13/02/13

Il provincialismo dei Campionati Italiani Assoluti

A forza di dover consentire all'attuale mandato di ottenere il dovuto tempo per ristrutturare l'atletica italiana, non ci si accorge che intanto la stagione invernale (delle quattro a disposizione) è stata già masticata e digerita senza che sia avvenuto nessuna sostanziale rivoluzione. Lo ripeto come un mantra: l'atletica italiana non sono solo una 70 o 80 atleti o quanto diavolo sono, da proteggere come gli Orsi del Kispios, ma 170.000 tesserati che hanno delle esigenze che, almeno fino ad oggi, sono state completamente dimenticate.  Aspettiamo? E aspettiamo, non possiamo fare altro del resto. Uno dei problemi contro cui più mi ero battuto apertamente ed aspramente contro la passata "legislatura" mi era parsa l'assoluta provincialità con cui erano organizzati i campionati italiani assoluti, ovvero la massima manifestazione territoriale dell'atletica italiana. A Torino si raggiunse il minimo storico, con serie di mezzofondo con 4/5 partecipanti, finali dirette, atleti che avevano bellamente saltato il Campionato Italiano. Va bene che contano solo le medaglie internazionali secondo un consolidato pensiero che ormai ha attecchito come la gramigna, ma un'occhiatina ogni tanto alla base, servirebbe anche come forma di investimento futuro, no? 

No, stesso errore, almeno fino ad oggi. I minimi di partecipazione delle diverse categorie praticamente non sono stati toccati (stessa cosa dicasi per i minimi outdoor... andati pure quelli) e ancor meno l'organizzazione dei campionati italiani, che presentano delle pecche da campionato provinciale. Pensavo, ingenuamente, che sarebbe stato finalmente il tempo di "allargare" le maglie della partecipazione alle massime manifestazioni nazionali, giusto per dare più spessore, per riempire le corsie desolatamente vuote o per non vedere gare a cronometro nelle gare di mezzofondo. Ad oggi, rilevo, non c'è stato nulla di rivoluzionario, a parte, ripeto, l'atteggiamento verso quegli 80-90 atleti d'élite e i loro coach che ora godono di un trattamento di "serendipity" e vicinanza psicologica sicuramente ben confacente all'ottenimento delle prestazioni. Ben venga, per carità: cosa lodevole. 

Vorrei capire una cosa, però: ma quanto interessano i campionati italiani assoluti a Giomi & C.? Partiamo da alcune considerazioni: le gare di sprint e ostacoli ai campionati italiani prevedono (andate a guardarvi gli orari di Ancona) addirittura 3 turni in un giorno. E questa strutturazione delle gare dovrebbe favorire lo spettacolo? Batterie, semifinali e finale nello stesso giorno sembra davvero una pazzia nello sprint e ostacoli, anche perchè in pochissimi partecipano a due specialità (forse solo Dal Molin) e non c'era assolutamente la necessità di compattare in questo modo il programma in una sola giornata. Non ci sono nemmeno i 200 nel programma (strano, poi: molti paesi li inseriscono nel programma dei campionati nazionali indoor per dare più opportunità ai propri atleti di vincere un titolo) quindi i doppiaggi di gare sono ridotti al lumicino. Detto in parole povere: invece di mettere gli atleti nelle condizioni di poter ottenere le loro migliori prestazioni, li si mette nelle condizioni di spremersi in poche ore in 3 sprint devastanti. Due turni in un giorno e la finale nel secondo, no? Troppo semplice?

Altra cosa, di segno completamente opposto: gli 800 e i 1500: possibile che ce la si debba giocare ancora con la formula a serie, senza una finale definitiva? Possibile che gli atleti e le atlete debbano farsi la gara pensando che la serie precedente ha corso in tot e quindi, oltre che la strategia per la vittoria di serie (per il titolo italiano) debbano anche pensare a correre veloci stravolgendo il senso agonistico proprio della ricerca della conquista di un titolo? Ma non stiamo parlando di un campionato italiano? Mi sembra che non si sia ancora ai "master" dove evidenti esigenze di numero imporrebbero scelte del genere. 

L'errore di fondo, secondo me, sta nella necessità (chissà imposta da chi) di compattare il programma in 2 giorni (come il programma all'aperto, del resto) anzichè di un più arieggiato 3 giorni. Problemi di copertura televisiva? Vabbè, ma il primo giorno si facciano le batterie e i turni di qualificazione (e chi se ne frega se non c'è la copertura televisiva) e nei seguenti giorni si facciano le finali. Ritengo che chi faccia atletica ad alto livello, non possa nè debba lamentarsi se poi il problema sia il "venerdì" di gare. Gli atleti militari, la stragrande maggioranza, lo fanno per lavoro (quindi lì ci dovrebbero essere anche tutta la settimana) e gli altri, visto che per raggiungere determinati livelli bisogna farsi il mazzo e dedicarci un sacco di tempo, non penso avrebbero difficoltà ad organizzarsi per un venerdì di gara nell'arco di un anno...

Se davvero questo fosse l'ostacolo, saremmo davvero davanti ad un'atletica provincializzata, con tutto che molte delle persone che girano intorno all'atletica non sono nè professionisti, nè similia. Ma bisogna fare scelte: o si pensa ad un'atletica che dia spettacolo, ovvero in cui gli atleti possano davvero rendere il massimo sia cronometricamente (nello sprint, grazie a diluizione delle prove nelle giornate) che agonisticamente (con l'introduzione delle batterie nel mezzofondo), o un'atletica da catena di montaggio, dove quello che conta è arrivare alla domenica sera e poter dire: "anche questa è fatta", che poi è il ragionamento di molti dirigenti federali a qualunque livello... cioè, non conta la qualità dell'organizzazione, ma solo la quantità e la parola "fine" ad ogni manifestazione.

Ora, il primo anno è praticamente già andato, visto che i minimi sono stati già stabiliti. Mi chiedo in che campi adesso verranno fatte queste migliorie rivoluzionarie al "sistema atletica" nell'arco dell'anno, che riguardino (ribadisco) non solo il gruppo apicale degli atleti più performanti (dovuto), ma di una quota sempre maggiore di atleti che, pur pagando il tesseramento e tutto l'indotto, non ottengono assolutamente nulla nonostante rappresentino il 99% dei tesserati. 

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