26/09/11

Finale Oro a Sulmona: che dire? Mah...

(il bel sorriso della Grenot - foto Fidal) - Che commento dare ad un c.d.s. come questo? Meglio sorvolare... Le società più vicine a questa gestione Fidal hanno dato il meglio di sè a Sulmona, mettendo in vetrina atleti militari pagati da noi contribuenti, stranieri di grido schierati nel mezzofondo, acquisti a tappeto... insomma, proprio l'esaltazione dei vivai così come fu nelle parole dei padri fondatori di questo campionato di società. Dall'esaltazione dei vivai al trionfo del viavai. In realtà un porcellum criticato da tutti (televisamente sbeffeggiato e ormai abbandonato da tv e giornali) anche e paradossalmente da chi se ne giova, ma che di fatto è desiderato, anelato, proprio da quei pochi presidenti di società che poi eleggono i vertici di questa Fidal. Ripeto quello che dissi l'anno scorso: l'unico esempio delle squadre di vertice che non ricade in questo identikit è l'Atletica Bergamo, che costruisce le sue squadre su ragazzi che in qualche modo ha seguito sin da piccoli. Il resto dei c.d.s. è l'iconografia di questo mandato Fidal. 

Vediamo cos'è successo in pista, visto che l'aspetto societario sembra meglio tralasciarlo: il reticolato di norme, del resto, è stato plasmato ad immagine e somiglianza di certe società a scapito di altre (soprattutto militari), nel famoso patto naif che garantì la rielezione di questo esecutivo federale nel 2008.

Ma veniamo alle gare, unico elemento degno di nota. Ebbene nei 200 la gara viene vinta da Gualtiero Bertolone con 21"38 battendo il duo delle Fiamme Gialle Cerutti-Marani, che in realtà corre per la Riccardi ma con i denari pubblici (e non è certo colpa loro). Gran bel finale di stagione per Bertolone. Gli 800 se li è incassati il "bergamasco" del Senegal Mamadou Gueye: 1'50"73. Alle sue spalle Mohad Abdikadar, classe 1993, ovvero il futuro in chiave italiana del mezzofondo veloce, che finisce in 1'50"89, che rappresenta il suo secondo tempo di sempre sul doppio giro di pista. Nei 5000 il vero e proprio non-senso dei c.d.s.: primo il campione del mondo dei 3000 siepi, Ezekiel Kemboi. Poi il keniano della Riccardi Kimurer Kemboi , quindi il keniano Ezekiel Meli; il ruandese Rukundo, il keniano Kiprotich e il keniano Olempayie. Complimenti a tutte le società che hanno puntato sui vivai così come nello spirito di questi c.d.s.. Nei 400hs la Riccardi esibisce l'ennesimo frutto del proprio vivaio: il cubano Diaz Aramis Martinez: 50"62. Filippo Campioli vince l'alto con 2,18, mentre Federico Chiusano (7,30). Nel martello Juan Ignazio Cerra arriva sino a 69,30.

Doppietta Cus Cagliari nei 200 femminili, con Libania Grenot davanti a Marzia Caravelli: 23"59 e 23"74. Chiaramente gara di fine stagione. Martina Giovanetti, la velocista del momento, giunge quarta in 24"02. Ma voi lo sapevate che a Jona, in Svizzera, la settimana scorsa aveva ottenuto il proprio PB con 23"61 e 0,9 di vento? Appena visto su All-Athletics. Negli 800 gara tattica regolata dalla fuoriclasse cubana dell'Assindustria Padova, Yus Santiusti in 2'08"97, davanti a Judit Varga. Prestigiosa vittoria per Claudia Pinna, classe 1977, che ha intascato un 5000 in cui erano presenti anche il fenomeno delle siepi Giulia Martinelli e Federica Dal Ri. 16'19"00. Nei 400hs si rivede Benedetta Ceccarelli in una delle rare apparizioni di quest'anno: 58"82, davanti ad Aida Valente ed Emanuela Baggiolini. Gara di alti contenuti nell'asta, dove erano presenti praticamente le migliori: Anna Giordano Bruno arriva sino a 4,40 e poi si arena sulla misura del record italiano a 4,52. Seconda Elena Scarpellini a 4,30 e finalmente una convincente Giorgia Benecchi con 4,20. Darya Derkach contribuisce a portare manciate di punti nel salto in lungo, vincendo con 6.23. Laura Bordignon non ha problemi nel disco (e come potrebbe?), mentre Zahra Bani si limita a controllare la gara di giavellotto.

Ora, cos'è diventato questo campionato di società? Una competizione da noioso fine stagione (di quelli in cui non si vede l'ora di staccare la spina), con specialità in cui spesso non c'è nemmeno competizione, con un tasso tecnico gioco-forza limitato, che non centra gli obiettivi prefissati (che furono, ora è chiaro, una presa in giro), dove le società di vertice non riescono a schierare nemmeno il 10% di atleti provenienti dal proprio vivaio (qualcuna... nessuno). L'esclusione delle società militari è stato di fatto (volenti o nolenti) un clamoroso autogol (voluto) che ha disincentivato gli atleti a partecipare e prepararsi ai c.d.s. e fatto in modo che i dirigenti con le stellette smantellassero a poco a poco le squadre. Del resto a cosa serve una società militare se non per un campionato di società? A tre anni da quelle modifiche, possiamo dire che fu un vero e proprio porcellum

25/09/11

Finale Oro a Sulmona: prima pagina ai 100hs e alla Giovanetti

(foto di Martina Giovanetti di fidaltrentino) - In quella Babele che è il campionato di società, penso che nessuno ci si raccapezzi. Nessuno, fino a mezz'ora dopo la fine dell'ultima gara saprà nemmeno lontanamente se non per precognizioni e vaticini, chi avrà vinto i societari. Andate a vedere la pagina dei risultati: un tempo avremmo avuto contezza della situazione, oggi è di fatto impossibile ipotizzare una classifica. Contente loro, le sette sorelle e i sette fratelli che danno vita a una manifestazione ridicola nella formula, stupida nella sostanza, viscida nella genesi. Inutile rivangare il flaccido passato e il motivo per cui questo tipo di campionato di società sia nato, a favore di chi viva, e come sia stato architettato per favorire solo determinate società. In periodi di caccia alle streghe e caccia agli sprechi, rimane però quel macigno della partecipazione degli atleti militari con la società civili d'origine: persone stipendiate dallo Stato che a cottimo (ritengo molti di loro, anche se per pochi euro) tornano a rivestire una maglia "privata". Come se un poliziotto, finito il servizio, andasse a fare il buttafuori in una discoteca: succede, eh... ma se viene riconosciuto, state pur sicuri che non passerà dei bei momenti. Nell'atletica italiana, invece, una pratica da altre parti considerata "illegale" è diventata pure legge. Aberrante... E naturalmente ci sono molte società che su questo si fanno le passerella sugli Champs Elysee, mostrando il petto e ostentando scudetti che di sportivo hanno ben poco. 

Quindi, in questo desolante panorama da day-afeter che sono i c.d.s., che una volta erano senza dubbio alcuno la seconda manifestazione italiana per prestigio (ora ha una visibilità pari al campionato cadetti, con tutto rispetto per i cadetti), l'attenzione si concentra esclusivamente sulle sfide tra atleti, lasciando la società civili nel loro giochino stile "sudoku".

Allora, vediamo quelli che sono i risultati più "importanti" della prima giornata di questi cosi qui, nelle tre sedi.

A Sulmona, gran 100hs con la sfida trina Caravelli-Borsi-Pennella, cui mancava soltanto la quarta incomoda, Micol Cattaneo. Nell'ultima sfida dell'anno (penso, eh) prevale Marzia Caravelli con un succulento 13"13 con 1,3 di vento, che secondo AA è il suo settimo di tempo (e nove su dieci li ha ottenuti nel 2011). Ma probabilmente mai come oggi Veronica Borsi le è stata così vicina (ok, nell'ultima uscita alla Notturna l'aveva pure sopravanzata), ma diciamo che questa gara aveva un altro significato e spessore, nel mio tabellino stile Rino Tommasi. 13"19, ovvero quarto tempo personale di sempre. Terzo rango per Giulia Pennella, grazie alla sciabolata a 13"29, che eguaglia il suo personale stabilito quest'anno sia Bressanone che a Torino, ovvero nelle due circostanze più importanti per lei nel circus italiano. In pratica ha sempre reso il proprio massimo agli italiani assoluti, a quelli promesse e alla finale dei c.d.s.. Che prospettive per il 2012! Anche usando la statistica, su 4 atlete che ondeggiano ad un paio di decimi, magari ci scappa quella che corre sotto i 13". Averne una sola, invece, riduce del 75% queste possibilità. Facile a dirsi, eh?

Nei 110hs prima significativa vittoria per Hasso Fofana: 14"24, anche se ottenuto senza Abate, Tedesco, Dal Molin... ma pur sempre una vittoria ad una finale oro del campionato di società. Non so se qualcuno lo metterà nel suo pedigree sportivo (fossimo stati negli USA, sarebbe stato impresso nel marmo), ma quanto meno lo ricordiamo noi qui.

I 100 sono appannaggio netto di Fabio Cerutti: 10"30 davanti a Simone Collio, con 10"43. Che dire? Non è stato l'anno di Simone Collio, e non lo è stato completamente per Fabio Cerutti, che ha mancato un momento centrale della stagione (tra fine giugno e inizio luglio) che probabilmente gli avrebbe potuto dare il pass per Daegu nella gara individuale. Di sicuro le certezze dello sprint italiano se non si sono rivoluzionate, di sicuro hanno cambiato gli equilibri. Lo stesso Galvan, può mettere sul piatto il titolo italiano dei 100 (che non è poco) e un 20"80 sui 200 a Rieti, mentre il resto delle prestazioni sono state molto altalenanti. Si rivede invece sotto i 10"50 Gianni Tomasicchio: 10"48, e l'ipotesi che il Desert Storm post europei 2010 sia finalmente decorso e sia avviato a tornare ad una nuova dimensione di nuovo di primo piano. Dopo qualche problemino, che l'aveva fatto sprofondare al 12° posto nel ranking AA dei centisti italiani, questo bel risultato che gli farà guadagnare sicuramente qualche posizione (battuto, per esempio, l'8° del ranking, Rosario La Mastra).

Al femminile si vede una scintillante Martina Giovanetti: 11"55 con 0,7 di vento, che è tempo che in Italia ha il suo perchè, soprattutto in anni di vacche magrissimi, quasi stitiche. Ma è soprattutto il suo quinto tempo (in teoria) di sempre, dopo l'11"51 di PB che ottenne a Cagliari nel 2008. Prima di questa gara il già citato Verbo rankingistico dava l'atleta al secondo posto, dietro alla Draisci. Difficile non pensare che non vada al primo posto. Anche perchè Ilenia Draisci, presente, è giunta solo 8^ con un modesto 12"11.

I 400 maschili un pò sotto le aspettative, visto che erano assenti praticamente tutti i migliori italiani. Così spazio agli stranieri, così come nei 1500, dove erano però presenti i due italianizzandi Abdikadar e Rachik, giunti rispettivamente 5° e 7°. Ma stesso discorso sui 3000 siepi. Ma francamente dire due parole di gare che ormai da tradizione sono figlie degli ingaggi agli stranieri africani, non va nemmeno più di commentarle. Proprio su questo tipo di mezzofondo messo in pratica dalle società appartenenti alla cerchia magica di Arese, vien da chiedere: ma ve lo ricordate come vennero presentati questi c.d.s.? Come la panacea al proselitismo, il balsamo di tigre per l'atletica azzurra... frotte di atleti sarebbero accorsi a partecipare ai c.d.s.. La realtà penso che la vediate tutti: è stata una corsa (tranne qualche eccezione) ad accaparrarsi atleti di altre società, o "rubarsi" militari prima che lo diventassero (per poi sfruttarli nei c.d.s.) o stranieri: cioè quello che si è sempre fatto. Ne più, nè meno. L'atletica del saio e... del cilicio.

Torniamo alle gare. Maria Enrica Spacca, gestisce col cruiser i 400 in 53"58, mentre il mezzofondo femminile mette a nudo la mancanza di un paio di generazioni di mezzofondiste, spazzate come uno tsunami dalla politica menefreghistica degli ultimi due mandati (ma non diamoci limiti sui mandati... ma fortunatamente sembra che nell'ultimo anno si potrà assistere a quello che non è successo fino ad oggi). Normale che quindi vinca l'ex ungherese Judith Varga (1977), davanti alla perenne Eleonora Berlanda (1976). Terza Touria Samiri, di cui non viene riportata l'età... sarà italiana? Speriamo.

Nell'asta si vede una cosa mai vista nell'ultimo anno: Giuseppe Gibilisco che si esibisce ad una misura accessibile. 5,00. Cosa gli avranno detto per farlo? La progressione ragionata non gli porta comunque fortuna: arriva secondo a pari merito con il primo, Matteo Rubbiani, entrambi con 5,30. Daniele Greco plana a 16,17, davanti ad Andrea Chiari, fenomeno predestinato (ma pure questo si è preso la Riccardi? O è in prestito?).

72,87 di Bertolini nel giavellotto, con Gottardo e Tamberi da gara di fine stagione nell'iconografia di "Wake me up when semptember ends" dei Green Day. Giovanna Demo si intasca il salto in alto con 1,81 e poi tenta l'1,85 di quello che potrebbe essere stato il suo PB, ma invano. Comunque mette in fila Meuti, Brambilla e Vitobello, che sulla griglia di partenza le erano davanti. Gran balzo di Cecilia Pacchetti nel triplo, tra le proprie migliori prestazioni di sempre (13,20 con un PB di 13,34). Gran lancio di Julaika Nicoletti nel peso, molto vicino al suo personale: 16,36 e l'operazione-avvicinamento a Chiara Rosa continua, giusto per riscoprire un dualismo interno che porterebbe ad un miglioramento reciproco. 

22/09/11

Meeting e italiani: il "nuovo" Dal Molin e il "nuovissimo" Bencosme

Rapida carrellata dei maggiori risultati degli italiani in giro per i meeting. Purtroppo ho anche io i miei tempi... mi premeva soprattutto segnalare una prestazione che è passata quasi sotto silenzio e che probabilmente non ha avuto il giusto rilievo. Torniamo al meeting internazionale di Bellinzona (location eccezionale) e ai 110hs. Come al solito, ci siamo abituati alle sciabolate di Emanuele Abate. Nella circostanza sviolina quella che dovrebbe essere il suo 4° tempo all-time (13"58), e tutti i quattro tempi ottenuti nel 2011. 33^ posizione mondiale nel ranking dei 110hs. Ma volevo sottolineare la seconda posizione di Paolo Dal Molin, classe 1987, stanziato in Germania, che francamente alcune voci mi avevano già dato in forma clamorosa da un paio di mesi. Per lui 13"67, che è un tempo incredibile, anche se chi lo segue sostiene che varrebbe molto meno. Ma prima bisogna correrli i tempi, logicamente. Per ora questo gran tempo, che rappresenta il suo PB, secondo performer italiano del 2011, 13° all-time in Italia, davanti a Re, Putignani, Bertocchi, Buttari... e quello Stefano Tedesco che proprio a Bellinzona è riuscito a correre in 13"85 (ma con un PB di 13"68). Il fenomeno Dal Molin, a dire il vero, era già esploso nel 2008, quando ad Alessandria corse in 13"78. Luci anche su Hassane Fofana, che è arrivato al suo personale sugli ostacoli da 106 di 14"22

Sui 100 ha dimostrato il proprio predominio sulla specie (italica) Jacques Riparelli, che ha domato sia Di Gregorio che Michael Tumi. Trend pazzesco nelle ultime settimane: una sequenza impressionante di tempi nell'intorno del 10"2, cui è mancata la ciliegina. Bastava infatti il famoso RT normalizzato in Trentino, e oggi Riparelli sarebbe stato il primo sprinter azzurro ad avere un minimo "A" per Londra. In Svizzera 10"28 e 10"26. 10"36 e 10"39 per Di Gregorio che è in leggera recessione, e 10"40 e 10"50 per Tumi. 

Nei 100 femminili conferma lo sfavillante stato di forma Marta Giovanetti: 11"64, nella gara in cui Veronica Borsi ha concluso in 12"06. Poi si cimenta nei 100hs dove piazza un medio-alto 13"32. Vi interessa? 62^ al mondo nel ranking del 100hs, che valuta l'andamento degli ultimi 11 mesi di gare. Raffaella Lamera nel salto in alto non decolla e rolla sulla pista a 1,75 (ma ricordo che a Daegu lamentava alcuni problemi fisici): stessa misura di Elena Brambilla che quest'anno non ha comunque superato gli 1,80.  Irene Pusterla (che ricordo essere ticinese... purtroppo per noi) si ferma a 6,55, nella gara vinta dalla francese Lesueur

A Siena Delmas Obou (1991) inforna un 10"47 che lo avvicina al PB di 10"44 stabilito a Mondovì quest'anno. 18,04 invece per Chiara Rosa a Pordenone nel lancio del peso. 

Poi si vola a Tangeri, nello scorso weekend, e si vede finalmente all'opera Matteo Galvan, che dopo il titolo italiano a Torino sui 100 metri, ha fatto la sua miglior apparizione a Rieti sui 200 e quel 20"80. Al meeting marocchino il veneto a dire il vero non brilla particolarmente: 10"60 nella gara vinta da Dwain Chambers (10"28) che quindi potrebbe essere stata "lentina" a prescindere. Sui 200 non va meglio: 21"07 e quarto posto. Nel peso Daniele Secci (1992) stabilisce il personale con 18,55, mentre nei 400hs ben 3 atlete azzurre: Manuela Gentili manca la vittoria per un'inezia contro la più quotata ucraina Hanna Titimets: (17^ nel ranking mondiale contro il 30° della Gentili) 57"29 a 57"34.  Aida Valente 60"13 (120^ nel ranking mondiale) mentre Emanuela Baggiolini (171^ sulla Terra nelle classifiche aggiornate a oggi) rischia la caduta al 9° e chiude in 61"60. Zahra Bani (16^ nel ranking) si aggiudica il giavellotto con un sufficiente 55,95.

Oggi infine, l'ho appreso sul sito della Fidal, grandissimo 49"94 per Josè Reynaldo Bencosme De Leon: 12° performer italiano di sempre, al pari di Mauro Maurizi, uno di quei legionari sub-50" di quella favolosa generazione di ostacolisti degli anni '90 che elesse Fabrizio Mori come primus inter pares. Per ora Bencosme sale alla 53° posizione nella classifica diacronica mondiale assoluta. Alle sue spalle Eusebio Haliti con un ottimo 50"55.

20/09/11

Per la Notturna torna la naumachia: meeting d'altri tempi

Sono passati già due giorni, ma ho da fà anche io... bisogna dar conto della Notturna di Milano? A cosa la paragoniamo? Non lo so... un tempo mi sarebbe venuto da dire che era il Giro di Lombardia dell'attività atletica italiana. Oggi è una manifestazione un pò più compassata, anche se un certo numero di atleti "top" è stata racimolata anche quest'anno. Tralascio ogni commento sul comitato organizzativo, riservandolo ad altra circostanza, visto che diversi di loro ci avevano messo lo zampino. Nella circostanza agonistica, purtroppo l'Arena è tornata alle naumachie del XIX secolo, quando al suo interno (la notizia è vera ed esistono pure le foto), dopo aver riempito d'acqua (chissà dove a prendevano) tutto l'anfiteatro, si svolgevano rappresentazioni di battaglie navali con tanto di imbarcazioni a grandezza naturale. Più o meno è successa la stessa cosa ieri sera. E gli atleti si sono dovuti immergere nel catino allestito per l'occasione. Così le prestazioni sono scivolate via senza sensazionalismi, lasciando all'assetato appassionato il senso stesso dello sport: la sfida tra uomini e donne, che non è poco. Pensate, stando al ranking delle manifestazioni internazionali, la Notturna è superata dal Golden Gala (scontato), da Rieti (scontato), dal Palio della Quercia di Rovereto (singolare...), ma anche dal Memorial Nebiolo di Torino e dal Meeting di Padova (molto poco scontato). 51° meeting mondiale quanto a risultati, ma viste le condizioni meteo la cosa sembrava quasi scontata.

La notizia del giorno è sicuramente la sconfitta di David (il Monettiano "Davide") Lekuta Rudisha. La nemesi del keniano ha avuto il volto "singolarmente maturo" dello junior etiope Mohamed Amman, 17enne talentuoso. 17enne o 37enne, come si diceva su facebook, poco importa: quell'essere vivente ha battuto l'essenza stessa degli 800 metri, che non perdeva una gara da due anni (mondiali di Berlino). Da allora 34 vittorie consecutive, cioè tutti gli 800 corsi in questi due anni. Fino alla Notturna, appunto. Amman 1'43"50 e Rudisha 1'43"57. Scorrendo la classifica, al 7° posto trova la sua collocazione Giordano Benedetti finalmente con un tempo degno di un 800ista di primo piano internazionale: 1'46"32. Nuovo primato personale. 21° rango nella graduatoria all-time italiana, subito dietro a Christian Obrist.

Nei 100hs vinti dalla jamaicana Brigitte Foster Hylton (13"09 con 1,2 e tutto il resto delle intemperie), stoccata a bersaglio di Veronica Borsi nei confronti di Marzia Caravelli: 13"39 a 13"43. E' la prima lesa maestà dell'anno? Secondo All-Athletics si sono incontrate 5 volte nel 2011 sui 100hs: 4 a 1 per la Caravelli in questa specialità, che non perdeva una sfida diretta con la Borsi dal giugno del 2007. Ma le classifiche AA sono un pò fallaci... Quarta Giulia Pennella con 13"69, che stanti le condizioni meteo, ha forse ridotto il gap con le due predette, con le quali per un certo periodo (soprattutto invernale) era arrivata ad impensierirle. 

Nell'alto si vede la campionessa mondiale russa Anna Chicherova, che sulla pericolosa pedana dell'Arena, si limita ad arrivare a 1,96, ovvero quasi una sforbiciata stante il suo attuale stato di forma siderale. Antonietta Di Martino, arriva invece sino a 1,93 piazzandosi in seconda posizione e rimanendo imbrigliata da qualche problema di troppo, non ultima la pioggia.

Libania Grenot tutto sommato non va affatto male, se pensiamo a tutto quello che si è scritto prima: terza con 52"46. Chiara Bazzoni invece deve essere arrivata al capolinea di questa stagione lunghissima e piena di soddisfazioni: 54"08. Anche Elena Maria Bonfanti annacquata in 54"90. Olha Saladuha si limita a due salti, ma in uno, aiutata dal vento, rischia di superare i 15: 14,94. Olga Rypakova 14,69 (anche questo ventoso), mentre Simona La Mantia si infanga a 14,07. Negli 800 ennesimo tentativo "sospetto" di Marta Milani che però non frutta: staccata a 2'06"09.

I 100 maschili sono figli delle condizioni e tolto Nick Ashmeade (10"42 con -3,4), si intravede una bella sfida tutta italiana, anche se su livelli cronometricamente mediocri (ma per riparametrare la sfida basti pensare che Ashmeade aveva corso in 19"91 a Bruxelles meno di una settimana fa... non è proprio un carneade). Equilibri ancora fluidi, e dopo le sparate di Bellinzona di Jacques Riparelli (10"26 e 10"28), Fabio Cerutti regola lo stesso padovano (10"61 a 10"65), che a loro volta regolano Emanuele Di Gregorio e Simone Collio (10"70 e 10"77): prossima tappa a Sulmona. Nei 1500 uomini, si segnala un piccolo risultato storico. Protagonista Merihun Crespi: 3'39"32, ovvero un italiano sotto i 3'40"; ovvero un evento. 30° risultato italiano all-time, e scalzato da quella posizione Andrea Longo. In tre anni, è la seconda volta che un italiano scende sotto i 3'40": l'altro era stato Christian Obrist. Oscar Pistorius vince i 400 con 45"97, e la cosa non fa nemmeno più notizia. Al quarto posto arriva Michele Tricca, uno dei protagonisti giovanili dell'atletica italiana: 47"01 e scacco a Isalbet Juarez

17/09/11

Il resto del meeting di Bruxelles- Bolt 9"76 - Jeter 10"78

Di Blake ho già scritto, e tanto si è già detto ovunque. Cos'altro si potrebbe ancora dire? Così bisogna riportare un dato quanto meno importate, anche se passato in secondo piano: il 9"76 di Usain Bolt. 9"76, sembra quasi una cosa normale oggi giorno, dopo il bombardamento a tappeto dello Stealth-Blake. "Cos'hai fatto ieri sera? Sei andato in centro a farti una vasca?"; "Ehm, no... ho corso un 100 in 9"76". "Ah, banale...". Ma scusate un attimo: 9"76 è l'ottavo tempo di sempre sui 100 metri. Fa scivolare di una posizione miliardi di risultati dal nono in poi. Attilio Monetti sarà costretto ad aggiornare i ciclostile che come una litania decanta instancabilmente come le vecchiette al Vespro. Altra riflessione: Bolt ha corso più veloce di ieri sera a Bruxelles solo il 3 circostanze (le finali di Berlino, Pechino e a New York) anche se il bombardamento mediatico sembra avercelo portato tra le 400 e le 500 volte. E' sceso sotto i 9"80 in sette circostanze, ad una sola lunghezza ormai da Asafa Powell. Che la pista o la giornata fosse propizia, però ce l'ha detto il secondo, Nesta Carter. 9"89 e record stagionale. In pratica non scendeva sotto i 10" da luglio anche se è sceso sotto i 10" già in 6 circostanze quest'anno. A Zurigo, una settimana fa, benchè sembrasse una giornata propizia, aveva corso "solo" 10"12 anche se con vento nullo. E' la sua 14^ volta sotto la barriera dei 10" e la sua quarta prestazione di sempre (dopo il 9"78 di Rieti dell'anno scorso, un 9"85 e un 9"86). 

Nel 200 di Blake e del Mago Dix, si è messo in mostra (in ritardo) un uomo di Lance Braumann, il jamaicano 21enne Nick Ashmeade, mia piccola delusione personale dei mondiali di Daegu (solo 5°). 19"91, nuovo record personale e seconda volta sotto i 20" in una stagione. A 17 anni era già in grado di correre il mezzo giro ancillare ai 100, in 20"76. Mentre è sceso ancora sotto la stessa barriera dei 20" il norvegese Jaysuma Saidy Ndure, con 19"97, lui che non è propriamente la fotocopia del connazionale che imperversava nel Vecchio Continente negli anni '90 Geir Moen cui ha scippato tutti i record nazionali della velocità. Ridendo e scherzando è per lui la terza volta in cui scende nel girone dei golosi, messo sotto quella barriera. Ed ora, le volte in cui l'uomo è sceso sotto i 20" salgono a 199. Chi metterà la firma sulla 200? 

Cannonata anche nei 100 femminili, che avrebbe meritato molto più spazio. Carmelita Jet-Jeter deflagra un 10"78 con 0,4 di vento che è il 28° tempo di sempre stabilito da una donna, suo quarto tempo personale ognitempo (ha un PB di 10"64 corso a Shangai nel 2009). Seconda e terza, le stesse di Daegu: VCB con 10"85 e Kelly Ann Baptiste con 10"90. Una gara sontuosa. Chicca statistica: se nei 200 degli uomini ci si sta avvicinando a quota 200 sub-20", nelle donne si sta avvicinando la quota 600 nei sub-11": siamo a 595. Chiaramente qui, purtroppo, non c'è nemmeno un risultato tricolore e chissà quando accadrà. 

Carrellate sulle altre gare: i gemelli Borlee, si sciroppano i 400 e probabilmente per la prima volta entrambi sotto i 45": un primato. Jonathan 44"78 e Kevin 44"97. Un tempo con i gemelli si riusciva a dire che uno a fine carriera era stato più forte dell'altro. Tra i due, oggi, francamente non c'è stato ancora chi ha prevalso in maniera netta sull'altro. Un sito di statistiche dà a livello internazionale un 8 a 6 a favore di Jonathan negli scontri diretti sui 400. Ma Kevin si è intascato il bronzo mondiale, laddove John è arrivato quinto. Una storia in fieri. Terzo della gara Oscar Pistorius, che non fa più notizia (abbiamo un bel contributo su di lui che presto posterò): 45"46. Inutile fare paragoni con la situazione italiana. 

Negli 800 Rudisha gigioneggia a 1'43"96. Sul sito della notturna di Milano, si sostiene che l'attacco al record del mondo (che vorrebbe dire essere il primo essere della biosfera a scendere sotto l'1'41") avverrà proprio a Milano domani. Certo che tre tentativi in 6 giorni sembrano un accanimento un pò troppo strano e un pò troppo mediatico. Al secondo posto, è meglio segnare a futura memoria, arriva un certo Mohamed Aman, etiope, classe 1994. Ripeto, classe 1994, ovvero 17 anni: 1'44"29 me nel 2011 aveva già corso in 1'43"37 proprio a Rieti, una settimana fa: un tempo inferiore anche al record italiano assoluto.  

Nei 5000 l'etiope che ha retto la baracca nel mezzofondo mondiale del 2011, stante l'assenza prolungata di Kenenisa, Imane Merga, per vincere va sotto i 13": 12'58"32. Sotto i 13' finiscono anche i keniani Longosiwa e Chepkok. Ma proprio Kenenisa sui 10000 finalmente torna a sfavillare: miglior tempo mondiale dell'anno con 26'43"16, 21° tempo mondiale di sempre e suo 5° personale. Insomma, è ancora troppo presto per dire che l'etiope sia finito. Nella prestazione si porta dietro il keniano immancabile: Lucas Kimeli Rotich: 26'43"98. E più che sorprendente il 26'48"00 dell'americano Galen Rupp, che è record continentale, americano, nonchè il miglior tempo di sempre ottenuto da un uomo di pelle bianca. 

Un altro 17enne, il portoricano Javier Culson, si aggiudica i 400hs: 48"32. Pure davanti al campione del mondo, David Greene. Il greco Filippidis batte nel salto con l'asta uno dei grandi sconfitti di Daegu, Renaud Lavillenie, che continua a prendere scoppole: 5,72 per entrambi, ma lo scacco matto lo fa l'ellade. Probabilmente il picco di forma è arrivato troppo presto per il galletto. Nel triplo solo il francese Benjamin Compaorè oltrepassa i 17: 17,31 e gara mediocre (per gente assetata di emozioni). 

Nei lanci, i giganti dai piedi d'argilla americani, che avevano portato 4 atleti in finale a Daegu (ma tutti giù per terra... o meglio, tutti giù dal podio), si scoprono leoni solo nei meeting della DL: 22,09 per Reese Hoffa e 22,07 per Chris "lo smilzo" Cantwell. Naturalmente nelle giornate in cui non si è leoni... Nel giavellotto, il lanciatore dell'anno, Matthias De Zordo, l'unico italiano ad aver vinto un oro a Daegu (inizialmente Arese sembra l'avesse conteggiato), si impone e mette il sigillo alla stagione: 88,36, record personale e la Germania (e non l'Italia) ha trovato il piccolo erede di Uwe Hohn (l'unico essere vivente conosciuto ad aver scagliato un oggetto oltre i 100 metri). Nel frattempo la specialità sembra vivere una sorta di ricambio generazionale: Tero Pitkamaki non si è nemmeno qualificato per la finale di Daegu, mentre Andreas Thor-Thorkildsen, ha cominciato ad arrancare negli ultimi due mesi. 

Amantle Monthso vince i 400 orfani di praticamente il resto del mondo competitivo, tornando a macinare i suoi periodici tempi attorno ai 50": 50"16 in questa circostanza. Miglior tempo mondiale nei 1500 per l'americana (un'altra?) Morgan Uceny, caduta a Daegu in finale: 4'00"06. Quest'anno c'è da dire che questa specialità non ha trovato una vera e propria dominatrice. Nei 100hs succede l'imponderabile: probabilmente la stanchezza, la scarsa concentrazione, il globetrotteraggio per il mondo e Sally Pearson arpiona un ostacolo e fracassa al suolo sui 100hs. Così la vittoria sorride a Danielle Carrutthers: 12"65

Nei 3000 siepi vittoria della russa Zapirova: 9'15"43 e al 9° posto un'eccezionale Giulia Martinelli  9'39"21, record personale, record italiano promesse, quinto tempo italiano di sempre, e seconda performer dopo Elena Romagnolo. Ma quel che più conta: minimo A per Londra 2012, visto che il count-down per i minimi è già partito da aprile. E adesso se l'atletica del saio non si mette di traverso, che si programmi la sua strada verso le olimpiadi, visto che manca meno di un anno. 

Nell'alto Anna Chicherova siderale: 2,05 con successivi tentativi a 2,10. Out of range. Il resto del mondo, con le migliori (Vlasic, Antonietta Di Martino, Shkolina, Slesarenko) fuori tutte già a 1,93. Pedana sorda? Macchè. Sordi i piedi visto quello che ha combinato la russa, alla 22^ prestazione mondiale di sempre. 

Nel triplo della Saladuha (14,67), Simona La Mantia arriva ad un più confortante 14,27, che detto per inteso, le avrebbe consentito di fare la finale di Daegu. 

Blake, l'antibolt. 19"26

Mi domando cos'altro si potrebbe scrivere di una cosa mostruosa come un 19"26 sui 200? Forse, l'unico elemento di folklore popolare, potrebbe essere l'analisi di qualche tecnico italiano pantocratore dello sprint che ci spieghi con dovizia di particolari e con l'utilizzo di qualche modello da lui studiato, che correndo con passi di più lunghi e con una maggiore frequenza, Yohan Blake avrebbe infranto la barriera dei 19"00. Geniale. Mentre aspettiamo questo genere di illuminazioni (che arriveranno) rimaniamo estasiati dalla nascita dell'AntiBolt. Voglio dire: non meno di due anni fa eravamo qui a sostenere che un signore di quasi due metri d'altezza si era spinto una ventina di anni davanti alla normale ed incessante evoluzione darwiniana, portando un sottobosco di sprinters a ritenersi fisicamente impotenti e lasciando intendere che solo la progenie di quel signore avrebbe potuto correre tanto veloce. Quanti l'hanno pensato? E invece solo due anni dopo Berlino e quel 19"19 che sapeva di sovrumano, arriva sto ragazzo che dopo essersi addormentato sui blocchi (0"27), sciabola un 19"26 che di fatto è il 200 più veloce della storia, se lo mungiamo dai tempi di reazione. Un attimo, un attimo... facciamo un'altra considerazione: Bolt corse quel tempo dopo un'infornata di gare, tra batterie, quarti, semifinali e finali di 100 e 200. Chissà, magari quel Bolt a Bruxelles ieri sera avrebbe corso in 18"9 come nei giochini arcade per PC e saremmo qui solo a smacchiare i ghepardi. Ma come più volte detto, Sliding Doors è l'unico caso in cui qualcuno (Gwyneth Paltrow) è potuto tornare indietro e fare un'altra scelta. 

Ora è nato da una costola di Mills un altro fenomeno, che è vissuto fino ad un paio di settimane fa nel cono d'ombra di Usain, quasi timidamente. E su facebook è possibile notare il primo sfasamento mediatico di quello che è successo ieri: se avete come amico Usain Bolt, e la vostra comunità di amicizie è fatta di atleti, vi troverete la bacheca intasata di commenti e video su Yohan Blake che corre il secondo 200 più veloce della storia dell'essere umano, e ad un punto fa quasi tenerezza, notare un post solitario di chi gestisce il mondo virtuale di Bolt che dice più o meno "Bolt ha corso il 100 più veloce dell'anno... 9"76": una sorta di arginello allo tsunami mediatico raggiunto dal suo delfino (ma per quanto ancora?) che gli ha scippato con destrezza la ribalta. 

E allora... allora Bolt sapeva! A Daegu in quella memorabile falsa partenza (la più famosa della storia, ormai) sapeva di Blake che non era il delfino curioso della pubblicità della Big Fruit che si limita a sollevare la testa dall'acqua e ha sbattere le pinne come se applaudisse a comando. Questo è uno squalo. E allora tutte le stupidate che si sono lette (anche qui in Italia) si vanno a far benedire: altrochè auto-squalifica per incapacità di stabilire il nuovo record del mondo. Si chiama caghetta dalle mie parti. Vai sui blocchi sapendo che quello che sta al tuo fianco, a destra, quel mingherlino lì con la maglia gialla e i capelli rastati, con cui ti alleni, ti ha bastonato. Magari hai visto che il tuo coach gli si è avvicinato e ha fatto la stessa faccia che faceva quando anche tu facevi le sue stesse cose. E a quel punto non sai proprio come quella gara a sportellate andrà a finire. A te, Usain Bolt, l'incarnazione vivente degli Dei dell'atletica. E i tuoi sensi, a quel punto, anzichè catalizzarsi sull'udito e sulla prima contrazione che ti sparerà in avanti in una sinergia di eventi, si... dividono e la vista entrerà in gioco e andrà a cercare con la coda dell'occhio quello lì... che ad un tratto proprio quello si muove, e tu abbocchi. E parti. Finita. La paura. 

E ora, gli scenari che si aprono sono meravigliosi. Un consolato di atleti pazzeschi. Uno alter-ego dell'altro. Non ci sarà meeting in cui i due verranno divisi: si vedranno più 100 e 200 nella stessa riunione, perchè quando la materia incontra l'antimateria, può succedere l'armageddon: devastare equilibri personali, far crollare imperi economici, deflagrare contratti pubblicitari. E nel frattempo magari spunterà di nuovo Tyson Gay, che ha usato questa stagione per rigenerare il corpo e sistemare l'assetto della fusoliera prima dell'annata olimpica. E Asafa Powell? Magari da non-favorito non troverà quella pressione che l'ha fiaccato negli ultimi anni... e poi Walter il Mago Dix, che con il 19"53 è entrato nella storia come il più veloce perdente (come ci ha suggerito su facebook un amico) di sempre. Sesta prestazione di sempre: e davanti ha solo Usain, l'Antibolt e il soldatino di Dallas, MJ. 

Quando l'atletica è show-time... noi qui in Italia purtroppo ci dovremo accontentare di un surrogato di c.d.s. di Sulmona per vedere l'atletica di vertice. L'atletica del saio.

14/09/11

Palio della Quercia a Rovereto: quando gli starter entrano in pista

(foto da inTrentino.it) - Nonostante non sia ben vista la possibilità di esprimere i propri pensieri liberamente su un blog, vi racconto questa. Ha del clamoroso quello che è avvenuto ieri sera al meeting del Palio della Quercia, a Rovereto, dove sono giunte numerose lamentele sugli starter (o sullo starter) dovute a tempi d'attesa lunghissimi sulla posizione del "pronti", che di fatto hanno inficiato l'esito delle competizioni di sprint. Se i responsi dei sensori sugli stessi blocchi fossero giusti, sembra impossibile non pensare che sia successo qualche cosa. O gli atleti si sono fatti una camomilla con una goccia di valium prima della gara (diluita con un bicchiere di vin brulè) o qualche fattore esogeno ha condizionato la partenza. Opto per la seconda, proprio per le testimonianze dirette di chi vi ha partecipato. Il discorso di fondo è: con l'introduzione della regola Diackiana (il personaggio che veste come Mugabe e che guida l'atletica mondiale) dell'esclusione alla prima partenza falsa, sembrava essere intelligente, dovuto, razionale, dotato di buon senso, ridurre i tempi in cui lo starter teneva fermi gli atleti sulla posizione del "pronti". Del resto i giudici sono presenti alle gare per favorire le prestazioni, non per giocare a far fuori quelli che si muovono. Più infatti si tengono le persone in una posizione scomoda, più aumenta statisticamente ed esponenzialmente la possibilità che queste si muovano, quindi, nel nostro caso, che partano prima. Uno perde due o tre giorni per andare a far una gara... e poi capita di partire in falsa perchè un tizio vestito di bianco si è divertito ad un giochino perverso. Ricordiamolo ancora, perchè forse non tutti i GGG l'hanno capito. I giudici aiutano (dovrebbero) gli atleti, non sono i loro avversari. Devono far rispettare le regole, ma non devono intervenire nel modificarla o condizionarla in alcun modo. Tenere atleti sul pronti per 4"/5", invece, a mio parere, vuol dire invece, condizionare le gare. 

Così nei 100 metri si è assistito ad una serie, quella dove ha impressionato Jacques Riparelli, in cui il più lesto ad uscire dai blocchi è risultato essere Giovanni Galbieri con un reattivo 0"230, che, per chi mastica di reattività, è assimilabile alla reazione di un ottocentista. Ed è stato il più rapido, appunto. Riparelli invece, si è accontentato di uno 0"240, che stante il risultato finale (10"24) sembra essere un regalo alla propria carriera. Bastava infatti un normalissimo e banale 0"170 per correre in 10"17, che non sarebbe proprio tempo da buttare, visto che rappresenterebbe il minimo A per Londra (10"18) i cui termini per il conseguimento decorrevano dall'aprile di quest'anno. Ecco: avremmo avuto già il primo minimo per Londra nello sprint. Con un impegnato 0"145/0"150 invece avrebbe corso in 10"14/10"15 che invece lo avrebbe proiettato verso l'alto della classifiche quanto meno continentali. Nulla di tutto ciò. Emanuele Di Gregorio, partendo invece con la mostruosa reazione di 0"266 ha corso in 10"38 (un 10"28 normale, in pratica). Nella prima serie, vinta dal delfino di TyGay, Nick Ashmeade, in 10"11 (reazione evoluta in 0"135) un pelo prima di Michael Frater (stesso tempo). Se l'è dormita invece Fabio Cerutti, uno dei migliori reattori (o reazionari? O reattisti?) italiani, con 0"244, che "normalizzato" lo avrebbe portato dal 10"36 ottenuto in pista, ad un più a lui consono 10"27/10"28 (ovvero i tempi ottenuti non più di un paio di giorni fa a Rieti). Ma comunque: si ragiona sui desiderata, in piena libertà di idee. Purtroppo, parafrasando Vujadin Boskov:  rigore è quando arbitro fischia che qui diventa "partenza è quando starter spara". C'è poco da dire e c'è poco da fare, salvo convincerli (alla prova dei fatti) che il buon senso non cozza contro le regole. Nonostante questo nella NBA (non al Palio della Quercia, con tutto il rispetto per il Palio) gli arbitri, alcuni falletti li lasciano consapevolmente correre (come i passi impercettibili di Lebron o Wade). Se l'atleta non è perfettamente fermo sul pronti, come si dice da le mie parti "el se rangia". La gente si diverte, gli atleti crescono e si velocizzano anche nello star fermi sul pronti, e tutti sono più contenti. Ah, Michael Tumi dopo il 10"36 di Vicenza, retrocede a 10"47 ma con una reazione quasi normale (0"181).

Nei 100hs succede più o meno la stessa cosa per quanto riguarda le reazioni. Riportano un'affermazione post-gara di Marzia Caravelli, che avrebbe sostenuto che mentre era in sala d'attesa sul "pronti", di aspettarsi un tradizionale "al tempo". Mentre invece gli è stato servito lo sparo e la gara se l'è vista 0"226 dopo l'inizio della stessa. Risultato? 13"22, terza dopo l'americana Yvette Lewis (12"87 partendo a 0"230) e Nia Ali 12"95 (con la dormita trentina a 0"233). Veronica Borsi (0"213 di RT) chiude in un non disprezzabile 13"42 (stanti le premesse). 13"74 per Giulia Pennella dopo un super tempo di reazione di 0"282 (cioè, almeno 12 o 13 centesimi sulla bilancia del tempo finale). Comunque, per Pennella una stagione infinita: di lei mi ricordo avevo iniziato a scriverne addirittura a gennaio, dopo le prime uscite indoor. Un pò di stanchezza nervosa sarà rimasta.

Sui 200 metri aleggia un'affermazione che sembra essere uscita dalla Bocca di Di Mulo: Libania Grenot vale (varrebbe) il record italiano sul mezzo giro di pista. La solita atletica parlante del prof (al contrario di quella manichea di chi vuole vedere prima i risultati scritti e poi fare considerazioni) o l'occhio ferino del Mourinho di Scilla e Cariddi che ha avuto un altro dei suoi segni premonitori dall'oracolo di Delfi? Purtroppo la prima, cui ci siamo abituati. Un discreto 23"59 con reazione oltre gli 0"200 (ma lei era stata in grado di scendere già in passato sotto i 23") e la vittoria lontana dell'ucraina Marya Ryemyen (22"98). Se non altro il pregio di battere la campionessa italiana sulla distanza, Marzia Caravelli (23"68) e Martina Giovanetti, che ha terminato in un ottimo per lei 23"85 dopo il poderoso 11"54 di Modena dello scorso weekend.

Lungo femminile nelle mani (e nei piedi) della bielorussa Nastassia Mirinchyk: 6,75. Qui fortunatamente lo starter non ci ha messo la pistola e la gara è andata via liscia. Seconda la nostra pupilla, la ticinese Irene Pusterla (scarseggiando gli atleti italiani, per osmosi ci entusiasmiamo con quelli più vicini) che quest'anno ha avuto di fatto un solo neo: Daegu. 6,63 a Rovereto, che oggi come oggi è un signor salto a livello mondiale. Quarta arriva la futura italiana (almeno, questa è la speranza) Darya Derkach, con un risultato che la riporta in uno stato di forma molto vicino ai suoi massimi stagionali: 6,46 con 0,3 di vento e un'ottima serie nel suo carnet e a 9 centimetri dal personale stabilito a Nembro a luglio.

Gara dell'asta maschile che non decolla (5,66 per il tedesco Bjorn Otto) e il solito Gibilisco d'annata che non riesce più a girare gli alettoni e rimane inopinatamente inchiodato a terra con tre nulli. Sergio D'Orio e Marco Boni si fermano invece a 5,16. Nel martello donne, l'ubiqua campionessa mondiale (avrà fatto 8 meeting in 7 giorni) Tatyana Lysenko fa il proprio compitino a 74,13, in una gara in cui le atlete sembrava tirassero gli attrezzi con i biglietti per le vacanze. Nel disco Hannes Kirchler sfiora la soglia d'eccellenza internazionale (i 60 metri) per pochi centimetri (59,87) battendo il cubano Martinez di un metro scarso e la torma di lanciatori nazionali, guidati da Eduardo Albertazzi. 57,21 per lui e 56,85 per Giovanni Faloci, in leggero regresso. Naturalmente riflettori anche per Antonietta Di Martino assoluta dominatrice dell'alto: 1,95.

Sugli 800 si rivede Marta Milani, che sempre più sembra essere una capatina per quello che potrebbe essere il suo futuro sportivo. Bè, basta fare due conti. Purtroppo con 51"8 sui 400 ci si arena in semifinale in una grande competizione. Con le vecchie regole, sarebbero stati i quarti. Meglio gli 800, dove probabilmente fatti due calcoli, arrivando a lambire i 2' si arriva ad una finale, e poi... la variabilità dei finali potrebbe fare il resto. Per ora, a Rovereto, torna a scendere sotto i 2'02": 2'01"75, sesta. Elisabetta Artuso 2'07"50. Al maschile Giordano Benedetti per la seconda volta in pochi giorni scende sotto gli 1'48": 1'47"91, che è ancora distante anni luce dal resto del mondo che conta nel mezzofondo veloce, ma insomma, una iniezione di fiducia in un periodo generale di vacche stitiche. Di sicuro al momento il miglior 800ista in circolazione sul territorio nazionale. Daniele Meucci, che invece non solo è il miglior fondista italiano con una dimensione internazionale, ma anche l'unico, dimostra di avere un buono stato di forma: terzo con 13'27"14.

Il remake del film dei 110hs visto a Rieti stavolta inverte gli addendi: mentre nel meeting laziale Emanuele Abate vinse a sorpresa in 13"54, in Trentino il ligure si piazza quinto con 13"67 nell'ennesima prova di efficienza data nel 2011 (ma ormai non penso gliele chiedano più dalla Fidal per quest'anno). Vince Jeff Porter in 13"48. Stefano Tedesco invece continua i suoi 13"9 periodici (13"94 a Rovereto) in attesa di tempi migliori. Stare sotto i 14" è comunque professione di spessore tecnico.

12/09/11

Masters Games a Lignano: organizzazione senza precedenti. Peccato per la partecipazione

Sono già un paio di giorni che sono iniziati gli European Masters Games a Lignano Sabbiadoro, e dopo una personalissima breve esperienza internazionale tra i master (iniziata da "giovanissimo" nel 2007 con i mondiali di Riccione) posso già fare alcune valutazioni e comparazioni. Ebbene, davvero peccato che siano solo "Masters Games", perchè l'organizzazione è davvero la migliore mai vista, in ogni senso, ad un campionato di atletica over-35. Nonostante i 4000 atleti di tutte le discipline, l'aver scaglionato il programma in una decina di giorni ha di fatto tolta molta confusione cui si era abituati nei grandi appuntamenti master. 

La prima idea vincente che non riesce a far breccia nella WMA e nella EVAA (la federazione mondiale di atletica master e quella europea master) è che le grandi manifestazione master hanno successo quando sono collocate in zone di villeggiatura con ampie possibilità logistiche, accessibili a tutte le tasche e che collegano l'agonismo al divertimento. Questo determinò il successo (di partecipazione) fuori da ogni logica di Riccione (cui gli organizzatori fecero fronte non senza molta fatica) mentre decretò il fallimento di appuntamenti come quello di Lahti (c'è chi, come il sottoscritto, fu costretto per assenza di posti-letto e per non non prenotare un bangalow in riva ad un laghetto finlandese a 100 km da Lahti, impestato da zanzare grosse come Boeing 747, a prendere tutti i giorni il treno da Helsinki, a circa 70 km di distanza). Non so come sia andata a Sacramento, ma è chiaro che se si individuano siti dove è anche possibile il turismo, ci guadagnano tutti. Si pensi a Nyiregyahaza, l'anno passato. Un paesino ungherese verso l'ucraina dove hanno organizzato gli Europei outdoor. Per carità, carino... ma diciamo che chi viene a Lignano trova qualche cosa di più dal punto di vista recettivo, oltre che non doversi sorbire un viaggio lunghissimo da Budapest.  

Dal punto di vista strettamente organizzativo, i Masters Games hanno umiliato tutto le altre grandi manifestazioni master di WMA e EVAA. Tra i testimonial anche Asafa Powell, pensate un pò. Peccato che sia a Riccione che ad Ancona, non si sia mai utilizzato lo stesso metodo: questione di budget? Nel beach volley c'è una coppia formata da due leggende della pallavolo mondiale come Bertoli e Cantagalli. Ma è presente anche la medaglia d'oro olimpica Maddaloni nel judo. In Italia, nelle due manifestazioni atletiche internazionali master degli ultimi anni (Riccione '07 e Ancona '09) nessuno ha mai provato a riportare un grande dell'atletica nazionale in pista (come seppero fare i francesi a Clermont '08 con Plaziat e Cheval) o l'Ungheria l'anno scorso agli Europei con atleti di cui francamente non ricordo i nomi. Eppure è provato l'effetto volano di queste iniziative su tutto il movimento. Magari non interessava, a partire da una Fidal Area Master ormai completamente succube dei giochetti della Fidal dell'Abbone Arese (dopo la tonsura successiva a Daegu, cui si è sottoposto), e di fatto incastonata nei misteri da Nome della Rosa del Convento Fidasics. Scava che ti scava, magari si scopre che il monaco che si mangia le pagine zeppe di veleno, artefice di tutto il trambusto che ha portato all'incendio del convento, sia tale Don Abbondio Petrucci

Torniamo in Friuli: aggiungiamo un ritorno mediatico senza precedenti: nemmeno Riccione si è avvicinato così tanto ai livelli di Lignano. La Gazzetta dello Sport ha dedicato alcuni servizi, mentre ogni sera dalle 23:45 sintesi della giornata su Raisport1 e un'ora dopo su Raisport2. Incredibile. E non dimentichiamo la diretta streaming sul sito. Si era mai visto? 

Si parte con il Games Center, ovvero non il solito stand cui si è abituati che diventa una sorta di melting pot confusionario. A Lignano una miriade di postazioni computerizzate in cui molti addetti si danno da fare per accreditare gli atleti. Impossibile fare code. Poi si viene indirizzati allo stand del proprio sport e quindi ti regalano uno zainetto con dentro le solite notizie turistiche. 

Bene, accreditati? Ok, andiamo al TIC, presso lo stadio, e qui ci spuntiamo per le rispettive gare con le alchimie del Sistema Interstellare Sigma. Qui probabilmente con molti atleti in più si sarebbe un pò intasato, ma è anche vero che molte strutture dedicate ad altri sport, nell'ipotesi di un campionato internazionale solo master, sarebbero state riconvertite alla bisogna.

Lo Stadio... è proprio uno stadio. Ma diciamo che poi gli atleti guardano alle zone di riscaldamento. In Ungheria l'anno scorso c'era un pistino a 500 metri molto caratteristico, con annessa pista indoor. Bellissimo, indubbiamente. A Lignano ci sono tre campi da calcio in erba sintetica, uno pure da 11, che sono un vero e proprio toccasana per i tendini dei diversi master. 

Unico neo: la partecipazione. Purtroppo (o per fortuna, ditelo voi) i Masters Games sono un doppione delle manifestazioni internazionali master. Non si sa ancora a cosa si possano paragonare, visto che sono una sorta di Olimpiade... ma a livello Europeo... open. Da Malmoe 2008 naturalmente i partecipanti sono (presumo) quintuplicati. Ma dovrebbero ancora raddoppiare per avere una manifestazione con gli stessi standard e la qualità di quelle ufficiali WMA e EVAA. Strano che gli organismi master non si sincronizzino: nel 2013, ad esempio, ci saranno in contemporanea mondiali master in Brasile e Olimpiadi Master a Torino.  Dove si va? Di sicuro è chiara una cosa: i master vogliono gareggiare, e sentono la necessità di avere sempre più gare dedicate. C'è una domanda crescente di attività del mondo "maturo", che si accompagna naturalmente ad un'esplosione dei tesserati alle categorie over-35, per motivi di carattere sociale che non sto qui a spiegare. 

Vabbè, domani tornano le gare. 

11/09/11

Rieti: non solo Rudisha - Abate 13"54 sui 110hs - Merritt 20"13 sui 200

Non c'è sito o giornale che apra partendo dal mancato record di David Lekuta Rudisha. Ok, snoccioliamo qualche dato, che è l'aspetto più significativo delle gare del keniano, visto che avversari in questo momento che lo mettano in difficoltà, è difficile reperirli sul globo delle terre emerse sul doppio giro di pista. 1'41"33, ovvero il 5° tempo mondiale di sempre: i due mondiali di Rudisha (1'41"01 e 1'41"09), i due di Wilson Kipketer (1'41"11 e 1'41"24) e appunto, il tempo di ieri pomeriggio nella assolata giornata reatina. Sono a questo punto 10 i tempi corsi sotto gli 1'41" nella storia dell'uomo: 4 dello stesso Rudisha, 4 di Kipketer, 1 a testa per il leggendario Seb Coe e una per il brasiliano Joaquin Cruz. Altra chicca: dei primi 11 tempi mondiali sugli 800 di sempre, 4 sono stati ottenuti proprio a Rieti, che sancisce ormai il matrimonio tra gli 800 e la cittadina laziale. Mentre tutti si stavano guardando Rudisha, non ci si è accorti che dietro il polacco Adam Kszczot (5 consonanti dure prima della prima vocale!), dopo essersi vinto i campionati europei promesse a Ostrava un mesetto fa, essere giunto 6° ai mondiali di Daegu due settimane fa, piazzava il suo sensazionale 1'43"30, naturalmente primato personale e 137° crono della storia. A 21 anni già un bel pedigree, quindi, se aggiungiamo il bronzo a Barcellona dell'anno scorso. Altro predestinato. Finalmente Giordano Benedetti, nella seconda serie, riesce ad ottenere un tempo discreto: 1'47"36. Non ancora l'eccellenza mondiale, ma un tempino discreto.

I 100 metri non hanno visto il sub-10" che tutti si aspettano ormai maniacalmente. Ormai se in un meeting internazionale non si vede il 9" davanti al decimo, sembra che manchi qualche cosa. Walter il Mago Dix dopo il 10"04 in batteria, sciabola un 10"02 non memorabile nell'empireo dello sprintismo attuale, figlio di una partenza sofferta e della solita distensione. Accanto a lui in finale, impressiona forse di più Fabio Cerutti che se lo tiene a fianco fin quasi a metà gara. Ecco, poi la differenza la fanno altre doti di potenza e forza resistente, e il piemontese arriva sul traguardo in 10"26 dopo il 10"27 in batteria. Era davvero uno dei più in forma degli italiani a Daegu. Dopo il Mago, si piazza il Jamaicano tascabile, versione da viaggio, Lerone Clarke, con 10"06, mentre Justin Gatlin si ferma a 10"08. Al Gatlin The Cat manca ancora qualche cosa per essere quello del pre-ban... evidentemente, verrebbe da dire. Anzi, togliamo "evidentemente", visto che gli avverbi sono prerogativa unica di Attilio Monetti, che non inizia mai una frase nelle sue incursioni microfonesche con un "evidentemente, certamente, sicuramente...". Simone Collio, dopo il piccolo infortunio della sera prima al Letzigrund che lo aveva tolto dalla staffetta azzurra, riesce a chiudere in 10"32 dopo un 10"39 in batteria. 10"44 per Jacques Riparelli e 10"61 per Gianni Tomasicchio

Meraviglioso Emanuele Abate: qualcuno ha tenuto il conteggio di quante gare si è sparato negli ultimi due mesi? O dall'inizio dell'anno? Dopo la folle rincorsa al minimo per Daegu, dove gareggiava un giorno sì e l'altro pure, la trasferta in Cina a Shenzen per le Universiadi, poi il volo a Daegu per i mondiali (13"63 e fuori al primo turno: se avessero utilizzato le stesse cervellotiche batterie della velocità avrebbe corso almeno un paio di volte). Ed eccolo a Rieti che vince pure il meeting internazionale in 13"54 addirittura con vento un pelo contrario. Certo mancavano i big internazionali, ma il meeting di Rieti passa sempre per essere tra i primi 20 del mondo (attualmente la graduatoria lo pone al 16° rango). E così Abate migliora cronometricamente il suo 6° posto all-time italiano, avvicinando il 13"48 di Mauro Rossi. 13"92 per Stefano Tedesco

Sui 200 passa sotto silenzio televisivo l'incredibile 20"13 di LeShawn Merritt, che ha un personale di 19"98 (mica male per un 400ista, no?), che lo pone all'ottavo posto mondiale dell'anno. Bravo Matteo Galvan: un 20"80 significativo (anche e soprattutto in prospettiva) per il campione italiano dei 100 metri (lui ha un 20"62 di personale).

Asbel Kiprop sigla il miglior tempo mondiale dell'anno con 3'30"46, in una gara da assolo, mentre nei 3000 l'eterno Bernard Lagat si cimenta nel suo solito allungo finale che gli ha regalato due medaglie a Daegu: 7'32"13. Nell'asta continua il fenomenale momento di forma il cubano Lazaro Borges (5,81), mentre continua il proprio periodo-(anno)-no Giuseppe Gibilisco: 5,51. Krisztian Pars intasca il martello con 78,77 con Nicola Vizzoni terzo con 77,19

Tra le donne... nei 100 vince una nuova jamaicana, Schillonie Calvert: 11"09, davanti alla superostacolista australiana Sally Pearson (11"24) e alla bulgara Ivet Lalova (11"26). Ma attenzione per noi catalizzata dai 400. Ok, scontata la vittoria di Shericka Williams (50"81), poi le atlete bene o male reduci da Daegu, quindi Libania Grenot e Maria Enrica Spacca. Libania (finalmente l'abbiamo vista sorridere in tv: davvero un'altra impressione!) non è ancora la Libania degli ultimi anni, ma è solo una questione transitoria: 52"17. Sorprendente invece la Spacca che con 52"61 è arrivata al personale. Nei 400hs Kaliese Spencer si "limita" ad un gran 53"60, lasciando le praterie tra sè e il resto delle avversarie. Seconda la Antyukh (55"05), mentre Manuela Gentili chiude con 56"51. Antonietta Di Martino finisce a 1,96, ancora molto reattiva, mentre nel lungo gran balzo (con i tempi che corrono) per la russa Olga Zaytseva: 6,84

10/09/11

Risultati dai Meeting: Tumi 10"36, Giovanetti 11"54

(di Sasuke) Seconda tornata di risultati dai vari meeting che occupano la prima parte di Settembre. A Vicenza, nel corso della seconda giornata dei campionati regionali assoluti, 10"36 di Michael Tumi (+0.2) iscritto come fuori gara. Interessanti comunque anche i risultati della finale regolare vinta dalla promessa, maglia azzurra agli europei under23, Alex Da Canal (10"77) davanti a Diego Marani (10"86, ma è atleta da 10"49, corso ormai già due anni fa), ad un Giovanni Galbieri non in grande spolvero (10"88), ad un Alessandro Pino in buon recupero (10"99) e al quattrocentista Jacopo Marin (11"03 ma 10"94 in batteria). 400 maschili con un solo risultato da segnalare, 48"50 di Domenico Fontana in prima serie. Altro atleta che dopo i fuochi d'artificio iniziali (personale a Maggio sulla distanza) è andato via via spegnendosi: speriamo di trovarlo recuperato l'anno prossimo.  Nella seconda serie buon 50"36 di Andrea Longo, regolato solo da uno Jacopo Lahbi in crescita (50"34). Infine, 56"19 di Aida Valente nei 400 femminili.

Qualche risultato di interesse anche dal V Memorial Giorgio Guarnelli ad Ostia Lido di Roma, manifestazione interamente dedicata ai lanci. Nel peso maschile Daniele Secci centra il personale all'aperto (per un centimetro) arrivando a 18.28, va comunque detto che l'hanno scorso giunse fino a 18"38 durante la stagione all'aperto. Un insolita giornata, quella di Daniele, che si cimenta poi anche nel disco giungendo terzo con un più che discreto 48.80; la gara viene poi vinta dalla promessa Eduardo Albertazzi (57.56 e PB) capace di regolare Giovanni Faloci (57.15). Modesto 69.52 di Marco Lingua nel martello (probabilmente un po' affaticato dalla gara del giorno prima), e discreto 52.92 di Valentina Aniballi nel disco. Infine, 61.95 di Laura Gibilisco nel martello.

A Modena, al Trofeo Scianti, il risultato più interessante è senza dubbio l' 11"54 di Martina Giovanetti nei 100 metri, di gran lunga miglior prestazione italiana stagionale; dietro di lei delude Judy Ekeh, solo 12"09. Non granchè neanche il ritorno alle gare per Benedetta Ceccarelli (59"42 nella prima serie dei 400hs). Dall'alto maschile, 2.16 di Nicola Ciotti e 2.07 di Giulio, a parimerito con il sanmarinese Eugenio Rossi e con la promessa Ferrante Grasselli. Infine, insolito 6.11 nel salto in lungo di... Nicola Ciotti.

09/09/11

Zurigo: il film preferito da Asafa è... Sliding doors

...ovvero quello che sarebbe potuto essere, e non è stato. A dire il vero, nel film, una eterea e spettacolare Gwyneth Paltrow riesce a prendere quel maledetto metrò prima che la porta chiude, dando il là ad una cascata di eventi inizialmente devastanti, ma poi... Asafa invece continua a rimanere come un baccalà a specchiarsi nei finestrini (sporchi) delle porte mobili che inesorabilmente si chiudono, mentre il treno mestamente se ne va. Quanti jolly si è giocato Asafa nel frattempo? Troppi, ma noi gli vogliamo bene proprio per questa immagine del perdente per forza, che perde occasioni a grappoli nonostante sia l'uomo che più di ogni altro è sceso sotto i 10" netti. Secondo all-athletics siamo ad 81 volte sotto la prima barriera significativa delle possibilità dell'uomo. 81 sulle 530 volte totali in cui un essere umano ha abbattuto quella barriera, ovvero il 15% del totale. Mostruoso. L'81 volta (ma come al solito ritengo che qualche risultato venga tolto o aggiunto) è coincisa con il meeting di Zurigo, il Weltklasse. 

Sui blocchi si ripresenta dopo le vicissitudini di un infortunio evitabile, coinciso con il meeting di Budapest e dal quale non si è più ripreso appieno, perdendo in 40 giorni le scorte di fosfocreatina necessarie per concludere la sua 81^ sonata decentemente. Sarebbero potute essere 83 o 84.... Ma Asafa rimane Asafa, e non0stante gli infortuni, il drive rimane quello più impressionante della storia. Scomodiamo come impatto sul branco imperante degli sprinter dei 100 metri, quello che rappresentava Mo Greene in illo tempore. Stavolta the challenge, in assenza dell'uomo più veloce dello starter di Daegu, è con il il figlioccio dello stesso Bolt, Yohan Blake. Chissà chi ha posto il veto della vicinanza tra le corsie (perchè, credete ancora che nella Diamond League le corsie vengano sorteggiate?) tra Asafa e Yohan... dubbio che rimarrà custodito nelle segrete del Letzigrund. Nella salva di missili terra-terra, ti ritrovo anche il mio "amico" Walter il Mago Dix (che vi dicevo prima di Daegu?), secondo periodico a Daegu. Ma anche Kim Collins, il bronzo coreano, che laggiù nel sud est asiatico sembrava partire come il Dio Mercurio in persona. 

Bang e Asafa, per tutti gli Dei di Olimpia, parte lasciando sui blocchi Kim Collins (messo alla sua desta) che a Daegu sembrava avere scoperto la pietra filosofale della partenza. Jet lag? Non importa. La macchina-Asafa macina un drive cadenzando gli appoggi con la robotica azione sincrona della braccia, e lo sguardo ancora basso. La fusoliera rimane bassa quanto basta per permettere ai pistoni di scardinare la pista e nel momento topico in cui stacca i flaps al termine della fase di decollo, ha quasi un metro sul campione del mondo Yohan Blake, che sembra aver subito un annichilimento da una sorta di Asacop, metà uomo e metà macchina infernale. Purtroppo a metà run, termina il lavoro della macchina ed inizia quello dell'uomo, e a quel punto il Campione del Mondo, Blake, si ricorda di quella cosuccia che aveva combinato non più di qualche giorno fa davanti al consesso globale, e allora eccolo che ritorna sotto, anche se ancora in maniera un pizzico acerba. 

Asafa nella conferenza stampa successiva ai fatti, dichiarerà che aveva paura di infortunarsi nuovamente, cosa che l'avrebbe fatto desistere dal tenere la macchina ad alti giri del motore. Durante queste riflessioni, Blake si invola sul traguardo e annota sul proprio telaio il nuovo PB: 9"82, che nella foga del momento Attilio Monetti su Raisport etichetta come il 7° tempo di sempre davanti a Maurice Greene. Blasfemia! Chi ha un paletto di frassino o una pallottola d''argento? In realtà Blake, molto meno prosaicamente, è diventato il uomo di sempre, con il 27^ tempo di sempre. Mo Greene, invece, è ancorato al suo 9"79 di Atene nel 1999, l'unico tempo sotto i 9"80 (su 23 prestazioni) ottenuto prima dell'inizio del XXI secolo. Secondo, in visibile "stacco", Asafa con 9"95 (per l'81^) mentre Terzo Walter il Mago Dix, con 10"04.

Nel frattempo nei 400 Kirani James ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, perchè ha vinto i mondiali. Semplicemente perchè è attualmente il più forte: a 19 anni Campione del Mondo e una strada da predestinato davanti, un pò come quella di Steven Lewis, campione olimpico a Seul con 43"87 alla stessa età e argento a Barcellona 4 anni dopo. Una carriera poi terminata molto repentinamente con infortuni e una strana malattia virale. Kirani arriva al personale di 44"36, secondo tempo dell'anno dopo l'incomprensibile e misterioso 44"35 di LeShawn Merritt in batteria a Daegu. E dire che fino alla comparsa di Merritt a luglio, dopo il peregrinare tra i gironi dei dannati, i 400 mondiali erano stati un vero e proprio mortorio, con atleti che facevano fatica di scendere sotto i 45". Si sono persi 6/7 decimi e nessuno sa dove siano finiti. Merritt, nel frattempo corre in 44"67, e dimostra quanto meno di essere costante sotto i 45". L'unico.

Dayron Robles, orfano del suo fratello siamese Liu Xiang (uniti per le braccia alla nascita), modella armonicamente i 10 ostacoli e quasi con disinvoltura finisce in 13"01, suo miglior tempo dell'anno. Primo, davanti al nuovo campione del mondo (a sorpresa) Jason Richardson: 13"10 che comunque dà l'impressione di essere davvero il futuro della specialità, il quarto incomodo, che di fronte al bivio forza/agilità, ha scelto quest'ultima. Davvero bello vederlo impegnato sugli ostacoli. Inspiegabile il crollo stagionale di David Il Brutale Oliver, fisico da wrestler e un crollo prestativo inspiegabile. A Daegu addirittura quarto, uccellato dal britannico Turner. A Zurigo, se ne intuiscono tutte le pecche: partenza incredibilmente macchinosa, e attacco del primo ostacolo con un metro buono di ritardo. Gara finita. 13"26 finale che per lui (ma come diavolo ha poi fatto a correre in 12"94 a Eugene a giugno?). 

Tra 1500 e 3000 siepi inutile nemmeno dirlo: dominio keniano: le siepi vinte da Ezekiel Kemboi con 8'07"72 davanti al connazionale Paul Koech (8'07"89). Nei 1500 vittoria al giovanissimo Chepseba: 3'32"74.  

L'alto vede la vittoria a sorpresa del greco Choundrokoukis con il suo nuovo personale di 2,32, più alto di tutti i protagonisti di Daegu, con il campione mondiale Jesse Williams arenatosi a 2,28. Makusha, di cui rivendico l'ìmprimatur avendone parlato già a marzo, si aggiudica il lungo con un modesto 8,00, ma diciamo che vale più per quelli che ha battuto, a partire del quadricampione mondiale Dwight Phillips, ritornato alle misure di inizio anno dopo l'exploit di Daegu: 7,87 e quarto posto. 

Il canadese Dylan Armstrong, dopo l'argento mondiale, si intasca il Weltklasse nel peso con 21,63, con il sorprendente giovane tedesco campione del mondo Storl, quarto con 21,23. Robert Harting gira un'altra puntata del Serial Area 51, dove i suoi dischi volanti rappresentano continuamente oggetti misteriosi per i suoi avversari. 67,02 il disco che si è spinto più lontano. 

Donne - nei 200 manca solo VCB, poi il piatto serve una gran gara. Stavolta il cavallo di Cermelita Jet-Jeter non si imbizzarrisce inspiegabilmente come le successe a Daegu ai 150, e arriva in fondo in 22"27 (suo secondo tempo dell'anno) con Allyson Felix ancora battuta (22"40) e leggermente inferiore ai suoi standard. Che il tentativo dell'accoppiata mondiale 200-400 l'abbia rallentata troppo in questa stagione, sacrificando quel quid di velocità necessario a rimanere la numero uno globale?

Gli 800 si di nuovo della russa Mariya Savinova, che consolida il suo regno. Gara quasi simile a quella di Daegu, quando un terzetto di atlete se ne andò cercando di creare il gap. Allora ci penso Caster Semenya a riportare sotto la russa, che spiccò il volo per l'iride. Stavolta Caster, che molte voci suggeriscono aver perso volontariamente il mondiale per poter vivere serenamente l'anno pre olimpico senza continui controlli, polemiche e trikke trakke, naufraga serenamente nella pancia del gruppo. Tempo della Savinova: 1'58"27

L'incredibile Sally Peaerson tira un'altra mazzulata al mondo delle ostacoliste, dopo aver messo in mostra qualche cosa di inimmaginabile a Daegu. Probabilmente la donna più veloce di sempre sugli ostacoli alti... ho detto "Donna": a Yordanka Donkova, Ginka Zagorcheva e Ludmilla Enquist va un pò stretto questo appellativo. 12"52 normale per l'australiana, che ha una velocità incredibile già dal primo appoggio a terra. L'attacco al primo ostacolo la vede sempre invariabilmente già in testa. Superiore. Dietro di lei l'americana Dawn Harper, terza in Corea, che arriva a 3 metri dalla cangurina: 12"81.

Anche i 400hs sono una sorta di remake della finale mondiale, ma in cui gli addendi si invertono. Lashinda Demus, dopo aver sfiorato il mondiale, si prende una giornata di risposo godendosi il Letzigrund, e lasciando che le jamaicane Kaliese Spencer e Melanie Walker si scannino per il vile denaro della DL. La Spencer, dalla quale ci si aspettava qualche cosa di più in Corea, si porta a casa il lingottino con 53"36, precedendo la connazionale di poco: 53"42. 54"04 rilassante per Lashinda. 

Asta all'americana Jennifer Suhr con 4,72, la grande delusione di Daegu. Terza la campionessa mondiale, la brasiliana Murer, a parimerito con la ex extraterrestre Isinbayeva (4,62). Lungo a Brittney Reese, che doppia il mondiale (6,72) dove Irene Pusterla riesce a ritornare sui suoi livelli: 6,60 e quarto posto. Comunque: lungo mondiale in grande sofferenza ed involuzione. La Obergfoll ritrova la spalla che aveva dimenticato nel viaggio verso la Corea un paio di settimane fa (69,57), e infilza Abakumova, Spotakova che invece le spalle se le sono dimenticate nel sud est asiatico. Peso alla favorita Adams con 20,51

E gli italiani? Una staffettina abbozzata e falcidiata dagli infortuni e... null'altro sul palcoscenico mondiale (da citare comunque il 50"52 di Bencosme de Leon nella serie under-23). Ma per Arese e soprattutto per il presidente del CONI, Petrucci, la colpa e la confusione la fanno solo quelli che criticano questo stato di cose. Bisognerebbe iniziare a farlo anche col suo CONI.