25/03/13

Mennea: la mia intervista inedita a Pietro...

Purtroppo sono mancato in un momento topico dell'atletica italiana, ovvero la scomparsa del campione più rappresentativo di sempre del nostro sport. Atletica? Mennea! Ero fuori dall'Italia, senza un pc e senza la voglia di mettermi a scrivere... A quasi una settimana dalla morte di Pietro, mi sono oggi domandato cosa potessi aggiungere ai fiumi di parole che sono stati già versati per l'icona dell'atletica azzurra. Solitamente non mi va di essere ripetitivo, di aggiungere frasi già usate da altri e che mi incanalino nel fiume di incredulità e dolore che ha travolto tutti coloro che hanno vissuto nell'ombra del Mito di Barletta, senza dare un mio contributo. 

Quando ho saputo della cosa, il primo pensiero amaro che mi è venuto in mente, e che ho messo sulla mia bacheca di Facebook  è che in definitiva l'uomo, per quanto grande sia, per quante cose indimenticabili abbia fatto, uomo rimane e alle ineluttabili variabili che il mondo reale propone, vi si deve inchinare, a partire dalla morte. Tutto quello che si fa in una vita non può essere messo su una bilancia e rivendicare diritti superiori. La morte è la cosa più democratica che esista: non fa mai differenze tra sessi, religioni, conti correnti, gesta, azioni buone e azioni cattive... La morte di Pietro, silenziosa nella sua genesi com'è stata la sua presenza in questo mondo sportivo dopo il suo ritiro, mi ha riportato alla finitima ragione dell'esistenza. Uno baratterebbe una medaglia con un giorno in più su questa terra? Che domanda senza risposte...

Già, ma non vi siete mai domandati poi perchè Mennea non abbia mai fatto parte del nostro mondo dell'atletica dopo il suo ritiro? Io continuo a chiedermelo... Negli altri sport, le icone del passato in qualche modo sono rientrate nei ruoli dirigenziali, o quanto meno rappresentativi. Mennea, invece, ne è uscito, si è allontanato, ha preso altre strade, ha tenuto le distanze con il mondo dell'atletica leggera, tanto che nell'intervista che qui sotto pubblico, ho notato che alcuni aspetti non li conosceva più bene. Perchè? Perchè l'atletica italiana ha perso Mennea? Perchè non ne ha fatto il suo portavoce, la sua bandiera vivente, il proprio presidente, il proprio ambasciatore? E' stata l'atletica a rifiutare Mennea per tutti quegli strani meccanismi che abbiamo tristemente imparato a conoscere e a denunciare, o è stato Mennea a rifiutarla avendo conosciuto... quegli stessi meccanismi? Mi rimane questo dubbio, di chi non lo conosceva se solo di fama e soprattutto non conosceva nulla dei suoi trascorsi con il mondo dell'atletica.

Mennea ci lascia, e mi sento esattamente come il giorno in cui morì Lucio Battisti: la sensazione di qualche cosa di incompiuto. Sarò un sognatore: Battisti mi aspettavo intimamente che tornasse. Ci speravo, non so neppure perchè. Le canzoni sono le chiavi che accendono i ricordi della nostra mente, e poter sperare che ritornasse, ecco, avrebbe voluto dire tornare ad emozionarsi per qualche cosa vissuta nel passato. Sono pure transitato per lavoro sotto casa sua diverse volte, nel lecchese... e se l'avessi visto gliel'avrei chiesto: quando torni? Macchè, non è più tornato, lasciandomi con quella sensazione che mancasse qualche cosa. Così Pietro: se ne va una risorsa, e non so nemmeno darmi una spiegazione su chi e che cosa avrebbe dovuto fare per trattenerlo, riportarlo qui dentro, dare l'esempio...

Vi lascio quindi con un'intervista al telefono che gli feci un paio di anni fa e che non ho mai pubblicato per le sventure del mio precedente sito. Grazie a Mario Longo, contattai Pietro per chiedergli come avrebbe riformato l'atletica italiana. Volevamo che Mennea diventasse il Presidente della Fidal. Non so quanto ci abbia creduto lui stesso, anche perchè si è capito che chi ha plasmato gli statuti della Fidal negli anni, abbia sempre cercato di difendere posizioni che tagliassero fuori ogni forma di rinnovamento, che mantenessero i poteri e le prerogative di certi gruppi avverso a quelle degli altri. E viceversa, a seconda di chi avesse il timone della barca. Non era l'atletica di Mennea, sicuramente. Un'atletica completamente schiacciata sulle necessità delle società e che nulla ha mai concesso agli aspetti generali, quali quelli del reclutamento, la diffusione dello sport, il mantenimento degli atleti... aspetti dimenticati nel nome dei c.d.s. e del portato di quella manifestazione sulle società. Questo è il risultato.

Mi dispiace alla fine dell'intervista non aver fatto quello che gli promisi: pubblicare quelle sue parole per poter tracciare un solco. Il progetto non partì, Pietro non si candidò, nessuno lo chiamò, e io mi rigirai quelle sue parole per mesi senza poterle pubblicare. Lo faccio oggi, sperando di tracciare quel solco di uno sport che lui voleva che fosse più educativo, meno estremizzato, più umano.

Nessun commento:

Posta un commento