30/08/11

Daegu '11: le finali della III giornata - la Monthso annichilisce la Felix - nel martello Murofushi dieci anni dopo

Nei 400 femminili, come avevo teorizzato ieri, Amantle Monthso vince non solo perchè riesce finalmente ad abbassare i suoi tempi periodici ancorati ai 50", ma semplicemente perchè nel 2011 è stata la più forte. Punto a capo. All'atto finale Allyson Felix ha fatto in modo di rendere il pronostico incerto fino all'ultimo centimetro, migliorando anche il proprio personale di un decimo abbondante. Strano pensare che l'americana prima di Daegu avesse "solo" un 49"70. Ero straconvinto che avesse corso sotto i 49". La Monthso si è dimostrata compatta, solida in ogni parte della gara, pure quando alla sfida da saloon dell'ultimo rettilineo si sono presentate solo loro due. 49"56 a 49"59 e titolo che vola in Botswana per la prima volta della storia. Amantle fu ottava sia a Pechino che a Berlino. Pensare che ha avuto un tempo di reazione bradipeggiante di 0"327, contro lo 0"163 della Felix. In pratica 16 centesimi regalati all'americana ancora prima di mettere giù il primo appoggio della gara. Gara ad handicap insomma. Il tempo della Monthso è il 14° più veloce ottenuto in un mondiale sui 400 femminili. Il terzo posto l'ha vinto la russa di turno, Anastasyia Kapachinskaya, con 50"24, alla prima medaglia internazionale dopo i piazzamenti di Pechino (5^ con 50"03) e il 7° di Berlino (50"53). Quarta la nuova americana di stagione, Francena McCorory, dalle gambe possenti e dall'incedere sgraziato ma efficace: 50"45 al primo appuntamento internazionale. Antonina Krivoshapka quinta (50"66) dopo i bronzi di Berlino e Barcellona (l'anno scorso). Male la giamaicana Shericka Williams, con l'argento mondiale e olimpico in pectore, finita sesta in 50"79, e malino Sanya Richard Ross, che dopo una lunghissima rincorsa successiva all'infortunio dell'anno scorso (e successiva a sua volta al titolo iridato di Berlino '09 e al bronzo di Pechino) giunge settima con 51"32.

Il lancio del martello al maschile porta al bis mondiale uno dei migliori lanciatori di sempre, il giapponese Koji Murofushi, che all'età di 37 anni si riporta sul tetto del mondo dopo averlo sfiorato nel lontano 2001, ad Edmonton, dove giunse secondo con 82,92. E soprattutto dopo il titolo olimpico del 2004 ad Atene, lui che partecipò addirittura al mondiale di Goteborg 1995, cioè ben 16 anni fa. Un atleta super, anche dal fisico proporzionato nonostante la mole possente. 81,24 per il medaglione d'oro, cioè la 19^ prestazione mai ottenuta ad un mondiale. Terza medaglia ad un mondiale per il giapponese (dopo l'argento di Edmonton e il bronzo di Parigi '03). Murofushi ha vinto anche sfatando un piccolo tabù: è stato infatti l'unico tra i 13 vincitori del mondiale nel martello che abbia ottenuto la misura dell'oro alla terza prova delle sei. La specialità mai come quest'anno aveva sofferto la mancanza di un primus inter pares, un dominatore. Anzi, i migliori, di volta in volta, sono spariti e qualcuno non si è nemmeno presentato in pedana. E' il caso del russo Aleksey Zagorniy, che prima di Daegu deteneva le prime 4 prestazioni mondiali dell'anno. Poi è successo qualche cosa, dalla Coppa Europa di Stoccolma in poi, e Zagorniy si è ritrovato a lanciare 73 metri. L'ungherese Krisztian Pars sembrava a quel punto favorito, stanti le tre prove sopra gli 80 metri in gara, ma non aveva fatto evidentemente i conti col giapponese, che quest'anno vantava "solo" un 78,56. Il suo ultimo lancio lambisce l'oro mondiale, ma non basta: 6 centimetri in meno: 81,24 a 81,18. I 4 centimetri tra i due sono il più piccolo scarto tra vincitore e secondo nella storia dei mondiali nel martello maschile. Argento per Primoz Kozmus, con 79,39. Ottavo al mondo, con 77,04 si piazza Nicola Vizzoni. Dopo il promettente lancio a 77,04 una assestamento tra i 76 e 77. 12° caps ad un mondiale per lui, fatto di otto partecipazioni e 4 finali. Secondo italiano di sempre quanto a caps, dietro a Fabrizio Mori che ne ha ben 15. Edmonton rimane la sua migliore edizione, con quel quarto posto raggiunto con 80,13, ovvero una misura che 9 volte su 10, dalla caduta del muro chimico, avrebbe portato alla medaglia. 

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