Se in via estremamente ipotetica la Fidal fosse un'azienda che sfornasse il prodotto "atleti" come bene materiale e io ne fossi l'Amministratore Delegato ( faticosamente appena insediato dopo uno scrutinio serrato con l'altra cordata reazionaria) una delle prime cose che farei appena assiso sulla nuova poltrona in pelle umana, sarebbe alzare la cornetta e chiamare i responsabili del settore "Studio, Sviluppo, Progettazione degli Atleti". "Come... non esiste questo Ufficio??" ribatto alla segretaria. Non c'è problema: lo creo. Ci ritroviamo così, dopo pochissimo tempo, nella mia bella sala riunioni con vista sulla iridescente e mondana Via Flaminia. Insonorizzata, naturalmente. Ho voluto farmi assistere da persone con un minimo di capacità organizzative, piene di entusiasmo, con percorsi universitari nella raccolta di statistiche e nella loro successiva elaborazione: non mi faccio affiancare certo da soggetti scodinzolanti: a me servono persone pensanti, non portaborse o utili idioti che mi sostengano quando c'è da votare qualche cosa. Sono fatto così e questa è la mia azienda... gli altri la portassero avanti come vogliono.
Il primo incontro con i miei professionisti è quello più importante. Devono capire sin da subito quello che voglio da loro. Sono rimasto in questo campo da troppo tempo e ho un mio pallino che vorrei condividessero per poi tradurlo in uno studio, in un lavoro.
"Ragazzi, ho un problema...". I ragazzi mi guardano, pronti a scrivere sul loto taccuino e a porre eventuali domande. "Allora, il settore produzione funziona... più o meno. Ogni tot anni abbiamo l'atleta fuoriserie... ci vince le medaglie, e siamo tutti contenti. Gli operai, ok, non percepiscono grandi stipendi, ma chissà come riescono sempre a plasmare ottimi prodotti con costi della manodopera assolutamente incredibili: nemmeno in Cina riescono a produrre atleti a prezzi così concorrenziali". I ragazzi, naturalmente, assentono: la manodopera dei plasmatori di atleti molto spesso è uguale a zero. "Poi abbiamo la fortuna dei contributi statali che ci consentono di portare avanti la fase evoluta del prodotto "atleti". Abbiamo diversi impianti, come sapete, sparsi sul territorio: in Veneto, nel Lazio, in Emilia... Anche qui, bene o male che sia, c'è. Funziona e non funziona: ci lavoreremo su con altri settori dell'azienda per ottimizzarli in sinergia con il nostro Ufficio: sono troppo distanti da noi al momento ma deve cambiare il sistema di produzione. Il mio problema è da un'altra parte...". I ragazzi, si guardano: nessuno si distrae. "Sulla ricerca di materie prime (gli atleti), anche lì, ci sarà un altro settore della ditta che si occuperà delle problematiche: sappiamo bene cosa bisogna fare e dove cercare queste benedette materie prime... Il problema è complesso ed entriamo in concorrenza con altre imprese fortissime... ma ce la faremo, vedrete. Ecco quindi il problema: com'è possibile che dalle materie prime che faticosamente riusciamo ad estrarre dal territorio, otteniamo 100 atleti e che poi dopo soli pochi anni dalla produzione, ne arrivino alla "commercializzazione" solo cinque o sei? Dove sono finiti gli altri 94 o 95? Ma soprattutto: di quei 94 o 95, dove sono finiti tutti quelli che erano i prodotti migliori, quelli che erano in testa alle classifiche di qualità, ovvero le loro categorie, quelli che erano talmente perfetti da aver siglato dei record regionali e italiani... dove sono? Io qui, sulla carta, ne vedo appunto pochissimi pronti da vendere: eppure tutte quelle prestazioni mostruose le hanno ottenute solo pochi anni fa! Ci abbiamo rimesso un sacco di investimenti di "tempo"... e per fortuna la manodopera era quasi gratuita...
Ok, ora viene il bello: "quindi ho pensato ad una cosa: non c'è sviluppo di questa azienda se non si comprende perchè ciò che è seminato, ovvero i nostri investimenti di tempo degli operai, siano andati in fumo! Voglio sapere dove siano finiti questi ragazzi! Ne và del buon nome dell'azienda!". Mi rendo troppo tardi di aver alzato la voce... ma nessuno dei ragazzi si intimorisce. "Quindi, ecco cosa dovrete fare: prendetevi le classifiche degli ultimi anni, poi stabiliremo quanti: cadetti, allievi, junior... i primi dieci di quelle classifiche. O 20, vedete voi! Di ognuno di essi, studiatevi ogni aspetto: cosa facevano, specialità e prestazioni, e cosa fanno adesso. A me interessano non quelli che ce l'hanno fatta, ma quelli che non sono spariti! Voglio sapere dove siano finiti! Ho bisogno di un'indagine epidemiologica profonda su di loro."
"Quindi: prima fate un censimento su questi ragazzi... in una seconda fase bisognerà cercare di contattarli ad uno ad uno. So che è difficile, ma vi pago per questo! Appartenevano ad una società? Ecco... contattate la società! Quando li avrete finalmente contattati inizierà il vostro vero lavoro cerebrale, quello per il quale vi chiedo la massima professionalità: un'intervista in profondità sui motivi del loro abbandono o della loro caduta negli inferi delle prestazioni. Dobbiamo capire quali sono queste motivazioni: se sono causate dai genitori, dalla scuola, dall'allenatore, dalla difficoltà di allenarsi, da delusioni derivanti dalle gare, dal calo delle prestazioni dovute al rapporto con il proprio coach, dalle mancate convocazioni alle rappresentative regionali, da un diverso atteggiamento del loro coach in seguito all'esplosione prestativa, dal prodotto-gara che forniamo che dicono sia davvero scarso, dall'assenza di impianti e strutture per allenarsi... bisogna analizzare se quei problemi derivino da fattori esogeni alla nostra azienda o endogeni. Dobbiamo capire se si può intervenire per far in modo che i talenti rimangano, o se il tutto dipende da cause sulle quali non possiamo intervenire. E poi dobbiamo capire se il fenomeno sia localizzato o generalizzato, se possiamo circoscriverlo o meno. Dobbiamo sapere: se non sappiamo, se non ci conosciamo, non amiamo la nostra azienda".
"Fatta questa prima parte di studio... non so quanto potrà durare... un anno? Due? Non importa! Trarremo delle conclusioni. Troveremo delle ridondanze, delle circostanze statistiche significative: i motivi comuni dell'abbandono di questi benedetti ragazzi. Cercheremo quindi, ed è la terza fase, sulla base del vostro studio, di approntare strategie che possano servire ai ragazzi che verranno raccolti nei prossimi anni a rimanere... non possiamo permetterci di buttare continuamente alle ortiche centinaia di ragazzi tra i quali, statisticamente, uno o due potrebbero essere le fuoriserie di domani! E' illogico! Per la soluzione dei problemi che alla fine di tutto riscontrerete, appena avremo i dati in mano, ci troveremo ancora qui e ne discuteremo: molte teste riescono ad arrivare molto più lontana di una sola".
I ragazzi hanno compreso benissimo: uno studio a 360° non sul perchè non ci siano atleti, ma perchè questi abbandonino: non è forse più facile, nel bilancio aziendale, migliorare un prodotto, piuttosto che ricrearselo da zero continuamente puntando tutto sulla speranza che sia quello giusto?
Nessun commento:
Posta un commento