28/06/11

Marzia Caravelli, oggi etoile per la stampa: il prototipo dell'atleta fai da te all'italiana

Se avessimo avuto dubbi sull'atleta-copertina degli italiani assoluti, oggi i maggiori quotidiani italiani ce li hanno spazzati via. Marzia Caravelli, vincitrice di 100hs e 200 con il 4° tempo di sempre in Italia negli ostacoli e un tempone nei 200, a pochi centesimi dal limite "B" per Daegu. Un attimo, però: io di super-Marzia Caravelli ne sto parlando sin dalle prime uscite sui 200, dal sensazionale 23"1 di Latina al 13"12 di Gorizia, fino all'esplosione di gioia di Torino. Esiste uno Ius primogeniture giornalistico? Se esiste, mi metto in pole. Naturalmente non ho i poteri della Gazzetta dello Sport nè del Corriere dello Sport, che possono vantare mezzi centinaia di volte più potenti del mio piccolo pc e della mia connessione Sitecom. Mezza pagina nella rosea di oggi per Marzia. Altra mezza per il quotidiano romano, due dei tre maggiori quotidiani sportivi nazionali. Per entrambi i giornali un elemento emerge anche se non nella sua nitida evidenza: Marzia Caravelli non fa parte di un gruppo sportivo militare, quindi... quindi la vita se la deve guadagnare, lo stipendio se lo deve sudare, la mente non lavora per essere quella di un'atleta, convogliando quindi tutte le energie psichiche verso un obiettivo fin dal mattino, ma lavora su tutt'altro sino alle 17:00, ora in cui si presenta in pista per allenarsi. Prima di quell'orario l'attività di insegnante supplente ai bambini sordi  nelle scuole, quindi, nel pomeriggio, la presenza presso il Comitato Paralimpico del Coni. Un esempio di professionismo che non ha nulla del professionismo (nemmeno pane e salame nostrano, che si esaurisce nel fornire uno stipendio elargito dallo Stato nel deserto di progetti, strutture, trasparenza, studi, staff tecnici e staff medici...) e lasciando gli atleti liberi di diventare grandi... da soli. Poi metteteci che il tutto avviene nel nepotismo in cui affoga l'atletica italiana, dove nemmeno i cronometri e i metri spesso bastano a determinare la bravura o meno di un atleta. Uno su cento ce la fa, gli altri devono sperare nella sorte lasciando in chi li osserva, che non vi veda uno "statale" con quanto di negativo si attribuisce al termine sulla percezione di uno stipendio "a sbaffo". Molti di quegli atleti, purtroppo, si allenano tanto, troppo, male, per emergere e poter dimostrare che ciò che gli viene dato sia lecito. Ma è un circolo vizioso, in fondo al quale ci sono infortuni, incomprensioni, e la voglia se ne va. 
Il tutto mi fa interrogare comunque su un aspetto: in questo momento, che possiamo allungare anche agli ultimi due anni almeno, chi più della Caravelli dovrebbe avere quel posto in una società militare? Chi meglio di lei, incarna lo spirito dell'atletica italiana non-militare? Abnegazione, passione, ritagli di tempo tolti alla vita personale ed impiegati a cercare di essere professionisti, quando il professionista è tutt'altra cosa.
Non conosco Marzia, ma le sue scelte, note grazie ai giornali, ci raccontano da sole di un grande equilibrio... sereno. Certo che dopo un 13"05 fatto così, due titoli italiani, molta serietà, sarebbe anche il caso che anche lei avesse una chance di andare ai Mondiali e poi alle Olimpiadi percorrendo la stessa strada maestra già consentita a tutti i migliori atleti italiani e... non. 

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