27/06/11

Italiani Assoluti: salti e lanci - Donato 17,17 - Chesani 2,28 - fenomenale 16enne nel lungo

Non perdetevi i prossimi post di Queenatletica (son ruffiano, lo so) soprattutto per un motivo: i Campionati Italiani Assoluti così come sono non hanno più senso di esistere e c'è bisogno di dirlo. Lo voglio dire e lo dirò nei prossimi giorni. Così come sono, sono mortificanti per l'atletica, per tutto il movimento, per chi vince i titoli predicando nel deserto, per chi assiste, per chi, per sbaglio, guarda da casa la tv (nemmeno con 36 canali la Rai riesce più a darli in diretta), per i propri parenti che vedono gare in silenzio, per gli appassionati, per gli storici dei numeri. Mi stanno arrivando diverse mail di sdegno per come ci si è ridotti, con queste finali quasi sempre dirette, per lo spettacolo sacrificato, per i pochissimi partenti (clamorosi i 5 partenti sui 10000 e i 6 sui 5000) e non sempre qualificati (ma questo è il meno e se vogliamo nemmeno un problema). 
Le critiche naturalmente ricadranno su chi da anni lascia che l'atletica continui a morire lentamente senza intervenire su tutte quelle piccole variabili che vengono considerate secondarie ma che invece potrebbero resuscitare una manifestazione che dovrebbe essere il fiore all'occhiello e l'appuntamento clou della stagione nazionale. Serve un'inversione di rotta e nuove idee. Voglio proporre alcune modifiche, e spero che qualcuno le ascolti e ci rifletta. E se avete le vostre idee per migliorare il campionato italiano individuale assoluto, speditemele pure a gigaben@yahoo.it, vedrò di pubblicarle. Io, ad esempio (è una cosa che si può fare immediatamente) cercherei di far prendere un paio di caffè in più ad Attilio Monetti, prima di iniziare le telecronache: sembra infatti che sui 10000 femminili abbia raccontato di eventi provenienti dall'altra dimensione, in cui Nadia Ejjafini spunterebbe a sorpresa a superare la Dal Ri e la Epis sul rettilineo gabbandole sul più bello... e le due atlete che pazzescamente continuerebbero a correre oltre la linea d'arrivo per un altro giro... nessuno l'aveva avvertito che erano state doppiate e non erano state mai in testa? Vabbè, in attesa delle prossime prolusioni, per il momento torniamo a Torino per dare il giusto riconoscimento a chi ieri si è fregiato del titolo nazionale nei salti e nei lanci.

Alto uomini - Silvano Chesani (1988) continua a martellare il minimo "B" per Daegu a 2,28 e almeno in due circostanze il successivo 2,31 sembra la giusta conseguenza del volo, che diventa... pindarico al termine della parabola. Ok, c'è il limite "B", è del 1988, e se non succedono catastrofi naturali il biglietto per la Corea lui ce l'ha. Marco Fassinotti (1989) si piazza subito dietro a 2,25 così come l'eterno Andrea Bettinelli, (1978) che zitto-zitto, quando davvero conta il saltino ce lo piazza dentro. Gianmarco Tamberi (1992) fenomenale una settimana fa a Bressanone, arriva a sino a 2,22, confermando di avere un book davvero interessante per le prossime passerelle nazionali. Sottotono Lemmi, Campioli e Talotti arenatisi a 2,14 prima di sbarcare in Normandia. Di sicuro una cosa la si può dire del salto in alto: è la specialità italiana con più interpreti ad alto livello internazionale, ma pecca sempre di un piccolo semplice aspetto: manca quello che fa il fenomeno e si elevi oltre i 2,30. Il panorama mondiale è poi assolutamente fluido: le medaglie (almeno... i bronzi) negli ultimi anni si vincono con prestazioni attorno ai 2,31, 2,32. Il cielo è lì ad un dito: chi lo tocca?

Triplo maschile - gara uccisa al primo salto di Fabrizio Donato (1976): gli indizi sparsi sulla scena del delitto da ogni parte fino al 17,17 che gli consegna l'ennesimo titolo nazionale. Sto cercando di contare i titoli nazionali dei singoli atleti, e le maglie azzurre. Di sicuro Donato sta all'atletica come Cabrini sta al calcio. Tre salti e tre nulli per il reatino, che ormai sta lavorando per curare i particolari della macchina da battaglia e per regolare i flaps in vista di Daegu. Al posto d'onore l'inaffondabile Fabrizio Schembri (1981) che ha fatto della regolarità la propria identità sportiva: 16,94. Quasi impossibile non portarlo in Corea col minimo "B", soprattutto dopo la vittoria in Coppa Europa. Se lo si chiama, risponde sempre "comandi!". Un ragazzo che dall'esterno sembra troppo serio per fargli uno scherzetto del genere. Stranamente assente Daniele Greco, che però il minimo "B" ce l'ha ed è nato dopo il 1988 (è del '89). Come funziona nel caso vi siano due minimi "B" (la regola generale ne prescriverebbe uno solo): la regola dell'anno si affianca a quella generale consentendo di portare sia Schembri che Greco? Vedremo. E' giusto alla fine sottolineare la prova di Michele Boni (1981) che se fosse nato 10 anni prima, sarebbe stato titolare fisso della Nazionale, frapponendosi tra le generazioni di Badinelli-Piapan-Chiallancin, a quella stellare di Donato-Camossi-Schembri e... Greco. 16,37 e 28^ volta oltre i 16 metri secondo All-Athletics (ma le stime sono sicuramente per difetto). 

lungo donne - gara clamorosamente intensa, più di quanto abbiano detto le immagini e di quanto siano state raccontate. Ok, vince Tania Vicenzino anche se con una misura ormai non più comprensibile per un titolo italiano assoluto: 6,26. Ma ci sta, in un periodo di vacatio campionis, che qualcuno interpreti il ruolo di primus inter pares. Ne esce una gara livellatissima verso il basso, con 6 atlete oltre i 6 metri con in teoria la possibilità di gettare sul tavolo la matta per tutte e 6 e portarsi a casa il titolo. Poi non so se è il mio schermo a 42 pollici a farla un pò troppo larga in 16:9, ma di sicuro questa atleta con un filetto di atleticità in più arriverebbe a 6,50 facilmente. La ricombinazione statistica però non penalizza la Vicenzino, che però si suda oltre ogni ragionevole dubbio il titolo.  In effetti in pedana c'è una bambina di 16 anni, Anastassia Angioi, classe 1995, categoria "allieve", che inizia a fotocopiare i salti della Vicenzino. 6,26 come la Vicenzino, ad eguagliare il miglior risultato che vale un titolo italiano. Ma anche un 6,25 uguale al secondo salto della Vicenzino. 2-2 e shoot-out che passa al terzo salto. 6,23 per Vicenzino e 6,22 per la Angioi. Incredibile: perdere un titolo per un centimetro sul terzo miglior salto: un caso più unico che raro. Troppo facile

asta donne - dopo un serie di puntate a "chi l'ha visto?" spunta dal nulla Anna Giordano Bruno, che di fatto aveva iniziato a saltare una settimana fa (4,30 a Gorizia). Arriva, tira sù l'asta, fa la rincorsa, imbuca, carica e valica 4,40. Minimo "B" al primo tentativo. Troppo anche per Elena Scarpellini ormai in stallo a 4,20 o giù di lì, e in attesa che qualcuno rompa l'incantesimo e la proietti (così come il talento suggerirebbe) verso i 4,50. Come nell'alto maschile è frustrante da tifoso vedere molti atleti italiani fare la coda al cancello della notorietà e non riuscire a trovare il biglietto per entrare, dopo aver fatto tanta strada per raggiungerlo. 6^ Giorgia Benecchi, in leggera ripresa: 3,95

disco maschile - vittoria al pelo e all'ultimo lancio per Giovanni Faloci che se le gare di atletica si facessero ai punti avrebbe perso con Hannes Kirchler: Faloci per metà gara gigioneggia oltre i 58 (58,48) con Kirchler inceppato sui 55. Poi Hannes sciabola il 58,99 che ribalta la situazione. Poi un 58,82 per consolidarla (e Faloci sceso a sua volta a 55) e prima che lanci per l'ultimo tiro Faloci (che nei canapi poteva entrare per ultimo, stante la miglior misura al terzo lancio) si attesta a 58,98. Non servirà: Faloci bordeggia a 59,05 e per 6 centimetri spunta il titolo italiano. Altra bella gara così raccontata, ma rimango con un attimo di astonishment per il fatto che tutto rimane su un referto del sigma e non possa essere stata vissuta come si sarebbe dovuto (come altre sfide del genere, del resto). Il mio è il racconto dell'archeologo che trova le tracce e i geroglifici su un foglio virtuale e il cui pathos (inteso alla greca) avranno vissuto giusto i due protagonisti, qualche persona vicina alla gabbia del disco e un paio di tecnici. Peccato non la si sia potuta vivere come qualsiasi manifestazione sportiva, nella globalità delle emozioni dei convenuti.

Martello uomini - Nicola Vizzoni stavolta ha davvero rischiato di perdere lo scettro all'ultimo lancio. 76,29 a 76,12 conto il mai domo Marco Lingua, e titolo (23°) in saccoccia con qualche patema. Ora, come da lui sostenuto, si torna a lavorare per i mondiali. Secondo me con una misura attorno ai 77 metri, Vizzoni potrebbe raggiungere la finale di Daegu, poi, a quel punto, diventerebbe un terno al lotto. Gli alti e bassi dei migliori martellisti non sembrano seguire logiche particolari, ma sembrano dipendere proprio dalla configurazione degli astri di quel particolare giorno a quella particolare ora. Naturalmente più grandi si è quanto più si riesce a contrastare le variabili indipendenti: a Stoccolma, il grande favorito Zagorniy è riuscito ad arrivare a 10 metri dal personale a causa della pioggia, mentre altri nelle stesse condizioni hanno ottenuto il loro stagionale. Può essere come una gara di formula uno quando arriva la pioggia: le strategie e il rischio potrebbero far pendere l'ago della bilancia in maniera pesante.

peso donne - gara che non presentava sorpresa alcuna. Chiara Rosa, ormai rimasta sola nel consesso nazionale a lanciare a certi livelli, vince per ko tecnico al primo lancio il titolo italiano. Alla fine saranno quasi due metri oltre la seconda arrivata, Julaika Nicoletti. Solo al terzo lancio arriva comunque la misura di 17,64, che però nel consesso internazionale non sembra far paura. Urgono serie di lanci vicini ai 19 metri, anche soprattutto dopo aver visto cosa sono in grado di fare le americani, la neozelandese e le solite lanciatrici dell'est. 

giavellotto donne - gara non disdicevole per Zahra Bani che sfiora il muro dei 60 metri in una competizione ad una sola voce. Sei metri oltre la seconda arrivata (Silvia Carli, con 53,99), la dicono lunga anche sul "fermento" della specialità. Mentre il resto del mondo veleggia oltre i 60, purtroppo in Italia, ad un campionato italiano, solo in tre oltrepassano i 50. Dobbiamo tenerci stretta la trentaduenne torinese, alla stregua della Cusma (che tappa una voragine infinita nel mezzofondo femminile), per non scivolare nell'anonimato internazionale, dove forse siamo già finiti. 

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