Tremigliozzi - foto G. Colombo/Fidal |
Non mi piace scrivere telecronache di gare di cui si sanno già i risultati. Quindi cerco la "notizia", più che la secca cronaca, che a parte fare un sunto di una classifica, non fa. Ad esempio, la gara di salto in alto di Alessia Trost sta diventando una non-notizia, nel senso che ormai la "base" di partenza per lei è 1,95, poi tutto quello che arriva di sopra fa notizia. Pazzesco solo a pensarci un mesetto fa. Colpa sua, naturalmente, che ha abituato in solo 30 giorni e a chi la guarda di aspettarsi ormai un altro salto "storico" oltre i 2 metri. Ce li ha nei piedi quei salti e probabilmente è solo questione di calcolo delle probabilità, che è probabilmente direttamente proporzionale al numero di gare cui si cimenta. Interessante notare come in questo primo scorcio di stagione abbia letteralmente dominato il mondo della specialità, mettendo i 5 risultati delle sue 5 gare tra i primi 10 salti globali.
Lungo sì, lungo no - Si sta assistendo invece nel lungo italiano ad una rinascita in chiave maschile, contrapposta ad un'involuzione tecnica di quello femminile, che, solo grazie al primo salto di Giulia Liboà (6 metri netti) si è evitato che cadesse nell'onta internazionale del cinque-virgola. Ok, mancava Tania Vicenzino, che avrebbe tenuto la coperta alta fino al mento coprendo un pò il malessere di una specialità con evidenti difficoltà strutturali. Onore alla Liboà, chiaramente, talento da curare con i guanti bianchi, che si fregia dello scudetto con un unico salto valido (il primo) degno di nota, e che magari se ne avesse infilato un altro avrebbe migliorato quello stesso salto. Ma non siamo in Sliding-Doors e sul grande libro della storia dell'atletica italiana verrà vergato indelebilmente un 6,00 metri. Per trovare un titolo italiano vinto sotto i 6 metri, infatti, bisogna tornare al 1983, trent'anni fa, quando Cristina Bobbi vinse con 5,97. Non me ne voglia la Liboà, che è campionessa italiana-punto (mi sembra di essere Bragagna con queste frasi) se prendo solo il suo risultato (e non la sua prestazione, che rimane quella di una campionessa italiana-punto) per riflettere su tutta una specialità di cui è in questo momento la primus-inter-pares. Proprio al 1983 bisogna tornare per trovare una prestazione inferiore al 6,00 utile a vincere il titolo italiano. Senza dimenticare che nel 2010 si vinse con 6,03, il risultato immediatamente superiore. Domanda: forse che a livello di indicazioni tecniche negli ultimi anni si è perso qualche cosa? L'alternativa per rialzare la coperta era naturalmente già in pista: Darya Derkach, che con 6,20 ha vinto la gara... promesse. Ma è ancora formalmente ucraina, quindi il titolo italiano assoluto le è stato precluso. Davvero assurdo il modulo dei campionati italiani, non trovate? O alle promesse si dedica un campionato italiano, o semplicemente non si fa il campionato italiano promesse. Altrimenti si verificano situazione agonistiche paradossali, quando l'unico metro di giudizio dovrebbero essere i cronometri e le bindelle. Di fatto c'è un mondo di "esodati", che vantano un minimo inferiore a quello richiesto per gli assoluti, ma superiore a quello delle promesse, che giustamente recriminano per questo vulnus. Si allarghino allora le maglie del minimo assoluti, piuttosto che creare delle sacche di atleti sfigati.
Lungo maschile invece effervescente, finalmente. L'era Howe aveva nascosto per anni l'assenza di una cultura lunghistica di caratura internazionale. I salti clou arrivavano infatti sempre col contagocce e randomizzanti, mentre adesso sembra finalmente essersi creato un gruppo di long jumpers da otto metri, a prescindere dalle fortune e sfortune di Howe. Peccato per il contrattempo di Emanuele Catania in finale (non so cosa gli sia successo) perchè sarebbe stata una sfida stellare (per le nostre latitudini ma anche per il momento internazionale, dove gli over-8 sono calati vittime di una crisi senza precedenti). Stefano Tremigliozzi si è fatto una serie culminata con un signor 7,95, ma anche un 7,91 e un 7,89. Chapeaux! Ma impressiona anche Kevin Ojiaku, che è arrivato al personale di 7,91. Tremigliozzi scala la graduatoria all-time italiana salendo al 7° posto (era 9°) ad un solo centimetro da Catania, mentre Ojiaku si issa al 10° posto. Tre atleti entrati o che hanno migliorato la top-ten nazionale nel 2013: sicuramente un segnale di vita.
L'opinabilissima formula dei 400 metri - vincere una batteria e non essere in finale. Quanto meno discutibile, no? La formula dei campionati italiani assoluti sui 400 è una cazzata clamorosa, che ha tolto sicuramente molto spettacolo e protagonisti alla finale. Un provincialismo spinto. Già la presenza di 7 batterie avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme, perchè nelle gare dove ci sono in palio i titoli, la bilancia, anche nei turni preliminari, deve essere il piazzamento e non il tempo. I tempi devono essere "ancillari", ovvero completare gli spazi del turno successivo. Vi immaginate se nell'antica Grecia, l'alloro che dispensava l'immortalità fosse finito sulla testa del primo della seconda serie? Dai! Così le batterie dei 400 femminili sono diventate un non-senso, anche perchè la previsione di una testa di serie, di fatto sconfessava la formula dei tempi, imponendo alla testa di serie stessa di dannarsi autonomamente per ottenere non solo la vittoria, ma anche il crono adeguato per accedere alla finale. Ma allora si attribuisca il titolo italiano a serie, no? Serviva un turno in più, necessariamente, perchè così in una botta sola al femminile ci siamo giocati Manuela Gentili, Flavia Battaglia, Yadisley Pedroso Gonzalex, ma anche Chiara Varisco e Anna Laura Marone, perchè no? Probabilmente non si è avuto un campo di partenti nella gara femminile così competitivo (mancava di fatto solo la Milani e la Grenot), svilito da una formula quanto meno pazzesca. Prendiamoci quello che c'è, e cioè il sontuoso miglioramento di Maria Benedicta Chigbolu, 53"86, che ha margini di miglioramento secondo me notevoli. E poi ha carattere, che nelle gare indoor fa sempre spettacolo. Il miglior tempo le darà modo di avere esterna in finale Maria Enrica Spacca (53"95), che dovrebbe partire in 6^. Sorpresa per la grande prestazione della junior Lucia Pasquale, 54"83, 5^ atleta di finale. La gara sarà comunque una bella kermesse tra 3 delle 4 staffettiste storiche della nazionale (Bazzoni, Spacca, Bonfanti) e le emergenti Chigbolu. Peccato davvero per questa formula.
Negli uomini, fortunatamente, le batterie erano solo 5 e così la formula è stata ridisegnata. Il primo in finale diretto, e poi un ripescato. Chiaramente la formula con un solo turno preliminare ha costretto anche chi era nettamente in testa a tirare come un dannato per l'attribuzione delle corsie in finale, che si sa, a livello indoor contribuiscono non poco alla prestazione finale. Aver avuto due semifinali (quindi 3 turni in 3 giorni) attribuendo ai due vincitori le due migliori corsie, avrebbe sicuramente collocato meglio i migliori sulla pista, rispetto ad oggi pomeriggio. Haliti avrà comunque la miglior corsia, con Isalbet in sesta. Tricca sarà costretto a partire da molto basso (2^, visto il 5° tempo?). Insomma, ci sarà comunque da divertirsi, ma cribbio...
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