21/12/12

Atene '04 e l'esercito dei dopati postumi: il 4,5% dei ri-controlli (negativi) positivo!

Chi l'ha pensata al CIO ha trovato davvero l'uovo di Colombo. Sapete cosa si dice da sempre, no? "Il Doping è sempre avanti all'antidoping di almeno 5 anni!", sancendo di fatto quella che è una realtà incontrovertibile, visti i risultati che vedremo. Quella frase nasconde e nascondeva anche una sorta di impotenza certificata di fronte ai nuovi ritrovati farmacologici, quasi impossibili da individuare nel breve periodo nelle provette, ma di cui si sa sempre troppo tardi, quando ormai i buoi sono già tutti scappati dalle stalle. Così, una bella mattina quel qualcuno ha deciso di fare l'esperimento dell'uovo di Colombo, ovvero con un'asserzione concettuale, rivoluzionare l'antidoping con una semplice presa d'atto, che suona più o meno così: "ah sì, siamo indietro 5 anni rispetto al doping? E allora i controlli alle vostre provette ve li facciamo nei prossimi 8 anni!". Detto-Fatto, è arrivato l'antidoping postumo, ovvero il ri-test a campione delle provette con tecnologie che evidentemente non erano disponibili 8 anni prima, e con risultati chiaramente differenti rispetto a quelli originali.

Forse ormai tutti saprete quello che è successo per le 3700 provette delle Olimpiadi di Atene '04 di coloro che erano risultati negativi, no? Ne sono state prese 110 (più o meno il 3%) e di queste 110, 5 sono risultati positivi (ovvero il 4,5%!!)... a 8 anni di distanza per le più svariate sostanze allora artatamente nascoste da qualche altra sostanza. L'impatto è notevole... se teniamo buona la percentuale del 3%, e ritenendo il campione sufficientemente eterogeneo (ovvero, preso davvero a campione e non su specialità più deboli di fronte alle sirene del doping), se avessero potuto controllare tutte le 3700 provette si sarebbero potuti avere qualche cosa un esercito di 167 atleti positivi... un'enormità. Ci pensate che razza di immagine devastante lo sport mondiale avrebbe ricevuto se fossero stati tutti controllati con i metodi d'oggi? Ma tant'è: sono semplici calcoli matematici. In quell'Olimpiade, giova precisarsi, parteciparono anche molti atleti (come Justin Gatlin) in seguito trovati positivi...

Ora, i 5 casi individuati postumi (tra i quali l'oro del peso, Yury Bilonog), saranno discussi in questi giorni al CIO per verificare come comportarsi, ovvero se procedere all'avocazione della medaglia, la riassegnazione della stessa o la vacanza del titolo: in questo terzo caso, si manifesterebbe una sorta di dentiera con i buchi per l'atletica (e per gli statistici) che dovrebbe introdurre qualche statistica ad hoc per il doping, quale parte integrante delle verifiche contabili. Riflessione: uno dei dopati di cui sopra ha avanzato secondo me una giusta questione: "ma l'atleta che è arrivato dopo di me, e che si trova a sorpresa la medaglia al collo, è stato testato anch'esso al tempo?". Bè, peccato che il dubbio lo instilli chi ha barato a propria voglia, ma è una posizione sicuramente condivisibile che farebbe protendere per una sospensione a divinis della medaglia... purtroppo ha ragione ma c'è anche da dire che se lui stesso fosse stato "negativo", probabilmente non si avrebbero avuto dubbi di sorta. C'è pure il caso di una specialità dell'atletica, poi, in cui si troverebbe la medaglia al collo... la 5^ classificata, dopo che una delle precedenti concorrenti era stata già beccata con le mani in saccoccia quando ancora stava festeggiando.

Come scrivono su La Stampa, a chiusura dell'articolo relativo alla medesima notizia, di fronte a quell'esercito di positivi, si sarebbe dovuta probabilmente rifare tutta l'olimpiade... ma è giusto così: il fango postumo cancella tutta la gloria precedente, anche quella magari "pulita". Non posso non mettermi nei panni, ad esempio, di Alex Schwazer, che a suo dire la sua medaglia di Pechino l'aveva conquistata a costo di sacrifici e sangue: quanto, oggi, quella medaglia frutto davvero (probabile) di un lunghissimo percorso di dolore fisico, è stata infangata da quello che è successo dopo, tanto da non poter nascondere nel giudizio terreno dell'atleta sia la medaglia che soprattutto la caduta verso gli inferi del doping? I due pesi si equilibrano, purtroppo, e la Storia e le genti che seguiranno faranno fatica a far emergere la figura del campione più che quella del baro. L'insegnamento della sua vicenda è forse la migliore di mille altre: essere diventato un Dio di Olimpia con la propria fatica e senza aiuti, e poi essere caduto nella polvere, senza possibilità di redimersi di fronte al mondo e poter togliere nelle menti di chi lo ascolta il dubbio sul "prima". E' terribile, lancinante, ma è finalmente una sorta di giustizia, un pò "tirata", ma che sta rendendo amare molte delle medaglie vinte truffando. 

Nessun commento:

Posta un commento