26/06/11

Galvan stravolge le gerarchie dei 100 - "storica" Caravelli sui 100hs: 13"05 - Howe naufraga nel lungo

Mamma mia, non saprei da dove cominciare. Un turbinio di pensieri: davvero peccato non essere stati lì a Torino per vedere in diretta le sorprese che solo lo sport può dare. Quindi partiamo dallo tsunami che ha devastato le gerarchie dei 100 metri maschili nazionali: spazzate via in una sola ondata tutte le certezze della velocità azzurra. Anzi, a dire il vero una certezza si è palesata: lo sprint italiano ha fatto davvero grossi passi all'indietro. Almeno cronometricamente, anche se l'umidità torinese può aver reso grossolani e lenti i muscoli serici degli atleti. Non quelli di Matteo Galvan, che si erge come un Golem sulla finale dei 100. Personale spostato a 10"38 laddove tutti i competitors hanno peggiorato (anche di molto) le loro migliori prestazioni annuali. 
E ora, qualcuno mi dica che dopo la prova di oggi non dovrebbe far parte della 4x100 italiana! Dopo la debacle nel lungo, Howe ora è quasi certo si sposterà nella velocità: almeno, stando alle sue parole disfattistiche sul salto in lungo. Si giocherà la frazione con Galvan, anche se il motore dello Space Shuttle azzurro sembra inceppato. "Houston, abbiamo un problema": Emanuele Di Gregorio che parte da favorito, soffre terribilmente questo ruolo nella scena finale. Così dopo le prove generali, nella rappresentazione finale stecca sistematicamente: ci aveva già pensato Michael Tumi agli italiani indoor. Ora il secondo argento... con sorriso a denti stretti. Obiettivamente: dopo il 10"22 di Hengelo, Di Gregorio ha palesato un vistoso calo che ha fatto tappa prima a Stoccolma poi qui a Torino. Che è successo? Michael Tumi si piazza terzo con 10"44, e quanto meno dimostra di avere una certa solidità a questi livelli (per ora non eccelsi) che gli altri hanno iniziato a perdere progressivamente. Proprio con lui Fabio Cerutti ha perso lo scontro diretto per una prima frazione in ottica Daegu (vorrei proprio vedere se adesso hanno il coraggio di rispolverare gli assenti): 10"45 per il piemontese. Dopo le batterie poteva davvero essere il suo giorno: ora che si è palesata una certa insofferenza di Di Gregorio per le finali, avrebbe potuto giocarsi lo scudetto. Non è stata così. Quinto con 10"47 Simone Collio: quanto avrà influito la polemica sulla staffetta di Stoccolma lo saprà solo lui. Certo che le gare di sprint si preparano mentalmente a mesi di distanza: tutto quello che c'è in mezzo, prosciuga le risorse convogliate e indirizzate a quel fine. Preoccupante che il vettore-due della quadriga azzurra versi in queste condizioni, lontane anni luce dal 10"2 che riusciva a tenere in maniera sistematica nel 2010. E infine, solo sesto Jacques Riparelli con 10"50, che con questa prestazione purtroppo perde molti punti anche in ottica-staffetta. Ora per riguadagnarli dovrà cercare di battere i sopracitati in scontri diretti: dovrà stanarli a casa loro. 
La gara al femminile attesa da giorni erano invece i 100hs: e super-Marzia Caravelli ha tirato letteralmente una legnata alla storia della specialità. 13"05, personale abbattuto di 5 centesimi, una posizione scalata nel ranking nazionale di sempre a spese di Patrizia Lombardo che la sopravanzava solo "cronologicamente" avendo stabilito il medesimo tempo di 13"10 ma con 23 anni di anticipo. E ora ci sono solo 2 centesimi tra lei e Margaret Macchiut, 7 dalla miglior Micol Cattaneo e 8 dalla storia assoluta fin'ora vergata da Carla Tuzzi. Dalla gara del secolo spunta al secondo posto e a grande sorpresa proprio Micol Cattaneo, cioè la quarta per gli allibratori limitatamente a questa gara. Migliora il proprio SB fino a 13"28 e anticipa di un solo centesimo Giulia Pennella, che eguaglia il proprio personale a 13"29. Grande delusione per Veronica Borsi, che per qualcuno partiva pure come favorita, vista la grande vitalità di questi primi mesi, culminati con il 13"17 di Firenze. Solo quarta, appunto, con 13"32
Nei 100 femminili il livellamento generalizzato verso il basso e l'assenza di Manuela Levorato porta la fresca campionessa italiana promesse Ilenia Draisci, a cingersi del secondo alloro in meno di due settimane con 11"65. Tre centesimi meglio di Audrey Alloh titolare a Stoccolma. Onore al merito per la Draisci, anche se probabilmente i suoi successi non verranno premiati a breve con una staffetta (non penso vi saranno più opportunità fino all'anno prossimo per i quartetti femminili veloci). Però una riflessione va fatta: oltre la cordigliera delle Alpi questi tempi non riescono a spaventare nessuno. Le ucraine veleggiano sotto gli 11"20, le tedesche a 11"30. Le francesi manco a parlarne. Dobbiamo aspettare Gloria Hooper e Judy Ekeh? Un buon movimento di velociste richiede un manipolo di atlete che veleggino attorno agli 11"50/11"55. 
Dal lungo arriva invece l'ennesima grande delusione di Andrew Howe. Un 7,68 inguardabile per lui, che solo qualche anno saltava laddove nessun italiano era mai giunto prima. 7,68 ha sapore di desolante normalità,  bagnata pure dal secondo posto, castigato dal redivivo Stefano Decastello che arriva sino a 7,82. Alla debacle sono seguite le dichiarazioni dell'Andrew nazionale in cui ha deciso di non "uccidere più il cavallo morto" lasciando intendere che si dedicherà esclusivamente allo sprint. Finalmente? Nessuno ha più nulla da dire, penso. Tutti hanno fatto le loro deduzioni e le loro considerazioni in tutti questi anni. Io l'ultima cosa che mi sento di affermare è che paradossalmente l'ecletticità di Howe si è dimostrata a lungo andare il vero tallone d'Achille di uno dei più grandi fenomeni che abbia calcato le nostre piste. Ecletticità che ha portato a ridisegnare di volta in volta gli obiettivi in un panorama internazionale dove ormai vige l'assoluta specializzazione. Specializzazione vuol dire convogliare tutte le energie (mentali, tecniche, motivazionali) su un solo obiettivo. Particolari curati maniacalmente. Troppi obiettivi e ripensamenti, invece, si portano invece via troppo tempo e il gap con il resto del mondo si acuisce e dopo un pò il treno passa. Dai Andrew, prendi una strada e seguila. Deciso stavolta, però. 
Il mezzofondo maschile è invece vicino all'anno zero. O qualche giorno dopo... Quanto meno stando ai numeri. In 9 sui 1500: quindi finale diretta e vittoria a sorpresa di Merihun Crespi in 3'47"53, in volata sul territorio di caccia Lukas Rifesser che nei finali tirati sembrava essere l'uomo da battere. 4° lo junior Abdikadar a pochi giorni dall'italianizzazione. Lui è il futuro, senza ombra di dubbio: in questa occasione si è giocato pure il titolo perdendo nella ressa finale. Ritirato uno dei favoriti: Marco Najibe Salami
Assolutamente desolanti invece i 5000: ma per un solo motivo, cioè i 6 atleti alla partenza. Mai raggiunto un punto così basso nella storia dell'atletica nazionale. Poi la gara c'è stata, com'è giusto che sia, con Stefano La Rosa che castiga Daniele Meucci, che era letteralmente sparito da un paio di mesi, falcidiato da qualche malanno e problemi personali. 14'02"29 contro 14'03"19. Ma qui a questo punto servirebbe rivedere tutta l'architettura dei campionati italiani, perchè vedere quest penuria ad un Campionato Italiano non può che essere devastante per tutto il movimento. Noi abbiamo le nostre idee per ridisegnare questa manifestazione e le esporremo prossimamente. 
Passiamo alla vittoria scontata di Emanuele Abate sui 110hs. Dico la verità: dopo aver visto tutti questi risultati glamour, pensavo di trovarmi di fronte all'ennesima sorpresa. Non è stato così. Abate conclude in 13"71 a soli 3 centesimi dal suo SB. Qualcuno tiene conto dei titoli nazionali? A che quota è Abate? Chi impressione è invece il secondo, che non è stavolta quello che nel post precedente avevo definito il suo alter-ego, Stefano Tedesco ("solo" quarto) ma la promessa Michele Calvi: 13"81 e primo sub 14" (stando alle mie fonti) della carriera. E che "sub"! Finalmente John Nalocca tira fuori gli attributi e si piazza terzo in 14"03, e il già evocato Tedesco quarto in 14"21. Probabilmente anche qui si nota un livellamento verso il basso, nonostante il panorama sia ora costituito da facce nuove. Non si sono visti quest'anno veterani del calibro di Andrea Alterio.
Sergio D'Orio vince l'asta con 5,30, davanti al futuro della specialità: Claudio Michel Stecchi (5,20). Gibilisco non c'era: chissà perchè... Ma dietro a Stecchi e all'unico atleta con un pedigree internazionale, Gibilisco, non si vede un movimento. Anzi, encefalogramma piatto. 
Nei lanci succedono cose strane. Come la vittoria nel peso che va a Paolo Dal Soglio, classe 1970, con 18,58. Come dire: il nuovo che avanza, no? Una carriera incredibile quella del veneto, che risalta ancor di più dall'assenza di validi successori e interlocutori. Il seeding di Torino era stato sconvolto nel pre-italiani da una gara disputata da un trio di italiani a Brazzaville, in Congo, in cui si erano visti risultati letteralmente dell'altro mondo. Marco Dodoni addirittura era andato vicino ai 19 metri e mezzo, mentre a Torino è tornato ad un più confacente 17,41. Al secondo posto (a Torino, non a Brazzaville) si è visto invece Marco Di Maggio con 18,33. Nel giavellotto si dimostra più forte Leonardo Gottardo: un "normale" per lui 75,15 (quest'anno è arrivato oltre i 77) e un metrino abbondante in più di Norbert Bonvecchio (74,04). 
E infine la marcia con Jean Jacque Nkoloukidi campione nazionale con annesso PB: 39'44"70
Nei 1500 femminili vince l'ennesimo titolo nazionale Elisa Cusma, l'unica vera mezzofondista veloce italiana. 4'13"38 è anche un risultato incoraggiante in prospettiva internazionale, ma traslitterandolo agli 800, dove obiettivamente vi sono più opportunità per la parmense. Singolari le sue dichiarazioni presenti sul sito della Fidal "volevo riprendermi la leadership nazionale sui 1500". Evidentemente lo sgarro in coppa Italia da parte della Fontanesi non era stato ben digerito. Maria Vittoria Fontanesi che dopo le vicissitudini delle scorse settimane (culminate con una perquisizione nell'ambito dell'indagine condotta dai Carabinieri di Rimini) si è regolarmente presentata ed è giunta terza in 4'17"20. Del resto non è stata inibita all'attività. Davanti a lei si è infatti piazzata una "colomba", ovvero qualche cosa di nuovo dal fronte: Giulia Alessandra Viola, classe 1990. 4'17"14 e 3" limati al PB. Scorrendo la lista della finale (diretta) dei 1500 ci si rende conto che il mondo sportivo si è fermato: la prima ha 31 anni, la terza 37, la quarta 29, la quinta e la settima 35, la decima 34. Solo in 3 oltre il 1990.  
Nadia Ejjafini (tanto per cambiare... 34enne) intasca i 10000 in 32'28"80, anche se il mezzofondo prolungato è prerogativa degli atleti evoluti e una tappa di passaggio verso la strada (o un ripiego momentaneo). E l'età media, se possibile, si innalza ancor di più: unica nota positiva, nella battaglia delle età, la prestazione della 23enne Giovanna Epis, quarta con 33'44"78
Simona La Mantia domina il salto triplo (14,40) e per la Fidal si conquista la foto-copertina della giornata. In realtà la gara vinta più facilmente di tutta la ventina che si sono viste, stante lo strapotere messo in campo. Servono ancora una ventina di centimetri per essere considerata una con ambizioni di medaglie a Daegu. Da profano... sembra che la fase di volo dei salti (e la successiva battuta) sia arretrata rispetto al baricentro. Come se nel continuum tra potenza di battuta (che richiede più verticalità sugli appoggi) e velocità di battuta (con spinte più orizzontali), ci si fosse spostati tutto verso quest'ultima opzione: un rapporto 90% a 10%, quando magari un 80% - 20% potrebbe portare a salti un pò più lenti, ma più lunghi. Del resto le si provano tutte quando le moto scendono in pista per limare i centesimi, no? Sorpresa al secondo posto con Silvia Cucchi (1978) a 13,36 e terza l'eterna Barbara Lah (1972) con 13,23. E' andata così male a Eleonora D'Elicio, che se ci fosse un campionato a punti stagionale, sarebbe senza ombra di dubbio la seconda italiana d'annata (ho scritto "italiana" proprio a causa di Darya Derkach). Ma le gare importanti si fanno alla mors tua vita mea, e nonostante abbia sopravanzato la propria nemesi di Bressanone, Cecilia Pacchetti (retrocessa di 50 centimetri rispetto ai salti altoatesini), ha portato a casa solo un 4° posto con un non certo soddisfacente 13,07
Raffaella Lamera vince per distacco il salto in alto, dopo l'1,80 svedese. 1,88 e 3 nulli a 1,95 con due prove nette oltre la misura ma con l'asticella inopinatamente caduta a terra. Poi uno strano ricorso avverso i "ritti", rei di non aver tenuto su l'asticella dopo il valicamento (fonte Fidal... la storia del ricorso, non del valicamento). Assente la Di Martino, la Trost e la Vallortigara. Il presente e il futuro: e la gara presenta così con solo 7 atlete. Brutto spot per l'atletica. 
Infine nei lanci vittorie scontatissime (qui puntando un euro se ne vinceva uno) di Laura Bordignon nel disco con 55,47 e Silvia Salis nel martello con 69,57.
Mesta la kermesse delle staffette: le squadre militari, pagate con i soldi dei contribuenti, non si sono presentate al via. Ma qui forse è proprio l'organizzazione dei campionati italiani ad aver fallito (sistematicamente) la collocazione di un titolo per staffette durante il campionato italiano. O si allungano i tempi di programmazione della manifestazione (su 4/5 giorni) mettendo le staffette all'ultimo giorno, o è del tutto inutile veder mancare tutti i migliori sprinter nazionali, riducendo il tasso tecnico dell'intera gara. 

2 commenti:

  1. Scusa ma la cronaca di Monetti e amico dei 10.000 femminile spero tu non l'abbia persa...
    Ultimi 4 con telecamere fisse sullo scontro Dal Ri - Epis che staccano le altre 4 e si avviano a giocarsi in volata il titolo nazionale ma... cosa succede...? Attenzione! Ai 300 arriva con passo inguardabile ma frequenza doppia la Ejjafini che forse riesce a raggiungerle! Clamoroso, ai 100 le supera entrambe e si avvia a vincere ma... altrettanto clamoroso: le 2 sorpassate preseguono! Fanno un altro giro!
    Lo spumante per i 3 anni di mio figlio mi ha accompagnato in questa onirica differita che ha marcato di gloria la nottata.

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  2. nooooooooo... me lo sono perso.
    Me lo guardo e ne scrivo domani.
    Monetti lè cot.

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