Luigi Faccelli, delusione di Amsterdam |
A forza di vedere l'atletica su pista italiana costretta ad un ruolo comprimario del consesso internazionale (doveroso l'inciso "in pista", dopo la fulgida prova dell'energico Andrea Lalli agli Europei di cross), mi sono imbattuto recentemente in un articolo del settimanale "Tutti gli Sport" dell'agosto del 1928... a questo punto, uno sano di mente mi chiederebbe: "e che ti vai a leggere i settimanali di 90 anni fa?". Vero. Folgorato sulla via di damasco dall'archeoatletica. Sapete qual'è la differenza? Che non ci sono immagini e tutto quello che si sa di quelle gesta di quasi un secolo fa ce lo si può solo immaginare. E i giornalisti, proprio per questo, erano qualche cosa di più di semplici cronisti, come forse noi oggi li intenderemmo: erano prosatori, menestrelli, cantavano gesta quasi epiche che il lettore doveva solo far girare nella propria mente. Personalmente il giornalismo sportivo di inizio XX secolo lo ritengo quello che più si è avvicinato all'epos greco, anche perchè, forse, gli obiettivi erano gli stessi. Là bassorilievi, statue, opere che avrebbero rappresentato le pietre miliari della letteratura mondiale, qui i disegni di gesta che nella loro piccolezza dovevano centuplicare la loro eco. Luigi Facelli, che aveva migliorato due volte il record del mondo sui 400hs, crolla in finale... sesto! Toetti, piccolo sprinter milanese, diventa invece il simbolo dell'italianità... ma solo per il fatto che cade esausto nel finale dei 200 metri. Non taglierà nemmeno il traguardo. Vi lascio alle righe di Alberto De Blasio, scritte all'indomani degli "zeru tituli" di Amsterdam 1928. Noterete le differenze con le aspettative di oggi...
"Nelle nostre considerazioni precedenti sui risultati conseguiti dalle varie rappresentanze nazionali, di proposito non abbiamo fatto alcun cenno alla nostra, non perchè essa con la sua scarsa classifica sia rimasta molto indietro, ma perchè non consideriamo l'esiguo numero dei nostri inviati alle Olimpiadi atletiche come una vera e propria rappresentanza nazionale degna di scendere nell'arringo classico olimpico a competere il primato, o magari le altre posizioni alle rappresentative degli altri paesi, come invece abbiamo fatto tanto degnamente per altri rami di sport.
I nostri atleti sono andati ad Amsterdam, qualche anziano per premio del suo ottimo stato di servizio e per tentare qualche affermazione individuale, e dei giovani allo scopo di trovarli già pratici del classico arringo internazionale nelle future Olimpiadi. E sotto questo punto di vista l'uno e l'altro scopo sono stati pienamente raggiunti dai nostri rappresentanti, e molto vantaggio ne risentiremo in futuro di questa lezione sportiva di eccezione.Non vogliamo però chiudere queste nostre note senza dire brevemente quello che hanno fatto i nostri migliori elementi.
L'anziano Poggioli, forse al termine della sua lunga gloriosa carriera sportiva, ha raccolto il suo alloro più fulgido regalando all'Italia la miglior classifica conseguita dai nostri atleti. Buon quarto se egli fosse riuscito ad eguagliare il suo record avrebbe guadagnato il terzo posto in classifica dando al nostro Paese anche l'onore del pennone olimpico, mancato assolutamente questa volta e che nel passato ci avevano dato le vittorie di Frigerio e Masprone e l'affermazione dei nostri Lunghi, Altimani, Ambrosini, Speroni, Martinenghi, Arri e Bertini.
Anche Zemi sarebbe entrato in classifica se dopo un riuscito lancio a 47 metri non avesse poggiato la mano a terra fuori della pedana.
Faccelli, il nostro veramente superbo campione ha subito come tutti gli altri nostri atleti le conseguenze della errata preparazione preolimpica che lo ha fatto giungere già esaurito all'epoca della gara, che gli veniva rimproverata troppo lenta all'inizio. Disciplinato come mai, egli ha seguito gli ordini superiori: è partito forte, ha condotto fino ai 250 metri la gara a tempo da record mondiale, ma quando gli altri hanno forzato per lo spunto finale, egli ha ceduto esaurito. Forse non sarebbe stato certamente sesto qualora avesse seguito il suo istintivo modo di condurre la distanza impegnandosi a fondo solo nella seconda metà della gara, come hanno fatto gli altri. Maniera del resto che gli aveva già dato altre affermazioni in campo internazionale fra le quali anche la vittoria sul forte Peltzer. Toetti anche ha dimostrato di aver la stoffa del campione internazionale e di saper dare tutto in gara, dote precipua di uno sprinter di classe, giungendo a spalla col forte Adams, a pochi centimetri dal veloce argentino Pina, e cadendo sfinito nei 200 metri prima del traguardo.
Reiser ha avuto la mala sorte di esser chiuso dall'ottimo Atkinson vincitore dei 110 ostacoli e dal miglior velocista francese Mourton.
Il giovanissimo Castelli, secondo in batteria nel suo quarto di finale ha trovato la strada sbarrata inesorabilmente da Williams vincore dei 100 e 200, Koernig recordman mondiale della distanza e Borah.
Tavernari ha difettato del suo famoso spunto finale, forse troppo emozionato dall'ambiente a lui nuovissimo, ma si è ben affermato lottando fin sul traguardo col forte svedese Strande, e battendo Hudgton.
Anche Cominotto e Beccali si sono condotti onorevolmente nelle difficile e contrastata gara dei 1500 metri vinta dal finlandese Larva che ha avuto la più clamorosa eliminazione in batteria in questa Olimpiade del forte francese Sera Martin, il quale pochi giorni prima aveva segnato il nuovo record mondiale degli 800 metri.
Il risultato della nostra partecipazione alla IX^ Olimpiade Atletica di Amsterdam può nobilitarsi sintetizzandosi nel gesto di Toetti quando nella gara dei 200 metri piani cadeva sfinito a qualche metro dal traguardo. Lo spirito dell'eroe di Maratona aleggiante nella maestosa torre ad esso dedicata in Amsterdam, certamente avrà avuto il suo fremito di gioia alla vista del piccolo azzurro, il quale dopo tanti secoli ripeteva, nell'agone dello sport, il gesto che lo aveva consacrato all'immortalità.
Gli atleti d'Italia hanno saputo dare tutte le loro energie nella lotta ed a noi questo deve bastare per ora. Ancora molto cammino il nostro Paese deve percorrere nel campo della preparazione, ma più ancora in quello della propaganda per attirare nell'orbita di questa sanissima attività sportiva, le grandi masse della gioventù nostra. Aumentiamo l'efficienza del nostro elemento atletico con un lavoro di preparazione costante ed intelligente, sotto la direzione di tecnici del nostro paese, chè ad Amsterdam i nostri scarsi elementi hanno a sufficienza dimostrato che anche gli atleti d'Italia potranno darci nella X^ Olimpiade le vittorie tanto agognare dalle nazioni più civili del mondo".
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