29/06/11

La Gazzetta dello sport martella l'atletica

Finalmente si parla di atletica, dirà qualcuno. Finalmente la Gazzetta dello Sport si dedica all'atletica nostrana, dirà qualcun'altro. E per quattro giorni consecutivi, poi! Non più costretti a scovare piccole news in microscrittura nella sezione "sport vari" dove si viene a conoscenza dei risultati del meeting di Brazzaville, o del fatto che Howe (OVE per Arese) sarà componente della giuria di Miss Italia nel Mondo, ma vere e proprie fette di rosea che descrivano amabilmente il nostro movimento sportivo. Nella Gazzetta di ieri si parlava dell'unica vera nota "nuova" dei campionati italiani, Marzia Caravelli: essenzialmente perchè è un personaggio fuori dalle righe e dagli schemi, che "spacca", anche solo per il fatto di non essere tesserata per un gruppo militare: una mosca bianca insomma. Certo ci sono altri "non militari" di primo piano nell'atletica de noiartri, ma generalmente sono confinati alle gare su strada dove le substantiae circolanti sono moltiplicate-per-mille rispetto alla pista. 
Così ci capita ogni tanto di leggere, sulla strada verso le grandi manifestazioni internazionali di atletica (assaporando sadicamente, lo ammetto, un senso di liberazione: urlassimo solo noi il dolore di un mondo in via d'estinzione, sarebbe un conto. Se lo fa il quotidiano più letto in Italia fa sicuramente un altro effetto) vere e proprie sciabolate alle condizioni attuali dell'atletica italiana, che nella mia perversione leggo come una feroce critica alla politica Aresiana. Anzi, diciamo meglio: nell'articolo non se ne fa esplicito riferimento, ma il tag glielo appongo io senza bisogno del consenso della parte. 
L'ultimo pezzo di Andrea Buongiovanni (sia benedetto) avrà rimbombato come un ordigno termo-nucleare nei corridoi della sede della Fidal: "Solo in otto col minimo mondiale" è il titolo che troneggia a pagina 29. Il sottotitolo è il siluro a supercavitazione che se non fa affondare la nave, di certo la inclina paurosamente a babordo: "a 25 giorni dalla scadenza dei termini, si profila una squadra ridottissima. A oggi partono 22 atleti". Ecco solo un paio di illuminanti stralci dell'articolo "la situazione in casa Italia è allarmante"; "a oggi non sono più di otto gli atleti che hanno tutte le carte in regola per affrontare la trasferta iridata". Poi si fa l'elenco, ormai da tutti noto: Howe (OVE, nei 200), Chesani, Fassinotti e Di Martino (nell'alto), Donato e La Mantia (nel triplo), Vizzoni e Salis (martello). E Buongiovanni cita anche un fatto preoccupante: solo Howe (OVE) a Torino ha ottenuto una prestazione da limite "A" per i mondiali. Non da medaglia, eh: si sta parlando di un minimo di partecipazione. Meravigliosa la chiosa a questa presa d'atto sulla situazione appena fotografata: ... l'unica prestazione "mondiale" di Howe (OVE) "deve stupire (in negativo, naturalmente)". 
Su questo aspetto penso che la Fidal non abbia nulla da eccepire: del resto proprio la Fidal con i campionati italiani assoluti ha dimostrato di adottare una politica di progressiva esclusione degli atleti con minimi senza senso, nonostante a Torino durante i 1000 maschili (ad esempio) mancasse solo di vedere i covoni di fieno rotolare come nel deserto dell'Arizona. 
Un'indecenza certificata. Del resto è il prototipo dell'atletica tascabile: 4 gatti e la manifestazione finisce prima e ci si dimentica prima gare con soli 5 atleti. Con questi presupposti non ci si potrà certo lamentare con i minimi della IAAF, no? 
Naturalmente la IAAF ha introdotto un minimo "B", ragion per cui, secondo i calcoli di Buongiovanni, gli atleti azzurri che partiranno per Daegu dovrebbero aggirarsi attorno alle 22 unità, cui si aggiungono i marciatori e il maratoneta (solo Pertile ad oggi). A Osaka, ai mondiali del 2007, si ricorda sempre nella Gazzetta, la più povera spedizione di italiani fino ad oggi registrata, ammontava a 34 atleti. 
Le conclusioni sono dei macigni: dalla lista dei magnifici otto solo Howe (OVE) sarà impegnato in una gara di corsa in pista, e fino a sabato pomeriggio scorso e il suo 7,68 non ci sarebbe stata neppure questa eventualità. L'idea proposta è quella di cambiare le regole in corso d'opera, ma qui mi sento di venire incontro alle rimostranze della Fidal: per portare chi?
Naturalmente ci sarebbero molti giovani che in un consesso internazionale imparerebbero a parametrarsi non con i soliti 4 gatti con i quali competono in Italia, ma con chi va forte e va forte davvero. Perchè non vado lontano dalla realtà quando ritengo che qui da noi, spesso, ci si crogiola esclusivamente con il titolino italiano. Quello consente di assumere atteggiamenti da Semidio, che francamente sono eccessivi. Questà è purtroppo la massima aspirazione, che, come ben capirete non ha sbocchi per la nostra nazionale. 
Sentire di avere un gap contro chi si vuole davvero competere, non può che stimolare le ambizioni, la ricerca della cura del particolare, la crescita tecnica, i feedback con le persone con le quali si "lavora". Uno solo diventa campione, certo, ma spesso il successo sportivo è direttamente proporzionale al numero di persone che si riescono a coinvolgere nel proprio progetto (tecnici, fisioterapisti, medici, sponsor). Fantascienza da noi.
Quindi, non speriamo di vedere troppi atleti a Daegu: prima di tutto costa parecchio il viaggio per la Corea (nell'ottica di diffondere la trasparenza, dovrebbero anche rendere noti quali consiglieri saranno spediti laggiù e soprattutto cosa dovrebbero fare di tanto utile per la spedizione); poi, più atleti si portano, più il tuffo di pancia dalla piattaforma di 10 metri sarebbe doloroso se... non dovessero arrivare medaglie. E il faccione contrito di Arese ad Elisabetta Caporali nell'intervista post-italiani era un libro aperto... all'ultima pagina.

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