30/10/11

I labirinti mentali di Asafa analizzati in un convegno: ma senza soluzioni

Ecco la traduzione di un articolo comparso su "The Gleaner", quotidiano on line jamaicano a firma di Ryon Jones - L'ex detentore del record mondiale, Asafa Powell, ha spesso tradito il suo primo nome, che significa "cogliere l'occasione", essendo sempre venuto meno nelle grandi occasioni. Ciò ha portato le due migliori istituzioni locali educative jamaicane, ad interrogarsi e a mettere in discussione la sua forza mentale.
Anthony Davis, University of Technology (UTECH), direttore dello sport; Dalton Myers, Università delle Indie Occidentali '(UWI), direttore sportivo, e Fitz Coleman, head coach del settore atletica a UWI, hanno riflettuto sulle carenze di Powell durante un Forum presso la società North Street la settimana scorsa, dove è stato affrontato il tema "atleti di livello mondiale: si nasce o si diventa?".
Prima grande delusione.
Il primo grande appuntamento di Powell con le delusioni, arrivò ai campionati mondiali di Parigi nel 2003, quando fu squalificato per falsa partenza in semifinale. Una gara che si ricorda soprattutto per il gran rifiuto di Jon Drummond di abbandonare la pista dopo un'analoga falsa partenza.
Powell era l'uomo da battere anche l'anno successivo, anno-olimpico, quando eguagliò il record mondiale di gare sotto i 10" (ci riuscì nove volte quella stagione), mentre arrivò solo quinto in finale.
"Certo, credo che Asafa sia mentalmente più debole rispetto a molti altri atleti di livello mondiale", ha dichiarato Myers. "Non c'è dubbio che abbia talento. Qualcuno che è riesce a correre tanti sub-10 secondi, dimostra che lui è meglio di molti altri atleti. Ma, al momento che importa davvero, qualcosa accade", ha aggiunto Myers.
Myers ritiene che la falsa partenza del 2003 dello sprinter giamaicano alla prima grande finale in cui si presentava, potrebbe avere ancora effetti sulla mente di Powell.
"C'è stata una falsa partenza ed è uscito e si poteva notare come qualche cosa fosse successo nel momento in cui si sedette a guardare fisso davanti a sè. Probabilmente quello è stato il punto di partenza". Ha argomentato Myers. "Forse, ad un certo punto, probabilmente riuscirà a superarlo, ma c'è un aspetto psicologico di tutto ciò, sul quale bisogna indagare. Forse è necessario uno studio particolareggiato sull'argomento". Ha aggiunto.
Coleman ha ragionato sul fatto che Powell non ha ancora dimestichezza con i riflettori che lui stesso si è tirato addosso, a causa delle sue origini rurali.
"Guardo Asafa e ai suoi fallimenti la penso così: "ecco un timido giovane sparato non solo in faccia ai jamaicani, ma al mondo e non penso che lui abbia ancora metabolizzato questa cosa e questo è parte del problema" ha teorizzato Coleman.
Talento eccezionale.
"Ma penso che l'aspetto psicologico debba essere affrontato da lui, perchè è un talento eccezionale" ha aggiunto Coleman.
Davis ha concordato con le visione di Myers sulla falsa partenza del 2003 che potrebbe avere ancora delle tare sulla mente di Powell, ma è andato oltre nell'analizzare. "Lui viene da un contesto in cui ci sono detentori di record mondiali e campioni, tutt'intorno a lui. Quindi forse soffre questa situazione, perchè è una persona molto dolce, timida ed introversa" Davis ha motivato.
"non è una persona aggressiva, quindi forse ha a che fare con qualche cosa che non gli consente, nei momenti topici, di tirare fuori la tigre che è in lui" ha aggiunto, sottolineando che l'UTECH ha fatto di tutto per migliorare le prestazioni di tutti i loro atleti, non solo Powell.

Fulmini panameircani: in Messico cubani sovrannaturali

(a sinistra, la finale dei 100) - Mentre praticamente tutto il mondo atletico (quello che conta) è già nel bacino di carenaggio per preparare Londra 2012, alle soglie di novembre a Guadalajara, in Messico, si svolgono i giochi panamericani, ovvero la massima manifestazione continentale di Nord e Centro america. La domanda del tecnico potrebbe essere come organizzeranno la preparazione per i Giochi Olimpici i cubani, visto che hanno schierato praticamente i migliori. Mai come quest'anno, infatti, a guardare i risultati, si sono viste prestazioni di spessore mondiale, a corroborare alcune considerazioni di carattere metodologico proprio sugli errori di pianificazione. Mettiamoci l'altura (siamo a 1500 metri sul livello del mare) e abbiamo un bel quadretto. 
I cubani si sono presentati come degli ossessi, ottenendo prestazioni micidiali, e non so francamente se i Giochi panamericani rientrano più in quelle manifestazioni di carattere "politico" cui devono assolutamente partecipare per soddisfare i principi del paese, o se tutto rientra in un vasto piano "sportivo" finalizzato ad Olimpia. Vedremo tutto tra meno di un anno. Penalizzato il mezzofondo, che in altura paga molto dazio. 
Nei 100 metri, fuochi d'artificio già in semifinale, con Kim Collins che ottiene un incredibile 10"00, sua miglior prestazione stagionale dopo un'annata che l'avrà visto in pista non meno di 50 volte tra vari turni, finali, indoor e outdoor. Poi però manca l'acuto in finale, dove si impone l'immancabile jamaicano di turno, il trentenne Lerone Clarke con un gran 10"01 con 0,2 di vento e... record personale. Collins 10"04 secondo e terzo il trinidegno Emmanuel Callender con 10"16. Duecento meno appariscenti cronometricamente, ma lo stesso che mettono in mostra il cubano Roberto Skyers (20"37 e 20"33 in semifinale), che ha battuto di un solo centesimo il jamaicano Lansforde Spence
Gara sui 400 da strabuzzio degli occhi, dove i due semi-carneadi Nery Brenes Cardenas (costaricano) e Luguelin Santos Arquino (domenicano), spazzano via la barriera dei 45" ottenendo personali che nel 2011 sono battibili solo da Kirani James e LeShawn Merritt: rispettivamente 44"65 e 44"70. Brenes a Daegu aveva corso in 45"47 in batteria e 45"93 in semifinale. Addirittura assente Arquino. 
Dayron Robles dimostra, cancella molto parzialmente, le ferite mondiali: 13"10 con 1,6 di vento. E che dire del 47"99 sui 400hs del cubano Omar Cisneros? A Daegu naufragò in semifinale terminando a 50"10... Terzo l'eterno Felix Sanchez con 48"85
Yipsi Moreno riesce ad ottenere un 75,62 mt nel martello, ad esattamente un metro dal suo record personale.  A Daegu era arrivata 4^ con 74,48 che era stato fino ad allora il suo miglior lancio dell'anno. Altra cubana sopra le righe, l'astista Yarisley Silva che a Daegu con 4,70 aveva ottenuto il record nazionale arrivando 5^. Ebbene a Guadalajara 4,76, nuovo record personale e nazionale e misura che le avrebbe regalato il bronzo mondiale in Corea. Ma cosa più appariscente, la sconfitta della campionessa mondiale, la brasiliana Fabiana Murer, seconda con 4,70. Altro giro, altra cubana: Yarelys Barrios, che nel disco spara un UFO a 66,40, (misura tra le prime al mondo, lei che in Corea era giunta terza con 65,73.
L'altra saltatrice brasiliana, Maureen Maggi, invece, si spinge sino a 6,94 (misura che l'avrebbe portata all'oro mondiale), rifacendosi della sua pessima prestazione proprio di Daegu. Rimanendo nei salti, clamoroso 14,94 per la colombiana Catherine Ibarguen (terza a Daegu con 14,84), 
Alexis Copello non si fa sfuggire l'alloro nel triplo con 17,22. Nell'alto maschile, il bahamense Donald Thomas stacca il biglietto a 2,32, misura da medaglia iridata. A Daegu dopo il brillante 2,31 in qualificazione, si arenò a 2,20 in finale lasciando che il tuo connazionale Berry raggiungesse il bronzo. Nell'asta l'ennesimo cubano Lazaro Borges, raggiunge i 5,80
Lanciatori con gli obici da 88 particolarmente performanti: il canadese Dylan Armstrong arriva sino a 21,30 nel peso; l'americano Kibwe Johnson a 79,63 nel martello (sarebbe arrivato terzo a Daegu, laddove uscì in malo modo in qualificazione con 75,06). 87,20 per il giavellottista cubano Guillermo Martinez (terzo ai mondiali), ovvero il suo nuovo record personale. Un metro in più di quanto era necessario vincere la medaglia d'oro a Daegu. 
E alla fine pure le staffette incredibilmente veloci: 38"18 per la 4x100 brasiliana maschile e 2'59"43 per quella del miglio cubana. Mica male come campionati...

29/10/11

Terzo master USA positivo in una settimana... ma che succede?

(foto e fonte Masterstrack.com) - Incredibile quello che sta succedendo negli States, dove in pochi giorni tre atleti master sono stati squalificati per aver fatto uso di sostanze dopanti. O meglio, per essere per un motivo o per l'altro finiti per violare  L'altro giorno avevo parlato della 68enne. Ora è il turno del 53enne Byron Duhon, che è stato pizzicato ai Campionati Mondiali Master di Sacramento. A dire il vero, durante i Mondiali californiani, Duhon si rifiutò di sottoporsi ai dovuti controlli una volta "nominato". Fatto sta che il rifiuto gli è costato due anni di squalifica, a far data luglio 2011. Nel frattempo è uscita la versione dello stesso Duhon, che ammetterebbe invece di aver fatto il test a Sacramento, ma dopo che i responsabili dell'antidoping gli avrebbero detto come il campione di urina non fosse sufficiente, lui si sarebbe rifiutato sostenendo che l'avrebbe fatto solo se si fossero seguiti i protocolli come da regolamento. E come è intuibile dalla squalifica le cose sarebbero degenerate. Riflessione: può un atleta rischiare una squalifica di due anni per impuntarsi sulle procedure dell'antidoping? Non gli conveniva sottoporsi e poi far verbalizzare che i protocolli non erano stati eseguiti correttamente?
Comunque sia: dopo i casi della settimana scorsa relativi ai campionati nazionali master di Berea, la 68enne Jager e il lanciatore Craig Shumaker, salgono a 3 i casi di positività tra i master americani in pochi giorni. Solo un caso o qualche cosa di più? Un fenomeno in crescita, o, come sostengono molti, una casistica che tenderà ad aumentare a causa dell'utilizzo di medicinali "d'età" come quello che sarebbe successo a Kathy Jager? Nel frattempo proprio su Masterstrack è nata una abbondante discussione sui casi di positività collegati alle cure dovute alle più svariate patologie che sopravvengono dopo una certa età. L'unico dubbio è: ma non sarebbe un bene dichiaralo prima? Quanto meno, per scongiurare il dolo di certi comportamenti.

24/10/11

3 azzurri alla corte di Loren Seagrave... cambia il vento?

Nessuno ha ancora commentato (almeno in maniera critica) ufficialmente questa vicenda che apre una breccia in quella cortina di ferro che è la religione velocistica italiana. Anni di immobilismo metodologico che si è diffuso a tutti i livelli, sia orizzontale che verticale, con un credo immarcesibile e tante piccole sette che a quel credo, bene o male si sono rifatte. Il problema fondamentale di questo elefantismo italiano è sempre stato l'assenza di professionismo nella nostra atletica. Se forse qualche soldo l'hanno visto in questi anni gli atleti, di sicuro nulla hanno visto gli allenatori. E con ciò, naturalmente, il mondo dei coach si è completamente saturato di... volontari. Volontari che nel dopo-lavoro (di qualche cosa bisogna pure campà) hanno sempre trovato il tempo e la passione da dedicare a questo meraviglioso sport che è l'atletica, ma che non essendo "professionisti" non hanno mai potuto uscire dal monoteismo più diffuso qui in Italia (soprattutto in tema di sprint).

Non hanno potuto migliorare e migliorare gli atleti che hanno scovato, trovato, ricevuto... Raramente si trovano coach in Italia che riescono a produrre più di due atleti di prima grandezza, cosa che lascia sospettare come forse la variabile del talento dell'atleta sia preponderante sulla bravura dell'allenatore. 

Il professionismo, volenti o nolenti, porta a migliorarsi (se si vuole continuare a fare un'attività connessa e zeppa di variabili come lo sport), ad istruirsi, a cercare, a sperimentare, a studiare. In Italia, chi in tutti quest'anni aveva avuto queste opportunità (ovvero chi ricopriva, retribuito, posti di carattere "istituzionale") ha invece cercato di consolidare i vecchi credo, mentre il mondo prendeva un'altra strada. Sbagliando l'approccio metodologico, votato ad un cieco revisionismo di quelle che erano le teorie di 20 anni prima. Mai un confronto con quello che succedeva "fuori". La "scuola italiana", votata alla fatica sempre e comunque, si è dimenticata di quelle che sono le risposte fisiologiche dell'organismo a determinati input.

Oggi c'è internet, che ormai è un'entità senza controllo, che trasmette conoscenze e avvicina le persone: le cortine, come ampiamente dimostrato di questi tempi, sono state quasi tutte abbattute. Le conoscenze si diffondono in maniera più veloce, e non ci sono solo uomini soli a comando (tranne qualche deprecabile eccezione) che dettano le forme e i modi in cui la conoscenza debba essere interpretata. E nel frattempo quelle conoscenze granitiche si sono sgretolate, e ormai la tendenza è a criticare quei modelli e a cercarne di nuovi.

In quest'ottica, come interpretare quindi il passaggio di 3 atleti di primo piano dell'atletica italiana presso la corte di Leron Seagrave? Bè, prima di tutto una sconfitta di... Di Mulo. Comunque la si voglia guardare. O comunque un venire meno di qualche cosa. Ma come, una delle sue più grandi scoperte, abbandona e se ne va negli States? Che è successo? E la Grenot? E Galvan non era allenato da uno dei più illuminati coach dello sprint italiano delle ultime stagioni? Chissà davvero cosa sarà successo, se alla base di tutto c'è soltanto una scelta di vita, o un'opportunità da non perdere, o un tentativo, o... chissà cosa. Però c'è stato, e buona fortuna ai primi 3 che hanno fatto questa. Anzi, a dire il vero Andrea Colombo, talento cristallino e sprinter di fine anni '90 e dei primi '00, era andato in Florida per diversi mesi. Il primo pioniere.

Ora, domanda ingenua: ma perchè Loren Seagrave? Ma chi è Loren Seagrave? Su tutti i siti e i giornali che pubblicizzano il passaggio dei 3 atleti, si parla di un Loren Seagrave allenatore di Angelo Taylor e Dwight Phillips. Cioè uno che fa i 400hs (ma un pò in affanno nelle ultime stagioni) e l'altro il lungo. Poi una stagione come allenatore di Donovan Bailey (il 1998). Ma anche Justin Gatlin. A parte il personaggio e il suo curriculum, la cosa ci porta a considerare un altro sistema legato allo sport e al professionismo. Il coach negli States appare un soggetto cui ci si riferisce con la corresponsione di denaro (nel caso dei tre italiani, penso la Nike).

I coach si creano il proprio curriculum, il proprio campus, la propria scuola. Poi, evidentemente, sono permeabili ai diversi sport, come Seagrave, che ha seguito anche diversi atleti della NFL. E la crescita prosegue grazie anche a risorse derivanti da sport più ricchi, ma che puntano alle medesimi doti (le diverse componenti della forza e della velocità nel nostro caso). Una massa di dati immensa, creata quotidianamente. In Italia il calcio, per assurdo, non è riuscito a dare un minimo contributo a nessun aspetto atletico, nonostante i milioni di euro che ci girano intorno. Non è mai esistita permeabilità tra i due mondi. E i preparatori atletici provengono nella stragrande maggioranza dei casi da itinerari avulsi dal mondo dell'atletica. O se provenivano da questo mondo, di sicuro non hanno spedito qualche informazione utile a tutti.

Concludo: quando si vedranno anche in Italia queste "scuole" (come quella di Seagrave, Braumann, Mills...)? Eppure esistono già scuole di tennis: con un head coach, staff medici, psicologi... pagati dagli atleti. Sì, ok, nel tennis girano molti più soldi... Purtroppo l'intoppo al meccanismo alla professionalizzazione è alla base: se tutti i migliori atleti italiani appartengono a società militari con stipendi quindi bloccati a 1400/1500 euro, sarà assai difficile che questi prendano e paghino coaches, innescando il circolo virtuoso che porta ad un miglioramento generalizzato. E così ci si dovrà continuamente relazionare e affidare in toto ai tecnici federali, alle loro naturali limitazioni, alle loro passioni e pulsioni, e molto spesso ai loro errori, figli di una limitatezza di vedute che non gli si può nemmeno imputare.

Per questo forse sarebbe il caso di permettere il tesseramento individuale: atleti dal grande nome, dovrebbero avere la possibilità di guadagnare e mettersi "in proprio", facendo scelte tecniche di alto lignaggio, entrando nei circuiti internazionali. E poi garantendosi anche quel quid di denaro per pensare al dopo carriera: a 34/35 anni, comprendo bene che terminata la carriera, vivendo di pochi euro, ci si trova di fronte ad un baratro. Con un lavoro "statale", ci si garantisce il futuro. Con un tesseramento "individuale" se non arriva sufficiente denaro, ci si inventa "mantenuti" dei propri genitori. Questa è la vita, e queste scelte devono essere considerate.

Scusatemi, purtroppo sempre di soldi si parla, ma non sembra esserci un'altra via. Veder partecipare i migliori atleti italiani a meeting regionali anzichè alla Diamond League o qualche Challenge internazionale, la dice lunga sullo stato della nostra atletica. 

21/10/11

Dopata a 70 anni: era la seconda volta - un secondo caso ai campionati USA

Dopo la pubblicazione della notizia due giorni fa, in cui parlavo della positività dela 68enne Kathy Jager, (nei cui campioni biologici sono state trovate tracce di steroidi anabolizzanti) oggi la vicenda si arricchisce di altri particolari e soprattutto della versione della indomita Jager. La prima notizia è inquietante, anche se in questa circostanza ci sarebbe la contro-versione. Era il 1999, si era ai mondiali Master di Gateshead e la Jager fu trovata positiva per una medicina (ormonale) che assumeva per la menopausa, chiaramente non dichiarata prima di subire il controllo che l'avrebbe bannata dalle competizioni fino al 2001. Ora ai Campionati americani di Berea, la seconda "pescata" positiva, e altri due anni di sospensione. Giustificazioni? La Jager ha fatto sapere su Masterstrack.com, che soffrirebbe di una malattia, la lipodistrofia, che le avrebbe imposto l'utilizzo di quelle sostanze poi trovate nei suoi campioni. Chiaramente non denunciate prima della manifestazione, come avrebbe dovuto. 

20/10/11

Sulla Gazza l'inferno di Victor Conte, il Diavolo del doping

Dopo circa 195 pagine dedicate al calcio (la cui diffusione, dicono le statistiche, sta progressivamente calando... speriamo) la Gazzetta ogni tanto produce articoli e interviste di qualità superiore. Come quella di oggi con Victor Conte, ex demiurgo della Balco, il laboratorio di nutrizione poi supplementazione a Burlingame, in California, proposta magistralmente da Massimo Lopes Pegna. Una rivisitazione diacronica della sua esperienza di "nutrizionista", prima "legale" con le squadre della NBA (i Seattle Supersonics), della NFL (i Denver Broncos), i pugili, il super nuotatore Matt Biondi. Fin qui tutto ok, poi è arrivato il periodo del doping, cresciuto e favorito (secondo lui) da un ambiente in cui era già diffuso, ed in cui vi entrò dalla porta laterale. Tutto questo accadde quando entrò in contatto con i lanciatori dell'atletica leggera: siamo alla vigilia di Seul '88, e gli stessi responsabili del comitato olimpico americano erano a conoscenza che nei loro test diversi atleti erano risultati positivi. Il primo di cui ha contezza è il lanciatore Gregg Trafalis, il migliore al mondo nel 1992 e poi squalificato a vita nel 1999 per essere stato beccato sia nel '95 che proprio nel '99. In quell'anno, secondo Conte, Trafalis fu trovato positivo e lo stesso comitato olimpico americano insabbiò tutto. E questo dopo che Conte stesso telefonò a Trafalis per chiedere se fosse tutto vero... naturalmente gli rispose che era andata proprio così. 

Le notizie incredibili escono quando si parla della finale dei 100 alle Olimpiadi di Sydney 2000 e allo sprint di Parigi 2003. Nella finale di Sydney, sostiene Conte, oltre alla "sua" Marion Jones, la maggior parte delle partecipanti era dopata. A Parigi almeno sei finaliste su otto erano dopate, per un semplice fatto: la "roba" gliela aveva fornita proprio lui. E sempre a Parigi 2003, nei 100 maschili invece, lo sarebbero stati tutti... dopati.

Nell'intervista di Pegna, Conte sembra non temere davvero nessuno, come se gli scheletri nel suo armadio facessero più paura agli altri che a sè stesso. Parla così del protocollo "Balco", che sarebbe stato applicato anche in Giamaica prima dei giochi di Pechino 2008. E Bolt? "Su Bolt e gli altri ho forti sospetti". 

Conte avrebbe anche indicato agli organi di controllo americani (chiaramente inascoltato per il suo passato... ma proprio per quello più credibile) quale sarebbe il periodo per controllare chi vuole barare: gli ultimi tre mesi dell'anno precedente la grande manifestazione. Ergo siamo proprio in questi giorni entrati nel periodo di "carico" per chi segue i protocolli.

Significativa la chiosa finale. Domanda: pensa che lo sport sia pulito oggi? Risposta: Prima del caso Balco almeno l'80% degli atleti era sotto l'effetto di steroidi. Dopo penso sia sceso al 65%... 

19/10/11

Doparsi a 70 anni: succede anche questo...

Ogni volta che accade di sentire che qualche master cade nella larga rete dell'antidoping (presumo che per un pesce che viene pescato, almeno una buon branco sfugge e continua felicemente a sguazzare in torbide acque), mi riecheggiano nella mente le parole del Duca: "il master che si dopa è un imbecille". Ora, l'ultimo caso in ordine cronologico è probabilmente anche da Guinness, visto che stiamo parlando forse della donna più matura mai trovata positiva ad un controllo antidoping. Si tratta dell'americana Kathy Jager, che all'anagrafe vanta "solo" 68 anni. Ci si aspetterebbe a questo punto che la sostanza trovatale nel sangue sia border-line, ovvero utilizzata per qualche patologia non impossibile a quell'età anche per un'atleta. Macchè: la USADA parla di Steroidi Anabolizzanti, quindi un dolo difficile da smontare. Complimenti alla sciura Jager, che fu trovata col sorcio in bocca durante i Campionati Americani Master a Barea, Ohio, lo scorso luglio. La Jager avrebbe già accettato un periodo di squalifica di due anni a decorrere dalla data di positività (a fine luglio) cosa che le permetterà di conservare le medaglie vinte a Sacramento, ai mondiali master, svoltisi invece ad inizio dello stesso mese. 

18/10/11

Gutta cavat lapidem... ennesimo masso sulla Fidal

(la pista ad otto corsie di Rovereto: nell'era Arese non vedrà mai un campionato assoluto) - Non passa giorno in cui l'attuale esecutivo-Arese prenda una mazzata da qualcuno. E' un giochino bellissimo: si mette su google qualche chiave di ricerca tipo "Fidal" e "disastro" o "dissenso" o "critica" e si capisce come sia bassa la popolarità di Arese in questo momento, non solo tra i tesserati, ma tra tutti i media nazionali. Poi adesso, con internet, la gente comincia a tirare fuori dalle scarpe i sassolini, quando un tempo magari il tutto si risolveva con una telefonata impugnabile per "ingiurie", e tutto finiva lì. Le promesse potevano essere bellamente disattese, e la politica "informale" poteva continuare come se nulla fosse. Già, perchè è proprio qui il problema: un mondo informale che non rende mai noto nulla o molto poco, dove i giochetti si fanno di nascosto e a noi ingenui viene presentata la pappa pronta. Le regole dell'atletica sono inique, favoriscono pochi e non sempre ben intenzionati e consentono a tanti di rimanere troppo tempo a decidere senza averne le capacità. Servirebbe un limite di mandati anche in Fidal, e che chi davvero fa bene all'atletica sia trattato con i guanti di velluto (le società che fanno proselitismo, quelle che si vanno a cercare i ragazzini e li strappano al calcio in provincia) e non certo quelle che vivono sulla compravendita di atleti e che di fatto, oggi, sono quelle che più godono dell'attuale mandato dimenticandosi del tutto dei vivai. Vabbè, venivamo al dunque: l'ultima sparata ad alzo zero, l'ha fatta il presidente della Quercia di Rovereto, Carlo Giordani, uccellato più volte dalla Fidal sull'organizzazione dei campionati italiani assoluti. Promesse, leccate e puntuale la... come la vogliamo chiamare la mancata assegnazione da parte della Fidal a Rovereto degli Assoluti nonostante le continue promesse? Fate vobis. Vi lascio alla lettera che ormai è dominio pubblico... sulla rete.

Prof. Franco Arese –Presidente FIDAL 
 p.c. Ai consiglieri federali 

Caro presidente, ho appreso dal sito federale che gli Assoluti su pista 2012 sono stati assegnati a Bressanone. Scelta ineccepibile, in quanto si tratta di una sede che vanta una lunga esperienza organizzativa a livello non solo nazionale ma anche internazionale ed ha già ospitato in maniera splendida i Campionati Italiani 2005. Ma sono costretto a prendere atto, per il terzo anno consecutivo, che non è stata tenuta in considerazione la candidatura di Rovereto, presentata dall’U.S. Quercia, di cui sono presidente. La sollecitazione a presentare la candidatura era arrivata direttamente dalla tua persona, l’1 settembre 2009, in occasione della cerimonia di inaugurazione della nuova pista a 8 corsie, in apertura del meeting internazionale di Rovereto. “Questa è una struttura splendida, ideale per ospitare gli Assoluti” : queste erano state in sintesi le tue parole. La sfida peraltro era già stata raccolta da tempo. Con una lettera a Te inviata il 16 ottobre 2008 e ufficializzata nel giugno 2009 con la presentazione della candidatura per l’edizione 2010, assegnata (giustamente) a Grosseto, che vantava un diritto di prelazione. Ripresentiamo quindi la candidatura per l’edizione 2011. A Grosseto, nella giornata inaugurale degli Assoluti, alcuni consiglieri federali, reduci dalla riunione della Giunta FIDAL del giorno precedente, mi salutarono con queste parole : “Allora il prossimo anno ci vediamo a Rovereto, la scelta è praticamene fatta, manca solo il passaggio formale nel prossimo Consiglio di luglio. Il consiglio, convocato invece soltanto a ottobre, scelse Torino, con la giustificazione di una forte sollecitazione del CONI per organizzare un evento importante nel capoluogo piemontese in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia. Nessuno dei consiglieri ha ritenuto doverosa una telefonate per spiegare il motivo del cambiamento di una scelta che mi era stata data ormai come sicura. Qualche giorno dopo solo una telefonata burocratica (forse suggerita da qualcuno…) del segretario generale. Detto per inciso, la sede di Torino è stata gratificata anche da un contributo FIDAL di euro 50.000, in violazione, a posteriori, dell’articolo 6 della convenzione tipo FIDAL- organizzatori di eventi top : “…la FIDAL non erogherà sovvenzioni economcihe all’organizzatore…”. Le regole sono state modificate dopo? Legittimo? Nonostante tutto, la Quercia ripresenta la candidatura anche per il 2012, forte anche della considerazione che il Trentino non ha mai ospitato gli Assoluti, pur contando su una storia importante per atleti, società, dirigenti, eventi organizzati. Ma ancora una volta Rovereto è stata cancellata. A questo punto mi sembra logico chiedersi se la tua sollecitazione dell’1 settembre 2009 ha perso il suo valore o se ci sono altre motivazioni che sfuggono alle mie capacità di comprensione (o forse facilmente comprensibili, come sostengono i dirigenti della mia società?). Ma io non ci voglio credere. L’U.S. Quercia, 66 anni di vita, impegnata su tutti i fronti dell’attività federale, dal settore giovanile a quello assoluto e fino ai master, è una delle società italiane più attive in campo organizzativo : Palio Città della Quercia (47 edizioni) , Cross Internazionale della Vallagarina ( 34 edizioni), Giro Internazionale di Rovereto (64 edizioni), Quercia d’Oro (43 edizioni) e può fare a meno dei Campionati Italiani Assoluti. Devo anche sottolineare che in 7 anni della Tua presidenza gli organizzatori di eventi internazionali di atletica mai sono stati convocati o interpellati per definire una strategia comune, per dare agli eventi anche una valenza di percorso tecnico per i nostri atleti di vertice, per concordare sinergie di marketing e di comunicazione ed è stato di fatto annullato il prezioso supporto ad hoc che gli uffici federali fornivano in tempi ormai lontani ( a cavallo del 2000) agli organizzatori privati. Eppure dovrebbe essere facilmente comprensibile il ruolo che gli organizzatori svolgono, con impegno e in mezzo a difficoltà crescenti, per mantenere a livelli decenti l’immagine della nostra atletica, che deve fronteggiare un calo di visibilità e di popolarità che è sotto gli occhi di tutti, al di là anche dei risultati dei nostri atleti, che non hanno bisogno di commenti. 
Grazie per l’attenzione e buona fortuna all’atletica italiana, che ne ha davvero molto bisogno. 


Cordialmente 
Carlo Giordani Presidente U.S. Quercia Rovereto 


PS: dopo le mie lettere con proposte costruttive inviate in questi anni su vari temi (regolamenti, calendari, grand prix di cross) e rimaste senza riscontro, resto in fiduciosa attesa di risposta. Rovereto, 4 ottobre 2011

17/10/11

C.d.s. Master, dopo 15 giorni, habemus papam

(lo stadio di Cosenza da Ambrosiana.org) - Sono bastati solo 15 giorni per sapere a chi sono toccati gli scudetti del campionato di società master 2011 sia maschile che femminile. Dopo un conclave di sole due settimane, ecco la fumata bianca che si leva alta e l'attesa finalmente è premiata. Dal palazzo della Fidal si apre il finestrone e il cardinale protodiacono Rossi, padre amatissimo del mondo master, annuncia "habamus papam"! Anzi "habemus papas, se il plurale fa così e le mie riminiscenze latine da sufficienza stiracchiata siano giuste, visto che oltre al titolo maschile c'era anche quello femminile. Naturalmente c'è da credere che tutte le società master con dirigenti, atleti, accompagnatori, figli, mogli, amici e affini abbiano aspettato l'esito della Santa Incoronazione sulla pista di Cosenza, all'addiaccio, sui luoghi dove il 31 di settembre, e l'1 e 2 ottobre avevano partecipato ai campionati individuali validi anche per il campionato di società. 
La procedura è stata innovativa e modernissima: al presidente di ogni società veniva data una pergamena da autocompilare con riportata la scritta: "eligo in Summum Ponteficem" con lo spazio dedicato alla propria società e i punti da attribuire. Comunque, le nuove società che si fregiano dello scudetto 2011 sono state l'Atletica San Marco Venezia, di cui ho letto un attacco frontale su altri lidi per aver sciolto il patto di non belligeranza veneto che imponeva ai sottoscrittori di non partecipare ai c.d.s. in aperta polemica con un c.d.s. così illuminante. Evidentemente poi sono successe altre cose che hanno consigliato ai dirigenti della società veneziana di ritornare sui propri passi, chiaramente inimicandosi tutte le altre compagini serenissime. Seconda la Liberatletica Roma e terza la Fratellanza di Modena. Tra le donne il titolo se l'è aggiudicato invece l'Assi Giglio Rosso di Firenze sulla Suedtirol e l'ASD Romatletica.
Ma quello che sorprende, per chi non lo sapesse, è il regolamento, che faccio fatica a comprendere, per il motivo che non avendoci messo la testa, non l'ho mai snocciolato. E' infatti troppo iniquo sommare tre fasi di campionati di società (le due regionali e quella finale) per attribuire un titolo nazionale di società. Non è il campionato di calcio, che si sommano i punti giornata per giornata. Nessun campionato di società di atletica arriva o è arrivato all'atto finale con la dote di punti guadagnati nelle fasi regionali. Ma poi con i punteggi a ritroso da 150 punti in giù per ogni fase (la prima società nazionale 150, poi 149, poi 148...) di fatto si è schiacciata la classifica in maniera parossistica, lasciando al caso e non alla reale forza delle società, l'esito del campionato di società. Grandi differenze di valori sulla pista tra gli atlete tradotte nel societario ad un solo punto. Ma che fosse un errore era già noto fin dall'inizio. Si sa che l'unico che ha spinto la creazione di questo campionato era di carattere vendicativo per le polemiche pre-Cagliari. Cerchiamo di ricordarcelo l'anno prossimo quando ci sarà da votare gli organi federali.

15/10/11

Milano, ennesimo scandalo: il XXV Aprile non omologato - 130 mila euro buttati

L'atletica milanese è rasa al suolo. Eticamente durante le ultime elezioni meneghine ha raggiunto il minimo storico quanto a credibilità, moralità, senso dello sport (dal versante società). Ora si aggiungono anche le beffe sugli impianti, che sono la degna prosecuzione. Se l'interlocutore delle amministrazioni comunali erano questi soggetti con cui erano interconnessi in mille ragnatele, si comprende benissimo perchè l'atletica milanese sia stata sempre più abbandonata a sè stessa da quegli stessi politici cui si era affidata, e sempre più fatta oggetto di umiliazioni (il mese di Jazz Festival all'Arena è stato indimenticabile), privazioni, promesse, che ci hanno portato al punto in cui siamo oggi: appunto, lo zero. Poi c'è da segnalare l'ennesimo fallimento di Milanosport, la società municipalizzata che gestisce lo sport nella capitale lombarda. Ma sui problemi degli appalti lasciamo che altri facciano luce.
Ma veniamo all'ultimo smacco in ordine di tempo: quello del XXV Aprile, struttura rifatta praticamente ex novo, costata al momento al contribuente italiano oltre 130.000 euro che possiamo dire come ad oggi siano stati bellamente gettati nel water. Bisogna rifarla affinchè ci si possa gareggiare. Non sono bastati mesi di chiusura e di disagi per i runners milanesi. Le diatribe su chi doveva piazzare la pista, i materiali, i ricorsi al TAR. Il risultato è questo: la pista è buona solo per allenarsi e non per gareggiare. La mazzata finale arriva direttamente dalla Gazzetta dello Sport di Milano in edicola oggi. Il titolo è già indiziante: "Vietato gareggiare sulla pista di Milano costata 130.000 euro"... ma è il sottotitolo ad aprire la voragine: "lo Stadio XXV aprile è un caso tecnico-giudiziario: bocciata dal Politecnico, fra costi e mancati ricavi, perde già 600.000 euro!". Proprio così: i tecnici del Politecnico di Milano sono usciti per omologare la pista ed in 20 punti hanno riscontrato che il test di assorbimento dell'energia non ha rispettato i parametri. O troppo invalidante per i risultati, o troppo elastica, non è dato di sapere. Il risultato non cambia: non è omologabile per le gare. 
L'estensore dell'articolo, Vincenzo Martucci, ipotizza alcuni motivi sul mancato superamento dei test da parte della pista, come il caldo. La medesima pista, infatti, a Lecce e Taranto, aveva superato gli esami: ma là il clima è chiaramente diverso e probabilmente la gomma più morbida con un assorbimento maggiore dell'energia fornisce una minor risposta elastica. Oppure la ragione potrebbe essere stata quella di esser andati un pò troppo al risparmio (25 € contro i 75 € del prodotto migliore: 3 volte peggio quindi). Oppure infine, una questione di carattere pratico: perchè non verificare prima se la pista fosse stata omologabile, piuttosto che andare avanti fino al termine dei lavori? Poi c'è stato il contenzioso con la Mondo, che è l'azienda che probabilmente starà ridendo a 36 denti di quanto sta accadendo oggi: esclusa dall'appalto della pista, ha vinto pure il ricorso presso il TAR contro Milanosport per le modalità di quell'appalto e l'affidamento ad aziende che non avrebbero avuto i requisiti per partecipare a quell'asta. 
L'ultima chicca dell'articolo? Che due anni fa il CONI stanziò 400 mila euro per il complesso del XXV aprile (tribune e pista inclusa). Tutto sfumato chissà dove. 
Ora, sarebbe forse giunto il momento che si faccia un giusto esposto da parte degli organismi Fidal locali per tutelare tutti i propri tesserati, che da questa ed altre vicende hanno ricevuto un danno con ingiusto guadagno da parte di chi non ha fatto le cose come avrebbe dovuto. 

14/10/11

World Masters: il Presidente Perkins premia solo i suoi connazionali

Sul sito della Fidal si fa menzione in questi giorni di un viaggio fiabesco dei maggiorenti della WMA (la Federazione Mondiale dei Master) in Italia, accolti da Adriano Rossi, vicepresidente della Fidal. Notizia da mani nei capelli: certo, al giorno d'oggi c'è di peggio, vedendo il nostro Paese come stia andando verso il baratro. Ma come dice un mio amico, ciò che produciamo a livello politico alla fine è espressione della superficialità che dedichiamo ad alcuni aspetti quotidiani. Ma chi ci governa, chi prende decisioni per noi, e che incide in un modo nell'altro nella nostre giornate, non può essere deciso dal caso o della superficialità sul modo in cui apprendiamo le informazioni su di lui. 
La gerontocrazia mondiale viene accolta in Italia da chi il mondo master italiano lo vede in tutti i modi tranne che di buon occhio: Adriano Rossi. Per questo c'è da mettersi le mani nei capelli. Per capire come funzionano le cose nella WMA, basterebbe guardarne il sito (lo trovate a questo link): desolatamente deserto per mesi: 4 notizie in 10 mesi. Poi qualche singulto ogni tanto, e ancora encefalogramma piatto per altri mesi. Non si capisce proprio, a parte viaggiare per il mondo, cosa facciano questi signori. Gli EMG e i WMG (la federazione "parallela") hanno dimostrato di essere a livello organizzativo molto più avanti: a Lignano si è assistito ad un livello organizzativo superiore a quasi tutte le manifestazioni master degli ultimi anni, eccezione fatta per la fastidiosa apertura sine die delle iscrizioni e qualche altro problemino. Perchè? Perchè hanno senso dell'organizzazione! Perchè i protocolli sono quelli del CIO e non l'improvvisazione da circo itinerante. Tra un'edizione e l'altra degli EMG o WMA c'è feedback! A chi ha partecipato agli EMG di Lignano è giunto via mail un questionario di valutazione dell'organizzazione. Quando si vuol dire "organizzare" anche per il futuro. 
Il neo presidente della WMA, l'australiano Stan Perkins, di sicuro la propria impronta al mandato ce l'ha messa: in due sole stagioni già tre australiani su 4 atleti totali (2 uomini e 2 donne), sono stati eletti atleti dell'anno e riceveranno il premio all'Athletics Awards di Montecarlo con tutti i più grandi campioni dell'atletica mondiale. E il quarto atleta è neozelandese... ovvero la nazione limitrofa ai kiwi. Chi macina di masterismo sa bene che si può avere un range vastissimo di possibili vincitori: 3 australiani su 4 (con l'ultimo posto disponibile ad un neozelandese) sono 3 prove fin troppo indizianti pur eletti da una mini giuria. 
A far gli onori di casa Adriano Rossi, che è forse l'ora che si dedichi con tutti gli altri consiglieri di questo disperato settennato e soprattutto Arese ad altri campi più felici della vita, dove sicuramente potranno mostrare il proprio reale ed indiscusso potenziale. Con questo campo specifico (l'atletica) purtroppo hanno dimostrato come non c'azzeccassero molto: ma l'elenco di consiglieri et similia naturalmente è lunghissimo. 
Quello che è stato fatto al mondo master quest'anno rimarrà una ferita troppo profonda per sanarla con qualche parolina dolce nell'anno olimpico... o meglio, elettorale. Può dispiacere per le persone, ma non certo per i soggetti istituzionali a noi note, e che rappresentano i master a tutti i livelli: hanno fallito, non hanno sfruttato le potenzialità e la grande crescita del movimento successiva a Riccione '07 e Ancona '09. Sono arrivati a penalizzare l'intero movimento per ripicca e su questo nessuno riesce a cambiare la mia idea (la negazione della finale dei c.d.s. master con il parto di questa nefandezza di c.d.s. che a oggi non ha dato ancora un vincitore). Si sono fatti guerre intestine e guerre dei poveri. Hanno avvallato un incremento mostruoso delle tasse sul tesseramento dei singoli master, aumentato del 30%. Basta.
Quindi? Quindi c'è bisogno di gente nuova, possibilmente con idee solide e che non si proni a logiche personalistiche e non che ricopra posti solo per accreditarsi con altre persone, per ottenere altre cose, che a loro volta accreditano verso altre persone... per ottenere altre cose, e così fino in cima. Davvero, basta. 

12/10/11

Lo sprint di Charlie Francis nel meraviglioso "viaggio" di Gianluca De Luca

Vi presento quello che rappresenta il primo sasso scagliato contro quella filosofia imperante sulle metodologie di allenamento dello sprint che in Italia ha massacrato decine di atleti, falcidiato manciate di generazioni, distrutto tendini e carriere e che, ancor oggi, vede i propri epigoni pontificare indefessi su metodi che, tralasciando le dubbie basi scientifiche e considerando i soli risultati, ha già cantato il proprio De Profundis da anni. Per fortuna c'è Internet, la Rete, che ha portato alla conoscenza dei più, metodi... diversi. Da qui è iniziata l'incrinatura che porterà al crollo del muro (e con un sottile gioco enigmistico, del Mulo, mi si consenta la battuta). Una delle filosofie più semplici e più dissacranti per il sistema italiano è sicuramente quella del guru Charlie Francis. L'ha raccolta e tradotta per tutti con un libro senza precedenti Gianluca De Luca, nel libro intitolato "L'allenamento della velocità - Il sistema di Charlie Francis". De Luca, 38enne napoletano, affianca all'attività di impiegato, quella di istruttore federale FIDAL, operatore shiatsu e massaggiatore, è alla sua prima opera letteraria, che (a mio modo di vedere) sarà una piccola pietra miliare. Da gennaio il libro sarà disponibile anche on line, sul sito www.ateneapoli.it, mentre da subito, per chi vuole, si può acquistare il libro direttamente presso l'autore contattandolo presso questo indirizzo mail luken@libero.it. Niente spese di spedizione e soli... 18 €. Clamorose sorprese dalla prefazione e nella postfazione, scritte da due mostri sacri che abbiamo il piacere di ospitare nel forum di Queenatletica: Luc e Ferrari. Eccovene alcuni estratti presenti nel libro... Vi consiglio naturalmente questo viaggio con Charlie Francis col quale Gianluca di accompagna.

Ecco alcuni estratti della prefazione di "Luc"

"Ho conosciuto Charlie Francis solo nel 2008. Mi occupo di mezzofondo e fondo, ma per vari motivi il settore velocità è parte dei miei interessi: ho sempre studiato l’atletica tutta, alcuni miei mezzofondisti si avventurano anche nei 400 metri e, cosa più importante, credo che il corpo umano sia lo stesso, per velocisti o per fondisti. Credo quindi che bisognerebbe arrivare a teorie unificate, come si cerca di fare in fisica, senza compartimenti stagni o addirittura conflitto intellettuale tra i cultori delle diverse specialità. Per questo ho iniziato a confrontare idee provenienti da ambienti diversi e sperimentare nelle discipline di resistenza idee provenienti dal settore velocità (estero). Circa questo libro di Francis, la cosa che immediatamente risalta è l’estrema chiarezza, la semplicità, aiutate anche dalla scelta della forma colloquiale." 

"Forse l’idea che può sintetizzare meglio il nucleo del discorso è contenuta in questa frase di Francis: “il 90% del problema dell’allenamento consiste in come non andare in superallenamento”. Geniale e rivoluzionario! Il contrario di quello che ho sempre sentito in Italia, ovvero che “più ci si fa il mazzo e più si migliora”. Questa filosofia (oltre ad altri problemi di natura economico-politica che esulano dal discorso tecnico) sta portando sempre più l’Italia verso la morte atletica".  

"Questa frase di Francis la considero il centro del suo sistema; tutto ruota intorno a lei: la programmazione della singola seduta, del microciclo, del ciclo annuale, la programmazione pluriennale. Francis ha capito benissimo che il RECUPERO di un allenamento è la cosa più importante e deve seguire certi andamenti biologici che possiamo dedurre ad esempio dalla misurazione dell’evoluzione di certi metaboliti e certi livelli ormonali. Francis ha capito benissimo che solo allenandosi intensamente poco spesso si possono raggiungere le alte intensità necessarie per prestazioni d’alto livello, principio che studiosi spagnoli del mezzofondo hanno recentemente confermato sperimentalmente (principio della POLARIZZAZIONE)". 

...Francis ha capito benissimo che è assurdo il concetto di “trasformazione” della forza nel singolo allenamento, concetto che è un cavallo di battaglia, un’ossessione in Italia, giustificato da quali basi… non l’ho mai capito. Francis ha capito benissimo che è meglio curare la forza alla fine di una seduta o a fine giornata, tranne che in alcuni casi di lieve “preattivazione neuromuscolare”... Francis ha capito benissimo i benefici e la modernità della programmazione annuale “verticale”, ovvero quella in cui durante tutto l’anno vengono curate tutte le caratteristiche, solo modulandone le percentuali relative di volume...

Anche Einstein in realtà non inventò nulla, le sue idee erano pronte già da decenni, ma in forma disintegrata; Einstein fu quello che ebbe il coraggio o la fortuna di metterle insieme in un tutto compiuto e trarne le debite conclusioni. Einstein fu il necessario “precipitato ideologico” di un’epoca. Questo è per me Charlie Francis nell’atletica: cerchiamo, con umiltà e onestà, di riconoscerne i meriti e, con furbizia, di beneficiarne. 

Ecco un paio di estratti della postfazione di Valerio Bonsignore, che il mondo virtuale conosce come... Ferrari

Perché le idee, i metodi e in generale il sistema di Charlie Francis mi sono sempre piaciuti, anzi, mi hanno affascinato? La risposta può essere suddivisa in base a due considerazioni: una personale e l’altra puramente culturale. Partiamo da quest’ultimo aspetto: il famoso premio Nobel per la Fisica, Richard Feynman (in “la legge fisica”), introducendo una sua discussione sulla natura della legge fisica, prese ad esempio la gravitazione, perché ne era interessato in “...quanto alla meraviglia di una natura che può obbedire a una legge tanto elegante e semplice come questa legge della gravitazione...”. Ecco, ho da subito considerato il pensiero di Charlie Francis semplice, efficace ed elegante. 

Sappiamo che ci sono fior fior di trattazioni di biomeccanica, neurofisiologia, fisiologia e tanto altro. Ma bisogna pur sempre andare al sodo perché altrimenti si rischiano solo inutili confusioni. Ed ecco che il discorso ricade sul CFTS: con dei semplici grafici e poche pagine uno può avere un’idea di ciò che rappresenta l’allenamento di uno sprinter in poche ore di studio e discussione (ovviamente la pratica pluriennale è fondamentale ma non è questo il punto della trattazione). Diamo un elenco di ciò che uno può leggere e comprendere con semplici schemi e grafici: 
  • gara e tecnica (definizioni); 
  • Vertical Integration (un capolavoro di chiarezza su come modulare volumi e intensità dei vari mezzi di allenamento ergo qualità); 
  • utilizzo di mezzi resistenti;
  • Plyometric Progression (da leggere insieme al Vertical Integration);
  • Periodizzazione Pluriennale;
  • EARLT (effetto allenante ritardato a lungo termine, da leggere insieme alla Vertical Integration);
  • Esempi di Schedules settimanali e integrazioni con il sistema di rigenerazione;
  • Periodi di Adattamento delle varie qualità motorie;
  • Sistema Long to Short – esempi e grafici;
  • Sistema Short to Long – esempi e grafici;
  • Progressione Pesi nel sistema di Periodizzazione Annuale e Pluriennale

11/10/11

C.d.s. Under 23: il mio punto di vista

(Darya Derkach, foto Stampa) . Penso che un blog come questo non debba schiacciarsi sui risultati, che sono disponibilissimi ovunque. Ma preferisco dare una chiave di lettura (la mia, quindi fallace e criticabile) a ciò che accade. Parliamo quindi dei c.d.s. Under 23. La prima cosa che mi vien da dire è che una gara di atletica organizzata a metà ottobre, è come organizzare una partita di hockey su ghiaccio a fine giugno. Solo Lemaitre (questa domenica) riesce a correre in 10"12 con 1,2 di vento contro: molti dei nostri sprinter invece corrono quasi vicini agli 11"... E poveri i cadetti, che come è ormai da tradizione, si trovano a gareggiare in questo periodo ormai da anni. Il problema, se me lo consentite, è quello sistemico in cui ci siamo strozzati. Le società dettano i calendari e gli individui (gli atleti) li subiscono. Ma del resto l'attività italiana di atletica è imperniata quasi essenzialmente sui c.d.s., relegando l'individualismo in secondo piano.

So che sto bestemmiando, nel senso che l'Atletica Italiana è una Oligarchia Antidemocratica fondata sulle Società, che confliggono tra di loro similmente alle scaramucce dell'epoca dei Comuni. Scendendo nell'esame storico, negli ultimi anni una Lega di Società, quelle Civilitatis, ha soverchiato quelle Militaribus e purtroppo questo eterno conflitto espone la penisola alle scorrerie di mercenari e penalizza gli italici. Io, è noto, sono per un modello misto, in cui agli atleti sia concesso di tesserarsi individualmente, senza vincoli societari, presentando solo il certificato medico in Fidal e ottenendo per questo il proprio tesserino: succede in quasi tutto il mondo civilizzato, ma mi rendo conto che sarebbe una sorta di terremoto deflagrante per la ragnatela di società atletiche italiane e per il loro peso politico in seno a questo mondo sportivo decisamente malato. Solo così, del resto, si potrebbe consentire agli atleti più rappresentativi di contrarre sponsorizzazioni più vantaggiose (il fatto di appartenere a società pagate dallo Stato pone limiti morali e pratici non indifferenti) che consentano di avere un tenore di professionalità che gli consenta di permettersi non solo un tenore di vita più agiato, ma anche di permettersi migliori strumenti di allenamento, di terapisti, dietologi... e magari pagarsi il Coach, professionalizzando, per induzione, anche questa categoria di persone. Invece tutto il sistema vegeta sul volontarismo, che di per sè è una cosa nobile, ma che limita fortemente il fattore essenziale: il tempo da dedicare ad un aspetto della vita. Un volontario prima lavora per campà, poi si dedica alla propria passione. Il professionista trasforma la sua passione nel proprio lavoro. Statisticamente dovrebbe ottenere risultati migliori.

Tutto questo panegirico mi ha portato troppo lontano, me ne rendo conto. Volevo parlare dei c.d.s. Under 23. Ma che senso hanno, mi domando, oggi? Le statistiche dicono che in Italia i Senior sono meno di 2000 su un totale di 150.000 tesserati. L'1,3 %. Questo implica come ai societari assoluti l'ossatura delle squadre le facciano con buone percentuali soprattutto le promesse e gli junior, con l'innesto degli atleti militari non-promesse, che sono gli unici senior di un certo lignaggio in Italia. Gli altri... abbandonano sistematicamente con l'ingresso nel mondo del lavoro e della scuola. Per questo teorizzavo un campionato italiano dai 23 anni ai 30 (da innestare tra l'attività master e quella giovanile... come nel ciclismo) per dare un obiettivo che non siano le staffette dei c.d.s. ad un piccolo esercito di atleti non-elitari e non-militari. Si potrebbe così avere la categoria 23-30, che segua quella promesse; poi quella 30-34, e poi quelle già esistenti inserite nel mondo master: 35-39, 40-44, 45-49... se poi uno ottiene anche il minimo per i campionati assoluti, buon per lui. Ma senza stimoli non si fa avanti in uno sport così difficile e questo l'hanno capito nel nuoto e nel ciclismo, appunto, che accanto ad un mondo professionistico, prevedono per tutti dei campionati per non-professionisti. Nei prossimi giorni esprimo meglio questo concetto. 

I c.d.s. Under 23, come i campionati Under 23, sono una duplicazione o una sovrapposizione, in molti casi, dei campionati assoluti. Negli States non esiste nemmeno un campionato Under 23 individuale. Bolt a 23 anni era già Bolt! Ma di sicuro ai campionati americani, che hanno un occhio più allenato allo show-business, hanno deciso di fare una manifestazione di più giorni (in Italia in due pomeriggi si vuole finire tutto in fretta) dove vi siano sia i campionati assoluti, frammisti a quelli junior. In Italia si organizzano tre campionati distinti (junior, promesse e senior), con dispersione organizzativa, scarso interesse mediatico, e sfruttamento dei giovani più promettenti, costretti a correre ai massimi livelli per due o tre settimane consecutive.

Mi sto dilungando troppo e si perde contezza di quello che è successo nella finale dei c.d.s. Under 23. La vittoria tra gli uomini è andata alla Studentesca Cariri di Rieti, che è noto è una centrifuga di atleti con pochi eguali in Italia. Piuttosto, sintomatico come la Riccardi navighi invece in fondo alla classifica tra gli Under 23 nonostante lo scudetto assoluto: mai competitiva. La Cariri ha infilato sei vittorie: col velocista Lorenzo Valentini (che vanta un titolo italiano assoluto sui 400 indoor quest'anno) che ha vinto i 100 in 10"77 e i 200 in 21"59. Altra punta vincente Mohmed Abdikadar, primo su 800 e 1500: 1'53"17 e 3'52"13. 5^ vittoria per il triplista Mario Romano (14,99). Simone Falloni, nel martello, fa sei con un sontuoso lancio a 68,31. Gli altri? Hassane Fofana (Atl. BG) domina i 110hs con 14,29, mentre l'italianizzante Yassine Rachik (Cento Torri) vince i 5000 con 14'32"19. Marco Fassinotti non ha avuto problemi nell'alto, anche se lontano dai suoi apici: 2,15. Bordata nel lancio del peso di Daniele Secci, a millimetri dal proprio personale: 18,54. Poi vince anche con 47,55 nel disco.

Tra le donne sorprende la squadra laziale dell'Audacia Record Atletica (almeno, a mia sorpresa). Le vittorie (3) le arrivano dai 400, da Flavia Battaglia (56"54). Nei 100hs, l'Audacia sfodera Giulia Pennella (13"68), mentre la terza vittoria arriva su testimonianza della 4x100: 47"21. Nelle altre specialità spazio ad (alcuni) tra i migliori under-23 italiani sulla scena: Martina Amidei, un'altra sprinter di quelle (tantissime) che al momento vive sulla border line dell'11"8 (11"85 a Modena), ovvero la quasi totalità delle migliori sprinter nazionali fatta eccezione per la Giovanetti. Ilenia Draisci invece, dopo una prima parte di stagione assai frizzante, sembra essere arrivata alle arachidi post-pranzo natalizio. All'Amidei anche i 200: 24"51. Alle noccioline deve essere arrivata anche Darya Derkach, che probabilmente Arese la deve aver incatenata all'albero di maestra della propria nave, per non cedere alle sirene spagnole, ucraine, arabe... Speriamo solo che l'atleta faccia poi l'atleta e non la pedina di qualche gioco strano. Non importa con quale maglietta. Così... dopo millequattrocentosedici gare nel corso del 2011, nel lungo si ferma a un normalissimo 5,83 ma un notevole 1,70 nel salto in alto. Il mezzofondo, figlio di qualche sicuro tatticismo, per ora dimostra  l'anemia e l'assenza di due generazioni: per fortuna c'è la nuova Giulia Martinelli che passeggia (ma nemmeno tanto) sui 3000 siepi: 10'09"48. Chiara Vitobello si arena a 1,76 nel salto in alto (ma anche per lei siamo a fine stagione). Giorgia Benecchi sta tornando alla forma espressa nel passato inverno: 4,05. che carburi solo quando c'è aria fresca? Anna Visibelli si toglie lo sfizio di battere la Derkach  nel lungo (5,95), mentre la solida Cecilia Pacchetti aggiunge un c.d.s. ai suoi honours con 12,57. Tamara Apostolico si pavoneggia (non trovavo più verbi...) nel disco con 51,14, che è misura nobile. 59,90 per Francesca Massobrio (che il rotacismo naturale della "R" della lingua italiana, porterebbe a chiamare Massorbio) sfiora i 60: 59,90.  

10/10/11

La terza giornata del Criterium di Jesolo

Eleonora Vandi (dalle foto pubblicat sul sito FIDAL)
(di Sasuke) Interessantissima la terza (ed ultima) delle tre giornate dedicate ai campionati italiani per la categoria cadetti. Sono arrivati gli unici due record della rassegna, entrambi nel campo delle prove multiple. Settore che in Italia è messo più che male (in campo internazionale si difende solo Francesca Doveri, azzurra a Daegu) e che ultimamente produce molti record nelle categorie giovanili. Al maschile, in realtà, non c'è stato grande cambiamento. Il lombardo Simone Fassina ha migliorato di oltre cento punti il già suo record (14"09 nei 100hs, 1.93 nel salto in alto, 6.02 nel lungo, 45.39 nel giavellotto e 3.01.85 nei 1000 metri) arrivando a sfiorare il muro dei 4000 punti (3991). A dirla tutta, con i suoi risultati, il ragazzo avrebbe potuto vincere (!) il salto in alto, piazzarsi undicesimo nel lungo, decimo nel giavellotto, ventesimo nei 1000, e quinto negli ostacoli. Un bel talento, da seguire. Dietro di lui vicino al precedente limite (3820 contro 3850) anche il toscano Stefano Mistretta.
Discorso analogo tra le cadette. Giulia Sportoletti arriva a del veneto a 4522 punti strappa il primato ad una allieva di talento come Ottavia Cestonaro. Record che, tralaltro, risaliva ad appena l'anno scorso. I suoi risultati: 12.12 negli 80hs (le valevano il secondo posto!), 1.72 nel salto in alto (primo posto anche per lei come per Fassina), 32.96 nel giavellotto (quindicesima), 5.50 nel lungo (vittoria anche in questo caso!) e 1.44.96 nei 600 metri.
Da notare come entrambi gli atleti avrebbero potuto vincere anche in altre specialità. Seconda, ma lontana, l'altoatesina Lisa Seppi (4131).
Tra le altre gare sicuramente la finale del salto con l'asta, vinta con un notevole 3.50 dalla pugliese Francesca Semeraro, che ha poi tentato di prendersi il limite nazionale di Amalia Cinini posto a 3.55. Due le cose da notare: la prima è che la gara di asta è durata 3 ore e 10 minuti (comprensibile quindi una certa stanchezza) nella giornata di sabato, la seconda è che la ragazza è solo al primo anno di categoria. Sicuramente un talento da tenere d'occhio. Seconda, come altre due con più errori, Helen Falda a 3 metri.
Nei 1000 metri femminili vittoria di Eleonora Vandi, della quale personalmente aspetto con grande interesse l'entrata nella categoria allieve, che va a vincere creando un enorme distacco con un tempo, 2.59.03, non eccezionale. Al maschile affermazione del trentino Lorenzo Pilati, anche valido trecentista, che vince portando il personale a 2.35.67 con un rettilineo finale ancora in piena spinta. Buona la sua tattica di gara (niente strappi nella prima parte) che gli ha permesso di battere il capolista stagionale Marco Scantamburlo (2.36.01). Tra gli altri risultati, 16.75 di Sebastiano Bianchetti nel peso, 1.88 di Filippo Lari nell'alto e 42.04 di Sara Corradin nel giavellotto. Chiudono le staffette, 43"98 (stessi tempi al centesimo) per i cadetti di Lazio e Veneto e gran 48"07 per le ragazze della lombardia (non lontane dal limite nazionale).

09/10/11

Italiani Master, Cosenza: statistiche sulle F35


  • In generale: la scarsa partecipazione di cui si è parlato nei precedenti articoli, ha portato a non vedere risultati in alcune specialità, come nel martello, nel martellone e nella 4x400. 3 nulli per l'unica astista presente. 393 i titoli assegnati tra le F35 nei campionati italiani dall'istituzione dei campionati italiani master outdoor. Tra le plurivincitrici di categoria, troviamo Tiziana Biagioni con 9 titoli (100, 200 e 400); Rosati Rosanna 8 titoli (peso, 400 e 400hs 800 e ... martello). Paola Tiselli (400, 800 e 1500) e Luciana Kerp (alto, peso e 100hs) vantano 7 titoli. 6 titoli infine  per Simonetta Testi (disco e peso), Pasqualina Proietti-Pannuzzi (disco, martello e peso), Rosa Marchi (100, 200, 400); Isabella Cagali (100 e 200); Flavia Borgonovo (lungo, triplo). Il five-in-a-row, ovvero le 5 vittorie in tutti gli anni di categoria, tra le F35 è riuscito solo a due atlete: Tiziana Biagioni, capace di vincere i 400 ai campionati italiani nelle edizioni consecutive dal '90 al '94. E Lucia Leonardi, vincitrice del disco dal 2004 al 2008. 
  • 100-200-400 metri: vince 100 e 200 Cristina Sanulli con 13"05 (-0,8) e 26"46 (1,6). 4° titolo per lei (3 sui 200, di cui uno indoor e questo sui 100). Per il 5° anno consecutivo il titolo dei 100 lo vince un'atleta tesserata per una società emiliana (3 Reggio Emilia, 1 Parma e 1 Bologna). In 28 edizioni di 100 metri F35, il tempo della Sanulli si colloca al 7° posto tra le vincitrici (in pratica per vincere un titolo italiano in 6 circostanze si è corso più veloci). 3 atlete hanno vinto 3 titoli, il massimo nel binomio F35/100: Nadia Bandini, Isabella Cagali e Barbara Valdifiori. Miglior tempo per ottenere la vittoria, il 12"37 (ventoso) di Tiziana Bignami a Cattolica nel 2009. Sui 200 Rosa Marchi, Tiziana Biagioni e Isabella Cagali vantano 3 titoli, il massimo fino ad oggi. Sui 400, invece, il titolo finisce (1'01"70) a Paola Tiselli, che ottiene anche la prima tripletta della storia delle F35 400-800-1500. Per lei dovremmo avere un carnet complessivo di 16 titoli italiani tra indoor e outdoor. Solo quest'anno 5 titoli italiani (2 nei 1500, 1 nei 3000, 1 negli 800 e 1 nei 400). 
  • 800-1500-5000-2000 siepi - appesi al muro altri due titoli nel mezzofondo per Paola Tiselli, come già raccontato. 2'21"67 suli 800, davanti a Teresa Latella (2'22"43) e Sonia Marongiu (2'23"10). 3° titolo sugli 800 outdoor per la laziale, ovvero il record di vittorie nel binomio 800/F35. 3 titoli targati Tiselli anche nei 1500 (anche qui il record di titoli per una F35): a Cosenza l'oro viene conquistato con 4'54"53. Seconda Elisa Gabrielli (4'55"41) e terza, ancora una volta, Sonia Marongiu (4'56"15). Per fortuna il titolo della Marongiu arriva nei 5000: 18'09"72, ovvero il secondo tempo di sempre ad un campionato italiano F35. Meglio di lei aveva fatto solo Jacopa Fragapane a Milano nel 2007 con 18'07"76. Primo titolo italiano di sempre in pista per la sarda dell'Atletica Città di Padova. Elisa Gabrielli, infine, si guadagna il titolo dei 2000 siepi in solitaria, con il tempo di 7'35"59. Primo titolo anche per lei. 
  • alto-asta-lungo-triplo - nel salto in alto, gara al cardiopalma, con le due atlete presenti (Maria Paola Loddo e Rebecka De Luca) che finiscono la gara entrambe a 1,35, con lo stesso errore alla prima. Fatto alla prima 1,32 per entrambe. E così peserà sulla gara il salto introduttivo della seconda, a 1,20 della De Luca, che le costerà lo scudetto. Per la Loddo 5° titolo italiano (4 nelle prove multiple e 1, questo, nell'alto). Il titolo per il secondo anno consecutivo finisce così in Sardegna, visto che l'anno scorso a Roma vinse Daniela Marini, del Cus Sassari. Nell'asta Roberta Greco non riesce a superare la misura d'entrata e il titolo rimane vacante per il terzo anno consecutivo. Nel lungo-triplo, ennesima doppietta della comasca Flavia Borgonovo. Pensate: con quelli di Cosenza, sono 11 i titoli italiani consecutivamente vinti tra lungo e triplo, indoor e outdoor tra le F35 dalla stagione 2009. L'ultimo titolo non conquistato, fu la gara di triplo indoor proprio di quel 2009, vinto da Nely Mery Greceanu. Da allora 5 doppiette a 5 campionati italiani. Il 5,60 con cui ha vinto a Cosenza è il miglior risultato nella storia dei campionati italiani master; mentre 11,36 nel triplo. 
  • peso-disco-giavellotto-martello-martellone - doppietta peso-disco per Antonella Cicchinelli, con 7,52 e 21,47, purtroppo con una sola avversaria in due gare. Primi due scudetti per la Cicchinelli. 10 le doppiette peso-disco nella storia della categoria. Martello e martellone non hanno visto atlete in pedana, mentre nel giavellotto bel 37,46 per Maria Giovanna Brindisi. Anche per lei primo titolo. Per vincere un campionato italiano F35 solo in due circostanze si era fatto meglio, con il pazzesco 48,19 di Veronica Becuzzi nel 2007 a Milano a svettare.

Cosenza, Italiani Master: 100 e 200 M35

di Dean - Nella lunga carrellata di gare che hanno visto impegnati gli italiani under-40 a Cosenza mancano le “fatiche” dei velocisti: i 100m e i 200m! chi si è aggiudicato il titolo italiano? Il protagonista delle prove di velocità, con quelle di questi ultimi campionati ha totalizzato il maggior numero di vittorie tra 100 e 200 a un campionato italiano: ben 8, 4 nei 100m e 4 nei 200m. E tutte le prove sui 200m le ha concluse con un tempo sotto i 23”. Ma veniamo ai campionati italiani 2011: 11"15 e 22"68 sono stati necessari per vincere i rispettivi titoli sui 100m e 200m. ….di chi sto parlando? Di uno dei nostri redattori: Andrea Benatti! Capite perché mancavano le due gare??!! Così Andrea saluta gli M35.

di Andycop - La cronaca diretta è sempre difficile da eseguire e soprattutto appare un pò troppo autocelebrativa, almeno... dal mio punto di vista. Che dire? Grazie a chi ha pensato a me!

08/10/11

Italiani Cadetti - gli ''highlight'' delle prime due giornate


La neo-campionessa dei 2000 e primatista italiana Nicole Reina
(di Sasuke) L'anno scorso circolava la voce che i campionati italiani cadetti (o criterium) rischiassero la chiusura. Pareva, infatti, che organizzarli fosse molto oneroso e che facesse perdere ai ragazzi ''preziosi'' giorni di scuola. Da quello che mi sembra di aver capito in altri stati, come gli USA, organizzano addirittura campionati nazionali per le categorie ragazzi ed esordienti. E qui si pensava di poter eliminare i nazionali per i cadetti. Per fortuna non è accaduto; la massima rassegna cadetti funziona comunque, prima che come campionato individuale, come 'campionato italiano per regioni'. I minimi di partecipazione, il massimo del non-sense (avremo il minimo di lungo cadette a 5.25 mentre il minimo allieve a... 5.20), sono pazzescamente proibitivi (per non dire impossibili) ma questo non impedisce di avere una partecipazione numerosa grazie a alle rappresentative. Come funziona? ogni regione deve formare una squadra che comprenda un atleta per ogni disciplina. Risultato? atleti iscritti con prestazioni come un metro nell'alto femminile o 15 metri nel disco. Va bene far fare esperienza a questi ragazzi, però portare ad una rassegna italiana atleti di livello così basso non mi sembra vincente come soluzione. Qualche ragazzo risulta comunque iscritto come individuale, ma sono una minoranza. Vediamo comunque i risultati più interessanti; è bene cominciare con il dire che nessun primato italiano è stato ancora battuto (alla fine della seconda giornata).

Cominciando dalla velocità. Al maschile, gli attesi protagonisti di 80 e 300 metri, rispettivamente l'umbro Filippo Pecchioli (capace di correre, da cadetto, i 150 in 16"65, i 100 in 11"11, i 200 in 22"68, gli 80 in 9"02 e i 60 in 7"25) e il lombardo Mattia Venza (35"32 il suo accredito sui 300), si sono presentati entrambi reduci da più o meno gravi infortuni. Il primo si è difeso negli 80 (terzo con 9"40, vittoria a Gabriele Gargano in 9"32 con forte vento contrario, -1.8) mentre il secondo è giunto decimo nei 300 (37"74 per poi rinunciare alla finale vinta da Marco Ribotta con un ottimo 35"88, unico atleta a scendere sotto i 36). Gli ostacoli incoronano Leonardo Bizzoni (13"67) che la spunta di poco su Guglielmo Tadini (13"72) sempre con forte vento contrario. I 300hs vedono un ragazzo siciliano, Giuseppe Biondo, scendere sotto il muro dei 39 (sempre difficile per un cadetto) che va a vincere in 38"83. Bravo anche Matteo Beria (39"27). La velocità femminile si comporta in maniera a quella maschile; sia la favorita degli 80 (Chiara Rollini, unica accreditata con meno di 10") che quella dei 300 (Denisa Rega, unica sotto i 40") si sono dovute arrendere di fronte alla bolzanina Julia Calliari (10"22 contro 10"31) e ad Anna Schena (40"33 contro 40"61). Negli ostacoli vincono Daisy Osakue (12"03) su Lisa Proserpio (12"22) mentre nei 300hs gran tempo di Miriam Martini (44"33) su Ayomide Folorunso (44"95).

Nel mezzofondo, dove fino ad ora si sono disputati solo i 2000 metri, belle le affermazioni di Nicole Reina (fortissima cadetta che ha dominato i 1000 e i 2000 questa stagione) che come al solito stacca notevolmente le avversarie andando a vincere in solitaria in 6.14.99 e di Yemaneberhan Crippa. Il trentino, che mirava al record italiano di Cosimo Caliandro, vince con il personale portato a 5.34.15; gara su ritmi molto veloci che ha portato i primi 7 al personale.

Continuando con i salti. L'asta maschile è andata a Gabriele Spotafora con 3.90 mentre il combattutissimo (e ventosissimo) salto in lungo (pochissimi i salti validi) la vittoria va ad Alessandro Li Veli con 6.66. Non in grandissima condizione il forte triplista toscano Donatello Dallai (comunque 13.71 contro un personale di 14.25). Al femminile, bella prova di Erika Furlani nel salto in alto (1.68 senza errori) mentre un po' più modesto il lungo (vittoria a Sarah Sellerori con 5.44 sulla campionessa uscente Francesca Bianco, 5.36). Non male neanche il triplo, vinto da Benedetta Cuneo che arriva fino a 12 metri esatti.

Concludendo con i lanci e la marcia, il disco cadetti va a Giulio Anesa (ottimo 47.37) con quattro atleti oltre i 40 metri mentre davvero notevole l'ultimo lancio del cadetto, primo anno di categoria, Tiziano di Blasio (64.97) staccando il secondo di dieci metri. Tra le donne buono il 13.59 di Claudia Bertoletti nel peso e discorso analogo per il notevole 51.93 di Lucia Prinetti nel martello. Non male il 33.77 di Wendy Baonga nel disco. Nella marcia non male il 18.57.45 del pugliese Gregorio Angelini (stranamente non un prodotto dell'atletica Don Milani) mentre al femminile i 3 km vanno alla primatista italiana Noemi Stella (14.00.29).

Da notare come, purtroppo, di molti dei detentori dei record cadetti molti non siano riusciti ad esprimersi a livello più alti nelle categorie successive. Speriamo che questi atleti riescano a confermarsi da assoluti.

Cosenza, Italiani Master: gli M40

(foto E. Ghidetti - il podio dei 200 M40) - Nella nostra analisi dei risultati dei campionati italiani, passiamo adesso alla categoria M40. Visto il tempo che mi serve per ognuna di esse, se qualcuno avesse richieste particolari, posso anticipare alcune categorie a scapito di altre. Contattatemi pure al io indirizzo gigaben@yahoo.it. Intanto vi segnalo che inserirò a breve alcune gallerie fotografiche prodotte da Enrico Ghidetti. Ma torniamo alle statistiche degli M40 e facciamo una breve analisi degli avvenimenti.

Velocità (100, 200 e 400): è mancato un vero e proprio dominatore, anche per il ritorno veemente al suo anno di categoria di Max Scarponi, che ha negato a Paolo Chiapperini la gioia della doppietta 100-200. Eppure Chiapperini, prima della sfida diretta sul mezzo giro, aveva mostrato una grande esplosività nello start dei 100, siglando un notevole 11"12 pure se aiutato da una bava di vento oltre il limite (2,3). 7° titolo italiano per Paolo, il 4° da M40, il secondo sui 100, di cui si era già fregiato nel 2005 tra gli M35 con un notevole 10"92. Secondo il "nuovo" Luigi Cicchetti, arrivato da poco all'atletica dalle arti marziali e discepolo di Mario Longo (11"54). Nei 200 avviene una situazione poco chiara, figlia del pasticcio originario dell'assimilazione dei c.d.s. con i campionati individuali. Anzichè rispettare il censo (i tempi di iscrizione) degli atleti per l'attribuzione delle corsie (così come regolamentato), le stesse vengono assegnate per sorteggio Sigmatico. In pratica le regole dei c.d.s. a soverchiare quelle degli individuali, penalizzando quindi chi non era lì per correre un societario. Così Chiapperini, col miglior tempo, finisce in 1^, mentre Scarponi in 6^: una sfida per raccomandata A/R. Il canovaccio è stato il solito: partenza a curvatura per Chiapperini e finale in rimonta per Scarponi: 23"26 a 23"37. Tra le due armi, ha vinto la seconda. 13° titolo per Scarponi, il 3° nel solo 2011 (60 e 400 indoor gli altri scudettini). 5° titolo personale sui 200 (1 da M35 e 4 da M40). E Scarponi si è anche cinto il capo dei 200 M40 per la quarta volta consecutiva, diventando l'atleta più vincente in questa specialità nella storia dei 200 M40. Al secondo posto Claudio Ranzini, fermatosi a 3 vittorie (nel '97, '98 e 2001) e Franco Pioli (3 consecutive dal 1987 al 1989). Curiosità: tra i vincitori di 2 titoli, anche il leggendario reggiano (come me... reggiano, non leggendario) Pasqualino Abeti, chi se lo ricorda? All'attivo le olimpiadi di Monaco '72, 3 europei, un bronzo continentale nella 4x100, primatista mondiale della 4x200 con Mennea, 30 caps in azzutto e 6 titoli assoluti. Torniamo ai 200: Chiapperini, secondo, sul traguardo si  tuffa come Greg Louganis ma senza che sotto al trampolino da 10 metri vi sia la piscina. Risultato? Frattura della clavicola. Un applauso per tutte le guerre che diventano le sue gare. Terzo un sempre più performante Pierluigi Acciaccaferri, con 23"61. Nei 400 orfani a vario titolo di Edgardo Barcella e dello stesso Max Scarponi, spazio al già citato Luigi Cicchetti (che totalizza così un oro, un bronzo e il 4° posto nei 200: gran bel campionato italiano). 52"60 e primo titolo della carriera in saccoccia. Vincenzo Felicetti rimane il più titolato nel binomio, con 4 titoli consecutivi dal 1990 al 1993. A 3 titoli c'è "the Coach" Riccardo Longinari. Negli ultimi anni, doppietta di Saraceni (2004-2005), e di Fabio Scarfò (2006-2008). Alfonso Scarfone, invece, arriva secondo nella gara di Cicchetti con 53"14 e terzo ancora Acciaccaferri con 53"43. Per il marchigiano due bronzi e un legno a Cosenza. 

Fondo-Mezzofondo (800-1500-5000-10000): nell'800 la fuga-bidone (come la chiamano nel ciclismo) porta al primo titolo italiano il carneade (fino all'altro ieri) Giovanni Telesca che sigla con 2'01"76 anche il suo miglior crono dell'anno. Il favorito assoluto, dopo qualche assenza pesante, era però il già citato Alfonso Scarfone, che in pieno controllo della gara, aveva considerato quella fuga poco credibile. Si sbagliava. Diciamo che il vero problema è stato però a monte: le iscrizioni in loco. Telesca infatti non compariva nemmeno nelle liste degli iscritti alla gara (qui il link) non consentendo quindi ai propri avversari di poterlo considerare nell'economia della gara. Il "ragazzo" vantava prima di Cosenza un 2'04"5, comunque non disprezzabile in un finale concitato. Per come la vedo io, le regole devono essere certe, per mettere tutti sullo stesso piano sportivo: se c'è una deadline per le iscrizioni, quella deve essere. A parte questo, come non stupirsi della grande prova del pugliese? Secondo argento invece per Scarfone con 2'03"69 che così non doppia il titolo conquistato al coperto quest'anno. A livello statistico nessun atleta ha mai vinto più di 3 volte questa competizione nel binomio (M40/800): sono arrivati a 3 scudetti Fabio Biferali, Giovanni Ferrari, Roberto Brancatelli e Konrad Gaiser. Nei 1500 primo titolo italiano per Rocco Ancora, in un finale da photofinish che non si vede nemmeno nei 100 metri: 4'17"32, contro il 4'17"52 di Prisco D'Arco,  il sorprendente terzo posto del favorito Gianni Bruzzi (4'17"57) e il quarto di Andrea Frezzotti (4'17"67). Storicamente, solo Giovanni Ferrari è riuscito a vincere 3 titoli. Il 5000 lo vince Riccardo Baraldi con 16'00"73, davanti al vincitore dei 1500, Rocco Ancora. Baraldi doppia il titolo dell'anno scorso a Roma e si pone con altri 6 atleti a 2 vittorie in scia a Ezio Rover, che vinse a metà degli anni '80 3 titoli. Baraldi, del '70, avrà la possibilità di raggiungere quel record. Sui 10000 primo titolo per Kamel Hallag, con 32'57"67 che batte proprio il citato Baraldi di 50". 

Ostacoli (110hs-400hs-3000siepi) - Paolo Bertolissi regola di soli 6 centesimi Gian Luca Camaschella: 17"00 a 17"06 (con 2,0 di vento) e si porta a casa il secondo titolo da M40 sugli ostacoli alti. Ma vicinissimo ai due anche Raffaello Baitelli, terzo con 17"10. Proprio quest'ultimo si impone invece sui 400hs (primo titolo italiano di sempre) con 1'01"34, sempre su Camaschella (1'02"09) che torna in Piemonte con due argenti negli ostacoli. Claudio Rapaccioni è l'unico che sia riuscito a vincere 4 titoli nel binomio 400hs/M40. Tre atleti invece vantano 3 titoli (Frederic Peroni, Antonio Montaruli e Roberto Del Coro). Walter De Laurentiis doppia il titolo dell'anno scorso sulle siepi correndo praticamente lo stesso crono di Roma: 10'09"30. Così facendo raggiunge a due titoli Sergio Trinca, Gianluigi Bagozzi, ad un solo titolo da Mariano Morandi, arrivato a tre titoli. Per Walter terzo titolo italiano individuale (tutti sulle siepi) dopo i due citati e quello conquistato nel 2006 da M35. 

Salti (alto-lungo-triplo-asta) - Vince nel salto in alto il proprio primo titolo italiano Ivan Spini con 1,78. Battuto Marco De Angeli, che con lui si divideva i favori degli Dei (1,75). Marco Segatel e Angelo Vecchio, con 3 titoli a testa, rimangono i più vincenti della categoria in questa specialità. Nell'asta Damiano Capece si aggiudica agevolmente il titolo con 3,50. Primo titolo italiano anche per lui. Nel binomio il più vincente è stato Rodolfo Silvestri con 4 titoli italiani, dal 2000 al 2004. Con 3 titoli Enrico Grosso e Giorgio Dannisi. Nel salto in lungo, prestazione da macho per Stefano Tarì, atterrato a 6,74 (ma ventoso... c'è anche un 6,39 regolare nel seeding), 85 centimetri in più del secondo, Alberto Tifi. Seconda prestazione di sempre per vincere un campionato italiano M40 (pur se ventosa), dopo il 6,91 di Roberto Bonvicini del 2008. 4° titolo italiano per Tarì, tutti nel lungo e tutti nelle due ultime stagioni tra indoor e outdoor: due da M35 e due da M40. La classifica dei titoli vede in fuga Franco Menotti con 4 coccarde. 4 gli atleti invece a 2 titoli. Ad un titolo vinto (quello del 2001 con 6,39), tra i tanti, spunta un certo Goffredo Melogli: per chi macinava "atletica patinata" negli anni '70-'80 non potrà certo dimenticarlo. Fenomeno nelle categorie giovanili, fino al record italiano allievi a 7,52 nel lungo. Nel salto triplo, infine, Alberto Tifi vince il suo primo titolo italiano (anche se in famiglia con le staffette indoor si arriva a 4). Vittoria netta: 12,04. Nella categoria, i master&commander sono stati due: Crescenzio Marchetti e Paul Zipperle, entrambi con tre titoli. 

Lanci (peso-disco-martello-giavellotto-martellone) - Riccardo D'Angelo piazza la doppietta peso-disco, con 11,96 e 42,62. In entrambi i casi, secondo Francesco Acquasanta, rispettivamente con 11,62 e 41,37. Per D'Angelo 3 titoli italiani master in totale. Nel peso, statisticamente, nessun atleta è mai riuscito a vincere 4 titoli. A 3 titoli sono arrivati Aronne Romano e Francesco Carcioffo. Nell'albo d'oro della categoria compare pure Angelo Groppelli, più volte nazionale italiano (28 caps), primatista italiano (4 miglioramenti del record italiano del peso) e campione nazionale (4 titoli all'aperto e 3 indoor) con un personale di 20,03 (ottavo uomo italiano di sempre). Nel disco D'Angelo doppia il titolo dell'anno scorso. Prima di lui, aveva imperversato Antonio Pietrangelo, uno dei pochi M40 ad essere riuscito nel filotto di titoli nel passaggio della categoria, ovvero il massimo ottenibile: 5 titoli consecutivi nel lancio del disco dal 2005 al 2009. Antonio Maino si era fermato a 4 quando fu il suo turno tra gli M40. Anche qui si trova il titolo di Groppelli. Martello e martellone li domina invece senza alcun dubbio sugli esiti delle gare, Francesco De Santis. 49,34 nel martello e 13,75 nel martello con maniglia. Nel primo attrezzo per De Santis si tratta del 4° titolo consecutivo, cui potrebbe aggiungere il 5° l'anno prossimo, per il filotto. Con 4 titoli è comunque diventato il più vincente M40. Stesso-identico discorso per il martellone: 4 titoli consecutivi (e 4 doppiette, quindi) e per sintetizzare, 8 titoli ai campionati italiani individuali. Se ampliamo lo sguardo alla sua carriera, fino al periodo da M35, i titoli italiani consecutivi diventano 14: dal 2005, ovvero da 7 stagioni, De Santis vince nell'accoppiata martello-martellone senza soluzione di continuità. Giavellotto infine ad appannaggio di Matteo Romano con 43,24. Primo titolo italiano di sempre. Due gli atleti con 4 titoli in questa specialità: Roberto Rusalen e Claudio Lazzari.

Marcia 05 km - titolo a Bernardo Cartoni con 23'48"92. Solo il pioniere master Franco Ceccangeli riuscì a vincere 3 titoli in questa disciplina, che nel corso degli anni ha attribuito titoli anche nei 10 km. Dopo di lui, su 25 titoli, solo due atleti hanno "doppiato": Mauro Ronchi e Bruno Sgarbi. 5° titolo per Cartoni, che aveva già vinto due titoli indoor e due all'aperto. 4 titoli da M35 e questo da M40.