02/09/11

Daegu '11: la mattinata a Daegu: dentro Salis e Donato, fuori Schembri e Caravelli, 4x400 fuori per le scelte di Di Mulo,

Innanzi tutto un piccolo flash su Usain Bolt. Tempo di reazione sui blocchi: 0"317, ovvero il penultimo tempo tra tutti i partenti delle batterie dei 200 di stanotte, meglio solo dell'onduregno Rolando Pacios (0"322). Ecco le prime ripercussioni della nefasta eliminazione del giamaicano sul suo sentire le gare. Probabilmente se ne avesse la possibilità, Lamine Diack, che si sposta per il mondo vestito come Robert Mugabe, cambierebbe la regola della prima falsa partenza seduta stante. Ma ormai la frittata è fatta, e probabilmente per la prima volta in un mondiale, il titolo dei 200 sarà più atteso di quello dei 100. Che la falsa partenza potesse influenzare le gare era già pesante prima, ora se ne capisce la portanza su chi rappresenta l'atletica mondiale. Sarebbe come togliere gli alettoni alla Ferrari nel mondiale di Formula 1. 

La mattinata a Daegu azzurra ha invece confermato il trend italiano di questi mondiali: si esce quasi sempre per un pelo. Un pelino, un pelone, non importa: quando si è lì-lì, la jella si accanisce sui nostri azzurri, tanto che Antonietta Di Martino più passa il tempo più davvero diventa l'ancora di salvezza di una spedizione che oltre i limiti tecnici, è stata assalita da una buona dose di sfortuna. La nottata ha riservato l'esclusione di Marzia Caravelli nei 100hs con 13"29, tempo che dice e non dice, visto anche il metro-e-sei contro. Inciso: ma sta pista non potevano farla dall'altra parte? Si qualificavano le prime quattro e naturalmente Marzia è giunta quinta. Ma la quarta era tale Lisa Urech, cioè la svizzerotta che quest'anno ha corso in un incredibile 12"62 e che a Daegu ha rischiato di uscire correndo in 13"16. Si veniva ripescati con 13"13: e francamente non so se a questo punto la pista di Daegu favorisca certi atleti, ne sfavorisca altri, fosse mattina, ci fosse umidità. Purtroppo il risultato non cambia: bisognava correre una delle migliori prestazioni della propria carriera sportiva e mi rendo conto che non c'erano le condizioni migliori per farlo. Marzia Caravelli rappresenta la terza italiana schierata ad un mondiale sui 100hs: prima di lei vi erano riuscite Patrizia Lombardo (un mondiale), e naturalmente Carla Tuzzi (presente a tre mondiali). L'unica però ad aver passato il primo turno è stata la Lombardo, a Roma '87. La Tuzzi e la Caravelli, invece si sono fermate al primo turno (la Tuzzi fuori ad Atene '97 addirittura con un 13"10...).

L'esclusione della 4x400 femminile ha invece di sicuro un colpevole: Filippo Di Mulo (se fosse stato lui a disegnare la squadra così). Pensate le due italiane sulla carta più forte Libania Grenot e Marta Milani piazzate in 3^ e 4^ frazione, cioè già virtualmente lontane dalla bagarre che avrebbe di certo migliorato il rendimento della formazione. Bazzoni e Spacca avrebbero dovuto correre sull'uomo (o meglio, sulla donna) e avrebbero reso molto di più rispetto a Milani e Grenot che invece sono dovute andare alla rincorsa solitaria del tempo limite. Invece il coach nazionale ha messo a confrontarsi in corsia Chiara Bazzoni contro la campionessa olimpica, l'inglese Christine Ohuruogu, e la giamaicana Rosemarie Whyte, che quest'anno ha corso in 49"84 e a Daegu ha corso in 50"90. Certo non si poteva sperare di correre in 3'23", e giocarsela con giamaicane e inglesi, ma quanto meno non si sarebbe dovuto vedere la Grenot fare lo slalom o ragionare sulle altre avversarie evidentemente meno performanti. Risultato? 3'26"48 contro il 3'26"01 necessario per accedere alla finale e vista la crescita di Bazzoni e Spacca quest'anno, e la forma della Milani, non era certo impossibile centrarlo. Mah... Dato Statistico: solo in due circostanze la 4x400 femminile ha corso una finale mondiale: accadde ad Atene '97 e a Siviglia '99. Ma allora ai due quartetti bastò correre in più di 3'30" per accedere alla finale. Il 3'26"48 è nettamente il tempo più veloce corso da una staffetta italiana ad un mondiale.

Nel triplo Fabrizio Donato riesce a passare le forche caudine delle qualificazioni all'ultimo salto: 16,88, sette centimetri sopra il par. Non passa il taglio invece Fabrizio Schembri, con 16,71 a soli 10 centimetri da quello stesso taglio. Uno dei pochi, a mio modo di vedere, che abbia avuto durante le interviste del dopo gara, la giusta umiltà, la consapevolezza dei propri mezzi, e quindi la giusta prospettiva per crescere in prospettiva. Se non si conoscono i propri limiti, è difficile poi panificare i propri allenamenti. Atteggiamento se vogliamo antitetico a quello di Simona La Mantia che ostentava invece una certa soddisfazione nonostante l'uscita in qualificazione (probabilmente per mascherare l'uragano interno). Comunque sia, prima finale su quattro partecipazioni ai mondiali all'aperto per Fabrizio Donato, cui non riuscì la qualificazione nè a Parigi '03 (16,63), nè a Osaka '07 (16,20), nè a Berlino '09 (15,81 con infortunio). Quarto finalista azzurro di sempre, dopo Dario Badinelli a Roma '87 (11° con 16,63), Paolo Camossi a Siviglia '99 (5° con 17,29), e ancora Paolo Camossi a Edmonton '01 (11° con 16,18). 12 le presenze italiane ai mondiali nel triplo maschile e appunto 4 finali. Fabrizio Schembri fallisce la sua seconda opportunità dopo che a Berlino riuscì a saltare un ottimo 16,88, ma che allora non garantiva il passaggio del turno. 

Passa invece le qualificazioni Silvia Salis, con un buon 69,82 nel lancio del martello. E' decima nella entry list della finalissima, ma il discorso medaglie sembra un pò precluso, visto che in 8 hanno superato i 71 metri. Ma la finale avrà comunque una sua storia. Basterà raggiungere le prime otto. Terza volta che un'italiana raggiunge la finale mondiale su 7 partecipazioni: prima di lei ci riuscì due volte Clarissa Claretti ad Helsinki '05 e Osaka '07. 

Nessun commento:

Posta un commento