14/06/11

Coppa Italia e Campionati di Società: una vergogna che l'atletica italiana non può sopportare

Purtroppo l'impellenza delle ultime news mi ha costretto a postare questo articolo un pò in ritardo rispetto alla cruda notizia. Amen. Quindi ci ritorno sopra solo adesso, se me lo concedete.
Se andate a leggere alcuni siti delle società civili che hanno partecipato all'ultima Coppa Italia, avrete esattamente il quadro di quello che è l'atletica italiana di società oggi. Sul sito della Bruni Vomano, per esempio, si cita il podio di Riccardo Macchia nella marcia, che è della Bruni Vomano sì, ma a Firenze ha gareggiato con la canotta amaranto delle Fiamme Oro. Giuseppe Gibilisco, altro atleta Bruni Vomano, ha vinto, ma insomma, era delle Fiamme Gialle e non ha portato punti. Daniele Greco, bel secondo posto dietro Fabrizio Schembri, è anche lui un poliziotto della Fiamme Oro così come Nazzareno di Marco, terzo nel disco... niente punti. Così la Bruni Vomano chiude la prima giornata penultima nella classifica della Coppa, con un'irrefrenabile emorragia di punti rispetto al recente passato "civilistico" e ad un solo punto dal fanalino di coda, l'Atletica Riccardi di Milano. La Bruni Vomano (campioni d'Italia di società uscenti, sulla carta) sostituiscono i predetti con atleti non certo all'altezza: nell'asta anche da un atleta master. Tra i master è una stella, ma insomma, è cosa diversa rispetto a Gibilisco con tutto il rispetto per uno che a 45 anni salta ancora 4,50, Fulvio Andreini. Il report della società abruzzese fa un pò sorridere perchè di fatto riporta i risultati di una serie di atleti che... non portano punteggi per la squadra, ma per le società militari.
Naturalmente se si fosse disputata la seconda giornata si sarebbero viste fuoco e fiamme: anche con Giacomo Panizza, l'astro nascente dei 400hs, atleta... che però è in prestito dall'Atletica Lecco e già sulla rampa di lancio per qualche società militare. Già a questo punto uno che non mastica di atletica italiana gli verrebbe da chiedersi di che razza di manifestazione si stia parlando...
Sul sito dell'Atletica Riccardi di Milano, si cita invece, nella valutazione finale della spedizione, anche l'unica gara della domenica (non citata dalla Bruni Vomano), cioè il lancio del martello, che le ha permesso di superare proprio la Bruni Vomano sul filo di lana prima della sospensione urbi et orbi, salvando l'onta dell'ultimo posto: obiettivo raggiunto. La stessa Riccardi, purgata anch'essa di tutti gli atleti militari, si sottopone ad una figura non certo degna dello scudetto di un paio di anni fa, anche se lenita da qualche prestito.
La Cento Torri di Pavia saluta invece il 6° posto (provvisorio ma probabilmente definitivo) parlando proprio di "obiettivo raggiunto", "confermandosi tra i migliori club italiani". Elemento a loro vanto il fatto di aver schierato molti giovani che avevano vinto lo scudetto allievi nel 2006. Non penso che Riccardi e Bruni Vomano possano vantare nei loro rooster atleti pervenuti dal loro vivaio, cosa di cui in passato magari se ne facevano vanto, salvo poi l'improvviso cambio di rotta con la Rivoluzione del 2008.
Rimanendo alla Cento Torri, il presidente Corona si sente soddisfatto "pur senza i nostri atleti che gareggiavano con le rappresentanze militari". E quindi il dubbio è sempre più opprimente.
Nell'elenco delle società c'è anche la Camelot, ex Italgest, che non esprime ancora un giudizio sulla situazione. Parliamo della Creatura di Franco Agelotti, il presidente, di cui tanto abbiamo parlato nelle scorse settimane per la dichiarata vicinanza a certi ambienti politici e che tanto si arrabbiò per la nostra manifestazione "Milano odia l'atletica". Pensate: anche il presidente onorario della società, tale Mario Mauro, è un onorevole europeo sempre della medesima espressione politica, tanto che vien da chiedersi se Angelotti fa atletica usando la politica o la politica fa atletica usando Angelotti. O Angelotti fa politica usando l'atletica? Lanciamo questo sillogismo insoluto.
Sillogismo che nasconde alcuni aspetti etici, però: naturalmente tutto è lecito, consentito e non c'è nulla di vietato, ma questo spiega un certo appiattimento generale, l'assoluta arrendevolezza su questioni vitali per l'atletica locale (come la disponibilità di piste) ma che la stessa politica locale intende muovere a proprio piacimento e secondo le inclinazioni del momento.
Ora, questa natura morta a tinte molto leggere è il quadro delle società civili più rappresentative. Particolarismo, estremo campanilismo, lotta per posizioni marginali che fanno sorridere.
Tutto ha una fonte, secondo me.
Il problema vitale mai risolto risiede essenzialmente nel passaggio di atleti con un valore economico alle società militari senza apparenti contropartite (si perdono investimenti in termini di tempo investito, allenatori, strutture, qualche pecunia versata), che questa Fidasics all'indomani degli schiaffoni di Pechino '08, risolse a proprio modo (nell'ipotizzabile tentativo di una seconda incoronazione), intessendo con questi soggetti un patto particolare che di fatto rese inermi le società militari, indebolendo quello che in questo momento (nel vuoto pneumatico di idee che caratterizza i satrapi di Arese), rappresenta volenti o nolenti l'unico serbatoio di atleti di un certo spessore internazionale.
La vedo così, correggetemi se sbaglio: Do ut des. Io società civile ti ri-voto (si sa che con l'attuale legge elettorale poche società civili possono determinare tutto l'esito elettorale delle elezioni federali) e tu mi dai un bel campionato di società fatto come te lo dico io, senza le società militari, che dovranno ritornarci tutti gli atleti che nel frattempo sono finiti alle stesse società militari e non ci importa nulla se nel frattempo il loro stipendio se lo pagano i cittadini italiani con le loro tasse. 
Ho già scritto altrove che un dipendente statale che si presta ad attività privata nello stesso campo nel quale è inquadrato, giuridicamente rappresenta un... "mostro", per non usare termini che indirizzino maggiormente  sul tipo di condotta.
Lo spirito delle modifiche apportate ai c.d.s. fu venduto al mondo dell'atletica italiana come il tentativo di rinverdire l'atletica giovanile. Si sarebbero stimolati i vivai! Si diceva...
Già perchè si introdusse anche la castroneria (consentitemi il francesismo) della presenza obbligatoria dei due allievi ai c.d.s., che altro non era che l'artificioso tentativo di un certo numero di società civili (le solite, presumo, almeno così dicono gli indizi), di tagliare fuori dalla spartizione della torta (i rimborsi federali e la gloria sempiterna) oltre alle già defenestrate società militari, altre società civili che sfruttavano qualche sponsor per imbastire la sola squadra di assoluti. Ampliare la rosa avrebbe tolto molto peso a queste società, cancellando quelle forme alternative di flussi di risorse per l'atletica.
La realtà è sotto gli occhi di tutti: quelle stesse società hanno iniziato un giochetto che eticamente non le concederà la santità, incentrato sulla compra-vendita di atleti di un certo lignaggio l'anno prima che questi vadano alla società militari, in maniera tale da poterli sfruttare (a spese dello Stato) l'anno dopo.
Così si stimolano i vivai, no?
La caramellina per le società militari, di fatto denudate da ogni tipo di soddisfazione e del senso stesso della loro esistenza, è stata così la Coppa Italia, che dà solo la platonica vittoria di Pirro di poter partecipare alla Coppa Campioni l'anno successivo: tra l'altro manifestazione completamente destituita da ogni interesse nel consesso internazionale.
Una spesa anche per il contribuente italiano (visto che partecipa quasi sempre una società militare). Naturalmente le società civili all'inizio avevano bistrattato la manifestazione. Scherzate? Noi abbiamo lo scudetto da spartirci, non possiamo mica perdere tempo e soldi con la Coppetta... e poi non abbiamo a disposizione più i nostri atleti (pagati dallo Stato).
Così la Fidal, dopo aver cornificato le società miltari, per non mazziarle costringendole a gareggiare in una manifestazione con quattro gatti, ha consentito alle società civili di poter prendere atleti in prestito, costringendole però alla partecipazione. Con i risultati che potete vedere: una società civile senza militari (pagati da noi) e senza prestiti, è davvero poco cosa se paragonata ai team stellettati.
Avete ora chiaro il panorama: le società civili gonfiano il petto e fanno la voce grossa quando si parla di c.d.s. sfruttando atleti che sono pagati dai... noi. Non dicono però che quegli stessi atleti percepiscono uno stipendio dallo Stato che gli dà modo di allenarsi meglio di quando erano loro tesserati: la loro professionalità, dal momento in cui sono inquadrati come poliziotti, carabinieri, finanzieri, avieri è nettamente acuita... almeno sulla carta e secondo le nuove opportunità, e non decresce di certo.
In poche parole il team civile che aveva perso un buon atleta, se ne ritrova uno che nel 90% dei casi è diventato un campione o ha comunque migliorato le proprie prestazioni, visto che in teoria se ne sta a casa ad allenarsi, stipendiato.
Ergo: la soluzione è stata molto peggio del problema. Si è dato vita ad un campionato di società deriso da commentatori, giornalisti, addetti ai lavori, ma non... da quei presidenti (votanti) che a fine possono rivendicare grandiosi successi di squadra.
Si voleva dar maggior peso alle società civili che forniscono atleti forti? Perchè non si sono trovate forme di tesseramento agevolate, per esempio? O possibilità di accedere a strutture gratuitamente (previo accordo con i gestori degli impianti... cosa che la Fidal chiaramente non fa). O non si inseriscono quote di atleti di quella società nei raduni: le contropartite sono tante e non necessariamente si devono ripercuotere (come adesso succede) sul resto dell'atletica italiana. Ad un danno (la partenza di un atleta forte), è giusto e dovuto che si debba risarcire il mancato guadagno. Questa è la vera sfida cui dare una soluzione!
Preciso quest'ultima cosa: la presenza dello Stato e dei suoi gruppi sportivi, chiaramente è un elemento che garantisce da una parte un serbatoio di buoni atleti stipendiati per l'attività internazionale (quindi visibilità dell'atletica e di conseguenza proselitismo) ma dall'altra ha di fatto ucciso la presenza di grossi brand internazionali (tranne uno, che in costanza di conflitto di interessi, ha prodotto il Presidente della Federazione), non potendo entrare per ovvi motivi a gestire soggetti e progetti "pubblici" per di più composti da persone in teoria preposte al controllo della Legge. Questo ha portato l'atletica nazionale a sposare un meccanismo ormai oliato in cui le società civili di fatto crescono i talenti, che poi si accaparrano con veri e propri saccheggi, i vari gruppi militari.
Chi riesce a ridisegnare questo modello senza rompere il giocattolo, è un mago, lo ammetto.
Perchè togliamoci dalla testa che togliendo le società militari dal panorama atletico, si possa avere un maggior numero di talenti in circolazione. Ora come ora, sarebbe la morte di questo sport d'elite.
Le ultime modifiche datate 2008 hanno però di fatto intaccato questo meccanismo, togliendo spazio e visibilità ai gruppi sportivi militari, che, ci crediate o meno, senza visibilità cesserebbero il loro motivo di esistenza. E lo sbandamento è percepibile: tra qualche tempo qualcuno nei piani alti potrebbe pure eccepire sull'esistenza stessa di gruppi sportivi. Da un certo punto di vista di un Paese in crisi, non si potrebbe neppure opporre tante scuse.
Già si notano le prime falle, le prime defezioni, alcuni gruppi tengono solo qualche atleta. Sarà mai un caso che l'atletica italiana ha iniziato a naufragare con lo sgretolamento sistematico del modello (imperfetto) societario, che quanto meno garantiva una certa base di atleti da presentare al consesso internazionale? Nel mezzofondo femminile, per esempio, la sparizione dei gruppi ha di fatto tolto l'unico metodo di incentivazione dei talenti emergenti, che invariabilmente mollano quando entrano nel mondo del lavoro o dell'università, non potendo sostenersi... di aria. Naturalmente poi è un discorso sinergico alle fonti di proselitismo scolastico: ma questo è un altro discorso, che svilupperemo in un'altra occasione.
Ecco, dato per defunto questo mandato federale, ci si augura che il prossimo sappia risolvere questi quesiti, (per quanto riguarda i campionati di società) che sinteticamente riporto:

  1. trovare forme di indennizzo alle società civili che producono atleti che poi passano a quelle militari.
  2. ridare fiato alle aspirazioni societarie dei gruppi sportivi militari.
  3. semplificare il campionato di società, riunendolo, e abolire la Coppa Italia.
  4. inventare una nuova formula per i c.d.s., più dinamica e divertente.

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