11/08/12

L'Olimpiade degli italiani: le staffette e l'ultima volta di Di Mulo

La 4x400 italiana nel traffico - foto G. Colombo/Fidal
Penso che si sia assistito a Londra all'ultima comparsata teatrale di Filippo Di Mulo come responsabile del settore velocità. Naturalmente lo seguirà a stretto giro di posta, il CT Francesco Uguagliati, che se non altro ha condotto con mano il predetto, difendendo fino all'ultimo le brutte scelte che hanno accompagnato questa nazionale dal principio sino alle Olimpiadi londinese. Non si ricodano davvero momenti felici da quando è CT. Ora, come già detto altrove, le colpe di Di Mulo sono alla fine molto limitate: mi sono ricreduto strada facendo. Ci ho pensato parecchio prima di arrivare a questa conclusione. Ovvero: se la Federazione sceglie un selezionatore, questo o fa l'impiegato-rettificatore e convoca quindi i primi delle rispettive classifiche dello sprint (ma a questo punto a cosa servirebbe?) o porta avanti le sue idee pagandone poi eventualmente gli errori. E' la legge dello sport. Il problema è che dopo una serie interminabile di errori, un allenatore che non sembra non aver capito più la quadratura del cerchio, dovrebbe essere "esonerato". Per molto meno, centinaia di allenatori dei più svariati sport sono stati molto tranquillamente "allontanati". L'ultimo in ordine di tempo, seduta-stante, è quello della canoa-kayak, accusato di scarso rendimento "olimpico" visto il solo argento vinto... In atletica invece rimane tutto immutato, anche perchè Petrucci con zero atleti al via direbbe lo stesso che "l'atletica è andata bene!": e certo, l'Asics sponsorizza una bella manciata di Federazioni, potrà mai parlarne male della struttura del suo amichetto?

Il mancato allontanamento/esonero (le colpe del quale evidentemente non possono ricadere sullo stesso Di Mulo) ha portato ad una degenerazione progressiva dei rapporti interpersonali, a scelte sempre più cervellotiche, a scelte sempre meno votate alla quieta ricerca di un risultato, ma alla quasi esclusiva rivalsa personale del Coach di fronte ai continui errori. E invece di migliorare, è stata per lui una caduta progressiva e sempre più veloce negli inferi, fino alla 4 su 4 di Helsinki. 4 staffette su 4 fuori dalle finali di un Campionato Europeo. Prima volta nella storia dell'atletica italiana. Per un movimento sportivo di 170.000 tesserati, con un passato che ha fatto parte della storia dell'atletica mondiale, arrivare a un filotto del genere, è davvero il punto storicamente più basso del nostro sport. Naturalmente la strana inamovibilità di Di Mulo ha creato screzi anche tra gli atleti, perchè, perdendo credibilità (viste le scelte non sempre illuminate) si perde anche in autorevolezza. E se si perde autorevolezza, tutto il progetto decade e qualcuno si sente in diritto di dire la propria. Non sto qui a ricordare che a fronte di un argento a Barcellona '10, decine sono state le scelte su cui quanto meno poter avanzare critiche. La Federazione, invece, non ci ha mai visto nulla di male, e così probabilmente pensando che ci fosse bisogno di un capro espiatorio sul quale far ricadere tutto il marcio, in realtà si è tirata addosso tutto quanto di negativo si è creato nel frattempo.

L'ultimo errore, in ordine cronologico, a mio modesto modo di vedere, è stata la disposizione della staffetta femminile. Su sky, lo stesso Roggero, ottimo commentatore (peccato per le telespalle) ha avanzato qualche timido dubbio (chiaramente, essersi tirati in casa personale-Fidal ha stoppato aprioristicamente qualunque tentativo di critica durante le telecronache: qualunque prestazione degli italiani non ha praticamente subito critiche, togliendo la genuinità della qualità generale del prodotto). Il problema è fondamentalmente Libania Grenot, che in via teorica dovrebbe essere il motore della squadra. La considerazione che faccio è una: correre una gara di rincorsa, che è il significato di mettere Libania in ultima frazione, implica necessariamente che i cambi prima che le arrivi il testimone, si svolgano nella confusione e nel traffico di corpi, braccia, teste, corsie, che solo una staffetta del miglio presenta nelle zone-rosse dei cambi. La controprova l'hanno data tra gli uomini i vincitori della gara maschile, ovvero le Isole Bahamas, che nelle prime due frazioni ha incastonato Chris Brown e Demetrius Pinder, finalisti della gara individuale. Trinidad ha messo in prima il più veloce (Lalonde Gordon, bronzo nei 400), il Belgio in prima Kevin Borlee e in terza il gemello Jonathan. Il senso è che cambiando prima, si evita di finire in 5^ corsia a cambiare, di trovarsi altre atlete che hanno appena finito la loro prova che fanno da birilli in mezzo alla pista, di non portare le frazioniste che arrivano a dover sprecare energie nervose per individuare dove sia piazzata la propria compagna di squadra, nascosta dalle atlete che la stanno precedendo. Tutto questo porta inevitabilmente ha crearsi i presupposti di impostare una dannatissima gara di rimonta senza considerare tutte le variabili indipendenti connesse. Ergo, Grenot andava probabilmente in prima o in seconda (poi ha corso pure piano... a prescindere). Mi son preso la briga di prendere i parziali davanti alla TV, che si dfferenziano enormemente da quelli di Stefano Baldini, che li ha presi dal vivo a 50 metri di distanza. Da mano a mano, questo quello che è emerso: Bazzoni 51"96; Spacca 52"08; Bonfanti 51"80; Grenot 53"06. Totale 3'28"90, cioè soli 11 cent in meno del tempo elettrico ufficiale di 3'29"01. Diciamo che l'RT và aggiunto alla Bazzoni, che sale a circa 52"1. Vuol dire che la Nazionale è andata bene, tranne una, e purtroppo la più forte. Baldini ha preso con i suoi mezzi alla Grenot 52"4... francamente non so come l'abbia preso, visto che ad inizio rettilineo, una volta resasi conto che non sarebbe riuscita a raggiungere quanto meno il 5° posto, l'ultimo posto utile per un'eventuale ripescaggio, si è letteralmente fermata. Amen. Andata pure questa. Dal punto di vista statistico, rimane una sola la finale raggiunta da una 4x400 femminile italiana alle olimpiadi: avvenne a Los Angeles '84, quando la quadriga azzurra ottenne il 6° posto con 3'30"82. A livello prettamente cronometrico, il miglior tempo invece quello ottenuto nel 2000 a Sydney (Graglia, Carbone, Piroddi e De Angeli), con 3'27"23, mentre il tempo ottenuto a Londra è il 2° su 6 gare tabellate su 5 partecipazioni (solo la staffetta di Los Angeles, come detto, raggiunse la finale).

E poi c'è stata finalmente la fine della lunga telenovela della 4x100 maschile. Alla fine, come da qualcuno suggerito, tempeste in un bicchiere d'acqua, che si sono risolte nel silenzio e col silenzio. Il tempo, diciamocelo, non è affatto male (38"58), ma è come se tutto il mondo si fosse spostato in avanti, mentre noi siamo rimasti ai tempi di anni fa. La soluzione di Collio in prima e Riparelli in seconda, è risultata essere l'uovo di Colombo. Poi non è che possiamo metterci qui a criticare: qualche sbavatura, quasi nulla a confronto di quelle degli altri, ma partendo da PB più alti è chiaro che per l'Italia la competitività passa quasi necessariamente per i cambi. Quello che è mancato è stato probabilmente qualcuno che corresse con la velocità del duo Collio+Di Gregorio a Barcellona '10. Sull'ultima frazione, probabilmente Cerutti non si è trovato a proprio agio, ma prima di dare giudizi definitivi, direi che bisogna aspettare gli split ufficiali. Lasciamo qui perdere il commento di ex atleti su sky sugli aspetti tecnici dello sprint: penso che i panettieri debbano astenersi dal suggerire ai maniscalchi come fare il proprio lavoro.

E così non si è raggiunta la 13^ finale del quartetto veloce italiano, che nella sua lunghissima storia, iniziata nel 1920, è mancata solo in due occasioni, nel 1980 e nel 1992. Ultima finale, nel 2000 (7'). Il miglior tempo mai segnato da una staffetta azzurra è il 38"54 con il quale gli azzurri arrivarono 5' a Seoul nel 1988. Il tempo degli italiani a Londra è quindi il secondo di sempre durante le olimpiadi. 14^ prestazione di sempre per una 4x100 italiana.

Si chiude quasi sicuramente qui la lunga parentesi di Di Mulo, sperando che chiunque gli subentri adotti dei metodi più meritocratici anche se probabilmente è proprio a livello organizzativo il vero problema. Già, perchè come avviene anche a livello giovanile, è difficile sostenere una struttura che lavora sulle staffette nei lunghi periodi, quando la grandissima flessibilità delle prestazioni dei più svariati atleti imporrebbe continui cambiamenti. Da qui nascono quasi tutti gli attriti, visto che se X va più forte di Y in questo sport pretende che gli venga riconosciuto il diritto di prelazione per le selezioni, anche se Y ha svolto tutti i raduni possibili ed immaginabili, magari inficiando la propria preparazione della stagione in corso. USA, Jams e Inghilterra, chiaramente questo problema non l'hanno, perchè il "selezionatore" altro non è che colui che lavora su un quorum di atleti usciti dai trials, ed è quindi vincolato nelle scelte. Forse è proprio il caso di ridisegnare la struttura tecnica della velocità (e delle altre specialità) e la filosofia che ne guida le politiche-tecniche. Bisogna diffondere i risultati di studi scientifici, invitare i tecnici che hanno successo a relazionare, lavorare sui tecnici più che sugli atleti, porsi in maniera paritaria tra tutti, perchè evidentemente, come dimostrano i  risultati, NESSUNO in Italia in questo settore può dire di aver scoperto la pietra filosofale.

Nessun commento:

Posta un commento