03/07/13

Orvieto 2013: Voci, Uva e Metafore (dalla A di Atletica alla U di Uva)

Non potrei parlare di risultati e prestazioni individuali, perché non lo so' fare. Sigma poi è efficiente e veloce, ormai completo anche di fotofinish (per i velocisti). Sulle valutazioni delle prestazioni, per nostra fortuna, il puntuale Andycop non teme confronti. Così, tranquillo e asciutto, come si farebbe dire ad un bimbo che ancora non parla ma indossa l'ultimo modello di pannolone che assorbe fino a cinque litri (!).. posso trastullarmi in note varie, fatue ed amene, pescate fresche come monetine lucenti dal Pozzo di San Patrizio nella splendida Orvieto
Orvieto Scalo, non si offendano i locali, non è granché, anche se non manca nulla. Infatti il mio albergo si trova come l'imbottitura di un panino tra: la statale e la linea ferroviaria regionale davanti; la linea ad alta velocità e l'autostrada, dietro, WOW! 
Io ne ho viste e sentite cose, che voi Masters che non siete potuti venire a Orvieto, non potreste immaginarvi. Tendini in fiamme al largo dei bastioni di Orvieto; e ho visto saltatori e velocisti balenare nel sole vicino alle porte di Ciconìa. 
Ma sì, perdiamo qualche minuto e raccontiamoci l'udito, il visto, l'annusato o magari il sentito, inteso come sensazione; altrimenti.. "tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia"; come disse "il replicante" Rutger Hauer in "Blade Runner". 
Voci, rumori, colori e l'aria di Orvieto, frazione Ciconìa, località La Svolta, bella pista! 
Come nelle bancarelle di un grande mercato, in vendita si trova di tutto, bisogna solo scegliere cosa val la pena portarsi a casa. 
Non saprei proprio cosa abbia più dignità di essere raccontato. 
Scrivo dunque ciò che mi è rimasto impresso senza preoccuparmi troppo se qualcuno, che mi leggerà fino alla fine, penserà che la mia mente necessiti di cure sollecite. 
Ho visto le solite medaglie: d'oro quasi zecchino, d'argento quasi ottocento e di bronzo quasi di Riace. Ho visto maglie, di campioni tricolori, fabbricate in Marocco. Il vino però, un Orvieto D.O.P.; pare assolutamente originale. 
Passo, osservo e ascolto: incontri di vecchi amici e anche nemici che si rivedono in queste occasioni. Le tensioni del pre-partenza e le liberazioni al termine della gara, tra sogni infranti, risultati insperati e promesse di future vendette o resurrezioni sportive. 
Due donne, con il naso appiccicato ai fogli delle fotine appese sul muro dietro le tribune: "eccola qua, come corre bene lei! Però, le braccia.. sì, sì le braccia non sono in sincrono con le gambe, ecco vedi, il braccio destro dovrebbe essere..." Mamma mia, speriamo che nessuno osservi e commenti le mie fotine (semmai verranno appese). 
Una atleta effettua i primi allunghi di riscaldamento. Appoggiata al muretto, cercando una minuscola striscia di ombra, l'allenatrice la riprende ad alta voce per invitarla ad usare le braccia in modo più efficace. Parla in toscano (o italiano, come direbbe un toscano), "pija, devi pijare di più!", pronunciando "pigia" come si pronuncerebbe Peugeot. L'atleta prova un nuovo allungo; l'allenatrice urla ancora: "pija, pija, pija". L'atleta tenta di abbozzare una risposta; ma l'allenatrice alza ancora la voce a coprire qualsiasi replica: "tu pija, pija, pija", arrivando ad espandere il suo verbo anche nell'altra metà del campo di riscaldamento. Pigiare o spingere? Non saprei, ma di sicuro desidererei un allenatore più discreto. 
Passo nei pressi del supercampione che parla con tutti e di tutto ma poi capisco che in fondo, parla sempre di se stesso. 
Passa un terzetto corricchiando; l'atleta al centro parla ai due che l'accompagnano. Il tono è piuttosto alto, forse a cercare ulteriori consensi. "E il bello è che sti regazzetti de ventanni se cagheno sotto appena vedono un cinquantenne che 'riva e je rompe er .. Eeeee...". Puli Puli Puli pu fa il tacchinoo, Qua Qua Qua fa l'occhettaa... grazie a Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto (da L'inquilino). Io questo vibrante orgoglio dell'atletico ometto di mezza età non riesco proprio a condividerlo, soprattutto se esercitato a scapito di ragazzi dotati magari di poco talento atletico. Mio nonno, quando ero ragazzo mi diceva: "alla tua età io saltavo i fossi per lunga e con una gamba sola"; poi guardandomi negli occhi attendeva che comprendessi la sua ironia per poterne ridere assieme. Al 50enne al centro del terzetto potremmo dire di riflettere sulla possibilità di una eventuale piccola invidia (inconsapevole?) di un cinquantenne che non potrà mai più avere 20 anni. La morale forse può essere questa: anche una pirlata, se filtrata e ragionata, ritrova un suo senso. Ah, la gioventù che non ritorna! 
Termino il riscaldamento e nel tragitto verso la cosiddetta "camera d'appello" mi si slaccia una stringa. Mentre mi chino sento una voce potente, alzo gli occhi, è Carmelo Rado che parla con qualche persona attorno a lui. Dal tono della voce si capisce che "la confidenza" non pretende la riservatezza. E allora? Allora ve la racconto! Carmelo, narra di quando era militare ad Orvieto, - "a volte capitava di andare a rubare qualche grappolo d'uva dalle vigne" - e aggiunge: "io vi dico una cosa: se il vino di Orvieto è buono quanto quell'uva..."; e qui si sofferma sulla dolcezza e l'assoluta bontà di quell'uva, mai più trovata così buona per il resto della vita. L'espressione del viso si ammorbidisce, come se tornassero quei magici acini tra le sue labbra. - "Se il vino di Orvieto è buono quanto quell'uva: è sicuramente il migliore del mondo!" - Stringa allacciata. Fine della storia. Cioè, non proprio, perché la sera capirò finalmente cosa stava raccontando Rado. 
A cena, tra persone che in fondo si conoscono poco, ci si lascia andare a qualche ricordo, pescato al volo dalla memoria, chissà perché proprio quello. Ancora di più mi stupisce la persona che non parla per tutta la sera, ma poi, sollecitato dal gesto di un cameriere, racconta. Racconta un ricordo del collegio, di una piccola astuzia di ragazzi che cercavano di rendere meno dura la loro esistenza. Piccole cose, eppure preziose, piccoli oggetti di argento ossidato, che vengono lucidati, fatti brillare e regalati a chi ascolta. L'importante è essere lì. La sera, facendo quei quattro passi che magari aiutano la digestione, mi si accende una luce, meglio: un led (così risparmiamo) nella mia mente non più così vispa. Ma sì, come ho fatto a non cogliere subito la metafora di Rado? I poeti usano la metafora per raccontare e io gonzo mi ero fermato all'uva e al vino. Che sciocco, certo, quell'uva infinitamente buona e non più assaggiata, era la rappresentazione struggente della sua gioventù! Benigni disse: "quando hai la fortuna di incontrare un grande saggio, ti metti in silenzio e lo ascolti. Un po' come andare a sedersi sotto la grande quercia e appena cade una ghianda, svelto la raccogli e te la metti in tasca". 
Conosco Carmelo Rado solo di fama, ma mi era parso abbastanza saggio quel che diceva, inoltre nessuno può mettere in dubbio che sia anche grande. E se non fosse sufficiente... la FIDAL ha appena consegnato a Rado il premio "Quercia al merito"! Ci si dà appuntamento per le prossime gare, magari a Torino, dove qualcuno, vista la tangente da pagare si è rifiutato di iscriversi, altri si sono iscritti ma si dicono pentiti e altri ancora ci saranno senza remore di nessun tipo. Altre voci, altri rumori, altri colori saranno a nostra disposizione, anche se pagati a caro prezzo. Statemi bene, tutti. 

 il corridor cortese

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