27/05/11

Golden Gala: Usain "terrestre" a 9"91 - Howe è davvero un lunghista?

L'apogeo, l'acme, il còlma della tappa romana della Golden League, si concentra in un momento-per-il-tutto: le 21:45. Come per il palio di Siena, dove i cavalli sentono la presenza della folla vicina, l'aria elettrizzata dell'evento, il nervosismo dei fantini, e i sensi son tesi pronti a mettere in moto i fasci muscolari e l'intera macchina motoria, così gli sprinter dei 100 metri si preparano per esplodere le loro leve. Nei momenti pre sparo,  tutto contribuisce a creare la rappresentazione teatrale dell'evento: ci si fulmina con gli sguardi, come le saette giudicanti di Giove; ognuno recita la propria parte, ben consapevole che lo si fa per lo spettacolo, ma anche lanciando messaggi ai propri avversari. Le mossette di Usain sono note, quelle di Asafa sono un pò meno naturali, perchè evidentemente la parte la deve ancora imparare o semplicemente non è il suo personaggio. Christophe, il bravo ragazzo della porta accanto, sembra un figurante: la propria entrata sul palcoscenico è prevista solo dopo lo sparo. 
Poi, siamo in Italia, no? e non può mancare che il figurante, la comparsa, l'aiutante di scena entri nella scena stessa e si guadagni la visibilità mondiale che aspettava da una vita. Un GGG, un rappresentante del Gruppo Giudici Gara, entra sul palcoscenico invitando Asafa a togliersi la maglietta con sguardo truce.  Come se l'addetto ai costumi, nel primo atto dell'Aida, uscisse dalle quinte e sistemasse i vestiti di Radames. Turpe immagine di un movimento che non ha ancora capito il proprio ruolo, che non comprende i "momenti" dell'atletica, che vuole essere protagonista quando dovrebbe vivere ai margini e funzione di questo mondo. Non "un fattore", come direbbe Flavio Tranquillo, ma una variabile marginale. 
Archiviata questa mesta immagine, i muscoli serici si accomodano sui blocchi: Bolt vuole vicino-vicino a sè Lemaitre (pensate davvero che le corsie le abbiano sorteggiate, eh?), ma lui e Asafa non devono essere limitrofi. E' come quando da bambini si sceglievano le squadre: inizia Bolt... tu che corsia vuoi? La 4^. Tu Asafa? Mmm... la sesta. La vera sfida, gomito a gomito è rimandata: magari non si vuole ancora il reciproco condizionamento. Bang, partiti. Asafa è Asafa, la solita gioiosa macchina da guerra. Monumentale statua di muscoli che incede come un caterpillar al centro della pista. A migliaia di km di distanza, Tyson Gay sta guardando tutto davanti alla tv, e medita... Asafa è davanti. Usain, fagocitato in partenza e dopo una reazione da "dormita" di 0,174 (concessi solo allo sparo 4 centesimi ad Asafa, 0,174 contro 0,133) esce dal branco e si lancia all'inseguimento del connazionale. Ai 70 sembra ancora possibile l'impresa di Powell, ma le leve di Bolt hanno un sussulto: il volto si rilassa e avviene il sorpasso. Primo Bolt, 9"91, contro il 9"93 di Powell. Powell batte la 74^ sotto i 10"00, Bolt la 24^. Sul traguardo piomba in 10"00 anche Lemaitre, avviato a diventare in breve tempo il 4° incomodo, l'outsider pronto ad infilare uno dei 3-tenors non appena steccassero l'acuto. Impressioni? L'extraterrestre, il sovrumano, il divino sembra essere retrocesso alla categoria "uomo più forte velocista al mondo" (se Tyson ci sta), dalla categoria "ultraterreno". Manca qualche cosa, anche visivamente, a quella cosa gialla che saettava con scandalosa facilità tra il 2008 e il 2009. Sono le 21:46 in Italia, le 15:46 a Lexington, Kentucky: Tyson Gay spegne la tv, prende le sacca con le scarpette adidas e va giù al campus con una strana increspatura delle labbra. 
Molto prima era stata la volta di Andrew Howe sui 200: a me viene da incazzarmi, come penso migliaia di appassionati. L'umidità della serata romana sembra irretire i muscoli degli atleti, costretti a nuotare in un 90% di vapore acqueo. Eppure Andrew, nonostante una scarsa propensione a correre per lunghi tratti con l'acceleratore pigiato, dopo aver raggiunto una notevole velocità massima, deflagra gli avversari e sigla 20"32, suo terzo tempo di sempre, 4 centesimi dal personale. Che dire? Che la sua gara sarà comunque il lungo e la velocità non rientrerà nei suoi obiettivi primari. Amen. E' secondario. Tutto fa parte di una serie di riflessioni: nei 100 i ticket medagliferi sono già stati tutti dati via: bisogna correre sotto i 10" e di parecchio per arrivare allo sportello prima degli altri. Sui 200 molti di quelli in coda nei 100, si sono ripresi i ticket. Nel lungo invece il primo che arriva, gode: molta più fluidità su atleti e possibilità di vittoria. E allora dai col lungo e se va male, tanto sono un velocista di buone prospettive. Di sicuro sarà un valore aggiunto per le staffette, finalmente. 
A proposito di 4x100: la capatosta Di Mulo non si smentisce mai: 38"89 schierando in prima frazione un atleta che, in questo momento, fa fatica a scendere sotto i 10"60 (Roberto Donati), mentre in circolazione ci sono fior di atleti che corrono stabilmente sotto i 10"50. Anche Demas Obou ha avuto ragione di lui nelle serie pre-Golden. Non ho nulla contro Donati, che non conosco, ma potrebbe anche chiamarsi Pietro Mennea, ma... insomma: l'atletica è fatta di tempi e numeri. E poi in ballo c'è una prima frazione che, nell'architettura di una quadriga veloce, è la più semplice: non ci vuole una laurea in ingegneria meccanica per correrla. Michael Tumi, per esempio, viste le doti mostrate, potrebbe essere l'indiziato; Jacques Riparelli, un altro. E poi, in maniera più naturale, Fabio Cerutti, di cui non si sa ancora il valore specifico sui 100 metri: l'ho trovato esageratamente dimagrito in volto. Ma l'assetto auspicabile, fatto salvo il treno delle meraviglie Collio-Di Gregorio su seconda-terza frazione, dovrebbe essere uno a scelta tra Tumi e Cerutti (se torna a correre in meno di 10"30) in prima, e Howe in quarta. Riserva Riparelli, mentre Tomasicchio è sparito con il proprio coach. Si va sotto i 38", garantisco io e medaglia a Daegu. Se invece Di Mulo continua a non guardare i valori specifici degli atleti, ma il movimento della gamba in curva, siamo a posto.
Torniamo al Golden Gala e ai lampi che hanno caratterizzato un'edizione... "strana". E' mancato quel pizzico di non so che delle altre edizioni. Ma non riesco dar voce a questa sensazione. Probabilmente la successione delle gare, o anche solo la regia Rai di Nazareno Balani (era lui?), in cui gli italiani (Howe a parte) sono stati completamente dimenticati. 
Nei 400 femminili si è assistito ad una scena poco edificante, con Libania Grenot a naufragare (senza dolcezza in questo mare) in fondo al gruppo. Mai davvero in gara: 53"50. Non era lei. Non poteva essere lei. Marta Milani più coriacea, anche se sbattuta in nona corsia, praticamente in Tribuna: 52"75. Solita grande Allyson Felix là davanti, mezzo rettilineo oltre le due italiane: 49"82, 279^ prestazione mondiale di sempre (278 volte una donna, nella storia dell'umanità, ha corso meno di quel tempo). 427 invece le volte in cui una donna è scesa sotto i 50"00. 
Bella gara di triplo, praticamente occultata dalla Rai, con l'inglese Phillips Idowu che atterra a 17,59, miglior prestazione mondiale dell'anno. Thamgo è per il momento fermo a 17,49. Il resuscitato Christian Ollson stabilisce la terza prestazione mondiale dell'anno: 17,29, mentre un volitivo Fabrizio Schembri con 17,08 centra il minimo "B" per mondiali e olimpiadi (che era 16,85, quello A è fissato a 17,20). Fabrizio Donato, grande atteso della vigilia, dopo il 16,77 iniziale inanella 5 nulli nel tentativo di ottenere la prestazione monstre. Peccato. 
Nei 400 maschili, una delle gare più penalizzate dall'appiccicosa umidità, Marco Vistalli ottiene un tempo, 46"02,  che lascia presagire grandi cose: in prima corsia, con davanti 400isti che interpretano il giro come una cannonata da 250 metri e poi si salvi chi può. Perdere troppo terreno voleva dire abbandonare l'aggancio e naufragare come era successo ad inizio meeting alla Grenot. Così infilato l'inglese Martyn Roneey, che insomma, è uno che alle olimpiadi di Pechino aveva corso in 44"60, e 44"99 l'anno scorso, facendo rivivere il mito di Roger Black. Gara vinta dal 33enne bahamense Christopher Brown, con 45"16. Uno tizio che è sceso 22 volte sotto i 45" nella carriera, fino al 44"40 di Oslo nel 2008.
Vince facile Blanka Vlasic nell'alto con un meno che normale (per lei) 1,95: Antonietta Di Martino l'avrebbe di sicuro messa alle corde, se non fosse stato per l'infortunio. Anche le altre avversarie "storiche" della Vlasic decisamente sotto tono: l'umidità deve essere stata proprio invalidante.
Il sudafricano Lj Van Zyl invece continua a martellare tempi sotto i 48" nei 400hs: ieri 47"91, 278^ volta di un uomo sotto i 48" nella specialità. 4^ volta di Van Zyl sotto i 48", tre delle quali quest'anno, con l'apice raggiunto con il 47"66 di Pretoria a febbraio. L'inglese Greene finisce a 48"24, lui che è sceso solo una volta sotto i 48". Sorprende la mestizia del nono posto di Kerron Clement in 50"03. Quest'anno aveva corso in 48"74, nemmeno tanto male per il bi-campione del mondo di Osaka e Berlino. 
Nei 100hs Dawn Harper 12"70, dando le spalle a Kelie Wells con 12"73. Lolo Jones impennata davanti ad un ostacolo, purtroppo. 
200 femminili ad appannaggio di Bianca Knight, con un modesto (visto il parterre de roix schieratosi in partenza) 22"64. Presenti anche Allyson Felix e Sanya Richard-Ross, che una mezz'oretta prima si erano cimentate sui 400: un esperimento davvero d'altri tempi: 22"81 e 22"88 per le americane. 
Nel mezzofondo orfano di Rudisha, gli 800 sono proprietà del "master" Khadevis Robinson (classe 1976), con 1'45"09, mentre i 5000 finiscono nel bagagliaio di Imane Merga: 12'54"21, miglior tempo mondiale dell'anno.
Ecco, per concludere: sapete cos'è mancato? Troppo poco azzurro si è visto, e quel poco non è stato mostrato come dovuto, Howe a parte, naturalmente. I triplisti dimenticati, ma quelli c'erano. I 400isti per demeriti o per meriti superiori dei propri competitors. Poi le assenze di Di Martino, magari uno sprinter come Di Gregorio o Collio nella prima serie dei 100 (erano in 9, e da metà classifica in giù erano a portata dei nostri). Nessun mezzofondista, nessuno! Forse un giovane sarebbe dovuto essere invitato negli 800. Vabbè, come diceva Linus su Radio-Dj, scende il sipario sull'unica manifestazione di un certo spessore su pista in Italia. Si torna alla normalità dei c.d.s. dei poveri (almeno una volta tutti gli atleti militari erano costretti a parteciparvi), sulla coppa italia dei costretti. Rimangono gli italiani assoluti... ma manca davvero una sensibilità per il movimento su pista di questa gerontocrazia-Fidal.

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