08/02/13

La corte dei Miracoli dell'atletica italiana

Può essere che una moltitudine di atleti italiani che hanno percorso tutti strade diverse, letteralmente esploda con prestazioni all'altezza delle loro migliori di sempre, nel giro di un mese? Personalmente penso che ogni atleta raggiunga il proprio apice sportivo dopo un percorso che dura diverse stagioni, fatto di alti e bassi, compromessi, scelte (giuste e sbagliate che siano), infortuni, viaggi, terapie giuste, terapie sbagliate, scelte tecniche azzeccate, oppure sciagurate, mettiamoci pure la fortuna (perchè no, anzi?) e anche tutto il bagaglio di esperienze maturate su tutto quello ho scritto prima. La prestazione sportiva è cioè figlia di un viaggio, come in ogni campo della vita del resto (anche se alcune persone arrivano prima ad alcune fermate della vita rispetto ad altre che magari non arriveranno mai). Nell'ultimo mese è indubbio che in Italia si sia assistita ad una raffica di risultati nell'atletica apparentemente senza precedenti degli ultimi anni, tanto da poter gridare al miracolo... ma poi, scusate, quando davvero c'è stato un periodo aulico dell'atletica leggera italiana, dopo aver letto solo qualche paragrafo del libro di Sandro Donati su quello che combinavano diversi dei migliori atleti azzurri degli anni '80 e '90? Secondo me il nostro valore è sempre stato lo stesso: il periodo migliore è solo coinciso, come sembra desumersi dalle parole di Donati, da un ricorso sistematico alle pratiche illecite. L'Italia è sempre stata questa, purtroppo o per fortuna.
Faccio a questo punto un inciso: a me sembra che sia stato negli anni uno dei pochi (e spesso da solo) a criticare la gestione di Arese e questo sin dall'inizio, quindi non son certo qui a difenderla. Cercate sulla rete, è tutto scritto. Ma certo che sentire qualcuno, dell'attuale gestione federale, incensarsi pubblicamente di questi successi mi fa storcere il naso: una persona seria quanto meno riconoscerebbe i meriti del vecchio allenatore, com'è uso nel calcio, più che dire che è il vento è cambiato e che i risultati lo stiano testimoniando. Questione di stile. Di certo il clima è cambiato, chi lo nega, soprattutto per gli atleti d'elite (l'attuale consiglio militare è del resto espressione super maggioritaria di una certa atletica d'elite), mentre, è altrettanto giusto dirlo, per il resto dell'atletica italiana non sembra esser cambiato molto. Anzi. 
I minimi per i campionati italiani di tutte le categorie sono rimasti pressochè simili (mentre ammetto che mi sarei aspettato un allargamento della "fruibilità" dell'atletica netto, deciso... non era questo che si imputava principalmente ad Arese?); i master sono stati dimenticati (e ci sono stati pure master che hanno votato rappresentanti di questo mandato consapevolmente) ma questo era già nelle more del programma elettorale e quindi, più che prenderne atto, non posso. 
Quindi, diciamo che la base della piramide atletica attuale (il senso stesso della Federazione: gli atleti, dai giovani ai master) non ha ancora visto alcunchè ad oggi, mentre sicuramente è stato diverso l'approccio e gli sforzi verso l'atletica d'elitè (tra giovani e assoluti): ben venga, per carità. Era necessario un nuovo approccio più estensivo, piuttosto che limitativo. Se non è la Fidal a promuovere i migliori, chi dovrebbe mai farlo? Il mandato di Arese, è storia, probabilmente perchè accerchiato dalle critiche interne e soprattutto della stampa, aveva preso la strada di limitare progressivamente quanto più possibile la partecipazione degli atleti italiani alle manifestazioni internazionali, per non prestare il fianco a critiche più feroci della stampa. Mia personale versione dei fatti. Nell'alveo di questa strenua difesa di Little Big Horn, ci stanno quindi tutte quelle situazioni incancrenite in cui persone che sarebbero dovute essere allontanate per un naturale avvicendamento (e talvolta anche per scelte tecniche sbagliate reiteratamente) e per riportare un minimo di sereno nell'ambiente, per ragioni esclusivamente politiche, non lo sono state. Su questo punto il mandato di Arese ha perso su tutti i fronti, tanto da scatenare l'inferno quest'estate.   
Oggi almeno, dopo due mesi, si è capito quanto meno come ci sia la volontà di allargare quella base "elitaria". Possono esser state esclusivamente queste visioni più "allargate" ad aver consentito a così tanti atleti di andar forte? Può essere, possono aver contribuito certamente a rasserenare gli animi e a lavorare più liberamente senza dover continuamente provare il proprio valore in ogni occasione, sotto la tacita minaccia di una possibile esclusione da eventuali convocazioni. Si sa bene che non è questo il modo per estirpare il meglio di un atleta. E se non lo si sapevo, ora lo si è capito. 
Però, ecco, diamo a Cesare quel che è di Cesare: in primis ai tecnici e agli atleti, che hanno lavorato in diverse circostanze in un sistema quanto meno disorganizzato (o un non-sistema); poi alle altre persone che hanno lavorato grazie ad un sistema "intensivo", ovvero ad alta concentrazione di risorse elargite dalla Fidal; altri grazie a qualche  progetto (perchè no?) portato avanti dalla Fidal aresiana. 
Ciò che vediamo di cos'è frutto? Di un sistema? Delle capacità dei singoli di sopravvivere alle situazioni negative create dal precedente mandato? Da un miracolo?
Bè, francamente ai miracoli prestativi nell'atletica non credo molto (a meno che siano dovuti a qualche sigla su una fiala), e credo più alla cultura del lavoro. E se qualcuno la pensasse come me, saprebbe bene che nel nome di quella cultura, in due soli mesi, nessuno dal nulla entrerebbe tra i primi 10 atleti al mondo. C'è qualcuno che riesce ad avere un pizzico di obiettività e senso del reale su questo aspetto?

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