, meglio non rischiare e se non proprio necessario utilizzare scarpe senza chiodi. E’ la legge dello “sportflex” che se non sbaglio …non viene più prodotto. Auguri quando dovrà essere fatta la manutenzione. Se però mi stessi sbagliando la redazione di QueenAtletica è a vostra a disposizione anche per conoscere la metodologia di restauro di piste in “sportflex”. 
 Apriamo il capitolo “rubkor” a Ospitaletto e “tennisol” a Verolanuova. A voi lettori il compito di cercare i relativi significati: in ogni caso si tratta di due piste dove non si fanno gare. 
Sul sito fidal-lombardia c’è anche un “non specificato” di 400 metri a Vobarno e ben quattro “asfalto” a Iseo, Concesio, Castenedolo e Travagliato, tutti impianti ovviamente che non sono idonei ad ospitare competizioni in pista. 
Per riassumere brevemente eccovi le pista che nella Provincia di Brescia danno garanzia di poter ospitare gare di un certo livello durante la stagione: Brescia Campo Calvesi, Chiari, Desenzano del Garda, Gavardo, Rodengo Saiano e Nave. Se poi avete voglia guardate la sezione piste della Provincia di Milano e della Provincia di Bergamo e calendari gare alla mano verificate quanti impianti vengono utilizzati per manifestazioni. Buona ricerca a tutti.

Lo strano caso del Campo dopato - Mi permetto una considerazione. I lanci al Campo Calvesi sono qualche cosa di aberrante... forse è incredibile la sola presenza di attività sportiva. Il Campo Calvesi rientra infatti nella Zona Rossa dell'area di inquinamento della ex Caffaro, dove centinaia di tonnellate del famigerato PCB hanno inquinato i terreni circostanti per anni. Di più: i terreni della pista, sorgono proprio a ridosso della zona dove un tempo sorgeva uno dei poli più produttivi della chimica italiana (produceva un-sesto di tutta la produzione americana di quei materiali!). Nel sangue dei bresciani, per intenderci, alcuni studi hanno certificato come vi sia una presenza della sostanza tossica superiore di diverse volte rispetto a quelle normalmente rilevate: dieci volte tanto quella degli americani, per intenderci. Il PCB è una specie di diossina che si annida nell'acqua e nei terreni... i fatti hanno fatto parlare molte persone di una sorta di Seveso-due silenziosa, di cui in pochi hanno stranamente parlato. Le autorità, dopo avervi sospeso per un certo periodo l'utilizzo sportivo, ne hanno consentito l'uso ma senza la possibilità di effettuarvi i lanci. Oggi non risultano più restrizioni, ma non mi risultano nemmeno essersi effettuate bonifiche delle aree (ma mi si corregga se non è così)... io, personalmente, non ci vado più. C'è uno studio dell'ASL di Brescia che risale al 2004  (qui il link al documento) con 49 campionature effettuate proprio all'interno dello Stadio Calvesi (nessuna delle quali è purtroppo risultata "negativa"): ebbene, tenetevi forte: la legge (il D.M. 471 del 99) prevede una concentrazione di PCB nelle aree ad uso pubblico di 0,001 mg/kg s.s. di PCB... e sapete che quota massima ne hanno rilevata dentro il Campo Calvesi? 1318,650 mg/kg s.s., cioè più di un milione di volte superiore al consentito!!!! La media dei rilevamenti effettuati sul Campo invece si attesta solo a 66,628 mg/kg s.s. (ovvero "solo" 66mila volte superiore al consentito...). Detto tutto questo, dati alla mano (e considerato che non so se siano mai state fatte le costose bonifiche di ettari e ettari di terreno), non è un pò strano che qualcuno utilizzi ancora quell'impianto... soprattutto per fare lanci, dove gli attrezzi si infilzano nel terreno? Ora, per concludere: dopo una veloce girata con Google, sembra che l'intervento di bonifica sia stato effettivamente deciso (3,3 milioni di euro...) ma stando all'ultimo documento presente sulla rete individuato (un articolo del Corriere della Sera del 27 agosto di quest'anno) l'intervento sia ancora... in agenda. Insomma, la bonifica si deve fare, ma il sito non è ancora sicuro. 

29/12/12

Master dell'anno M35: Stefano Longoni su Francesco Arduini

Seconda puntata della carrellata sui master dell'anno categoria-per-categoria. Siamo agli M35, che quest'anno sembra aver avuto un bella spinta "prestativa" rispetto al 2011. Gli atleti che hanno avuto diritto al voto (ovvero finalisti a qualunque manifestazione nazionale ed internazionale master) sono stati la bellezza di 111. Ad imporsi, secondo la mia tabella punteggio, Stefano Longoni, ostacolista proteiforme che ha sfruttato la sua multidisciplinarietà per accaparrarsi il titolo con un cospicuo vantaggio: ben 139 i punti conquistati. Francesco Arduini, nonostante il corposo bonus attribuito all'incredibile poker (mondiale, europeo, italiani indoor ed italiani outdoor sempre nel salto in alto): a lui probabilmente andrebbe il premio della "critica", vista anche non solo il filotto di titoli, ma lo spessore tecnico con i quali quei piazzamenti sono stati conseguiti. 

Parlavo di Stefano Longoni. Questa la sua stagioni in sintesi: titolo europeo nei 110hs, in una finale al cardiopalma, alla quale ha assommato anche il quarto posto nel salto in lungo, e l'ingresso in finale dei 100 metri. Tre finali continentali. Poi i mondiali indoor a Jyvaskyla, dove è arrivato il 4° posto nei 60hs (rallentando nel finale) e una medaglia (probabilmente d'oro) buttata nel pentathlon (8°) dove i crampi l'hanno costretto ad abbandonare nell'ultima gara. Quindi sono arrivati i tre titoli italiani (60hs, 110hs e lungo outdoor che portano a 7 i titoli totali conquistati durante la sua carriera da master), ma soprattutto, quello che ha fatto la differenza con Arduini, sono stati i record italiani: ben 3 quelli conquistati da Longoni (sui 110hs e due sui 60hs), mentre Arduini ha fondamentalmente l'handicap di come gli altisti siano molto più longevi degli ostacolisti, e la loro carriera professionistica termina molto più tardi degli hurdelers. Così mentre Arduini si deve confrontare per il record italiano con misure da "top" (a partire dai fratelli Ciotti, ma passando anche per Luca Toso, in un passato nemmeno tanto remoto), Stefano Longoni pur ottenendo tempi sensazionali (14"32 sui 110hs e 8"25 twice) ha avuto un piccolo aiuto dal fatto che le altezze degli ostacoli non siano quelle assolute, privando il panorama dei record da possibili atleti "in età" da master (come Andrea Alterio che corse in 13"81 nel 2008 ma con i 106 cm o andando nel leggenda sportiva della specialità, con Sergio Liani, capace di correre a 35 anni in 14"00). Si pensi che il record italiano M35 nell'alto è invece di Nicola Ciotti con... 2,28! Misura che al mondo, a pari età, è forse stata saltata esclusivamente dal fenomeno (giovanile... ve lo ricordate a Spalato '90?) Dragutin Topic (2,31, ma anche 2,24 dopo i 40 anni!). Comunque, titolo meritato per Longoni, 

La stagione di Francesco Arduini è stata comunque esaltante: 2,07 come season-high, raggiunto ad Orvieto ad inizio giugno;  ma anche 2,06 a Comacchio, 2,05 sia a Zittau che a Jyvaskyla dove si è rispettivamente laureato campione europeo e mondiale. Il 2,07 equivale ad un AGC di 91,65%, contro il 92,73% di Longoni nei 60hs (e 91,77% sui 110hs): se non altro questo piccolo vantaggio consolida il primato del lecchese a livello prestativo puramente statistico. Come già detto Arduini è stato invece capace di compiere un'impresa nell'impresa, raccogliendo tutti i titoli del salto in alto a sua disposizione durante la stagione (all'aperto e indoor).

E gli altri? Manuel Dalla Brida, chiude al terzo posto con il bronzo di Zittau sugli 800 (e il 6° sugli 800), i 3 titoli italiani (su 800 indoor e i 1500 in ogni salsa), e il record spurio sui 2000. Si tenga presente che hanno portato punteggio anche i piazzamenti nelle diverse competizioni, campionati italiani inclusi. Così 4i troviamo sia Francesco Alborè (campione europeo di triplo) e Federico Nettuno, impegnato in mille battaglie in tutta la stagione (e 3 volte in 5° ai mondiali in 3 specialità diverse). Qui sotto la classifica completa.


Vukassina, campione italiano di giavellotto ed eroe di guerra

il funerale dell'eroe di Guerra Antonio Vukassina
Nella storia dell'atletica italiana esistono molti personaggi che hanno avuto una "storia" fuori da questo sport: la loro immagine non è rimasta legata alle loro gesta sportive, ma a quelle umane. Quanti ce ne sono... mi sono imbattuto casualmente in quella qui sotto di Antonio Vukassina, dalmata (quando l'Italia possedeva ancora quelle regioni), che cadde in un'imboscata e si difese da eroe, riuscendo a far scappare i propri commilitoni e sacrificandosi per loro. Campione italiano junior di giavellotto nel 1940, partecipò a due rappresentative nazionali proprio nel 1940, entrambe nella sfida Italia-Germania, una a Stoccarda e l'altra a Torino. 

(di Teodoro Francesconi, tratta dal sito www.secondorisorgimento.it) - Riferire ai lettori delle generazioni che hanno seguito quella di chi scrive, sul sottotenente Antonio Vukassina, è un fatto che provoca una forte emozione. Significa tornare indietro di sessantacinque anni, rivivere le emozioni della adolescenza, ricordare il sorriso della prima ragazza che si è accorta di te, rivedere il volto di tanti camerati ed amici caduti o morti, bagnare di lacrime senili il foglio di carta sul quale, sempre inadeguatamente, si tenta di raccontare. Antonio Vukassina è stato il mio eroe di allora il ragazzo più grande che ho tentato vanamente di imitare, la guida ideale di tutta una vita giunta all'epilogo. Frequentavamo a Zara la stessa scuola, differenziati di quattro anni: io frequentavo la seconda ginnasio e lui, detto “Tonci", la seconda Liceo di una scuola di provincia una minuscola provincia dove ci conoscevamo tutti. Guardavamo i ragazzi grandi con rispetto che, nel caso di Vukassina era venerazione e loro noi. I "balilla". Con bonaria ironia. 

Giocavamo in stadio a pallavolo o a pallacanestro in squadre che per raggiungere il numero minimo arruolavano spesso anche chi sarebbe stato palesemente troppo giovane e lui aveva deciso chissà perché che mi chiamavo "Franceschi”. Lanciava il giavellotto in modo eccezionale ed era campione italiano, prima degli juniores di questa disciplina e poi, nel 1940 nazionale. Era uno studente molto bravo e tutti sapevano che era il terrore dei compagni della squadra provinciale di atletica leggera. Nelle trasferte per le competizioni regionali e nazionali, gli atleti erano spartanamente alloggiati in tende militari. La sera della finale, Vukassina aveva regolarmente vinto come del resto aveva fatto nella corsa veloce Missoni lo stilista, ed i ragazzi festeggiavano con qualche bicchiere in più. All'ora di coricarsi cominciava il tormento. "Tonci" che aveva la "balla" facile, cessava di essere l’atleta e si esibiva lo studente zelante quale era. Cominciava a recitare versi e continuava testardamente per interminabili mezzore. Cominciava con Dante e dintorni, proseguiva con Orazio e terminava col greco di Omero. Non c’era mezzo per farlo tacere, non si poteva malmenare quello che era la gloria della squadra, cosa che del resto sarebbe stata una impresa rischiosa; Si poteva solo pregare che non si ricordasse di aver studiato anche Molière.

Venne la guerra ed i ragazzi di Zara furono i più numerosi a rispondere alle esortazioni del G.U.F.(gruppi universitari fascisti) di arruolarsi volontari, rinunciando all'illogico ed ingiusto rimando consentito dalla legge. Poiché le adesioni in tutta Italia furono molto modeste, allora venne stabilito dalla Direzione Nazionale dell'organizzazione, decisione che diventò provvedimento di Stato coercitivo che tutti gli universitari rinunciavano al rimando che la legge consentiva per il completamento degli studi e tutti gli studenti delle classi mobilitate venivano chiamati alle armi. Fin qui la cosa rientrava nella logica; dove la cosa diventava delirante è che gli studenti venivano considerati "volontari universitari". In questo modo venivano feriti profondamente i coatti che erano la maggioranza, ma anche i pochi veri volontari che si erano presentati un mese prima. Vukassina era fra questi. Mi pare di ricordare che furono una quarantina a Zara e di questi almeno 1'80% per convinzione, senza nessun tipo di coinvolgimento emotivo o utilitaristico. A completamento di queste notizie va aggiunto che mentre i veri volontari vennero accolti senza nessun interesse dalla massa,"affari loro!", quelli che potevano essere definiti "volontari coatti“   vennero maltrattati clamorosamente dai mobilitati che vedevano in loro studenti imboscati e privilegiati che avevano tentato di sottrarsi al destino di una generazione. Va aggiunto però una cosa, per fedeltà verso una generazione che è anche la mia, una generazione sulla quale si è molto taciuto quando non si ha mentito per pavidità o convenienza politica “marciarono" come si disse nel 1914, “marciarono" come “marciarono" gli inglesi, i tedeschi, i russi, i francesi, gli americani e così via, perché cosi vuole il destino dei giovani maschi come è scritto nelle imperscrutabili leggi della razza umana, di fronte alle quali la saggezza della ragione è troppo fragile e pateticamente impotenti sono le teorie religiose, le dottrine politiche, anche quando non sono inquinate da comodi opportunismi, da callide convenienze, da latenti pavidità. "Marciarono" i dalmati, come marciarono tutti i soldati italiani, fascisti, antifascisti ed apolitici, lavoratori, borghesi e proletari, “marciarono” e non furono vili compiendo il loro dovere finché fu concesso. 

Caddero in tanti su tutti i fronti anche se qualcuno, che non merita neppure di essere citato, si è permesso di dire a proposito dei soldati di El Alamein, “caddero per una causa sbagliata”. Antonio Vukassina frequentò il corso A.U. presso il 3° Granatieri a Viterbo. Promosso sergente fu trasferito al 61° fanteria “Trento” in Africa Settentrionale e, dopo aver partecipato all'assedio della piazzaforte di Tobruk ed al successivo ripiegamento su Agedabia, fu rimpatriato nel febbraio 1942 per completare il corso A.U. a Napoli. Nominato sottotenente ed assegnato al 20° fanteria otteneva nel maggio del 1943 di essere trasferito al comando della Divisione "Zara" dislocata nella sua Dalmazia. Come voleva la logica gli ufficiali zaratini, cioè italiani anche di residenza e di obblighi Militari ed i dalmati residenti in Jugoslavia, italiani di passaporto erano assegnati alle unità dislocate nella penisola balcanica e quindi agli uffici ”I" divisionali. Erano prescelti per queste mansioni a causa della loro conoscenza della lingua croata, degli usi e della mentalità locale ed anche per il loro limpido patriottismo. Gli zaratini venivano anche assegnati al comando delle B.A.C. (bande anticomuniste) formate da elementi locali, cattolici o greco-ortodossi cioè croati o serbi. Erano una quindicina con queste mansioni ed efficientissimi: avevano reso le Bande, nove di numero, dei reparti molto utili per il controllo del territorio della provincia, dove i partigiani erano numerosi, organizzati, attivi e molto crudeli. 

Il sottotenente Vukassina venne assegnato alla 7° B.A.C. Il giorno 7 giugno, un plotone di detta B.A.C. cadde in una imboscata in località Mala Cista Gazalesi. Cadeva il Vukassina che comandava il distaccamento, un carabiniere, due volontari, mentre venivano catturati tre volontari. Il combattimento si protraeva per quattro ore nell’abitato di Gazalesi dove il sottotenente Vukassina asseragliatosi in una casa tenne duro a lungo, consentendo a gran parte dei suoi uomini di sfuggire alla morsa nemica e mettersi in salvo. Al sottotenente Vukassina venne concessa la medaglia d'oro alla memoria con la seguente motivazione: 

Vukassina Antonio nato a Zara nel I920 Sottotenente di complemento. “Volontario di guerra chiedeva ed otteneva il comando di un reparto di formazione avente funzioni particolarmente ardue e con esso partecipava a numerose azioni. Avuta notizia che una massiccia formazione si apprestava ad occupare le quote circostanti il suo piccolo presidio per attaccarlo, con pronta decisione affrontava la grave minaccia. Dopo aspro combattimento, rimasto ferito ad entrambe le braccia e pressoché circondato rifiutava di porsi in salvo attraverso 1' unica via rimasta libera e ripiegava combattendo con pochi superstiti. Asseragliatosi in una casa. continuava la cruenta lotta rifiutando ogni proposta di resa finchè, esaurite le munizioni cadeva sul campo trovando nell'ultimo anelito la forza di gridare la sua inesausta fede di dalmata. Sublime esempio di ogni più alta virtù militare e di ardente fede italiana. Dalmazia 7 giugno 1943"

La salma veniva riportata a Zara per essere inumata nella tomba di famiglia. Al funerale parteciparono tutti gli studenti della città, gran parte dei quali, qualche settimana dopo erano inquadrati come volontari in una compagnia che portava il suo nome.

28/12/12

Master dell'anno F35: Paola Tiselli

P. Tiselli (foto di su proprietà)
Come è noto, piuttosto che affidarmi a giudizi di persone che molto spesso non conoscono il mondo master e che si trovano a decidere su persone e fatti di cui è la prima volta che vengono a conoscenza, prediligo un metodo empirico, basato sull'attribuzione di punteggi a seconda dei piazzamenti ottenuti nella stagione dai singoli atleti. Un lavoro che mi sta prendendo un sacco di tempo, com'era da immaginarsi... ipotizzo che circa 2000 atleti master alla fine avranno una loro classifica generale nel mio premio "Master dell'Anno", senza dover per questo fare delle esclusioni o inserimenti talvolta cervellotici. Ricordo che hanno preso punti su scale progressive tutti i finalisti (i primi 8, talvolta sino al 10°) di campionati italiani, europei, mondiali, indoor ed outdoor. Hanno costituito punteggio anche i record italiani, europei e mondiali e... quelli spuri, anche se hanno avuto un peso molto inferiori a quelli precedenti. Inoltre ci sono stati bonus di punteggi a chi abbia fatto "filotto" di titoli (italiani indoor, italiani outdoor, mondiali indoor ed europei outdoor) considerato che l'impresa comporta non solo ottime capacità fisico-mentali, ma anche un grande impegno personale in giro per il mondo. La classifica premia esclusivamente chi ha partecipato all'attività master (le competizioni di cui sopra, comprensive dei campionati italiani di 10000 e prove multiple, che in via ipotetica dovrebbero essere inserite nel programma dei campionati italiani outdoor, ma che per ragioni di orari sono state edulcorate) ma non già anche i campionati italiani pentalanci, corse su strada e cross. Su quelle manifestazioni dovrei organizzare dei singoli premi. Inoltre mi riservo delle premiazioni della critica, o con un sondaggio sul profilo di facebook di Queenatletica. A fine carrellata, arriva anche il master dell'anno master (assoluto) sia machile che femminile. Adesso ci rifletto. Intanto qui sotto le prime classifiche, ovvero quello delle F35... 

Master dell’anno per la categoria F35 è stata per il 2012 Paola Tiselli con un budget di ben 130 punti, che potrebbero essere anche sufficienti nell’overall finale per conquistare la classifica come master dell’anno 2012 al femminile. Vedremo nel proseguo delle categorie. Il gruzzolo di punti la Tiselli se l’è portato a casa soprattutto nella prima parte di stagione, dove aveva coronato il suo quinquennio da F35 con il titolo mondiale sui 3000 indoor (dopo il titolo mondiale di Lahti ’09 sui 1500 outdoor).  Ma anche il doppio argento iridato su 800 e 1500 e i 3 titoli italiani indoor su 800, 1500 e 3000. La stagione all’aperto non è stato altrettanto aulica, ma quanto si era visto in inverno aveva abbondantemente già appagato la laziale: ciò nonostante altri due scudetti outdoor a Comacchio su 800 e 1500 (che portano lo score definitivo di titoli individuali tricolore nei 5 anni da master a… 21!) e unico neo della stagione gli Europei di Zittau, dove è giunta 5^ sugli 800 e dove si è purtroppo ritirata sui 1500. Nonostante questo dalla rassegna continentale, la Tiselli è tornata con le due medaglie delle staffette (che non costituiscono però motivo di punteggio) con annesso record italiano nella 4x400 (e relativo oro).
Al secondo posto si è premiata la costanza della sarda Sonia Marongiu, (nella foto a fianco, sul podio dei 2000 siepi a Zittau) che come apice carrieristico ha raggiunto il titolo italiano sui 10000 a Bologna (che fa il paio con quello sui 5000 conquistato l’anno scorso) durante gli italiani di specialità. Non fanno purtroppo punteggio per il premio finale i cross. 86 punti per lei, presente sia a Jyvaskyla e Zittau: agli Europei conquisterà la bellezza di due bronzi, su 5000 e 2000 siepi, mentre ai mondiali finlandesi si segnala il 4° posto nei 1500 e il 5° sui 3000.
Al terzo posto di categoria segnalo l’ottima Antonella Giulivi, che purtroppo non ha potuto implementare il suo ricco bottino con le manifestazioni esterofile. Nonostante questo porta a casa nel 2012 la bellezza di 5 titoli italiani (6 con le staffette), salendo così a 8 titoli italiani complessivi (9 con la citata staffetta).
4 titoli italiani per la lanciatrice Anna Maria Garofoli, giunta 4^ con 45 punti. Segue la tabella delle prime 20 dell’anno.

27/12/12

Letterina di Natale ad Alfio

A. Giomi - foto G. Colombo/Fidal
Caro Presidente Alfio Giomi

Sono stato un suo ottimo ascoltatore nei mesi pre-elettorali e ci siamo visti diverse volte (lei naturalmente parlava ed io ascoltavo silenziosamente...) e considerata la perestrojka cui sembrerebbe si stia vivendo grazie alla sua elezione, desidererei vivamente che lei ricordasse un argomento tra i diversi da lei utilizzati nella sua campagna d'Italia, che mi ha trovato decisamente d'accordo: cambiare il modo in cui il mondo dell'atletica si rappresenta e ci rappresenta. Per far questo, come lei ha più volte sottolineato, bisognerà cambiare lo Statuto. Ecco, siamo solo all'inizio del suo percorso quadriennale, c'è sicuramente molta strada da fare, e ora lo Statuto sarà uno dei suoi ultimi pensieri, e forse, chi sa, non lo sarà più. Io invece intervengo subito, perchè bisogna battere il chiodo finchè è ancora caldo, a ricordarglielo e darLe un suggerimento (immagino che nella sua campagna elettorale sarà arrivato a svariate migliaia di suggerimenti e richieste... ne aggiungo solo uno). Qui sotto, se avrà un minuto, qualcosa per valorizzare le piccole società...

Quindi... perchè non vincolare il peso in voti delle singole società non solo sul risultato dei c.d.s. ma anche sull'effettiva capacità di reclutamento e di coinvolgimento dei propri tesserati all'attività in pista? Si parla tanto di dar spazio ai giovani, che l'attività giovanile deve essere il fulcro della maggior parte dell'interesse della Federazione, e poi di fatto, non esiste una vera e propria volontà di perseguire questo obiettivo, visto che il terminale ultimo della stessa Federazione, ovvero le piccole società che materialmente vanno letteralmente a rubare i ragazzini ad altri sport, li allenano, scoprono talenti, sono considerate meno di nulla. Parliamoci chiaro: questa volontà di favorire i "giovani" si concretizza in un solo modo attualmente: prendere i ragazzi e i ragazzini più talentuosi e monitorarli in qualche modo, fargli fare qualche raduno, qualche rappresentativa e... amen. Cioè ancora non si è arrivati a prendere in considerazione il vero cuore dell'atletica, quello che davvero bisogna alimentare, ovvero CHI va a prendere quei ragazzini, li tessera e li allena. 

Ora, io non so se queste piccole società potrebbero essere aiutate in qualche modo dalla federazione, vista la lontananza fisica e morale delle stesse, che non hanno contatti di alcun tipo, formale ed informale (in termini di persone) con le "istituzioni" atletiche, e che così vanno avanti per pura passione... anzi, per passione dei pochi rappresentanti, sia in termini di dirigenti che di tecnici. Oggi con il portale internet, anche l'ultimo contatto "fisico" sembrerebbe essere stato spezzato.  Ma ciò non di meno, sono queste le cellule vitali della federazione, che in questa particolare fase di crisi dovrebbero essere alimentate. Come? Secondo me iniziando a dargli più peso... elettorale. Anche di fronte al loro più strenuo menefreghismo, il fatto di essere un soggetto con un peso elettorale, porterebbe altri soggetti con mire "politiche" a cercare il loro confronto, a cercare il loro sostegno: sarebbe la politica ad andare dalle piccole società e non le piccole società a dover andare alla politica, che, abbiamo visto, è una strada che hanno ormai abbandonato da tempo per manifesta inutilità. Sarebbe il primo passo per coinvolgerle nei processi decisionali, visto che sono loro che portano l'acqua (gli atleti) a tutto il movimento. Non pare pazzesco che nonostante questo, siano completamente avulse da qualunque scelta federale in materia di proselitismo? 

La mia idea per dar più peso alle piccole società sarebbe quella, non di dare meno peso alle società "blasonate", ma di far pesare di più l'attività delle piccole.

Come? 

Vi spiego la mia idea. Sappiamo che non è possibile avere in un sistema politico-sportivo democraticamente puro, ovvero con un sistema che preveda una-testa un-voto (ovvero un voto per ogni società), e per molteplici ragioni anche condivisibili. Poi l'Italia è il paese dei furbi, più che degli onesti (qualcuno sarebbe tentato di aprirsi una sfilza di società solo sulla carta...). Siamo in un ambito in cui deve prevalere il risultato, come principio cardine... E' giusto che più dà all'atletica, più debba ricevere. Ci sono società che spendono migliaia di euro per approntare l'attività di vertice e altre che esistono solo sulla carta, avendo tesserato solo un paio di atleti stranieri... Come fare quindi? 

Tenuti fermi i "premi" elettorali dati a chi esercita attività di vertice, intensiva ed estensiva, perchè non premiare con un voto per ogni atleta (tesserato da ogni società) che faccia almeno tre gare in un anno? O due? Insomma, un numero minimo di gare (non è difficile come conteggio, con gli attuali sistemi informatici in uso) che premi l'attività "di fatto" delle società. Se una società tesserasse per assurdo 1000 giovanissimi, che gli facessero quindi un'attività vorticosa, perchè questo soggetto dovrebbe avere solo 10 voti alle elezioni federali, ovvero 1/50mo di una società che ha 20 atleti che vincono il campionato assoluto di società ? Non è che proprio per questo motivo si è arrivati a questo punto critico? Che a chi aveva in mano la manopola del rubinetto degli atleti non è stato dato proprio nulla, mentre al resto degli usufruitori del sistema atletico, è stato dato tutto? Quindi, la "piccola" società, con pochi danè per affrontare la stagione su ampio raggio, ma che nonostante questo riuscisse a far gareggiare 1000 atleti per almeno un tot di gare ciascuno, dovrebbe avere 1000 voti! Ma poi il quorum, lo sappiamo benissimo, di solito viaggia dai 30 ai 100... Poi se volete, si potrebbe anche mettere un limite sugli eventuali tesseramenti dei master e della strada (la strada dovrebbe essere disciplinata in tutt'altro modo secondo me), e favorire chi tessere e fa gareggiare i giovani, ma insomma, questa è la proposta generale. 

Il fatto di ricevere in termini di voti un gruzzolo simile, porrebbe la nostra società al centro degli interessi di altre società più "grandi", diventerebbe un "fattore" elettorale, quindi verrebbe coinvolta nelle decisioni e chi eventualmente ne facesse parte, inizierebbe a voler dire la propria sul modo in cui questi ragazzini (o in generale, tesserati) possano essere recuperati o mantenuti nel tempo su un pista di atletica. Questa è una rivoluzione che parte dal basso! In questo modo finalmente tutte le componenti societarie dell'atletica verrebbero coinvolte, e non potrebbero che non esserci sbocchi positivi. Certo, vedremmo meno decisioni in senso verticistico (ma agli ultimi mandati non si contestava proprio questo?) ma finalmente si aprirebbe una panoramica molto più vasta, molto più stabile, rivolta alla crescita di tutto il movimento! Oggi quelle società, come detto, non hanno più contatti (o limitatissimi) con la federazione... e a causa di questo anche le dirigenze della Fidal sono immote, non cambiano quasi mai e sono sempre espressioni delle stesse società e delle medesime esperienze "storiche". Bisogna ampliare il nostro mondo verso il basso, non chiuderlo verso l'alto!

Vabbè, mi sono dilungato troppo come al solito .... Caro signor Alfio Giomi, le auguro Buone Feste, e ci terrei che valutasse un modo per coinvolgere le piccole società in questo meraviglioso mondo che è l'atletica. 

26/12/12

Atletica Motus USO Castegnato: una stagione in pista da incorniciare

(scritto da Mondomotus) - L’Atletica Motus USO Castegnato si appresta a salutare il 2012 sicura di un indiscusso salto di qualità. Una stagione da incorniciare, in particolare in ambito CSI, con due piazzamenti di assoluto prestigio: il terzo posto nel Campionato Regionale CSI e il terzo posto nella classifica nazionale durante il Gran Premio Nazionale a Castelnovo Ne Monti. La professionalità (oltre che la grande passione per l’Atletica Leggera) del Presidente Francesco Foletti e la preziosa guida tecnica del Prof. Giorgio Biondi si sono rivelati preziosi elementi per trascinare un gruppo (meraviglioso) di giovani (e meno giovani) che durante tutta la stagione sono scesi in pista con determinazione e voglia di migliorare. I migliori risultati sono arrivati da Margherita Biondi, campionessa italiana nel Salto in Alto a Castelnovo, da Tiziana Bregoli (seconda nella categoria cadette al GPN e tra le migliori anche nelle liste fidal regionali), dal velocista Simone Maffi e dalla 4x100 Ragazze. Gloria anche per i Master trascinati dalla lanciatrice Anna Silvia Toselli a Giuseppe Fioretti (Master35). Spazio anche per il TM-Amatore velocista-saltatore Andrea Cremona (capace in altra epoca di volare nei 100 metri in 11”16...) sempre in corsa per un premio nella classifica finale del Trofeo Felter in pista così come fatto dal mai domo Fioretti. Anche i più giovani atleti delle categorie esordienti hanno contributo alla causa Motus poiché grazie alla preziosa presenza delle giovanissime atlete è arrivata, a Castegnato, la già citata coppa di bronzo per il terzo posto nazionale. A Castelnovo ne Monti splendida cornice dunque per GPN CSI nazionale 2012, in un clima di autentica lealtà ed amicizia ma anche di vero agonismo. Oltre alle già menzionate meravigliose medaglie femminili nel Salto in Alto podio di rilevo per Anna Silvia Toselli terza classificata nel Peso (quarta nel Disco) e per Alessandro Valenti medaglia d’argento nel Giavellotto. Nella velocità ben due finalisti per il Motus / USO grazie a Simone Maffi, medaglia di bronzo nei 60 metri Ragazzi (dopo una batteria vinta con incredibile facilità) e a Mirko Mombelli che dopo quattro anni negativi ha ottenuto, nonostante un calo vistoso negli ultimi metri di gara, un prestigioso quinto posto nella finale dei 100 metri Amatori A (anche per lui facile vittoria in batteria) dando così seguito alla sua rinascita iniziata per altro a metà del 2011. Da menzionare, nelle rispettive categorie, due quinti posti per la tenace Graziella Rolfi, con Adriano Orizio ed Enrico Bregoli finalisti sia nel Peso che nel Giavellotto, con Davide Giaconia che nel Salto in Lungo Amatori A è rimasto fuori, di pochissimo, dalla finale. Le staffette 4x100 scese in pista durante tutta la stagione hanno mostrato sempre grinta e caparbietà (oltre alla vittoria Ragazze del 25 Aprile da menzionare anche la medaglia d’argento dei Ragazzi ai Campionati Provinciali e il quartetto CSI che, a Lodi, ha messo in pista cuore e muscoli con “Giorgio Biondi-Giuseppe Fioretti-Marco Balasso-Mirko Mombelli”) Bravi anche i quattrocentisti Paolo Turelli e Talia Foletti che, come Luca Inverardi, sulla pista dell’Appennino si sono presentati ai blocchi senza alcuna paura. Infine da ricordare la serata della gara Provinciale sulla pista di Rodengo Saiano organizzata dalla Motus dove il mondo CSI ha incontrato quello fidal bresciano e dove i più giovani hanno sfidato atleti master nella gara degli 80 metri (una formula francese con batteria e finale). Non sono mancate prestazioni degne di nota grazie al giovane di belle speranze Andrea Federici dell’Atletica Brescia (9”28 nella finale degli 80 metri), a Francesco Baiguera dell’Atletica Virtus Castenedolo (atleta dall’illustre passato, nella serata autore del primato provinciale master50 di Salto in Alto) a Walter Comper (negli 80 metri arrivato a 9”36 e per due volte autore della miglior prestazione italiana Master45) e ad Andrea Benatti, probabilmente uno dei miglior velocisti master di tutti i tempi in Italia, vincitore degli 80 metri in 9”18 (anche per lui tra batteria e finale doppia miglior prestazione italiana di categoria). La presenza di quest’ultimo sprinter ha senza dubbio dato lustro ad un Meeting per cui è attesa la prossima edizione (è già in fase di studio una formula innovativa di “sfida a due” con eliminazione diretta sembra per la gara dei 150 metri). Infine nella gara di Salto in Lungo, nonostante la vittoria sfuggitagli di pochissimo, dedica speciale da parte di Andrea Cremona (sempre regale nel suo stile e superato soltanto all’ultimo turno di salti) a colui che gli trasmise l’amore per l’Atletica Leggera: a suo papà Claudio ..a dieci anni dal suo ultimo eroico volo

23/12/12

Doping "spagnolo": sospeso il laboratorio di Madrid

La WADA, l'agenzia internazionale antidoping, ha sospeso per 3 mesi il laboratorio di Madrid, intimandogli per lo stesso periodo di non produrre analisi relative alle sostanze organiche degli sportivi prelevate e che sarebbero dovute essere analizzate. Secondo l'annuncio della WADA, il laboratorio non avrebbe rispettato gli standard previsti per le strutture che dovrebbero svolgere questo ruolo, e che rivaluterà le sue condizioni al termine della sospensione. Secondo un'altra fonte,  in agosto, durante la fase di analisi di un campione di urine, un campione di urine già risultato positivo alle sostanze proibite, sarebbe stato contaminato con il risultato di non poter certificare il risultato... e l'atleta l'ha fatta franca.

Kirani James sfida Usain Bolt sui 400: ma conviene?

Dopo la sfida lanciata da Kirani James ad Usain Bolt sui 400, molti hanno iniziato a speculare sulla possibile sfida. Lo stesso Kirani, per migliorare le proprie prestazioni, starebbe allenandosi sui 200,  con l'obiettivo principale di avvicinarsi (e battere) il record di Michael Johnson sui 400: del resto, a 20 anni, Kirani ha già vinto tutto quello che poteva vincere: a Daegu nel 2011 e quest'anno a Londra. Qui sotto il parere di un giornalista sulla possibile sfida Kirani Vs Usain.

(di Robert Taylor - trackalert.com)  - I 100 metri, in atletica, sono il re di tutte le specialità, e Bolt è il re di tutti i re. E lui è attualmente il più veloce sprinter di sempre. Bolt è uno dei più popolari atleti del mondo, se non il più popolare. Le sue performance in pista sono la prima ragione della sua popolarità, ma sicuramente la sua personalità lo ha certamente aiutato. Con tutto questo, avrebbe senso per Bolt darsi ai 400? Pare strano... ma si è venuto a sapere che il solitamente umile Kirani James, il campione olimpico in carica dei 400 metri, ha chiesto a Bolt di entrare nel mondo dei 400. Penso che questa dichiarazione pubblica sia stata fatta solo come un espediente pubblicitario e non sicuramente come frutto del suo ego o della sua inusitata spavalderia. Kirani James sa che se Bolt si muovesse sui 400, gli ingaggi per i migliori quattrocentisti come lui, si alzerebbero tremendamente. 

Nei 100 metri ci si aspetta che Bolt vinca sempre e comunque, con o senza altri top-sprinter mondiali, e le persone accorrono sempre in massa a guardare lo spettacolo. A differenza di questo, se lui corresse i 400, sarebbe una novità per molti fan e correre contro la crema mondiale dei 400, potrebbe essere ciò che ci si dovrebbe aspettare. Gli esperti e i fans, a differenza dei 100 metri dove Bolt attira gente e sponsor anche se dovesse fare assoli, non gradirebbero gare sui 400 senza i top-halfmilers, come Kirani James e LeShawn Merritt. Così, le sfide sui 400 porterebbero non solo grande pathos, ma anche una grande ricaduta finanziaria sui migliori quattrocentisti.

Molti pensano che Bolt abbia le capacità di abbattere il record del mondo dei 400, ma battere gli altri 400isti, potrebbe essere una tappa di passaggio per arrivare a quel traguardo. Oltre a porre sè stesso nella stratosfera atletica cui nessuno era mai riuscito ad arrivare, non ci sono altre ragioni per Bolt di lasciare i 100 metri per i 400. Tutti i più grandi atleti hanno un profondo ego. Qualcuno di loro sembra avere più abilità di altri nel riuscirlo a controllare. Quindi... l'ego di Bolt sarà abbastanza forte a sufficienza da fargli lasciare i 100 e passare ai 400? Ci sono esperti là fuori che dicono che se Blake migliorasse un pizzico e Bolt iniziasse a perdere qualche colpo, lo stesso Bolt sarebbe forzato a lasciare i 100 metri per spostarsi sui 400. Scommetto che stanno insinuando che se Bolt non potesse più vincere i 100 metri, o se le cose si facessero troppo dure, scapperebbe ai 400. Tutto è possibile, ma basandosi su quello che si è visto a Londra '12, credo che il 9"5 non sia qualche cosa di impossibile da correre per Bolt in un'altra finale prestigiosa. Dovrei vedere qualcun'altro correre in 9"5 e qualche cosa prima di credere che qualcuno fuori dall'attuale novero di top-sprinter possegga l'abilità per contrastare Bolt in un'altra grande finale. Blake e qualcun'altro potrebbe pestare i piedi a Bolt nei prossimi anni, ma nonostante questo, credo che "i prossimi anni" avverranno dopo le Olimpiadi di Rio 2016. 

Comunque: è possibile per uno sprinter spostarsi dai 100 ai 200, e dai 200 ai 400 a 30 anni e... dominarli? Non siamo più al college o all'high school, stiamo parlando dei massimi livelli. Ci vuole moltissimo tempo per apprendere come affrontare il ritmo di un 400 e tollerare il dolore fisico di un 400 che attanaglia negli ultimi 40 metri di una gara. 

Bolt è stato uno dei migliori 400isti giamaicani durante le high school, e detiene a tutt'oggi il record giamaicano di quell'età. Sebbene non sia qualche cosa di cui vantarsi il livello qualitativo dei 400isti che escono dalle high school giamaicane, il 45"35 di Bolt è stato corso all'età di 17 anni. Quel tempo sarebbe potuto essere migliore se avesse deciso di correre fino alla fine. Di più: questo non garantisce il suo passaggio automatico alla supremazia sui 400, perchè molti altri atleti alla sua stessa età hanno corso con tempi molto inferiori, e pochi di loro sono comunque diventati delle star mondiali della specialità. Ma come molti dicono, Bolt è un atleta che nasce una sola volta per ogni generazione: ha una velocità di 19" sui 200 e con una stamina sufficiente fornita da un lavoro adeguato, potrebbe essere in grado di correre costantemente sui 43". 

Tutto questo mi fa ritenere che un passaggio di Bolt sui 400 sia pura speculazione. Non ha mai dato indicazioni del genere, ovvero che vorrebbe sfidare i 400. Perchè dovrebbe? Non c'è visibilità maggiore che essere il campione dei 100 metri. Non c'è eccitazione maggiore che una finale dei 100 metri. Non c'è un guadagno potenziale maggiore che essere il detentore del record del mondo dei 100 metri e il campione della specialità. E nonostante tutto questo, qualcuno continua a speculare. Penso che molto di questo dipenda dalla curiosità di vedere quanto sia veloce, grazie alla sua altezza, il suo fisico, quello che ha fatto alle High School, e poter traslare il tutto sui 400 per vederlo infrangere la barriera dei 43 secondi. 

Se fossi Bolt, perchè dovrei lasciare la santità dei 100 metri per l'indefinitezza dei 400? Mi son fatto la stessa domanda. Se fossi io, lascerei i 100 e i 200 solo dopo il 2016. Tre volte doppio-campione olimpico suona troppo bene da lasciarlo così... vacante. Penso che sia difficile per chiunque lasciare un evento che lui o lei domina, che prende meno di 10 secondi di sforzo per darsi ad una gara che richiede una tolleranza inumana al dolore e senza peraltro ricevere le stesse ricompense.

Con tutte le cose dette e le speculazioni, la questione che rimane è "perchè diavolo un Bolt sano di mente dovrebbe passare ai 400?"

22/12/12

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale
non c'è stata la fine del mondo, ma come saprai, qui le cose non stanno andando tanto bene; e non essendo stato capace di badare alle cose che mi circondano, ho pensato di scriverti una letterina. 
E' vero, hai ragione mi merito tutto quello che non ho, per non essermi interessato abbastanza della cosa pubblica, per aver lasciato fare senza dire nulla, per aver delegato persone diciamo.. molto poco carismatiche; per aver ridotto la mia protesta a lamento sommesso, ma.. almeno a Natale, come direbbe Briatore, lasciami un "sooogno". 
Ecco la mia letterina, con i desideri, i buoni propositi e la promessa di comportarmi bene. 
Vorrei un campo di atletica a Km 0, sotto casa mia, giusto lì dove stanno finendo di tirar sù quei tre condomini belli appiccicati, ma "di classe A", i cui futuri inquilini (se ci saranno) potranno, aprendo la finestra, scambiarsi il buongiorno dandosi la mano. 
Il nostro campo lo vorrei aperto, sempre, senza barriere attorno, perché tutti possano sentirlo loro, perché tutti possano civilmente utilizzarlo. 
Magari con un bar, dove i soci che non hanno voglia di correre possano giocare a carte o chiacchierare guardando chi si allena; ma anche pensare a come meglio promuovere l'atletica per i ragazzi, a come coinvolgere il quartiere e le scuole vicine. 
La persone che frequenteranno il campo e il bar ti prometto che si faranno carico della gestione dell'impianto insieme alle società sportive che lo utilizzeranno. 
Un campo con degli spogliatoi dove puoi fare la doccia con due mani, senza dover tener premuto il pulsante che manda l'acqua. 
Uno spogliatoio dove l'acqua non ristagna dappertutto, insomma uno spogliatoio pensato prima di essere realizzato, non male come idea è ? 
Lo so' che non è facile, ma potremmo farcela anche senza chiamare Renzo Piano. 
Caro Babbo Natale, vorrei infine che ci regalassi un po' del senso civico smarrito. 
Quel senso civico che ci aiuti a tornare a dar valore ai beni comuni come fossero nostri, per recuperare il corretto significato positivo di "pubblico", aggettivo che riguarda la collettività, la pubblica utilità, che è di tutti: dunque nostro. 
In cambio ti prometto che smetterò di sgomitare per provare, come avrebbe detto Giorgio Gaber in modo poco elegante ma molto efficace, a ritagliarmi la mia propria fettina dalla gran torta di merda.     
Ti prometto che tornerò ad interessarmi di ciò che è nostro come fosse mio. 
Spero infine, che tu riceva tante altre letterine, di persone che ancora sanno sognare, di persone che trovino il coraggio per provare insieme a realizzare i propri sogni. 
Tanti Auguri anche a te, ti aspettiamo al bar del campo. 
Con affetto 

valgo d'alluce

21/12/12

Atene '04 e l'esercito dei dopati postumi: il 4,5% dei ri-controlli (negativi) positivo!

Chi l'ha pensata al CIO ha trovato davvero l'uovo di Colombo. Sapete cosa si dice da sempre, no? "Il Doping è sempre avanti all'antidoping di almeno 5 anni!", sancendo di fatto quella che è una realtà incontrovertibile, visti i risultati che vedremo. Quella frase nasconde e nascondeva anche una sorta di impotenza certificata di fronte ai nuovi ritrovati farmacologici, quasi impossibili da individuare nel breve periodo nelle provette, ma di cui si sa sempre troppo tardi, quando ormai i buoi sono già tutti scappati dalle stalle. Così, una bella mattina quel qualcuno ha deciso di fare l'esperimento dell'uovo di Colombo, ovvero con un'asserzione concettuale, rivoluzionare l'antidoping con una semplice presa d'atto, che suona più o meno così: "ah sì, siamo indietro 5 anni rispetto al doping? E allora i controlli alle vostre provette ve li facciamo nei prossimi 8 anni!". Detto-Fatto, è arrivato l'antidoping postumo, ovvero il ri-test a campione delle provette con tecnologie che evidentemente non erano disponibili 8 anni prima, e con risultati chiaramente differenti rispetto a quelli originali.

Forse ormai tutti saprete quello che è successo per le 3700 provette delle Olimpiadi di Atene '04 di coloro che erano risultati negativi, no? Ne sono state prese 110 (più o meno il 3%) e di queste 110, 5 sono risultati positivi (ovvero il 4,5%!!)... a 8 anni di distanza per le più svariate sostanze allora artatamente nascoste da qualche altra sostanza. L'impatto è notevole... se teniamo buona la percentuale del 3%, e ritenendo il campione sufficientemente eterogeneo (ovvero, preso davvero a campione e non su specialità più deboli di fronte alle sirene del doping), se avessero potuto controllare tutte le 3700 provette si sarebbero potuti avere qualche cosa un esercito di 167 atleti positivi... un'enormità. Ci pensate che razza di immagine devastante lo sport mondiale avrebbe ricevuto se fossero stati tutti controllati con i metodi d'oggi? Ma tant'è: sono semplici calcoli matematici. In quell'Olimpiade, giova precisarsi, parteciparono anche molti atleti (come Justin Gatlin) in seguito trovati positivi...

Ora, i 5 casi individuati postumi (tra i quali l'oro del peso, Yury Bilonog), saranno discussi in questi giorni al CIO per verificare come comportarsi, ovvero se procedere all'avocazione della medaglia, la riassegnazione della stessa o la vacanza del titolo: in questo terzo caso, si manifesterebbe una sorta di dentiera con i buchi per l'atletica (e per gli statistici) che dovrebbe introdurre qualche statistica ad hoc per il doping, quale parte integrante delle verifiche contabili. Riflessione: uno dei dopati di cui sopra ha avanzato secondo me una giusta questione: "ma l'atleta che è arrivato dopo di me, e che si trova a sorpresa la medaglia al collo, è stato testato anch'esso al tempo?". Bè, peccato che il dubbio lo instilli chi ha barato a propria voglia, ma è una posizione sicuramente condivisibile che farebbe protendere per una sospensione a divinis della medaglia... purtroppo ha ragione ma c'è anche da dire che se lui stesso fosse stato "negativo", probabilmente non si avrebbero avuto dubbi di sorta. C'è pure il caso di una specialità dell'atletica, poi, in cui si troverebbe la medaglia al collo... la 5^ classificata, dopo che una delle precedenti concorrenti era stata già beccata con le mani in saccoccia quando ancora stava festeggiando.

Come scrivono su La Stampa, a chiusura dell'articolo relativo alla medesima notizia, di fronte a quell'esercito di positivi, si sarebbe dovuta probabilmente rifare tutta l'olimpiade... ma è giusto così: il fango postumo cancella tutta la gloria precedente, anche quella magari "pulita". Non posso non mettermi nei panni, ad esempio, di Alex Schwazer, che a suo dire la sua medaglia di Pechino l'aveva conquistata a costo di sacrifici e sangue: quanto, oggi, quella medaglia frutto davvero (probabile) di un lunghissimo percorso di dolore fisico, è stata infangata da quello che è successo dopo, tanto da non poter nascondere nel giudizio terreno dell'atleta sia la medaglia che soprattutto la caduta verso gli inferi del doping? I due pesi si equilibrano, purtroppo, e la Storia e le genti che seguiranno faranno fatica a far emergere la figura del campione più che quella del baro. L'insegnamento della sua vicenda è forse la migliore di mille altre: essere diventato un Dio di Olimpia con la propria fatica e senza aiuti, e poi essere caduto nella polvere, senza possibilità di redimersi di fronte al mondo e poter togliere nelle menti di chi lo ascolta il dubbio sul "prima". E' terribile, lancinante, ma è finalmente una sorta di giustizia, un pò "tirata", ma che sta rendendo amare molte delle medaglie vinte truffando. 

18/12/12

Il disastro delle piste italiane? Forse ce lo meritiamo

Riflettendo sullo stato d’abbandono della quasi totalità delle piste di atletica italiane e la praticamente completa assenza di palazzetti indoor, meditavo su un fatto. In Italia non ci sono i famosi “Campi Coni”? Ovvero, strutture edificate con la collaborazione (quindi con i fondi) dal nostro maggior organo sportivo nazionale? Ebbene, forse sarò banale e superficiale, ma quindi un tempo il Coni foraggiava davvero lo sport dalle fondamenta, dall'ABC? E quindi non ricopriva d'oro i singoli atleti come avviene (a mio modo di vedere scandalosamente) al giorno d’oggi, dove i compensi consegnati per un paio di medaglie d’oro alle recenti Olimpiadi di Londra equivalgono di fatto al prezzo di una scintillante pista di Atletica, no? (magari di quelle più di marca… ma chi se ne frega, no? Oggi ci si accontenta di poco). Fa nulla se alcuni Paesi, come l'Inghilterra, nazione ospitante, abbiano lasciato i medagliati con la "sola" gloria... o la maggior parte delle Nazioni sia stata molto più moderata con i premi per i medagliati.  
Questione di scelte, naturalmente: in Italia è meglio riempirsi di medaglie d’oro (che puoi sempre spenderti su qualche tavolo di qualche politico) rispetto alle infrastrutture dove consentire a che lo sport si diffonda. Ma non dovrebbe essere l'articolo "1" del CONI ad imporlo? Ma ve lo siete mai chiesto? Va bene il proselitismo, vanno bene i tecnici che devono essere pagati, vanno bene i santi-dirigenti (anche se bisognerebbe cambiarli molto più frequentemente, per favorire la circolazione delle idee..), ma di quale atletica si parla se poi mancano i luoghi dove poterla svolgere? 
Disturbato da questo fatto, e con ancora impressa la vomitevole apparizione della delegazione italiana alle Olimpiadi di Londra nello stadio Olimpico, dove proprio davanti agli atleti sfilarono i dirigenti sportivi e i maggiorenti del Coni, continuavo comunque a pensare al famoso articolo di Repubblica che faceva le pulci allo sport italiano, ed in cui la tesi di fondo era sostanzialmente che molti dei fondi che lo Stato consegnava al Coni venivano sperperati in mille rivoli senza andare a sostenere con decisione (vista la quantità di denaro versato) lo sport. Mentre cercavo quell’articolo, non te ne trovo ancora uno che calca ancor di più la mano, stavolta pubblicato dall’Espresso in tempi non sospetti, ovvero prima delle Olimpiadi? 
Ebbene, in estrema sintesi questi i temi trattati: 
  • Il Coni nel 2011 aveva in bilancio la bellezza di 462 milioni di euro, dei quali 448 derivanti dai contributi statali: ovvero soldi pubblici, dei cittadini italiani, nostri, della nostra IMU. 
  • Nonostante questo, chiuse il bilancio dell’anno scorso con 18 milioni di passivo. 
  • Che quest’anno lo stato ha abbassato i propri contributi a 408 milioni (54 milioni di euro in meno) ma che nonostante questo, forse, il Coni riuscirà a chiudere in attivo… e come potrebbe?
  • Ora, sembra infatti che il Coni (io non lo sapevo), proprio per limitare le uscite, abbia abbassato il gettone di presenza giornaliero ai 45 Presidenti delle Federazioni sportive (presumo anche quella atletica) a 130 € lordi al giorno, e per non più di 240 giorni all’anno, ovvero per un massimo di 31.200,00 € all’anno (ripeto, ognuno dei 45 presidenti delle 45 federazioni). Ma c’era come chi, si cita nell’articolo incriminato (si parla di Dino Meneghin, presidente della Federbasket) percepisse 400 € di diaria al giorno, per un totale stimato di 146.000,00 € all’anno.
Riporto un brano dell’articolo sic et simpliciter: “Del resto, i contributi allo sport sono gestiti come i contributi alla politica. In teoria, i bilanci dovrebbero essere pubblici e trasparenti. In pratica, spesso non sono né l'uno né l'altro. Né c'è da stupirsi. In Italia sport e politica sono sempre andati a braccetto. Ai tempi della prima Repubblica, Giulio Onesti ha tenuto il timone del comitato olimpico per oltre 30 anni grazie alla benedizione di un altro Giulio, di cognome Andreotti. Lo stesso Petrucci ha fatto carriera sotto la protezione del sette volte premier democristiano. A sua volta, Petrucci ambisce a lasciare il testimone al suo braccio destro, il firmatario della circolare 134 Pagnozzi, detto Lello, una vita trascorsa nei corridoi del palazzo sul Tevere progettato da Enrico Del Debbio ai tempi del Duce”.

Ecco che arriva poi la bomba finale: in pratica sembra che la Corte dei Conti stia facendo le pulci ai bilanci del Coni, proprio sugli stessi aspetti che riguardano le indagini recenti su Regione Lombardia, Regione Lazio, ovvero “spese, rimborsi, consulenze dubbie”. Io mi auguro, in realtà, come la Corte dei Conti giri l’indagine alla Procura, ma al solo fine di eseguire un controllo più accurato, non per altro. Non vorremmo mai che si nascondesse qualche altro famelico Er Batman sul Tevere… 

Ora, potete anche leggere l’articolo in questione a questo link, ma il mio dubbio di fondo rimane: ok, ci sono 45 sport, ma visto che gli sport con oltre 100.000 tesserati sono non più di 5 o 6, e che molti di essi sono di nicchia, come diavolo è che le strutture per l’atletica in Italia siano così fatiscenti? Dove va a finire tutto questo mare di denaro? Possibile che la gestione di Coni servizi, ovvero l’apparato burocratico del Coni, succhi la bellezza di quasi 140 milioni di euro all'anno? E per cosa? Quante strutture “di base” si possono sistemare o edificare ex novo con quella somma? Dubbi che non avranno mai una risposta, purtroppo.

Oggi chi guarda le strutture di atletica in Italia sa che o le pubbliche amministrazioni locali aprono il portafogli, o non c’è trippa per gatti… e considerato che i tempi-duri sono arrivati anche per quest’ultime, il futuro è proprio plumbeo. Dei privati, non parliamone nemmeno… anche perché “eticamente” al giorno d’oggi, un privato ti costruisce sì la pista d’atletica “a gratis” ma in cambio chiede che un parco con alberi millenari possa essere trasformato in zona residenziale, bonificato e poi cementificato per costruirci un bel complesso di abitazioni che non verranno abitate da nessuno per almeno i prossimi cinque anni… a questa stregua preferisco i laghetti contornati di pioppi, piuttosto che una pista in mezzo ai palazzoni.

Comunque, per concludere: il mondo cambia se siamo a noi a cambiarlo. Anche il Coni, e la Fidal, e tutti gli organi elettivi di questo dannato mondo, ce li meritiamo se non saremo noi i primi a far qualche cosa per cambiarli. Le ultime elezioni federali della Fidal mi hanno insegnato anche questo: che molti si lamentano con toni anche durissimi rimanendo però sempre dietro ad uno schermo di un pc su un social network. Quando poi bisogna scendere nella vita reale, Don Chicotte rimane solo come un cane con il suo fido Sancho Panza… e forse manco con quello.
Ma non è che forse ci meritiamo tutto questo?

17/12/12

Riflessione su Master e Federazione: UAN SAPON E TAIM

Once upon a time..., noi velocisti delle prime serie, ci si dava di gomito per dirsi: hai visto Sardi?
Armando Sardi, nella seconda metà degli anni '70 era tornato all'Arena e partecipava alle gare regionali sui 100. 
Lui intanto si preparava i blocchi, con un cappellino da ciclista in testa; lo guardavamo e faticavamo a capire il motivo di quella "intrusione". 
 Era bravo, perché, sicuramente non allenato, correva in poco più di 11"; ma non comprendendo il senso, nel nostro sguardo c'era forse anche un po' di compatimento. 
Io ero sicuro che in futuro non mi sarei mai messo in una situazione come quella. 
Al campo XXV Aprile, dove ci allenavamo, vedevamo correre Cesare Beccalli, (grazie ancora Cesare!) che baldanzoso, con divisa sociale e scarpette, correva fiero in prima corsia. 
E noi? Noi nell'affanno dei nostri recuperi tra una ripetuta e l'altra, non avevamo di meglio da fare che scambiarci risolini mascherati. Non capivamo, non capivo. 
Ma... oggi, dopo trentacinque anni, pretendo di essere capito io, che faccio le stesse cose di quei pionieri. 
Loro erano due mosche bianche, noi oggi abbiamo superato la metà degli iscritti alla Federazione. 
E' sufficiente per pretendere rispetto e comprensione? 
Penso di no da parte dei ragazzi che ci osservano, che in fondo sono come eravamo noi.
Pretenderei di si da parte dei dirigenti della Federazione, che occupandosi di bene comune, dovrebbero tener conto del radicale cambiamento avvenuto. 
Ma torniamo al nostro campo d'allenamento: dopo esserci scambiati l'aggiornamento delle geremiadi riguardanti i malanni più strani, guardandoci possiamo sorridere di noi stessi, conservando e condividendo quel po' di autoironia che ci aiuti ad evitare di prenderci troppo sul serio. 
Ma poi, in fondo in fondo, siamo sicuri di non guardare mai con sufficienza chi ha vent'anni più di noi, dicendo magari: "io non lo farò mai, smetterò prima"...? 

 lo sfinter

16/12/12

Franco Giongo

Dal sito della Virtus Atletica 

Non è facile parlare di un record vecchio di oltre 90 anni, né tantomeno di chi l’ha compiuto. Ci appelliamo come al solito alle migliori fonti che abbiamo sotto mano: Il Mito della V nera e l’archivio storico della Fidal.
Clicca sull'immagine per ingrandirlaIl velocista

Franco Giongo  nasce a Bologna il 7 luglio 1891, ma si trasferisce giovanissimo a Milano.
Le vicende sportive di Giongo cominciano prima di vestire la maglia della Virtus. Siamo nel 1912 a Verona, durante i Campionati Italiani Giongo vince per il Club Sportivo Padovano la finale dei 100m con il tempo di 11”1/5, la finale dei 400m in 53”1/5 e i 200m in 23”2/5 (disputati fuori programma, senza assegnazione del titolo italiano, come gara di selezione per i Giochi di Stoccolma).
Giongo si qualifica per le Olimpiadi di Stoccolma dove corre i 100m e i 200m uscendo in entrambe le gare alla semifinale con un quarto posto. Corre anche i 400m dove però viene eliminato in batteria chiudendo al terzo posto. È interessante notare che nella stessa olimpiade un altro italiano, il grande Emilio Lunghi (già argento negli 800m alle Olimpiadi di Londra nel 1908, prima medaglia olimpica di sempre italiana) arriva invece alle semifinali dei 400m dove ottiene un secondo posto, non sufficiente per accedere alle finali. Lo stesso Lunghi si era ritirato dai 400m ai campionati italiani in cui Giongo aveva trionfato, ma aveva vinto nettamente i 1000m, i 1200 siepi e due staffette.

Nel 1914, in settembre, ai Campionati Atletici Nazionali la VIRTVS raccoglie una serie di vittorie senza precedenti. 11 gare su 24 sono vinte da virtussini, per non parlare dei molti piazzamenti. Franco Giongo, vestendo la V nera, vince la gara dei 100m in 11”4, dei 200 in 23”4 e dei 400 in 51”6. Nello stesso anno Giongo viene chiamato a vestire la maglia nazionale e gareggia nell’isola Margherita a Budapest, dove il 7 giugno migliora il record italiano dei 200 (che era già suo) con il tempo di 22”2.
L’11 giugno batte il record delle 220 yards in 22”4 e stabilisce quello delle 300 yards in 32”.
Successivamente a Vienna stabilisce il nuovo record sulle 100 yards con 10” netti e porta il record italiano sui 200m a 21”8, che tutt’oggi lo rende l’8° duecentista virtussino di sempre. Un risultato non banale se si pensa che è stato ottenuto oltre novanta anni fa su un terreno di carbonella.
Qualche mese dopo, il 7 ottobre a Milano, insieme a Salvi, Costa e Colombo stabilisce il record italiano della 4x400 con il tempo di 3’39”2.tobre a Milano, insieme a Salvi, Costa e Colombo stabilisce il record italiano della 4x400 con il tempo di 3’39”2.
Nel 1915 inizia la guerra e ben 150 soci della Virtus partono subito per il fronte, tra cui anche Franco Giongo come sottotenente. La vita sportiva della Virtus durante la guerra resta limitata ai giovanissimi.
Giongo sopravvive alla guerra e lo ritroviamo nella squadra che stabilisce il record italiano della 4x400 nel 1922 insieme a Mantelli, Alfieri e Bogani con il tempo di 3’27”4.
Anche nel 1923 partecipa ai Campionati Italiani vincendo il titolo nei 100 e nei 200, ma gareggiando come “libero”, cioè senza vestire la maglia della Virtus. Per questo, nelle liste italiane del 1923, Giongo compare al terzo posto nei 100m (10”4/5) come “Libero Bologna”e al primo posto nei 200m (22”5) come “Virtus Bologna”.

Il dirigente
Troviamo Giongo, come “Commendator Dottor Franco Giongo”, anche negli archivi della F.I.S.A. Ricordiamo che ciò che ora per noi è la F.I.D.A.L. (Federazione Italiana Di Atletica Leggera) non ha sempre avuto questo nome. Nata nel 1906 come Federazione Podistica Italiana (F.P.I.), prese il nome dal 1909 al 1926 di Federazione Italiana Sports Atletici (F.I.S.A.), per poi diventare F.I.D.A.L. dopo il 1926.Clicca sull'immagine per ingrandirla

Dicevamo che Giongo compare negli archivi del 1922 come membro del Consiglio Direttivo eletto con 51 voti al XVII congresso della F.I.S.A. Sono gli anni del divorzio con la Federazione Ginnastica Nazionale Italiana (F.G.N.I.) indispettita dall’indipendenza manifestata dalla federazione di atletica. Due sono gli eventi storici fondamentali per la rottura: il primo, nel 1906 l’organizzazione dei primi Campionati Nazionali e il secondo, nel 1913 l’aggiunta ai campionati di tutte le gare di salto e lancio di cui la “Federazione Pedestre Italiana non si era mai occupata”. Dal 1922 ciascuna federazione procede in maniera indipendente, anche se fino al 1932 la F.G.N.I. farà ancora disputare gare di corsa, salti e lanci.
Supponiamo che Giongo abbia fatto parte del Consiglio Direttivo della F.I.S.A. sino al 1927, un anno dopo la costituzione della F.I.D.A.L. e all’alba della nomina dell’On. Leandro Arpinati alla presidenza. In questo periodo non si parla ancora di consiglio direttivo della federazione, viene però nominata una Commissione Tecnica composta di cinque persone, incaricate di formare, quando necessario, la squadra nazionale. Giongo fa parte di questa commissione insieme a Costa, Colbacchini, Bononicini e Nai. Il C.T. viene poi trasformato in Direttorio (di cui Giongo continua a fare parte) che nel dicembre 1927 redige una lunga lista di tutti i giudici, commissari, tecnici e starters nazionali e regionali. Viene imposto che nessun record italiano sia omologato se non sono presenti almeno due cronometristi e uno starter nazionali.
Alla fine del 1927 probabilmente Giongo cessa di far parte del Direttorio.
Muore il 28 dicembre del 1981.
Si ringrazia Gustavo Pallica per alcune informazioni storiche fornite

14/12/12

I disastri azzurri di Amsterdam 1928 e quelli attuali: le differenze dopo quasi un secolo

Luigi Faccelli, delusione di Amsterdam
A forza di vedere l'atletica su pista italiana costretta ad un ruolo comprimario del consesso internazionale (doveroso l'inciso "in pista", dopo la fulgida prova dell'energico Andrea Lalli agli Europei di cross), mi sono imbattuto recentemente in un articolo del settimanale "Tutti gli Sport" dell'agosto del 1928... a questo punto, uno sano di mente mi chiederebbe: "e che ti vai a leggere i settimanali di 90 anni fa?". Vero. Folgorato sulla via di damasco dall'archeoatletica. Sapete qual'è la differenza? Che non ci sono immagini e tutto quello che si sa di quelle gesta di quasi un secolo fa ce lo si può solo immaginare. E i giornalisti, proprio per questo, erano qualche cosa di più di semplici cronisti, come forse noi oggi li intenderemmo: erano prosatori, menestrelli, cantavano gesta quasi epiche che il lettore doveva solo far girare nella propria mente. Personalmente il giornalismo sportivo di inizio XX secolo lo ritengo quello che più si è avvicinato all'epos greco, anche perchè, forse, gli obiettivi erano gli stessi. Là bassorilievi, statue, opere che avrebbero rappresentato le pietre miliari della letteratura mondiale, qui i disegni di gesta che nella loro piccolezza dovevano centuplicare la loro eco. Luigi Facelli, che aveva migliorato due volte il record del mondo sui 400hs, crolla in finale... sesto! Toetti, piccolo sprinter milanese, diventa invece il simbolo dell'italianità... ma solo per il fatto che cade esausto nel finale dei 200 metri. Non taglierà nemmeno il traguardo. Vi lascio alle righe di Alberto De Blasio, scritte all'indomani degli "zeru tituli" di Amsterdam 1928. Noterete le differenze con le aspettative di oggi...

"Nelle nostre considerazioni precedenti sui risultati conseguiti dalle varie rappresentanze nazionali, di proposito non abbiamo fatto alcun cenno alla nostra, non perchè essa con la sua scarsa classifica sia rimasta molto indietro, ma perchè non consideriamo l'esiguo numero dei nostri inviati alle Olimpiadi atletiche come una vera e propria rappresentanza nazionale degna di scendere nell'arringo classico olimpico a competere il primato, o magari le altre posizioni alle rappresentative degli altri paesi, come invece abbiamo fatto tanto degnamente per altri rami di sport. 
I nostri atleti sono andati ad Amsterdam, qualche anziano per premio del suo ottimo stato di servizio e per tentare qualche affermazione individuale, e dei giovani allo scopo di trovarli già pratici del classico arringo internazionale nelle future Olimpiadi. E sotto questo punto di vista l'uno e l'altro scopo sono stati pienamente raggiunti dai nostri rappresentanti, e molto vantaggio ne risentiremo in futuro di questa lezione sportiva di eccezione.Non vogliamo però chiudere queste nostre note senza dire brevemente quello che hanno fatto i nostri migliori elementi.
L'anziano Poggioli, forse al termine della sua lunga gloriosa carriera sportiva, ha raccolto il suo alloro più fulgido regalando all'Italia la miglior classifica conseguita dai nostri atleti. Buon quarto se egli fosse riuscito ad eguagliare il suo record avrebbe guadagnato il terzo posto in classifica dando al nostro Paese anche l'onore del pennone olimpico, mancato assolutamente questa volta e che nel passato ci avevano dato le vittorie di Frigerio e Masprone e l'affermazione dei nostri Lunghi, Altimani, Ambrosini, Speroni, Martinenghi, Arri e Bertini.
Anche Zemi sarebbe entrato in classifica se dopo un riuscito lancio a 47 metri non avesse poggiato la mano a terra fuori della pedana.
Faccelli, il nostro veramente superbo campione ha subito come tutti gli altri nostri atleti le conseguenze della errata preparazione preolimpica che lo ha fatto giungere già esaurito all'epoca della gara, che gli veniva rimproverata troppo lenta all'inizio. Disciplinato come mai, egli ha seguito gli ordini superiori: è partito forte, ha condotto fino ai 250 metri la gara a tempo da record mondiale, ma quando gli altri hanno forzato per lo spunto finale, egli ha ceduto esaurito. Forse non sarebbe stato certamente sesto qualora avesse seguito il suo istintivo modo di condurre la distanza impegnandosi a fondo solo nella seconda metà della gara, come hanno fatto gli altri. Maniera del resto che gli aveva già dato altre affermazioni in campo internazionale fra le quali anche la vittoria sul forte Peltzer. Toetti anche ha dimostrato di aver la stoffa del campione internazionale e di saper dare tutto in gara, dote precipua di uno sprinter di classe, giungendo a spalla col forte Adams, a pochi centimetri dal veloce argentino Pina, e cadendo sfinito nei 200 metri prima del traguardo. 
Reiser ha avuto la mala sorte di esser chiuso dall'ottimo Atkinson vincitore dei 110 ostacoli e dal miglior velocista francese Mourton. 
Il giovanissimo Castelli, secondo in batteria nel suo quarto di finale ha trovato la strada sbarrata inesorabilmente da Williams vincore dei 100 e 200, Koernig recordman mondiale della distanza e Borah. 
Tavernari ha difettato del suo famoso spunto finale, forse troppo emozionato dall'ambiente a lui nuovissimo, ma si è ben affermato lottando fin sul traguardo col forte svedese Strande, e battendo Hudgton. 
Anche Cominotto e Beccali si sono condotti onorevolmente nelle difficile e contrastata gara dei 1500 metri vinta dal finlandese Larva che ha avuto la più clamorosa eliminazione in batteria in questa Olimpiade del forte francese Sera Martin, il quale pochi giorni prima aveva segnato il nuovo record mondiale degli 800 metri. 
Il risultato della nostra partecipazione alla IX^ Olimpiade Atletica di Amsterdam può nobilitarsi sintetizzandosi nel gesto di Toetti quando nella gara dei 200 metri piani cadeva sfinito a qualche metro dal traguardo. Lo spirito dell'eroe di Maratona aleggiante nella maestosa torre ad esso dedicata in Amsterdam, certamente avrà avuto il suo fremito di gioia alla vista del piccolo azzurro, il quale dopo tanti secoli ripeteva, nell'agone dello sport, il gesto che lo aveva consacrato all'immortalità. 
Gli atleti d'Italia hanno saputo dare tutte le loro energie nella lotta ed a noi questo deve bastare per ora. Ancora molto cammino il nostro Paese deve percorrere nel campo della preparazione, ma più ancora in quello della propaganda per attirare nell'orbita di questa sanissima attività sportiva, le grandi masse della gioventù nostra. Aumentiamo l'efficienza del nostro elemento atletico con un lavoro di preparazione costante ed intelligente, sotto la direzione di tecnici del nostro paese, chè ad Amsterdam i nostri scarsi elementi hanno a sufficienza dimostrato che anche gli atleti d'Italia potranno darci nella X^ Olimpiade le vittorie tanto agognare dalle nazioni più civili del mondo".

12/12/12

Europei di Cross: mancavano le donne

Foto G. Colombo/Fidal
Dalle risultanze statistiche dei campionati europei di Cross di Budapest, mancavano ancora all'appello le senior femminili, che mi accingo ad analizzare statisticamente qui sotto. Lascio sempre il commento tecnico a chi ha più conoscenze specifiche del campo, limitandomi alla mera arte dell'esposizione dei numeri (che servono poi ad elucubrare sugli aspetti tecnici). Guardando il libro delle statistiche della EAA, si scopre che Gabriele De Nard è in realtà il 2° europeo di sempre per numero di partecipazioni agli eurocross, dietro all'ucraino Serhij Lebid (18 presenze contro 16 con quest'anno). Ma Lebid era assente l'anno scorso... è un caso che Mo Farah (al 9° rango di sempre quanto a presenze, non corra più cross a dicembre dal 2009 e nel frattempo sia diventato il più forte mezzofondista del mondo? Non sta a me dirlo, naturalmente). 

Quel che è certo è che Nadia Ejjafini si pone ancor di più come l'atleta italiana più performante della storia dei campionati continentali di cross, in considerazione del fatto che i due migliori piazzamenti di un'azzurra, li ha fatti proprio lei: dopo il 4° posto dell'anno scorso, è arrivato il 7° di quest'anno. E peccato perchè fino ad un certo punto della gara, si poteva anche sognare il podio. Brava anche Fatna Maroui, autrice di una rimonta clamorosa che l'ha portata sino al 14° posto. Ma ecco qui sotto le statistiche più significative.
  • Il posto di Nadia Ejjafini rappresenta la seconda prestazione di sempre di un'italiana agli eurocross. Meglio di Ejjafini... Ejjafini, 4^ l'anno scorso a Valenje.
  • I piazzamenti di atlete azzurre nelle 10 sale così a 7: 2 di Ejjafini, 2 di Varrone, uno a testa Tisi, Straneo e Romagnolo. 
  • Il piazzamento di Fatna Maroui è l'11° di sempre su 99 atlete-gara presentate dalla nostra nazionale nella storia degli eurocross. Per lei si trattava della terza partecipazione, che sono avvenute ogni 3 anni: nel 2006, nel 2009 e quest'anno: ad ogni edizione ha migliorato sensibilmente la prestazione dell'edizione precedente: da 37^ nel '06, a 27^ nel '09 a 14^ quest'anno. 
  • Per Silvia Weissteiner si è trattato della 7^ partecipazione agli eurocross, 9^ considerate le categorie junior. Atleta azzurra con più caps all'attivo. Solo in due circostanze era andata meglio del 29° rango di Budapest: il 13° di San Giorgio '06, e il 27° di Bruxelles '08. Nelle altre 4 circostanze era giunta in una posizione peggiore. 
  • Sensibile miglioramento anche di Angela Rinicella, alla seconda partecipazione come senior ai campionati europei di cross. La prima apparizione avvenne addirittura nel 2002, 10 stagioni fa, a Medulin, e in quella circostanza giunse 61^. Questa volta è giunta 39^. 
  • Il posto finale nel concorso a squadre, è, a pari merito di altre 4 circostanze, il miglior piazzamento dell'Italia. 
  • Gli 82 punti finali sono invece la 4^ prestazione di sempre su 19 uscite. Miglior punteggio i 57 di Oeiras nel '97.
  • Gli 82 punti sono anche il miglior punteggio dal 1999 ad oggi: singolare che nel corso del XXI secolo, solo nel 2006 si era riusciti a scendere sotto i 100 punti. In tutte le altre circostanze, la somma dei piazzamenti delle prime 4 atlete terminava sempre, alcune volte abbondantemente, sopra i 100.