03/03/13

Goeborg '13: Michael Tumi's Tribute

Da quando esiste l'atletica indoor? Più o meno 45/50 anni. Interessante oggi svegliarsi e pensare: ma chi organizzò la prima indoor della storia? Dove avvenne? Al Madison Square Garden, l'ombelico del mondo al coperto? Poi uno potrebbe anche (a ragione) chiedermi: ma tu ti svegli al mattino pensando a queste cazzate? Vero, touchè. No, seguitemi un attimo: i primi Giochi Europei Indoor risalgono a metà degli anni '60: stiamo parlando di quasi 50 anni fa. Stranamente nemmeno su wikipedia, in nessuna lingua a me nota, nessuna web-cellula della conoscenza globale parla della storia dell'atletica indoor. Qualcuno che dicesse, che so: la prima gara al coperto si è svolta in Massachusetts, o in una ex fabbrica di cotone nei sobborghi di Londra, allorquando in seguito ad una copiosa nevicata londinese, l'Università di Eton e il King's College si sfidarono tra gli arcolai e i cascami di cashmere. Nulla di tutto questo. Strano, no? Perchè pensavo a questo? Perchè ieri vedendo la finale dei 60 metri maschili, un metro dopo il traguardo sono rimasto atono e afono (a dimostrarlo c'è la registrazione in diretta radio che abbiamo fatto sul canale di Queenatletica). Volevo vedere vincere Michael The Hammer Tumi senza se e senza ma, e non vederlo gridare, che so: "cazzoooo!" come fece Giorgio Lamberti (erano forse nella piscina di Perth?) a non so quale edizione dei mondiali di nuoto, mi ha un pò interdetto. Poi (e qui mi ricollego al discorso di prima) è uscito il metro di giudizio di Santa Madre Atletica, ovvero il cronometro: 6"52. Ma di che stiamo parlando? In oltre 50 anni di atletica italiana uno solo ha fatto meglio del 6"52 di Michael Tumi, ovvero Michael Tumi due settimane fa ad Ancona, quando corse 6"51. E' davanti a 50 anni di storia sportiva di un intero paese nella specialità tra l'altro più affollata. 

Quindi bronzo. Bronzo europeo. Il primo passo ufficiale nel mondo dei Dioscuri della Velocità. Un aereo abbattuto impresso sulla carlinga. Un mondo dal quale si entra e si esce con la volatilità dei bosoni. Difficile rimanerci una volta entrati. La gara, diciamoci la verità, è vissuta sulla fastidiosa presenza del terzo incomodo, James Desaolu. Un menage a troi? Ma non dovevamo vederci solo noi due? Io e Jimbo Vicaut? No, Io e i due Jimmy. E sì che i messaggi d'amore se li erano mandati solo loro due, Jimmy e Michael, nel corso nella fugace stagione al coperto. Jimbo Vicaut sempre lo stesso messaggio: 6"53, 6"53, 6"53... Cosa gli voleva dire? Michael rispondeva invece con uno spread un pò più ampio, e alla fine con un bel sms d'amore: 6"51. E invece, ecco che alla fine si materializza questo Desaolu, fino a ieri un ragazzone sotto l'ala della chiocciata di Bulldog Chambers e che aveva un personale di 6"58 prima di presentarsi a Goteborg. Metamorfizzato nel breve giro di una settimana, da contorno di patate al forno come possibile finalista a protagonista assoluto. Da crisalide a butterfly.

Eppure in batteria quel Desaolu era stato catechizzato da Michael: 6"59 a 6"62, e pareva pure già inchiodato quell'inglese lì. Sembrava aver raggiunto i giri imposti dal limitatore, e a cominciar a battere in testa. Invece nella semifinale "2" accade l'arcano. Vicaut va sui blocchi ostentando  quella sicurezza e sicumera che se ci fosse stato un Cassano qualunque gli avrebbe tirato uno schiaffone senza nemmeno lasciarlo parlare. E infatti arriva puntuale la smacchiata di leopardo: Desaolu scappa come dannato dai blocchi tramortendo il francese sgomento e migliora il suo Pb di 6 centesimi e, a parer mio, si sarebbe potuto pure accontentare. Ma non sarà così, come è ormai ampiamente noto. "Solo" 6"60 per Vicaut, che probabilmente senza Desaolu non avrebbe cominciato a preoccuparsi così subitamente di quello che sarebbe potuto avvenire di lì a poco. 

Ma si arriva alla finale. Sorteggiano le corsie centrali? Peccato, visto che Tumi e Vicaut vengono posti ai margini delle corsie centrali (in 3^ e in 6^), mentre al centro nevralgico della gara verranno posti Said Ndure e James Desaolu. Ndure non è da podio e creerà un buco di sicuro in mezzo alla pista. Così avviene, infatti. Allo sparo Tumi martella il suo Drive ormai calibrato al micron (in tre turni anche l'RT sembra esser stato calibrato: 0"158, 0"158 e 0"160), ma sulla sua destra stavolta come se fosse una massa informe umana composta dall'unione dei pezzi di due esseri umani, Vicaut e Desaolu, spinge all'unisono questa macchina da corsa che procede simmetricamente e in regime di coppia. Tumi non può vederla o percepirla subito, visto quel metro e mezzo creatosi dal buco nero gravitazionale generatosi dall'implosione della stella nana Ndure. Deve vedere Tumi e si volta. Ma ormai il centauro creatosi dallo iato Desaolu-Vicaut distorce il piano spazio-temporale e collassa sul traguardo: 6"48. 6"48, cioè i quinti europei di sempre, dietro al Bulldog, a Ronald Pognon, Jason Gardener e Linford Christie. Tumi terzo in Europa, ovvero l'ottava medaglia della storia italiana dei 60 metri agli euroindoor, con l'unico oro ancora nelle mani di Stefano Tilli, quando vinse a Budapest nel 1983. Penso però che gli rimanga la consapevolezza che all'aperto potrà fare qualche cosa di grande. 

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