ACHTUNG
RIKORDEN! - per dirla alla
Bonvi; oppure - FULL MEMORIES JACKET - per dirla alla Kubrick o - BORN TO
REMEMBER - per dirla alla Hasford.
Insomma dovrei definire un nuovo logo per una etichetta che avvisi, come
per i celiaci, del contenuto potenzialmente dannoso agli allergici ai ricordi:
- MEMORIES FULL - al posto di - Gluten free - ?
Cosa ci posso fare, voglio bene ad alcuni dei miei ricordi, che
quasi sempre arrivano da soli e non dargli una dignità scritta mi parrebbe un
peccato e una perdita.
Da loro ho imparato e imparo ancora, così come dai ricordi
degli altri.
Che poi, un ricordo è semplicemente ciò che è appena passato;
ecco: la parola che abbiamo appena letto è già il passato (dunque un possibile
ricordo), la parola che leggeremo è il futuro; e il presente dove diavolo si
trova? Forse nello spazio vuoto tra una
parola e l'altra? Ma hanno qualche
importanza queste tentate definizioni?
Non lo so' naturalmente. So' però che non saprei dire granché su uno
spazio vuoto.
Dovrei ringraziare la Signora Roberta De Monticelli, a cui
si potrebbe eventualmente girare la domanda: "dove si trova il
presente"? La Signora Roberta, tra l'altro, ha scritto
"L'allegria della mente", che senza farmi spaventare e citando
"Nutre la mente solo ciò che la rallegra", mi ha avvicinato al signor
Aurelio Agostino da Tagaste.
Con la speranza che nessuno mi denunci per vilipendio o
blasfemia, trascrivo qualche riga da "Le Confessioni", Libro decimo,
capitolo VIII; dove Agostino (nella traduzione di Carlo Vitali) scrive:
- Tutto ciò si svolge nel mio interno, nella sala immensa
della mia memoria. E vi sono pronti al mio cenno, il cielo, la terra, il mare,
e tutte le sensazioni che mi hanno dato, ad eccezione di ciò che ho
dimenticato. E là mi faccio incontro a me stesso, ricordo me stesso, quello che
ho fatto e quando e dove -.
Insomma, se Agostino teneva in gran conto i suoi Ricordi,
perché non potrei tenermi stretto qualche mio ricordino? Niente di che, per carità, una fotina
ricordo, un ciondolino di Venezia, una Torre di Pisa che cambia colore con il
cambiar del tempo...
Ne ho, per caso, uno piccolo, non di quando ero nella
Legione Straniera (anche perché non ci sono mai stato) ma di quando ero Allievo.
Penso sia possibile proporlo, perché forse potrà tornare
utile ad altri. Poi più che me riguarda
il mio Presidente, che chiameremo "T", di cui avevamo e ancora ho una
gran stima.
Si, T, il felice possessore del primo videoregistratore,
portatile, ma da due Sherpa, di cui parlavo nell'Allenamento 1.1.
T era in gamba. Già redattore de la Zanzara, da ragazzo al
liceo Parini; era un tipo poco incline ad apparire, ma straordinariamente
efficace nel perseguire la sua idea di Atletica, che doveva essere per tutti. Da
quelli più bravini a quelli diciamo più orientati alla compagnia piuttosto che
all'agonismo; senza discriminazioni possibili.
Quell'anno ottenni il minimo di partecipazione per il trofeo
Notari a Bologna, riservato agli allievi.
T mi propose per la partecipazione alla gara individuale, anche se ero
l'unico a poter partecipare. La Società
disse di sì, eppure era certo, almeno per me, che non sarei mai potuto entrare
in finale.
Quando si trattò di capire chi mi avrebbe accompagnato, il
presidente alzò gli occhi, si guardò attorno e non vide più nessuno.
T ed io arrivammo la sera prima della gara.
Usciti dalla stazione ci incamminammo alla ricerca di una pensione a buon
mercato che ci ospitasse per una notte.
Trovata, sembrava tutto a posto, ma il presidente ad un certo punto mi
guardò, - andiamo via - disse.
Presi la borsa e uscii.
Mentre si camminava alla ricerca di un nuovo posto, gli
chiesi perché. Attese un po' a
rispondermi, poi disse - non ci guardavano bene - ! Non capii granché, anche perché non sono mai
stato.. troppo precoce nel capire, ecco.
Ancora oggi diciamo che ci arrivo, si, ma con un po' di calma. Non dimenticai mai però lo sguardo di quel
portiere di notte che guardava me e soppesava T con un mezzo ghigno sulla
bocca. Tornammo verso il centro,
fermandoci in un albergo che la società non avrebbe potuto permettersi; T ci
mise la differenza.
La gara, naturalmente, andò come doveva andare: non
trattandosi di una fiction, non entrai in finale, anzi, andò proprio male.
- Non ti preoccupare, oggi pomeriggio andrà meglio -
disse T; e aspettammo l'arrivo dei miei compagni di staffetta.
Grazie Presidente.
Le cose che ti vengono regalate in modo gratuito, non puoi
dimenticarle.
Capisci che non dovrai sdebitarti con chi te le regala, ma
forse ti sentirai meglio quando avrai fatto qualcosa del genere per un altro
ragazzo.
Da quando ero Allievo, sono poi cresciuto (non tanto),
allenandomi e correndo.
C'era un giornalino della Società, fatto da noi, raro per la
sua puntualità.
Ci si trovava una sera alla settimana in sede per
coordinarsi, si discuteva di tutto, sicuramente di sociale e di politica molto
più che di Atletica.
Altre Società
esigevano che ci si occupasse solo di Atletica, dimenticando che dopo la
scuola, molto del nostro tempo lo dedicavamo all'Atletica e poi ci si vedeva
pure fuori dal campo, perché si era amici.
Dunque, quello dell'Atletica era sicuramente l'ambito
formativo più importante che frequentavamo.
Mi sembrava più che giusto poter parlare di
tutto, compreso delle non poche sollecitazioni sociali che mi circondavano,
senza che nessun "talebano" potesse dire: "non si può"
!
Comunque, in qualche altra società, spesso, la selezione
qualitativa era immediata, chi non aveva abbastanza talento veniva emarginato.
Ricordo un allenatore di mezzofondo, sicuramente bravo
(ancora oggi), che allenava alcuni tra i migliori allievi e junior
italiani. Quando arrivava un nuovo
aspirante atleta, lo aggregava immediatamente agli altri per il classico giro
dell'ippodromo (di San Siro).
Se aveva talento e un po' di allenamento tornava comunque
paonazzo al campo, altrimenti rimaneva per strada. Durante l'inverno, tra quelle stradine un po'
oscure era facile smarrirsi se non le si conosceva; come del resto diceva anche
il Sig. Alighieri.
Così capitava che quando arrivava il gruppetto della mia "ecumenica
società", ramazzasse e riconducesse a casa le pecorelle sfinite e
smarrite, che non avevano nemmeno più il coraggio di guardare negli occhi
l'allenatore.
Allora il mobbing non era conosciuto, ma già
praticato, pur senza un nome.
Il mobbizzato spariva alla svelta, oppure capitava, a volte,
che continuasse a correre con noi.
Non me ne andai mai dalla mia Società: cambiò sede,
provò anche a cambiar nome, ma senza mai riuscire a liberarsi di me.
Vado a chiudere, scrivendo delle mie piccole beghe
familiari, almeno mi sfogo un po'.
Gino mi guarda spesso e adesso ho la percezione che si
sporga un po' di più alle mie spalle per sbirciare ciò che ho scritto. Infatti,
non passa un secondo che mi sento dire: - ancora con la nostalgia e i
ricordi, ma bastaa - !
Non lo sopporto più, si è incattivito qualche mese fa,
quando ha capito che non gli avrebbero restituito l'IMU sulla prima
gabbia. Si, sulla prima gabbia, Gino è
il mio pappagallino. Gli dico: - ma
chi ti credi di essere - ? Lui mi
regala uno sguardo di compatimento e dice: - guarda che non mi fa ridere
quello che scrivi, non sono mica pirla io -!
Che classe! Neanche fosse Mourinho!
Figuratevi che è convinto, anche se per ora
non ha il telefono, di essere stato incluso nell'elenco degli "intercettati"
dalla Nsa.
Comunque lo sapevo che sarebbe stato un errore insegnargli a
parlare!
Va be, nonostante il giudizio prevenuto di Gino, che secondo
me, guardando i giornali che legge, è anche un po' reazionario; penso che i
ricordi siano importanti; di fatto sono la nostra storia e possono aiutarci a
capire perché siamo diventati ciò che siamo, nel bene e nel male, singolarmente
e come collettività.
La nostalgia invece la riserviamo al futuro, a ciò che
ancora di buono riusciremo a fare, per noi e magari per qualche ragazzo che
vuole avvicinarsi all'Atletica.
Possiamo provarci.
il korridor cortesen