31/08/11

Daegu '11: riflessioni di metà mondiale: è ora di sperare nelle medaglie

So di per certo che qualcuno gode nel vedere l'Italia affondare. Da una parte è anche comprensibile, anche se non condivisibile, no? Questa cricca Fidal degli ultimi anni ci ha portato ad un tale livello di indignazione e malumore, che si pensa sempre che alla successiva figuraccia mondiale, finalmente si possa vedere crollare l'attuale gerontocrazia dirigenziale. Nulla di tutto questo. In realtà le figuracce si continuano a sommare semestre dopo semestre e il Rais e i suoi satrapi son sempre lì: inamovibili, granitici, fissi, statuari, come del resto è tradizione radicatissima in Italia. Un tempo di fronte ai disastri sportivi il CONI decapitava le federazioni (lo ha appena fatto con la Federsci, che vince pure le medaglie che contano) e metteva un bello & paffuto Commissario che traghettava l'organizzazione ad un nuovo assetto più vincente, o quanto meno più conveniente. Ora il CONI ha un pò le mani legate con l'atletica... e come non potrebbe? Pensate solo a quante federazioni sportive (atletica esclusa) sono sponsorizzate Asics. Solo così vi farete l'idea precisa perchè il CONI (chiaramente il rapporto è tacito, non ci sono minacce da parte di nessuno, ma molte riflessioni) probabilmente non muova in dito ieratico e accusatore contro la Fidal nonostante la caduta libera degli ultimi anni. E ripeto: sarà mai questo il motivo filosofico per il quale si cerca di arginare chi potrebbe avere interessi privati nella cosa pubblica? 

Se ci sarà pure il terzo mandato, potremo davvero assimilare il pontificato di Arese a quello ventennale di Paolo Galgani, presidente della Federtennis, che riuscì negli anni '90 ad azzerare il tennis nostrano ad un livello così imo che gli effetti nefasti se ne percepiscono a tutt'oggi, a oltre 15 anni di distanza. Anche allora lo sdegno fu pressochè totale: tutti incazzati neri, fino a Rino Tommasi, il Bragagna ante-litteram... tranne coloro che alla fine avevano diritto di censo, naturalmente, cioè quei pochi che potevano votare, esattamente come accade oggi nell'atletica. 170.000 tesserati ma di fatto una 20ina di persone che  concentrano con le loro società tutto il peso elettorale su... Arese. Ora, qualcuno di questa Fidal fa pure carriera internazionale, e questo è davvero incredibile. Siamo di fronte ad un gruppo di persone (onesto, rispettabile, genuino) ma che purtroppo non è stato in grado di dare il meglio di sè... ma nemmeno il medio... e nemmeno il minimo indispensabile. Disastrosi. 

Per poter tifare a cuore libero per i nostri colori, dobbiamo così avere però un quadro di lettura diverso: penso che anche se tutti gli italiani ancora presenti a Daegu vincessero una medaglia, nulla cambierebbe sul fallimento storico di Arese e sulle responsabilità di tutti quelli che non hanno avuto il coraggio di alzare un dito, pur avendone l'opportunità e la facoltà. Se ne facciano una ragione. Guardate dov'è riuscito a portare molti appassionati... a far odiare a tal punto il "sistema", da fargli sperare che non si vincano medaglie e così poterli finalmente vedere andar via con tutte le macerie lasciate sulla piazza. E' come sperare nel default economico del Sistema Italia, nella speranza annessa che il premier se ne vada. Un labirinto.

Vedete, questo è il peccato peggiore di Arese: l'odio verso questa atletica che ha instillato in moltissimi  appassionati. Basterebbe che comunicasse che alla fine del mondiale non ci sarà più un Arese III e saremmo tutti più sollevati dandoci la possibilità di tifare col cuore leggero i nostri atleti azzurri: al momento, non nascondiamocelo, ogni medaglia che dovesse arrivare dalla Corea avrebbe purtroppo un retrogusto aresifero, perchè volenti o nolenti, lo utilizzerebbe pro domo sua. E' anche naturale. Non ce la farà proprio godere del tutto. Non posso fare a meno di pensare infatti che se vincessero una medaglia Antonietta Di Martino o Fabrizio Donato, avrebbe il coraggio di sostenere che il movimento atletico italiano è in qualche modo sano e in crescita. O che abbiamo fatto magari bella figura rispetto al mondiale di Berlino. Certo, a Berlino abbiamo toccato il fondo, e meglio di Berlino è impossibile fare. In realtà la squadra di Daegu poteva benissimo essere quella di Helsinki 2005 o addirittura quella di Parigi 2003. Atleti ultratrentenni che poco hanno a che fare con il proselitismo di Arese. 

Quindi io Mi invito a pensare ad Arese come un fallimento comunque vada (l'ha dimostrato costantemente da quando si è insidiato) per avere la possibilità di godermi gli atleti azzurri che mancano ancora all'appello senza dover pensare che da qualche parte ci sarà un tizio che si intrometterà nel mio eventuale momento di goduria, per riflettersene un pò addosso. Questo, mi dispiace, non me lo porta più via. 

30/08/11

Daegu '11: Kirani cancella il cattivo Leshawn dai 400

C'è un fantasma che si aggira per lo stadio di Daegu. Ha il volto di LeShawn Merritt, che un paio di anni fa fu beccato coi pantaloni abbassati e uno steroide anabolizzante nel sangue. Squalificato due anni e riammesso giusto il tempo di corrersi questo mondiale. Se il cristiano perdono è ammesso, vien da chiedersi quanto quell'uso di quella sostanza abbia modificato il telaio di Merritt e lo favorisca ancora. Non lo sapremo mai. Ma il mondo sembra schierarsi compatto dalla parte di Kirani James, la risposta umana alle costellazioni steroidee che imperversano nello spazio atletico mondiale. Ricordate incontri ravvicinati del terzo tipo? Scende la navicella dalla cintura di steroidi situata tra Marte e Giove, si apre il portellone e scende Merritt: e noi chi gli mandiamo come rappresentate della genia umana? Kirani James, un ragazzone di 18 anni di un'isoletta caraibica chiamata Grenada, non distante da Trinidad &Tobago e St. Kitts & Nevis e che fa più o meno centomila abitanti, cioè esattamente come la città di Piacenza. A proposito: nella finale dei 400 due granadini sono finiti in finale, c'era anche Rondell Barthlomew: trovatemi adesso due piacentini che vadano in finale ad un mondiale (ma a dire il vero possiamo estendere la cosa a tutta Italia)! 
Merritt ha fatto un pò lo sborone nei turni preliminari. Quasi che i due anni di ban gli avessero deteriorato le capacità di discernimento. Spara un 44"35 e dichiara a Eurosport all'amico Mo Greene: "è stato un buon allenamento". Un buon allenamento? 44"35? Dopo due anni di stop? Largamente il miglior tempo mondiale dell'anno? Sarà. 
Fatto sta che poi scende in pista per le semifinali e piazza il 44"76 che dichiara essere "molto facile". Quest'anno nessun atleta era riuscito a correre due volte consecutive sotto i 45". In finale come non faceva ad essere il favorito? Chi, osservando quanto accaduto in pista non si è chiesto se fosse possibile rivedere un sub 44" dopo il 2 settembre del 2008, allorquando ancora Merritt corse in 43"98 al meeting di Losanna. Dopo di allora, 3 anni in cui il quattrocentismo mondiale è inopinatamente involuto, portando all'opinabilità assoluta dei risultati. Mettete insieme la stagione più negativa della carriera di Jeremy Wariner, l'assenza di un campione che abbia colmato i vuoti pneumatici lasciati dal duo Merritt-Wariner, l'annualità preolimpica, e siamo qui a poter puntare su chiunque per una medaglia. 

Se in Italia si facessero scelte logiche e non guidate da filosofie ormai defunte (anche se i rispettivi profeti continuano a pontificare dai giornali) penso che avremmo potuto vedere Howe in quella finale dei 400: si entrava con un abbordabile 45"41, non si logorava i tendini e poteva pure puntare ad una medaglia. Checchè se ne dica è inutile e illogico puntare allo sprint, accompagnarsi a personaggi che non hanno tra le loro doti la capacità di ascoltare se lo sprint è questo: magari pensare ai 200? 
Ma torniamo a Daegu e alla nostra finale. Kirani James, col senno di poi, si dimostra una spanna più intelligente di LeShawn: i primi due turni li corre passeggiando dall'alto dei suoi trampoli. 45"20 e 45"12, ovvero 1"21 più lento di Merritt nelle due prove. Quante risorse energetiche sprecate ci sono in quel secondo-e-due che poi urleranno vendetta negli ultimi 5" di una finale mondiale di un 400?

Sparo. LeShawn lascia sui blocchi una reazione da Bradipo Tridattilo che non riesce ad abbandonare il proprio albero preferito di Cecropia: 0"263 il tempo di reazione, contro l'incredibile reazione di 0"137 di Kirani James, the Predicted, cioè una reazione da finale olimpica dei 100 metri. Praticamente 13 centesimi già regalati da Merritt a James. Ma l'americano è interno al granadino (4^ e 5^) e gioca al gatto e al topo. Lo tiene a bagnomaria, a qualche metro, pronto a stoccargli la stilettata ferale quando e come avrebbe voluto. Entrano sul primo rettilineo e frontalmente si vede quanto Kirani James, nonostante il fenomeno giovanile globalmente riconosciuto, sia in realtà molto acerbo. I piedi volano letteralmente ovunque, probabilmente disperdendo gocce di talento nell'umidità coreana. Merritt lo va a prendere, vuole sfidarlo sul secondo decalage, stroncarlo nel testa a testa della curva, portarlo al default fisico prima che inizi il rettilineo finale. E Kirani ci sta, se la vuole giocare. Si affiancano, si sfidano, ma Merritt entra dalla porta principale sul palcoscenico del mondo e corre memore di quando era il migliore del Mondo, prima che si scoprisse la grande truffa asteroidea. Kirani è solo a mezzo metro, ma le sue leve sono più leggere. Si lancia alla rincorsa quasi fosse un Ent, uno dei tanti alberi fuoriusciti dalla Foresta di Fangorn, nella Terra di Mezzo, e con passi infiniti si getta all'inseguimento di Merritt. E gli Ent la sanno lunga... lo bracca, lo affianca. Nella fissità della maschera teatrale greca (tragica nella sua smorfia triste) che è diventato il volto di Merritt degli ultimi metri, ad un certo punto si muovere solo gli occhi, sopra la bocca deformata, e si girano lentamente alla propria destra a cercare la sagoma dell'Ent che inesorabile passa, passa, passa... e trionfa. 44"60 a 44"63.
E' finita, Kirani, ecco il nuovo campione del mondo. Merritt secondo, e il resto del mondo si ritrova in Kevin Borlee (e non Borlì come dicono su Eurosport... è belga, non inglese) che finisce al bronzo con 44"90. E... Grazie Kirani. 

Daegu '11: le finali della III giornata - la Monthso annichilisce la Felix - nel martello Murofushi dieci anni dopo

Nei 400 femminili, come avevo teorizzato ieri, Amantle Monthso vince non solo perchè riesce finalmente ad abbassare i suoi tempi periodici ancorati ai 50", ma semplicemente perchè nel 2011 è stata la più forte. Punto a capo. All'atto finale Allyson Felix ha fatto in modo di rendere il pronostico incerto fino all'ultimo centimetro, migliorando anche il proprio personale di un decimo abbondante. Strano pensare che l'americana prima di Daegu avesse "solo" un 49"70. Ero straconvinto che avesse corso sotto i 49". La Monthso si è dimostrata compatta, solida in ogni parte della gara, pure quando alla sfida da saloon dell'ultimo rettilineo si sono presentate solo loro due. 49"56 a 49"59 e titolo che vola in Botswana per la prima volta della storia. Amantle fu ottava sia a Pechino che a Berlino. Pensare che ha avuto un tempo di reazione bradipeggiante di 0"327, contro lo 0"163 della Felix. In pratica 16 centesimi regalati all'americana ancora prima di mettere giù il primo appoggio della gara. Gara ad handicap insomma. Il tempo della Monthso è il 14° più veloce ottenuto in un mondiale sui 400 femminili. Il terzo posto l'ha vinto la russa di turno, Anastasyia Kapachinskaya, con 50"24, alla prima medaglia internazionale dopo i piazzamenti di Pechino (5^ con 50"03) e il 7° di Berlino (50"53). Quarta la nuova americana di stagione, Francena McCorory, dalle gambe possenti e dall'incedere sgraziato ma efficace: 50"45 al primo appuntamento internazionale. Antonina Krivoshapka quinta (50"66) dopo i bronzi di Berlino e Barcellona (l'anno scorso). Male la giamaicana Shericka Williams, con l'argento mondiale e olimpico in pectore, finita sesta in 50"79, e malino Sanya Richard Ross, che dopo una lunghissima rincorsa successiva all'infortunio dell'anno scorso (e successiva a sua volta al titolo iridato di Berlino '09 e al bronzo di Pechino) giunge settima con 51"32.

Il lancio del martello al maschile porta al bis mondiale uno dei migliori lanciatori di sempre, il giapponese Koji Murofushi, che all'età di 37 anni si riporta sul tetto del mondo dopo averlo sfiorato nel lontano 2001, ad Edmonton, dove giunse secondo con 82,92. E soprattutto dopo il titolo olimpico del 2004 ad Atene, lui che partecipò addirittura al mondiale di Goteborg 1995, cioè ben 16 anni fa. Un atleta super, anche dal fisico proporzionato nonostante la mole possente. 81,24 per il medaglione d'oro, cioè la 19^ prestazione mai ottenuta ad un mondiale. Terza medaglia ad un mondiale per il giapponese (dopo l'argento di Edmonton e il bronzo di Parigi '03). Murofushi ha vinto anche sfatando un piccolo tabù: è stato infatti l'unico tra i 13 vincitori del mondiale nel martello che abbia ottenuto la misura dell'oro alla terza prova delle sei. La specialità mai come quest'anno aveva sofferto la mancanza di un primus inter pares, un dominatore. Anzi, i migliori, di volta in volta, sono spariti e qualcuno non si è nemmeno presentato in pedana. E' il caso del russo Aleksey Zagorniy, che prima di Daegu deteneva le prime 4 prestazioni mondiali dell'anno. Poi è successo qualche cosa, dalla Coppa Europa di Stoccolma in poi, e Zagorniy si è ritrovato a lanciare 73 metri. L'ungherese Krisztian Pars sembrava a quel punto favorito, stanti le tre prove sopra gli 80 metri in gara, ma non aveva fatto evidentemente i conti col giapponese, che quest'anno vantava "solo" un 78,56. Il suo ultimo lancio lambisce l'oro mondiale, ma non basta: 6 centimetri in meno: 81,24 a 81,18. I 4 centimetri tra i due sono il più piccolo scarto tra vincitore e secondo nella storia dei mondiali nel martello maschile. Argento per Primoz Kozmus, con 79,39. Ottavo al mondo, con 77,04 si piazza Nicola Vizzoni. Dopo il promettente lancio a 77,04 una assestamento tra i 76 e 77. 12° caps ad un mondiale per lui, fatto di otto partecipazioni e 4 finali. Secondo italiano di sempre quanto a caps, dietro a Fabrizio Mori che ne ha ben 15. Edmonton rimane la sua migliore edizione, con quel quarto posto raggiunto con 80,13, ovvero una misura che 9 volte su 10, dalla caduta del muro chimico, avrebbe portato alla medaglia. 

Daegu '11: nei 100 Carmelita Jet-Jeter su VCB

La finale dei 100 femminili mette di fronte il meglio dello sprint del 2011: addirittura le prime 7 delle classifiche mondiali più la nigeriana Blessing Okagbare, che toglie il posto, paradossalmente, ad un'altra nigeriana, la Osayomi. Meglio di così, no? Riparata quindi la pestilenza dei 100 maschili, dove il volo verso il basso è avvenuto senza rete e pure dal terzo piano. A proposito: nel frattempo, come ho avuto modo di scrivere su facebook, la macchina del fango su Bolt si olia di un parere che chissà per quale astruso motivo viene raccolto da un quotidiano nazionale. Carlo Vittori infatti sostiene la tesi complottistica:  Bolt sarebbe stato così pirla da essersi tolto dalla gara da solo per avere... più visibilità. Incedibile. Follia pura: la vera domanda è come sia possibile che vengano raccolte simili castronerie da quotidiani nazionali? Sono boutade (sempre esistite) che vengono raccontate al bar, tra amici, con la speranza che gli amici non le vadano a raccontarle in giro. Ma come? Il Vittori che conta i millimetri dei passi (che ci crediate o meno ne ha avute pure per Bolt...) non ha visto la mossa di Blake al fianco di Bolt che ha innestato la miccia neuronale di Usain? 

Vabbè, lasciamo perdere. Torniamo alla finale dei 100. Cammmmela Jet-Jeter era la donna da battere, indubbiamente. Unica sconfitta patita in un anno di gare, quella di maggio al meeting di Shangai, indovinate da parte di chi? Da VCB, Veronica Campbell Brown: 10"92 a 10"95. Poi un totale di 13 vittorie e quel secondo posto. 8 volte sotto gli 11", con il 10"70 di Eugene a svettare nella stagione (con 2,0 di vento). L'avversaria di Jet-Jeter non poteva che essere quindi VCB, per la vittoria diretta, anche se dopo due mesi fenomenali (maggio e giugno) a luglio ha cominciato a battere un pò in testa: a Parigi è arrivata la prima sconfitta da parte della trinidegna Kelly Ann Baptiste (proprio lei!) e poi dalla pallottola Shelly Ann Fraser in semifinale: 11"03 a 11"06. Questa sconfitta sarà quella che le porterà più svantaggi, relegandola all'ottava corsia in finale, per l'insensatezza delle tre semifinali. 

Proprio la Fraser, campionessa mondiale e olimpica uscente, praticamente era rimasta assente per tutta la stagione lasciando intendere un suo disimpegno pre-olimpico. Dopo le legnate prese a Eugene, all'esordio (10"95 con 2,0 ma quarta), si è ripresentata in pista solo a Lignano Sabbiadoro, che non è propriamente lo Stadio Saint Denis: 11"11. Quindi il meeting del Crystal Palace a Londra, con un 11"10 (in condizioni non certo ideali) che di fatto non le attribuivano nè la pole position, nè la prima fila ai mondiali. Da non dimenticare Kerron Stewart (seconda sia a Berlino che a Pechino), ma che quest'anno non aveva mai impressionato. Non era la sua stagione. E... la già citata Kelly Ann Baptiste, che senza godere dei pronostici aveva già messo dietro quanto meno VCB. 

Carrellata sulle partenti, e Shelly Ann Fraser mostra il suo smagliante sorriso (un inno alla gioia). VCB viene emarginata in ottava corsia, mentre Cammmela Jet sembra molto sicura di sè. Sparo. Shelly Ann dal basso delle sue leve, si produce in un tripudio di appoggi radissimi e scatta in testa, dopo che lo starter, memore dell'Armageddon suscitato con l'esclusione di Bolt, non aspetta nemmeno che le sprinter si portino sul pronti. Shelly non produce però la stessa accelerazione vista a Pechino o a Berlino, e la Jet l'ha a portata di braccio. Senza dover fare come Robles, Carmelita la supera in tromba quando l'inopinato overstriding della jamaicana sopraggiunge inesorabile ai 60. A quel punto sembra quasi che la Fraser si butti sul traguardo a 40 metri dalla fine, con tutto il male che può succedere concludendo così. E così si assiste ad una caduta verticale della velocità. La Jeter (pronunciata Giter) ormai è oltre a tutto, campionessa mondiale per distacco. Dall'ottava rinviene però come un missile la Campbell-Brown, che ha doti più marcate di resistenza alla velocità, e si intromette nella foto di fine anno delle liceali, proprio davanti alle altre: seconda in 10"97. Ennesima medaglia in un campionato internazionale, sulla scia di Merlene Ottey (che però titolo olimpici o mondiali individuali non ne ha mai vinti). Terza? Kelly-Ann Baptiste! Fulminata di un solo centesimo la Fraser: 10"98 a 10"99! Non pervenuta Kerron Stewart e rialzatasi Mershevet Myers, mesta ultima. Così bel settimo posto per Ivet Lalova

29/08/11

Daegu '11: 110hs thrilling, Robles squalificato, Liu schiaffeggiato, Oliver involuto e... gode Richardson

La gara di giornata che verrà ricordata sarà senza ombra di dubbio la finale dei 110hs maschili. Forse quella che presentava il più zeppo parterre de roi degli ultimi anni. Fallita la parata nei 100 (di fatto mancavano praticamente tutti i migliori... tranne Blake), probabilmente negli ostacoli alti al maschile hanno preso parte all'atto finale il non plus ultra dell'ostacolismo mondiale degli ultimi anni. L'atletica a Daegu è stranamente retrocessa quanto a risultati, e francamente non so di cosa sia colpa: l'umidità all'85%? Il vento costantemente contro? La pista non così veloce? I controlli a tappeto sul sangue nel pre-mondiale? Non lo sapremo mai: fatto sta che i tempi sono lontanissimi da considerazioni diacroniche sul peso delle prestazioni dei singoli atleti. Rimane quello che è il senso dell'atletica: uomo contro uomo, donna contro donna, che è poi la cosa più importante, quella che Diack che ci vuole togliere nel nome del business.

Nei 110hs si presentano quindi dopo una lunga stagione di preparazione i migliori al mondo almeno degli ultimi due anni, fatta eccezione del bahamense Leon Bratwhaite, che per dirla tutta, è stata una meteora di una serata di mezza estate a Berlino. Romantico per lui, ma la luna di miele è finita molto in fretta. Quindi il rinato Liu Xiang, reduce da una rottura al tendine di Achille e che quest'anno ha deciso nella sua seconda vita sportiva  di preparare il mondiale lontano dai riflettori della Diamond League. Il cubano Dayron Robles che ha sempre dimostrato di avere una solidità micidiale nei momenti importanti. Poi l'enorme David Oliver, che invece nel corso della stagione si è andato vieppiù spegnendosi, ma che almeno ad inizio anno era un Caterpillar capace di frantumare gli ostacoli e tutto ciò che gli capitava a tiro. E poi... bè poi c'è il nuovo Jason Richardson, che invece ha avuto la parabola contraria a quella di David Oliver, raggiungendo il top della forma al momento clou della stagione. 

Le semifinali ci dicono proprio questo: Oliver ha un grosso problema in partenza. Si becca invariabilmente un metro dagli altri top hurdlers e incoccia quasi sempre il primo ostacolo. Avviene anche in semifinale mentre Jason Richardson... impressiona. 13"16 con -1,6 di vento e Oliver, inserito nella batteria con lui, di fatto non entra mai in gara (13"40). La smorfia del Manga di Denver (solo nei cartoons si vedono fisici del genere!) è uno specchio sulla sua anima: no way!. Richardson invece mostra un'incredibile armonia nel passaggio degli ostacoli, che è spesso sinonimo di velocità in un contesto in cui conta più di tutto il giusto equilibrio tra il gesto tecnico e la corsa fra gli ostacoli. Involuto Oliver?

Nell'altra semifinale (le due semifinali, comunque le si voglia vedere sono più appassionanti: meno carneadi e più campioni) Dayron Robles sfida Xiang Liu e Aries Merritt, un altro di quegli atleti indiziati di poter far strillare il metaldector di ritorno da Daegu. Robles parte come una jena, e davvero sul primo ostacolo è il migliore. Liu è alla sua sinistra (vedremo come cambiando gli addendi il risultato sarà nefasto per entrambi) e dopo aver subito la partenza del cubano, rimonta decimetro dopo decimetro fino a tagliare il traguardo davanti: 13"31. Sembra quasi che Robles abbia "mollato" dopo l'ottavo. Ma personalmente non ho avuto questa informazioni da parte di Robles, quindi la prendo come impressione. Aries Merritt arriva con l'allegra compagnia e con gli stessi tempi dei due convenuti (13"32).

Arriva la finale dei 110hs, uno dei momenti più importanti dei mondiali in Corea. Stavolta Liu è a destra di Robles. Oliver a sinistra: come era scritto sulle sacre scritture del Libro dell'Atletica. Accanto a Oliver, Jason Richardson, con capelli lunghi e calzettoni lunghi neri. Atipico. Pronti. Sparo e Robles esce come un dannato e attacca davanti il primo. Oliver rimane sui primi appoggi, come se avesse perso l'effetto-tigre dell'anno di grazia-2010 (campione del mondo indoor): è impacciato, inguardabile e stante la partenza a velocità curvatura di Richardson alla sua sinistra, si apre una voragine in mezzo alla pista. Robles incede, e si rivede in fotocopia la semifinale. Robles prende mezzo metro e Liu apre la caccia dal 4° ostacolo. Rimonta, rimonta, rimonta e tra l'ottavo e il nono succede il fattaccio. Robles impatta, si scoordina quel tanto da sbilanciarlo verso destre e avviene il primo urto tra le mani dei due e prima avvisaglia di quello che sarebbe potuto succedere e che... puntualmente succede. All'ostacolo successivo i due impattano violentemente: il braccio destro di Robles nell'azione di richiamo, colpisce il braccio sinistro di Liu che invece stava avanzando facendogli perdere l'equilibrio. Liu perde l'appoggio, si affossa, si torce e la rimonta finisce qui. Game, set, match. Robles taglia il traguardo e piange, esulta. Non so se abbia avuto un vantaggio o uno svantaggio da questo fatto e non conosco nemmeno il regolamento: fatto sta che lui va avanti e Liu si ferma. Robles vince e Liu perde.

Mentre l'occhio di bue punta i due e il mondo si alza in piedi per vedere l'impatto delle due stelle pulsar, fuori dagli sguardi arriva come un missile Jason Richardson che piomba sul traguardo appaiato a Robles ma... dietro. Argento? Macchè. Robles viene poi squalificato per quel contatto disastroso cui ha ricorso la federazione cinese (non certo Liu, si apprenderà dopo, che non aveva minimamente protestato al termine della gara...) e l'americano si gusta la sua prima medaglia d'oro internazionale che dà seguito a quella di Allen Johnson a Parigi 2003. Comunque sia andata, un'ingiustizia consumata a danno di Liu, che da oggi ufficialmente diventa uno dei miei atleti preferiti: un argento non potrà mai consolare quella che sarebbe stata una medaglia d'oro. 

Per finire, medaglia di bronzo al britannico Andrew Turner che tira l'ultimo schiaffone a David Oliver: 13"44 per entrambi, ma Turner sul podio e Oliver quarto. Su twitter però posso confermare quanto David sia sportivo: ha dato del matto a chi sosteneva che Robles avesse fatto apposto ad uncinare Liu. Ed è quasi commovente Oliver che nel momento più brutto cita la frase che gli ha rivolto Liu alla fine della gara: "It's only a game"... è solo un gioco. Grande Oliver, grandissimo Liu, grandino Robles (che ha colpito l'ottavo e si è sbilanciato verso Liu) e immenso, naturalmente, Richardson.

Daegu '11: terza giornata, la mattina - la Gentili non entra in semifinale

La mattinata

Naturalmente nei lanci le qualificazioni dicono davvero poco. Gli unici spunti di cronaca sono quelli dovuti ai pezzi da 90 che non passano il turno. Ed infatti è roboante l'esclusione dalla finale del lancio del disco dell'ungherese Zoltan Kovago, capolista mondiale con 69,59 ed incapace all'atto pratico di raggiungere i 62,38 necessari per l'accesso anche dalla porta di servizio. Probabilmente i 62 li fa quando si riscalda, ma questo è lo sport. Altra esclusione eccellente quella dell'americano Jarred Rome, terzo al mondo nel 2011 con 68,76 ed invece fermatosi anche lui a 62,22, a soli 16 centimetri dalla qualificazione. Ci saranno invece il possente Robert Harting, il polacco Piotr Malachowski, lo spagnolo Mario Pestano, l'eterno Virgiljius Alekna.

Nei 3000 siepi turno di semifinale diretta che dà l'accesso a 15 atleti per la finalissima. E nella seconda si vede probabilmente il record del mondo per una batteria: 8'10"93 di Ezekiel Kemboi, il campione del mondo di Berlino. Il suo tempo porta al primato nazionale il sudafricano Ruben Ramolefi (8'11"50). Si passava in finale con 8'23"88 e sarà probabilmente un altro affare africano, e il Kenya deve vendicare lo smacco sui 10000 maschili. Ci sarà infatti anche il campione olimpico di Pechino e mondiale di Osaka Kipruto Kiprop, che quest'anno ha sfiorato il mondiali di un nulla.

400hs maschili al primo turno. La prima serie conquista in toto l'accesso in semifinale. Del resto ne passavano 24 su 34 a queste semifinali onnicomprensive. Interesse per vedere se il dominatore della prima parte della stagione, L.J. Van Zyl, sarà in grado di ritornare a correre stabilmente sotto i 48". Curiosità di vedere anche le condizioni di Bershawn Jackson, campione di ogni cosa, che nell'ultima stagione ha avuto dei picchi negativi non a suo livello. Addirittura qualificati per la semifinale con 50"39: fortuna toccata in sorte all'inglese Jack Green.

400hs femminili: naturalmente come sopra, le batterie di questi mondiali non mostrano molto per quanto riguarda gli atleti top, che possono davvero passeggiare e guardarsi lo stadio di Daegu dall'interno. Così riflettori e riflessioni su chi non si qualifica. Purtroppo fa le spese di una condizione forse migliore del ritenuto Manuela Gentili, impegnata nella 5^ batteria. Come da lei dichiarato, a causa o della pista molto esplosiva o della sua stessa ottima condizione, si è trovata troppo sotto al primo ostacolo, frenando di fatto la velocità di crociera raggiunta, per improvvisare un gesto più carpiato e quindi costringendola ad un black out di velocità fatale. Peccato: fosse accaduto più avanti, l'errore aveva margini di risoluzione maggiori, ma in quella fase... così conclude in 56"71 e per passare in semifinale serviva un 56"66 altamente ed ampiamente alla sua portata in questo 2011. 11^ presenza di un'italiana nella specialità, guidata con tre partecipazioni e 7 caps per Monika Niederstatter cha ha anche raggiunto 3 semifinali. Purtroppo nessuna italiana ha raggiunto la finale. 16 le gare italiane nella specialità (tra batterie e semifinali) con il miglior tempo di Monika Niederstatter nelle batterie di Siviglia del '99 (55"10).

eptathlon: sindrome Eaton per Jessica Ennis? La Ennis infatti viene battuta sui 100hs dall'americana Hyleas Fountain: 12"93 a 12"94 (vale a dire tempi sotto l'attuale record italiano assoluto della specialità, ma la Ennis non più di 15 giorni fa aveva corso un sensazionale 13"79). Molto brava Francesca Doveri con 13"44, al personale stagionale. Nell'alto la Fountain strabilia ancora: 1,89 contro l'1,86 della Ennis. 

Daegu '11: Eaton abdica - l'Etiopia stronca Moh Farah - salto in "corto" al femminile - la cinese Li nel disco

  • semifinali 800 metri: la formula dissennata delle tre semifinali, materializza la propria stupidità nella prima serie. Il primo effetto è che mette pressione ai migliori atleti, che con 24 partenti vedono le possibilità di accesso alla finale sensibilmente ridotte e più suscettibili di "problemi" dovute a variabili indipendenti. Il primo a farne le spese è il secondo 800ista del mondo, stando ai numeri: Abubaker Kaki. Una sorta di suicidio in diretta. Partenza folle, con passaggio in 50"19 e il gruppo staccato a fare la propria gara. Poi inesorabile il recupero e il volatone finale che relega Kaki al terzo posto: di fatto fuori, se non ci fosse il ripescaggio di due tempi. Fortuna che il suo 1'44"62 sia tempo sufficiente per accedere alla finale, altrimenti Rudisha avrebbe davvero passeggiato. Viene ripescato anche il keniano Alfred Yego: 1'44"82. La seconda semifinale presente un campo di partenti nettamente inferiore, e il russo Borzakovski e l'americano Symmonds hanno facile ragione del compagni di avventura. Stessa sorte per Rudisha, che predica nel deserto e finisce in 1'44"20 trascinandosi in finale il secondo polacco, Adam Kszscot. Tempo per l'accesso in finale, 1'44"82
  • Lungo femminile: la finale di questa specialità è francamente il punto più basso della storia della specialità. Chiaramente tutto va contestualizzato: se nei 100 vanno un paio di decimi più lenti di quello che ci si sarebbe aspettati, perchè nel lungo non dovrebbero saltare una ventina di centimetri in meno? Fatto sta che si arriva sul podio con 6,76, ma soprattutto si vince la medaglia d'oro con 6,82! Del resto lo sto dicendo ormai da un anno: il salto in lungo mondiale è in grande recessione, e non si capisce se la discriminante è l'anno preolimpico. Le statistiche dicono che quello della neo campionessa mondiale Brittney Reese, sia stato il peggiore di sempre utile a vincere un titolo mondiale. Il precedente era il 6,89 di Tianna Madison ai mondiali di Helsinki 2005. Solo nel 2003 la terza saltò peggio di Ineta Radevica (6,76): fu un 6,70. L'americana Brittney Reese diventa la quarta atleta ad aver fatto la doppietta di ori, dopo la nostra Fiona May, Jacky Joyner Kersee e Heike Drechsler (che si è trovata però a gareggiare quando i mondiali erano ogni 4 anni). Per lei anche una bella tripletta di "mondiali", visto che nel 2010 vinse a Doha quello al coperto. Il secondo posto, non ancora citato, è invece andato alla russa Olga Kucherenko con 6,77
  • semifinali 400 femminili: si scoprono le carte, anche perchè la formula-Diack ti obbligava a farlo. Due sole qualificate e se capitava la serie con 3 atlete forti, erano legnate. E' proprio quello che è successo nella seconda semifinale, dove la sorte (aiutata dal regolamento) ha messo insieme le due americane Francena McCorory e Sanya Richards (campionessa uscente), la giamaicana Shericka Williams e l'ucraina Antonina Yefremova. La McCorory che in batteria era sembrata un fake, nonchè una sgraziata quartermiler, mostra doti di resistenza lattacida inusitate e vince con 50"24. Seconda la Williams con 50"46 e solo terza la Richard con 50"66 che verrà ripescata solo con l'ultimo tempo utile per la finale, quindi quasi sicura di correre nelle corsie pestilenziali. Proprio in questa batteria Marta Milani ottiene il suo nuovo PB: 51"86 e miglioramento di un centesimino. Sesta italiana impegnata nei 400 ad un mondiale, e sesta che corre due turni. Nessuna di esse ha mai corso due mondiali. Quindi equilibrio generalizzato. Terza semifinale di un'italiana dopo quelle della Reina e della Grenot. Tornando a Daegu: Allyson Felix si aggiudica la prima serie in 50"36, mentre nell'ultima serie si vede quello che è il vero spauracchio di questi mondiali: Amantle Montsho. 50"14. Miglior tempo per la Botswanese (chi mi dice come si chiamano gli abitanti del Botswana?) che però ha solo un piccolo difetto: ha un range di risultati molto ristretto, benchè sempre molto elevato. Corre sempre tra i 49"8 e i 50"2 con precisione quasi chirurgica. Servirà in finale per portarsi a casa il piatto? A proposito, curiosità: a Tokyo '91 Marie Jose Perec passò ai 200 in 22"82, ovvero un tempo che le consentirebbe di andare in finale nella gara singola.
  • disco femminile - purtroppo schiacciato dall'evento clou del mondiale, la gara di disco viene un pò tralasciata dalle emozioni. L'oro va alla migliore dell'anno, la cinese Yanfeng Li, che a giugno aveva lanciato in Germania 67,98. A Daegu si limita ad un grande 66,52, quarta prestazione mondiale dell'anno, e solo 30° prestazione tra tutte quelle che si sono avute in tutte le edizioni dei mondiali, anche se la misura è perfettamente in linea con quelle ottenute per vincere le ultime 5 edizioni di campionati. Al suo attivo vantava solo un campionato asiatico nel 2010, e ora aggiunge questo oro mondiale. Al secondo posto si piazza la tedesca Nadine Muller, con 65,97, anche lei al primo alloro internazionale dopo un bronzo ad un mondiale junior. Terza è invece la cubana Yarelys Barrios, alla terza medaglia consecutiva ad un mondiale (un argento e due bronzi), aggiunta all'argento olimpico di Pechino. Manca solo il massimo alloro alla sua carriera. 
  • 10000 maschili: nella gara più lunga del programma su pista si assiste all'ormai consolidato canovaccio che va in scena ormai da un paio di decadi, cui nessuno ha ancora saputo dare una svolta: un nugolo di atleti del Corno d'Africa (compreso l'inglese di origine somala Moh Farah) che vanno in fuga e il resto del mondo che sta a guardare. Anche se proprio a dirla tutta, gli USA stanno cercando in qualche modo di colmare il gap, con un piccolo manipolo di atleti spalmato su tutte le specialità del mezzofondo (Symmonds, Galen Rupp e Lagat, per cominciare) che non arriva poi molto lontano dai vertici mondiali. Sui 10000 solita battaglia tra Keniani, Etiopi ed Eritrei e... Moh Farah. Stranamente keniani che non riescono a trovare la risposta agli etiopi, rimanendo attaccati alla gara fino a due giri dalla fine, e lasciando poi il palcoscenico agli avversari di sempre. A 500 metri dalla fine Moh Farah, il vero spauracchio degli africani parte, come gli è solito fare. Specialista delle volate lunghissime. Tanto che nessuno riesce a seguire la sua impressionante accelerazione. Col senno di poi: troppo lunga. Così inizialmente sembra che gli etiopi Ibrahim Jeilan e Imane Merga seguano solo per portarsi a casa le medaglie meno pregiate. Ma no... non è così. Jeilan, un ventunenne che sembra avere 35 anni, ci crede. Guadagna centimetro su centimetro (della ventina che aveva ai 300) e a metà del rettilineo finale ha quasi completato l'aggancio. Farah reagisce, tiene ancora qualche metro, poi inesorabile l'etiope lo passa e si laurea campione del mondo. Tempo: 27'13"81. 27'14"07 per Farah e 27'19"14 per Merga. 7°, dopo gli africani, Galen Rupp con 27'26"84 e 12° Daniele Meucci che purtroppo non poteva obiettivamente avere un ruolo di primo piano in questo contesto, anche nell'ipotesi di una gara tattica. Davvero fenomenali gli africani anche nello scenario "lento". Terzo comunque degli europei (dopo Farah), con 28'50"28 anche se gli europei erano solo tre. Decimo italiano nella storia dei mondiali a partecipare ad un 10000, laddove gli azzurri vantano il leggendario oro di Alberto Cova nel 1983 (unico non-africano ad aver vinto i 10000 ai mondiali) e l'argento di Francesco Panetta nel 1987. 5^ posizione (il 12°) di sempre per Meucci tra gli italiani, dopo le due medaglie, il 6° ancora di Panetta a Stoccarda '93 e il 9° di Stefano Baldini ad Atene '97. Tornando a Daegu: era presente anche Keninisa Bekele... purtroppo Atletica è una Dea che ti riempe di soddisfazioni ma cui devi continuamente fare offerte se non vuoi che ti dimentichi. Così la lontananza dalle gare per oltre un anno, l'ha dovuto portare all'abbandono.
  • decathlon maschile: lo abbiamo seguito sin dalla prima giornata. Il grande sconfitto è sicuramente Ashton Eaton, reo di aver fatto una stagione indoor incredibile (con annesso record del mondo nelle prove multiple), e di aver piazzato nel corso della stagione all'aperto prestazioni che lasciavano pensare addirittura che si sarebbe potuto vedere il secondo uomo della storia ad oltrepassare i 9000 punti dopo Roman Sebrle. Macchè: Eaton ha probabilmente sbagliato il taper ai mondiali, cimentandosi in alcune prove del decathlon a due settimane dall'appuntamento iridato a Chula Vista: il 10"26 (personale) sui 100 lì ottenuto doveva essere un campanello d'allarme: la forma era arrivata troppo presto. Ma anche il 2,10 nell'alto (personale) e i 47,36 nel disco (altro personale). Così per Eaton prestazioni molto al di sotto il suo potenziale, e il gap che doveva essere creato dopo le 6 prove, di fatto non si era creato, a tutto vantaggio del campione mondiale uscente, il connazionale Trey Hardee. A Daegu la forza di Eaton si è paradossalmente vista solo nell'ultima prova, i 1500, dove rischiando addirittura di perdere il posto d'onore a favore del cubano Leonel Suarez, ha tirato fuori gli attributi e chiuso in 4'18"94, ovvero 819 punti, che gli ha permesso di superare di soli 4 punti nel compound il cubano. Trey Hardee si intasca il mondiale con 8607 punti, e fa così doppietta di titoli iridati. Non finì la gara alle olimpiadi di Pechino. Decathlon vinto soprattutto con il lanci, ma comunque una tenuta su tutte le prove decisamente di alto livello... e non poteva essere diversamente.

28/08/11

Daegu '11: Bolt fatto fuori dalle regole di Diack - il migliore è Yohan Blake

Tutto si ferma per qualche attimo. Silenzio generale... tutti a sfogliare e risfogliare il copione, ma quella parte dell'atto finale proprio non appare in nessuna pagina. Il protagonista che esce di scena sul più bello, lasciando tutti attoniti a cercare di capire cosa stia succedendo. Questo sì che è un colpo di scena! Nulla, una semplice, piccola stupida regola. Eppure nel copione ci doveva pur essere scritta da qualche parte che sarebbe potuta pur finire così... quella piccola scenetta, l'ha scritta di proprio pugno il Presidente rieletto della IAAF Lamine Diack, come offerta al Dio Mammona. IAAF che sembra funzionare ormai come la Fidal quanto a ricambio di dirigenti e loro credibilità. Ma gli Dei sono imprevedibili, così come le cose umane, e così quella stessa regola introdotta da qualche anno, di fatto affossa la gara e il personaggio più atteso di questi mondiali. 

Ma doveva succedere prima o poi, no? In precedenza era successo a personaggi sì importanti, ma non così importanti. Frase estirpata dal vocabolario di Bragagna, la cui mancanza è ormai asfissiante. Ma pensate se tutto questo fosse successo alle Olimpiadi di Londra. Per fortuna è successo ai Mondiali di Daegu, che hanno un peso "storico" decisamente inferiore (basti pensare all'impegno biennale) dove vengono ammessi tutti, dai figliuol prodighi beccati coi sorci in bocca, a personaggi che, insomma, sono un pò naif e poco c'entrano con l'atletica. Alcuni un affronto a chi corre in 10"2 e deve allenarsi e fare sacrifici per 365 giorni all'anno e poi costretto a vedersi i mondiali dal divano. Il tutto sempre e naturalmente come offerta al Dio Mammona. 

Oggi possiamo dire che quelle offerte sacrificali si sono ritorte contro lo stesso Diack, che si è ritrovato con la gara più importante dell'anno, i 100 metri maschili dei mondiali, con una voragine in mezzo alla pista, causata dalla squalifica di Bolt. E adesso ci posso scommettere qualche cosa che la regola verrà rivista: il Dio Mammona chiederà durante le preghiere serali di Diack come mai così tante persone se ne sono andate dai televisori dopo la squalifica di Bolt. 

In una gara che aveva perso per diversi motivi Tyson Gay, Asafa Powell, Steve Mullings, Michael Rodgers è venuto meno anche il più forte. 5 tra possibili finalisti o medagliabili assenti. Per fortuna c'era Bolt, si pensava. Macchè, la regole sono regole e così Bolt si fa uccellare ("finta di spalla") da un movimento di Yohan Blake alla sua destra e parte come un'ossesso, per tre/quattro appoggi, poi capisce il dramma e si dispera. Con somma soddisfazione di chi l'atletica la vive come un culto votato al rispetto e alla morigerazione dei gesti e con scoramento di chi invece vuole che l'atletica sia goliardia... gioia. Ebbene, chi ha fatto un 100, sa bene che quando si è sui blocchi i 5 sensi vengono moltiplicati per cento e si parte al primo stimolo esterno che viene percepito. Nel silenzio pneumatico di quel momento, in quella posizione innaturale, Blake ha fatto il movimento con le spalle e Bolt l'ha percepito con la coda dell'occhio ed è... partito. Istinto naturale. Perchè? Perchè Bolt era concentrato su Blake, che era il suo unico avversario; quindi lo "percepiva". Perchè si allenava insieme e lo temeva. Altrimenti avrebbe pensato a sè stesso, come a Pechino e Berlino. Non era tranquillo. Amen. 

La finale dei 100 si è trasformata così in una gara che, puntandoci sopra fino a 4/5 mesi fa, si sarebbe fatto 6 al Superenalotto. Dei preventivati di fatto solo Bolt, Blake, Dix (e un pò meno Lemaitre) avevano raggiunto la finale. Nesta Carter... è nesta Carter e non si era qualificato ai trials. Non pronosticabili Daniel Bailey, Jimmy Vicault e Kim Collins. Blake si era comunque dimostrato il più in palla in semifinale, Bolt a parte, e lo dimostra poi in finale vincendo nettamente in 9"92 con -1,7 di vento nuotando in un'umidità da piscina olimpica. Secondo arriva Walter Il Mago Dix con "solo" 10"08, un solo centesimo meglio della vera sorpresa dei 100 metri mondiali, Kim Collins, che a 35 anni arriva al bronzo dopo aver fatto di una partenza incredibile la propria arma segreta (del resto nella stagione indoor aveva piazzato diversi tempi vicino ai 6"50). Lemaitre, che dopo le esclusioni altisonanti, sembrava essere un possibile medagliabile, si squaglia in finale, giungendo quarto in 10"19. Evidentemente i consigli di Di Mulo sulla partenza del francese non sono serviti (deliranti gli articoli che hanno parlato di questo aspetto... ovvero, più che deliranti gli articoli, deliranti le affermazioni): e se così fosse, in partenza Lemaitre ha avuto pure un'involuzione rispetto al 2010. Di sicuro la peggior finale dei 100 metri a memoria d'uomo ad un campionato internazionale. 

Chi ne esce sconfitto è così sicuramente l'atletica "pallonara" di Lamine Diack, cui bisogna addebitare anche il non senso delle tre semifinali che ha di fatto tolto molto spettacolo ai primi turni, ridicolizzandoli (il turno preliminare dei 100 ce lo si poteva risparmiare...), e rendendo le semifinali qualche cosa di molto più impegnativo delle semifinali così come erano state pensate in precedenza e inficiando il prodotto finale.

Se Lamine, che vorrebbe essere Nebiolo ed invece sembra molto più un Arese, fosse interessato davvero il Dio Mammona, con una semplice elucubrazione avrebbe capito che ci sono momenti che più durano, più portano denaro per la loro esposizione mediatica. E il regime di Diack continuerà purtroppo per tutti per altri 4 anni.

Daegu '11: seconda giornata - niente sogno, Schwazer nono - 3 italiani fuori in qualificazione

Inizia la seconda giornata di gare a Daegu; è nottetempo mettiamoci comodi e seguiamo quanto sta accadendo. Purtroppo parte male per gli azzurri. Dopo l'esordio di Milani-Vizzoni, è la volta dei 20 km di marcia maschili, dove insomma, la speranza indubbiamente c'è. Voci di corridoio ipotizzavano un Rubino in ottime condizioni, ma anche uno Schwazer che avrebbe potuto fare, perchè no, la sorpresa. Del resto la marcia è la specialità con più variabili indipendenti, dove a parte i fenomeni che precorrono i tempi, spesso le medaglie entrano nel campo di possibilità di un numero più aperto di concorrenti. Poi c'è la variabile-umidità (botte anche vicine al 90%), Perchè non anche gli italiani quindi? E allora Giorgio Rubino ci prova, con coraggio, in testa a fare il ritmo. Va pure in quella che sembra una fuga, col giapponese Yusuke Suzuki e metà gara gli viene appioppata la seconda proposta di squalifica. Rallentamento necessario e poi... squalifica. Alex Schwazer invece chiude in nona posizione (con 1h21'50") nella gara dominata dal duo russo Valeriy Borkin, Vladimir Kanaykyn: 1h19'56" per Borkin e 1h20'27" per il connazionale, con il bronzo al colombiano Luis Fernando Lopez con 1h20'38". Delusione per il cinese Zhen Wang, allenato da Da Milano (come Rubino del resto), solo quarto con 1h20'54". 37 gli italiani che si sono cimentati in questa specialità nella storia dei mondiali: Rubino è il 5° squalificato, in un panorama che vede anche 3 ori azzurri (2 di Da Milano e uno di Didoni, l'attuale allenatore di Schwazer) e un argento. Schwazer giunge al traguardo nono, esattamente come gli successe ad Osaka nel 2007. Per Rubino 3° caps ad un mondiale sulla 20 km, laddove l'azzurro più presente risulta Giovanni De Benedictis con 5 (e un argento). Nell'articolo dedicato alla marcia, più dettagli.

Nelle qualificazioni del salto con l'asta femminile si rivede la grandissima Yelena Isinbayeva autrice di un unico salto (centrato) a 4,55. Presenti tutte le migliori: le polacche Anna Rogowska e Monika Pyrek, la brasiliana Fabiana Murer, quella che è de facto la favorita, l'americana Jennifer Suhr, che per poco non esce a 4,50 (fatto alla terza). Poi le tedesche Silke Spigelburg e Martina Strutz. Presente anche Anna Giordano Bruno, che purtroppo esce ma con la testa alta, visto il 4,40 ottenuto, a soli 10 centimetri dalla qualificazione, ottenuta alla fine con 4,50. Nell'asta ai mondiali, l'Italia ha presentato solo... la Giordano Bruno. Due le sue presenze. Quella coreana e quella di Berlino, dove non sortì miglior fortuna, nonostante il 4,50 in qualificazione. 

In mattinata anche le batterie dei 110hs maschili, laddove si sta per assistere ad una delle gare più equilibrate della storia. Purtroppo la formula è diventata più cattiva: soli tre turni e non quattro come si era abituati nelle precedenti edizioni di manifestazioni internazionali. Nella prima batteria Liu Xiang, di fatto sparito dalla stagione dei meeting internazionali estivi, piazza un impressionante 13"20 in batteria con 1,0 di vento a favore. Si trascina in semifinale il talentuoso britannico Andrew Turner (13"32). Sorpresa per l'eliminazione diretta al primo turno del campione del mondo uscente, Ryan Brathwaite: 13"57 e il titolo diventa già vacante, anche se obiettivamente, dopo il mondiale vinto a Berlino, Brathwaite era diventato irriconoscibile. Il rampante americano Jason Richardson corre addirittura in 13"19 con -0,2, ma qualificazione anche per il giamaicano Dwight Thomas (13"31). Naturalmente non poteva mancare David Oliver: 13"27 e vittoria della terza batteria. Nell'ultima, altri due predestinati alla finalissima: Aries Merritt e Dayron Robles: 13"36 e 13"42 facile facile. Proprio in questa ultima batteria era presente Emanuele Abate, che si è comportato decisamente bene, nonostante l'immediata uscita: 13"63, ovvero vicinissimo ai suoi migliori risultati annuali. 8 le partecipazioni italiane sui 110hs ai mondiali: 2 di Giaconi, poi Bertocchi, Tozzi, Fontecchio, Frigerio, Pizzoli e Abate. Il migliore è stato sicuramente Andrea Giaconi, che nelle due situazioni in cui fu convocato (a Siviglia '99 e Parigi '03) riuscì a passare il primo turno. Ma allora i turni erano 4. Tant'è che Abate, tra le 10 totali prove corse dagli azzurri ai mondiali di atletica, con 13"63 ha stabilito la seconda prestazione di sempre dopo il 13"61 di Giaconi nei quarti di Siviglia. 

Nelle qualificazioni del lancio del peso femminile, nessuna novità se non fosse stato per la presenza di Chiara Rosa. Ebbene, prima delle atlete non qualificate per la finale con 18,28, ad una quarantina di centimetri dal 18,67 che dava l'accesso all'ultimo atto dei mondiali. Col solo fatto di partecipare la Rosa ottiene la 4^ presenza ad un mondiale nel lancio del peso femminile, staccando Assunta Legnante e Mara Rosolen, ferme a tre. Su 13 partecipazioni, solo 3 volte un'italiana ha raggiunto la finale. La già citata Legnante due volte (Parigi 2003 ed Helsinki 2005) e Chiara Rosa ad Osaka 2007. Migliori posizioni i due ottavi posti di Legnante e Rosa. Il 18,28 è la terza prestazione di un'italiana ad un mondiale. Ad Osaka la Rosa aveva lanciato 18,77, miglior prestazione. Purtroppo a livello internazionale bisogna superare la fettuccia dei 19 metri. 

Primo turno anche dei 1500 femminili, dove si segnala come nella terza serie praticamente tutte le atlete hanno acceduto alla semifinale: 11 su 12. Il problema generale dei mondiali di Daegu sembra comunque questo: semifinali cui accedono troppi atleti, dopo un primo turno molto più abbordabile di quanto si era abituati nel passato. Questo aumenta la variabilità dei risultati delle semifinali, dando la possibilità anche atleti meno talentuosi di accedere alle finali. Sui 1500 si passava in semifinale con 4'14"45, ovvero un tempo non certo impossibile. Si guardino le semifinali degli 800 maschili. Comunque: dalle semifinali si vedranno le vere potenzialità delle vere pretendenti al titolo.

Batterie dei 400 maschili, e dopo oltre un anno si vede qualcuno che scende sotto i 44"5. Chi è? Ancora LeShawn Merrit, tornato giusto ieri dalla squalifica di due anni per doping e che evidentemente, essendosi fatto i conti in tasca, si era allenato con dovizia di particolari proprio per quell'evento. Brutto fare dietrologia, ma un massaggiatore un giorno mi ha detto: sai qual'è la cosa bella di quando sei squalificato per doping in attesa di ritornare? Che nessuno ti fa più controlli... tanto sei ufficialmente dopato. E allora 44"35 e a questo punto la predica al deserto. Chi lo può battere? Nella sua scia Kevin Borlee piazza un sontuoso 44"77, e diventa elegibile per le medaglie. Si rivede anche il granadino Rondell Bartholomew, vincitore della prima serie in 44"82. Vi ricordate di lui, no? Ad inizio stagione piazzò un 44"65 che rimase miglior tempo dell'anno praticamente per tutta la stagione. Lui in realtà poi si eclissò, tornando a veleggiare sopra i 45". 44"84 per Renny Quow, e più moderata vittoria in 45"12 per Kirani James, quello che potrebbe essere il vero antagonista di Merritt. Oscar Pistorius sigla 45"39 ed è in finale pure facilmente, e... che dire: a questo punto si gioca pure l'ingresso in finale. Nelle semifinali vedremo finalmente i valori in campo. Tempo di ripescaggio? 46"10. Come si diceva prima: molto più spazio nelle semifinali ad atleti medi.

Secondo turno dei 100 femminili. Ovvero il primo turno delle big. Devo ancora criticare le tre semifinali, o lo diamo per scontato? Di fatto quello che erano una volta i quarti di finali, si sono trasformati in un qualche cosa di meno impegnativo di un quarto di un tempo, mentre le semifinali diventano più impegnative. A discapito della finale. Quindi questi quarti dei 100 femminili, sembrano ancora davvero poca cosa per poter dire qualche cosa di importante. Si è vista comunque un'ottima Ivet Lalova (11"10 con 1,0). 11"34 per poter accedere alle semifinali. 

Nel decathlon, dopo quanto avevo scritto della prima giornata, si conferma l'andamento in negativo di Ashton Eaton e invece, quello in positivo di Trey Hardee. Eaton si era cimentato in una serie di gare due settimane fa, facendo scalpore e correndo e saltando forse come nessun decathleta si era mai visto fare. Forse lì aveva raggiunto il picco di forma, ed ecco che proprio a due settimane di distanza, molte prestazioni non all'altezza della sua forza. 13"85 sui 110hs, laddove era stato capace di correre sotto i 13"5 in stagione. E Hardee ne approfitta: 13"97 e soli 16 punti di differenza da Eaton. Ma qui i punti di differenza dovevano essere almeno 50. Invece dopo 6 gare il gap a favore di Eaton è di soli 69 punti. Nel disco avviene il terremoto: Hardee cannoneggia a quasi 50 metri contro i 46 dell'avversario, e avviene il sorpasso: + 8 per Hardee. La parabola discendente di Eaton poi tocca il fondo con l'asta: solo 4,60 conto il 4,80 di Trey. Ma da dietro rimonta forte il cubano Suarez, che arriva a 180 punti da Eaton. Ormai Eaton deve solo difendersi...

27/08/11

Daegu: 10000 femminili tutti keniani... come la maratona

Una giornata passata a Daegu, e tutto quello che c'era da vincere è finito in Kenia. Due ori, due argenti e due bronzi, sei medaglie, cioè quelle che noi italiani vinciamo in 5 edizioni queste li hanno vinti in poche ore. In mattinata lo stradominio nella maratona, con la vittoria della Kiplagat. Nella serata coreana, altro tsunami partito da Kilimangiaro, lato Rift Valley che ha travolto in un solo giorno strade e piste di Daegu. Sui 10000 si è poi al dominio da annichilimento, a causa del titolo mondiale conquistato a Berlino 2009 dalla meravigliosa Linet Masai, un essere umano nato per correre. Quindi partono in quattro, e sornione guardano cosa succede in gara per 3 km, lasciando che il ritmo lo dettino le americane, e in particolar modo Shalane Flanagan, che presagendo quello che sarebbe successo da lì a poco, per scremare il gruppo e non rimanere invischiata nella bagarre, si incarica di traghettare le africane fino ai 3000. Poi entra in gioco Linet Chepkwemoi Masai, ed arrivano i primi veri scossoni del 7° della scala Richter alla gara. Ad ogni giro si perde qualcuno, e si arriva a quella che era la logica e super-preventivata conclusione: Kenya contro Etiopia.
Le kenyane appaiono però davvero di un altro pianeta. Ad una ad una sfiancano le avversarie, e almeno all'apparenza la più forte sembra indubbiamente la Masai. Peccato che debba fare tutto da sola, e così le tre connazionali e la etiope Meselech Melkamu rimangono attaccate. Con fatica, ma attaccate. Il ritmo aumenta vertiginosamente, e su un passaggio addirittura scendono sotto i 3' (tra il settimo e l'ottavo km). Davanti sempre la Masai. Nel penultimo giro salta la Melkamu, e l'invasione keniana della Corea del Sud è completata. Inizia la battaglia finale: Vivian Cheruiyot e Sally Kipyego si avvantaggiano sulla Masai e la quarta africana, Priscah Cherono, e così si piazzano resistendo all'ultimo sussulto della Melkamu, quinta a pochi centesimi dalla Cherono. 30'48"98 per la vincitrice, già campionessa mondiale di cross quest'anno a Punta Umbria, oro a Berlino nel 2009 e argento ad Osaka nel 2007 sui 5000. 21° tempo all-time per la Cheruiyot ai campionati mondiali. 
Come si diceva... sei medaglie su sei, e i keniani potrebbero già tornare a casa felici e contenti dopo la prima giornata.  E' la terza volta che nei 10000 metri si verifica una tripletta di una sola nazione: era già successo all'Etiopia sia nel 2001 ad Edmonton che nel 2005 ad Helsinki. Nel medagliere specifico della specialità rimane in testa l'Etiopia con 5 ori, 5 argenti e 3 bronzi (13 medaglie!), ma il Kenya naturalmente fa un bel balzo in avanti, portandosi a 3 ori, 1 argento e 4 bronzi (8 medaglie). Agli altri paesi son rimaste solo le briciole. 

Daegu 2011: prima giornata... è tornato l'extratterestre

Nelle teorie degli antichi astronauti, gli alieni sarebbero tra noi. Anzi, avrebbero fornito ciclicamente le tecnologie per far sviluppare la nostra civiltà globale. Fino alla finale di Berlino del 2009 sui 200, sembrava che uno di questi alieni avesse provato a stare tra di noi, per poi sparire praticamente per due anni. Oggi pomeriggio per incanto è tornato l'alieno, per sostituire il drone che per una manciata di gare l'aveva sostituito, arrivando al perigeo nel famoso 100 di Stoccolma della Diamond League dove Tyson Gay lo castigò sonoramente. Problemi della microrobotica. Da qualche ora possiamo invece tornare a pensare che lo stesso alieno di Berlino e Pechino sia tornato. Ora è a Daegu. Noi poveri illusi a snocciolare le batterie prima del clou-event dell'alieno per capire chi sarebbe stato il suo vero alter-ego. Christophe Lemaitre spara un 10"14 con quasi un metro contro, ma dà l'impressione di aver esibito la bigiotteria di famiglia forse troppo presto. Con lui Justin Gatlin parte molto bene, poi si ferma letteralmente. Pretattica, quasi sicuramente, visto che passavano in 3. Spazio anche al "master" Kim Collins (35enne) che sorprende con 10"13 con -1,7 in prima batteria. Walter Il Mago Dix, una montagna deambulante, come al solito non esibisce nulla quando non serve: 10"25 anche lui con -1,7 di vento. Così bisogna aspettare i jamaicani: Yohan Blake in quarta batteria finisce il drive, si rialza e chiude in 10"12. Impressionante. E' lui l'anti-alieno? Vedremo. Poi tocca a Nesta Carter: 10"26 senza infamia nè lode. Ma è tempo della sesta: è tempo di Usain Bolt. Usain si prodiga pure in un RT "impegnato" di 0"153, poi di colpo, dopo circa 10 metri o 1"5 di gara, si capisce che non c'è più il drone visto nell'ultimo biennio, ma l'alieno. Difficile scrivere con parole ciò che sembra impossibile spiegare a voce. Semplicemente un uomo fa una specialità, e gli altri ne fanno un'altra. Come una sovrapposizioni di due immagini: una del passato e una del futuro. 10"10 con -0,7 nel 10"10 probabilmente più facile della storia dello sprint. Ecco l'unico avversario di Bolt potrà essere solo lo starter... Semifinali raggiunte con 10"31, ma saranno tre per 24 posti. Probabilmente era la volta buona per portare un italiano. La finale era preclusa, e anche se con un aiutino nell'ampio numero, si poteva interrompere il digiuno di... semifinali, che risalivano all'Ezio Madonia di Tokyo '91.

Mentre dei 10000 parlerò in separata sede tra poco, la seconda parte della prima giornata ha anche riservato l'esordio dei primi due italiani convocati per Daegu 2011. Marta Milani arriva a Daegu in palla, non c'è che dire, e spara quasi il personale in batteria. Accesso nella triplice semifinale con 24 atlete totali e ora il gioco si fa molto duro. 51"94 il suo tempo, cioè a soli 7 centesimi dal primato personale di Barcellona. Ora spazio alle semifinali, quindi. Correndo in meno di 51"74 la Milani scalerebbe in un colpo solo dal 6° al 4° posto all-time nazionale, visto l'assiepamento tra i 51"7 e 51"8. In generale 400 a carte ancora coperte. Forse il team americano non sembra all'altezza del blasone: quanto si saranno coperte in questo primo turno? Come per tutta la stagione, Amantle Montsho si dimostra solida e stabilisce il miglior tempo con 50"95. Ma tutti i discorsi sono ancora troppo prematuri: il tempo di ingresso in semifinale, 53"49, era davvero troppo alto per creare apprensione a chi affila le armi per la finale. Tornando alla Milani: è la sesta italiana che si presenta sui 400 ad un mondiale di atletica (questo è il suo esordio). Tutte le sue 5 epigone (Erica Rossi, Patrizia Spuri, Virna De Angeli, Daniela Reina e Libania Grenot) hanno superato il primo turno, fermandosi però tutte al secondo. Naturalmente la differenza la fa il numero di turni. Con quattro turni o tre semifinali, naturalmente aumentano le percentuali di accesso. Di fatto la Milani sarà la terza italiana che correrà una semifinale, cui erano arrivate Daniela Reina ad Osaka e a Berlino Libania Grenot. Degli 11 tempi italiani sui 400 femminili ai mondiali, il 51"94 è però al terzo posto, dietro solo il 50"85 e il 51"45 di Libania Grenot sempre a Berlino. 

In finale va anche il capitano, Nicola Vizzoni, all'ottava partecipazione ad un mondiale. 76,74 e ottavo rango anche in generale dopo le qualificazioni, ma con una classifica molto contratta che può davvero portare a qualsiasi risultato. Nessuno è escluso dalla lotta per le medaglie. Quarta finale (su otto partecipazioni) per il toscano dopo Siviglia '99, Edmonton '01 e Berlino '09. Miglior posizione il quarto posto di Edmonton, ben dieci anni fa. Poi il 7° di Siviglia e il 9° di Berlino. Il 76,74 rappresenta la sua quinta prestazioni su un totale di 11 caps tra qualificazioni e finali. Miglior lancio ad un mondiale l'80,13 con cui vinse la medaglia... di legno in Canada. 17^ partecipazione di un italiano nel lancio del martello ad un mondiale, con 4 finali, naturalmente tutte di Vizzoni. Di fatto solo 5 azzurri si sono cimentati in questa specialità ai mondiali: il più volte citato Vizzoni, Enrico Sgrulletti (4 mondiali, ma nessuna finale), Loris Paoluzzi (3 mondiali), Lucio Serrani e Giampaolo Urlando con una partecipazione a testa. 

Nelle qualificazioni del salto in lungo femminile, la favorita, Brittney Reese si prende un bello spavento sino al liberatorio terzo salto: 6,79. Meglio di lei la navigata brasiliana Maureen Maggi (classe 1976) con 6,86. e la bielorussa Nastassia Ivanova (6,80). Misura d'entrata a 6,51, e purtroppo non raggiunge la finale una delle nostre pupille, Irene Pusterla, fermatasi a 6,34. Non farà la finale la ex velocista Olga Zaytseva (50"13 sui 400 e 22"67 sui 200) ma che quest'anno ai campionati russi di Cheboksari aveva saltato addirittura 7,01.  

Nel decathlon continua il momento "no" di Ashton Eaton che si ferma nella quarta prova del salto in alto a "soli" 2,02 (ma vanta un 2,16 e normalmente veleggia attorno ai 2,10), che così perde un altro di quei jolly che aveva sulla concorrenza (100, lungo, 400, 110hs e appunto alto). Nei 100 non aveva brillato, così come nel lungo, tanto che il suo più quotato avversario, il connazione Trey Hardee aveva girato al pomeriggio della prima giornata dopo 3 prove addirittura davanti di una manciata di punti, quando, come già sostenevo stamattina, sarebbe dovuto essere lontano anni luce. Hardee va in pedana e... pareggia il 2,02 e questo è un colpo che potrà pesare sul computo totale dei punti. Sempre nell'alto si vede anche un incredibile 2,17 del belga Thomas Van Der Plaetsen. Saranno comunque i 400 che riusciranno a scavare un bel solco: Eaton piazza un sonante 46"99, mentre Hardee si ferma a 48"37, ovvero 68 punti di differenza. Eaton avrà poi l'ultima carta da giocare domattina nei 110hs, poi inizierà inesorabile la rimonta nei lanci di Hardee. Imperdibile... forse Eaton aveva raggiunto il picco di forma una decina di giorni fa. 

Daegu 2011: la mattinata - il mistero: che fine ha fatto Bragagna? Popolo televisivo in apprensione...

Io non mi sono di certo alzato stanotte per vedere la maratona femminile, ma solo qualche spezzone qua e là. Il mistero con il quale si aprono i mondiali di Daegu è uno di quelli che può lasciare senza fiato: "che fine ha fatto Bragagna?". Possibile che non ci sia? Ci sarà questa sera? No, perchè vorrebbe dire che potremmo essere per una settimana vittime di cronisti puntigliosi come Attilio Monetti che prende i lap nei giri del mezzofondo e spiega le specialità dell'atletica quasi fossimo ancora alle Olimpiadi di Atene 1896, Stefano Tilli che forse per l'età sta sentenziando troppo in farsetto romanesco e che da quando ha iniziato la carriera da telecronista Tv non ha indovinato un solo pronostico, Lucilla Andreucci che pone dubbi amletici agli abbonati Rai nel momento di versare il canone... (più che altro dice cose talmente ovvie che non si capisce quale possa essere il suo impatto sul prodotto finale). Insomma, o torna Bragagna o andiamo tutti su Eurosport. Fra poche ore conosceremo l'arcano e con il potere a noi conferito dal telecomando, pigeremo i tasti giusti. 

Sulla maratona femminile probabilmente più veloce di sempre, ne ho parlato nell'apposito articolo (lo trovate qui, con tutte le statistiche del caso). Ma la mattinata ha visto anche le prime gare del decathlon, il turno introduttivo dei 100 per quelli scarsi e degli 800 maschili. Poi le qualificazioni dell'asta, le batterie dei 3000 siepi femminili, e quelle del disco femminile.

La grandissima sorpresa della mattina rimane sicuramente l'esclusione dalla finale del salto con l'asta del campione mondiale e olimpico Steven Hooker nel salto con l'asta: prestazione gibilichesca con entrata e... uscita a 5,50, cioè la misura esatta che sarebbe bastata per l'ingresso in finale. Ma fuori anche il russo Evgenyi Lukyanenko che a quelle Olimpiadi di Pechino di Hooker del 2008 fu argento. Ma nel suo palmares si conta anche un titolo di campione mondiale indoor a Valencia proprio nello stesso anno (ed un 6° ad Osaka nel 2007) con un impressionante personale di 6,01. Finale in cui potrebbe si potrebbe sentire l'eco della marsigliese, visto che se su Renaud Lavillenie non c'erano dubbi, ha dato prova di grande efficienza anche Romain Mesnil

Nel decathlon sembra in leggera difficoltà quello che era indicato come uno degli Dei di Daegu, l'americano Ashton Eaton. La belva non ha propriamente convinto sui 100, dove si è limitato ad un 10"46 con -0,5, lui che non più di 10 giorni fa era volato a 10"26 con 1,5 in California. Così l'altro Stars&Stripes Trey Hardee, con 10"55, è probabilmente molto più vicino ad Eaton di quanto avrebbe pensato prima che iniziassero le dieci fatiche. La tendenza al ribasso di Ashton si è vista poi nel lungo: 7,46 (ma quest'anno si era avvicinato agli 8 metri) ed un solo centimetro in più di Hardee, che zitto-zitto bracca da molto vicino il connazionale, laddove si sarebbe già dovuto vedere un bel gap. La mazzata, che non poteva mancare, arriva così dal peso dove Trey spara a quasi 16 metri (15,94), mentre Eaton si ferma a 14,74. Personale per entrambi, ma ora le prospettive cambiano sensibilmente: Hardee 2680 punti e Eaton 2665. Formalmente ancora in gara per l'oro anche l'ucraino Oleksyi Kasyanov, con 2629 punti, grazie soprattutto al 7,59 nel salto in lungo. Eaton per vincere deve puntare tutto su 400, 110hs e alto. Hardee fa la differenza con Ashton nel disco e nel giavellotto. Ma Eaton ha già sprecato un paio di jolly e ora la gara si fa davvero emozionante.

Nei 3000 siepi femminili ritmi proibitivi e passaggio in finale con 9'40"04. La turca Binnaz Uslu, protagonista alle Universiadi di Shenzen si aggiudica la prima batteria a ritmo di record nazionale: 9'24"06, facendo selezione e causando un pò di danni al gruppo con qualche atleta.

Negli 800 passano tutti i big senza molti patemi. Kaki, Rudisha, Symmonds. Si qualificano in 24 su 35 partenti, quindi il 70% degli iscritti. Nemmeno tanto difficile, se non fosse che l'ultimo dei ripescati ha dovuto correre in 1'46"94, cioè un tempo che in Italia nessuno nel corso del 2011 ha ottenuto. 

Meeting di Cles - Dal Soglio 18.59

(di Sasuke) Come ormai è ben noto in Agosto l'atletica italiana si ferma completamente. Verso la fine del mese inizia a riaffiorare qualche meeting che, proprio per la sua rarità, capita spesso di attirare vari atleti dalle province limitrofe. Il meeting Melinda, organizzato sulla nuova pista ad otto corsie di Cles, ha visto qualche risultato di discreto livello data la partecipazione di qualche azzurro non presente a Daegu.

Al maschile, la gara a mio avviso più interessante è stata quella del getto del peso. Un vero confronto generazionale: Paolo dal Soglio (40 anni) centra il primato stagionale a 18.59 ma è incalzato dal promettente junior Daniele Secci, quest'anno confermatosi su buon livello, spintosi a 18.21 malgrado una tecnica non perfetta. Peggior risultato stagionale per Marco Dodoni, solo 16.62, sempre più lontano dall'assurdo 19.25 lanciato in Congo. Discorso analogo per Paolo Capponi, solo 15.62, lontanissimo dal 18.30 congolese... quel meeting deve aver avuto qualcosa di strano nelle misurazioni.
Poco interessanti i 100 metri, tanto al maschile che al femminile. Alex da Canal (10"83) vince davanti a Davide Deimichei (10"91) in condizioni evidentemente non ottimali. Entrambi finiscono lontani dai propri personali, specialmente il secondo che rientra da un infortunio. Nei 400 non impressiona l'azzurro Isalbet Juarez (47"32) battuto dal senegalese Mamadou Gueye (47"30). Per Juarez è il peggior risultato stagionale; meglio invece l'ottocentista Giordano Benedetti, che arriva a 48"32 e migliora il personale nel giro di pista. Troppo poco per essere competitivo sugli 800; c'è da lavorare molto sulla velocità. Da segnalare il 7.30 dello junior Giuseppe d'Agostino nel lungo in una gara opaca e il 13"93 di uno Stefano Tedesco in ripresa nei 110 ostacoli. Nella stessa gara (su Queenatletica il filmato) 14"64 dello junior Hassane Fofana.

Al femminile, miglior risultato tecnico il tempo di Martina Giovanetti nei 100 metri, 11"76, che sta lentamente entrando in condizione. Sui 400 metri discreto 55"60 di Francesca Endrizzi mentre delude un po' la migliore tra le accreditate, Serena Monachino, seconda in 57"41. La gara più interessante dal punto di vista delle partenti, i 1500 metri, ha visto in pista quasi tutte le migliori mezzofondiste italiane del momento. Messe tutte in finale dalla keniana di turno, Annette Lukhuki, abbiamo Agnes Tschurtschenthaler (4.20.94), Giulia Viola (4.21.38), Eleonora Berlanda (4.22.81), Judit Varga (4.23.11) e Silvia Weissteiner (4.26.48). Evidente la crisi del mezzofondo azzurro, incapace di produrre atlete da meno di 4.20.