07/05/12

Un'intervista ad Alessandro Pino

Un'intervista a sorpresa da parte di una new entry tra i collaboratori di Queenatletica. Col tempo impareremo a conoscerlo, anche se è già famoso nel mondo dello sprintismo italico per aver aperto la "nuova strada". Ecco la sua prima intervista. 

Alessandro Pino (Arzignano, 30 ottobre 1993), è un velocista proveniente da Vicenza, tesserato per la società Atletica Vicentina. E’ stato campione italiano nel 2010 nei 60 metri indoor, e quest’anno è arrivato secondo sempre nella stessa disciplina. E’ allenato da Umberto Pegoraro, tecnico di Matteo Galvan e Michael Tumi. 

  • A che età hai cominciato a praticare sport? E l'atletica? 
  • Lo sport mi ha accompagnato fin dalla tenera età: già a 5 anni praticavo basket grazie al babbo. Ho iniziato con l’atletica in seconda media quando avevo 12 anni, grazie alla scuola.
  • Quante volte ti alleni in una settimana, e per quanto tempo? Com'è cambiato il tuo allenamento nel corso del tempo? 
  • Mi alleno cinque/sei volte alla settimana, per circa un’ora e quarantacinque. Prima del 2009 mi allenavo tre/quattro volte alla settimana, per un po’ meno tempo. 
  • Quest'inverno hai stabilito il tuo personale sui 60m (6''87). Quale gara tra 60, 100 e 200 ritieni più adatta alle tue caratteristiche? E il tuo allenatore cosa ne pensa? 
  • Risponderei “dove si va più forte”, ma credo che questo rimarrà un punto interrogativo fino a stagione inoltrata. Negli anni scorsi non sono riuscito a prepararmi bene sempre a causa di infortuni, spero che questa stagione riesca a chiarirci meglio le idee. Personalmente mi piacciono molto i 200, anche se sono un pelo più difficili da preparare. Il mio allenatore una volta parlò sempre dei 200, ma in futuro si vedrà. 
  • Quali sono i tuoi prossimi obiettivi atletici stagionali? E di “lungo periodo”? 
  • Sicuramente la partecipazione ai mondiali di categoria a Barcellona. Anche se nella mia testa ci sono i fatidici 950 punti tabellari necessari per poter pensare di entrare a far parte di un gruppo militare; credo che diventare dei professionisti sia fondamentale per poi puntare a qualcosa di più importante. 
  • Quali sono le tue passioni “extra atletica”? 
  • Le automobili. La velocità è nel mio sangue, e fin da piccolo mi sono appassionato alle corse, che seguo tuttora. Vedo molte analogie tra l’atletica e i motori. 
  • Un consiglio ai ragazzi che volessero cominciare a frequentare la pista. 
  • Mai perdersi d’animo. E’ uno sport molto difficile, dove le cose possono cambiare in poco tempo, in negativo e in positivo. Ma la cosa più importante resta il divertimento, e la passione: senza questi ingredienti l’atletica diventa uno sport “insipido”. 
  • Tu sei uno studente, e quest'anno avrai la maturità. Quanto è impegnativo conciliare l'attività sportiva con l'impegno scolastico? 
  • Per me abbastanza. Ci sono atleti che riescono a conciliare meglio e altri peggio, poi non sempre si trova una scuola pronta a supportarti nei momenti più impegnativi della stagione. Allenandomi con atleti professionisti e non, qualche volta gli orari ti fanno fare un po’ i salti mortali, ma si sa che lo sport è anche sacrificio! 
  • Restando in ambito sportivo, quale credi che sia la tua qualità migliore? E il difetto più grande? 
  • Come qualità la capacità di non tirarsi mai indietro nelle gare importanti. Tranne che una sola volta, nel 2011, per problemi fisici, ho sempre fatto il personale ai campionati italiani di categoria. Come difetto, in seguito ai tanti infortuni, talvolta non riesco a fidarmi a pieno del mio corpo e tolgo un po’ il piede dall’acceleratore. Questo credo sia il più grande, poi magari ce ne sono tanti altri che non sto qua ad elencare... 
  • Quanto credi sia importante il rapporto con il tuo tecnico per il raggiungimento della prestazione? 
  • Molto, moltissimo. Usando termini motoristici, lui è l’ingegnere e io sono il pilota. Siamo una squadra. Ho un buon rapporto con il mio tecnico, non ho mai avuto da ridire sulle metodologie di allenamento, anzi, ritengo che siano molto all'avanguardia: per me assomiglia ad Adrian Newey. Con tutti gli atleti che fanno parte del nostro gruppo, Umberto riesce ad avere un’ottima sintonia: magari qualche volta si litiga, ma sono cose che succedono in tutti i rapporti interpersonali.
  • Un sogno da realizzare ed uno “impossibile”.
  • Il Sogno è sicuramente la partecipazione ai Giochi olimpici: è la vetta che ogni atleta vuole raggiungere, e io non sono da meno. Uno impossibile? Se non è già difficile questo...

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