04/09/11

la medaglia che la Fidal non merita: è solo di Santa Antonietta

Arese probabilmente non sa nemmeno come si chiama la Di Martino (Antonella? Antonia? Annalaura? Annamaria? Niedda?), ma sa che un'italiana ieri ha vinto una medaglia ai mondiali. Ecco cosa può essere successo ieri, dopo che Antonietta di Martino vinceva il bronzo nel salto in alto.

"Presidente, abbiamo una medaglia!";
"Ah, sì? Meraviglioso!!!... ehm... ma cos'è una medaglia?"
"Presidente, è quella patacca di metallo colorato che danno nelle gare... ah già, Presidente, è un be pò che non le vede... bè, è di bronzo".
"Benebenebenebenebene!! Ma chi l'ha vinta? Scartezzini? Ove? Fontanella? Pietro? Dì la verità, l'ha vinta Pietro Mennea!!"
"mah, veramente presidente...."
"Ho capito, la Simeoni!! Lo sapevo!!! La Simeoni!! Mi aveva detto che la Ulrike Meyfarth era ostica... e chi è arrivata seconda?".
"No, no, Presidente..."
"Nooooo, non dirmi che l'ha vinta Fiasconaro!! Nooo... dai, proprio lui? Quel sudafricano non l'ho mai digerito!! Lo sapevo: dal Sudafrica arrivano sempre le cose strane: la donna barbuta, l'uomo bionico, i nani, e mò pure il giocatore di rugby...".
"Presidente, l'ha vinta la Di Martino..."
"Di... che? Di Martino? E chi è? Vabbè... ma aveva la maglietta ufficiale?"

Come dicevo in tempi non sospetti (l'altro ieri) di sicuro la medaglia della campana ha un'unica proprietaria: la Di Martino stessa. E naturalmente della sua trasparenza, della sua schiettezza, del suo talento, del suo coach-marito... nulla di quello che la Fidal può avergli regalato. Non è nemmeno frutto delle oceaniche campagne di reclutamento di Arese degli ultimi sette anni, essendo figlia di altri itinerari che nulla hanno avuto a che fare con l'attuale (fallimentare) dirigenza. Nelle immagini dei festeggiamenti della medaglia in casa Italia, però, il presidente ha giocato con la Di Martino come il miglior Claudio Gentile su Diego Armando Maradona ai Mondiali di Spagna '82 (ma rimanere in Campania) nel girone dei quarti finale: marcata a uomo, senza darle un attimo di libertà di movimento, perchè metti mai che qualche scatto venga senza il suo faccione, magari con lo sguardo ieratico che dà disposizioni ai suoi schiavetti. Tristissimo.

Ma venivamo alla gara, che è quello che più conta. Le qualificazioni avevano detto una cosa, obiettivamente: la meravigliosa valchiria armena di Yerevan, Anna Chicherova appariva la più forte. Non solo per il suo incredibile 2,07 saltato sulla pedana elastica di Cheboksari, durante i campionati russi, ma perchè semplicemente appariva la più perfettamente "alta" ad ogni misura. Poi, chiaro, c'è una gara di mezzo, ma i russi raramente riescono a farsi prendere dall'ansia agonistica, quando preparano gli eventi importanti della stagione: semplicemente sanno quello che devono fare e come farlo. Naturalmente era presente anche l'avversaria di sempre, la croata Blanka Vlasic, che aveva millantato un infortunio nel pre-mondiale, che visti i risultati della gara, più che una distorsione delle delicate alchimie del ginocchio, sarà stato l'essersi fatta un taglietto all'indice della mano sinistra mentre affettava il sedano per un'insalatona. Ma tant'è: anche questo è sport. Anzi, è il sale dello sport: lo scherno, le mosse psicologiche. Del resto era la bi-campionessa mondiale in carica all'aperto (Osaka '07 e Berlino '09), nonchè la bi-campionessa mondiale indoor (Valencia '08 e Doha '10), nonchè campionessa europea in carica, ovvero il campionato continentale dove vengono scelte le migliori per Miss Mondo. La Chicherova, moglie di Gennady Chernovol, miglior sprinter kazako di sempre nella prima decade del XXI secolo (6"57 sui 60, 10"18 sui 100 e 20"44 sui 200), paradossalmente, nel suo carnet, vantava un solo successo internazionale: quello agli europei di Madrid nel 2005 e naturalmente una serie infinita di piazzamenti, utili solo per fare curriculum, ma che ancora non consentivano l'entrata nella Hall of Fame della specialità. Antonietta, invece, è già una delle grandissime almeno in Italia, del salto in alto, laddove fino a qualche anno fa, colui il quale avesse preso in considerazione il solo fatto che qualcuna avrebbe potuto emulare le gesta della leggendaria Sara Simeoni, sarebbe stato tacciato di blasfemia e bruciato su un pira. 

La gara inizia e la fragile Emma Green lascia la comitiva chiagnente a 1,89. L'1,93 è misura che incredibilmente riescono a passare tutte le 10 altiste rimaste in gara: chi bene, chi benino, chi per un pelo. Non importa, il pullman continua e a 1,97, si apre il primo buco nero che inghiottisce 5 atlete in un colpo solo dimezzando il numero di sospettate per la medaglia, ma nessuna delle favorite.

Le favorite continuano nel loro percorso, anche se la prima a battere in testa è la russa Svetlana Shkolina, che deve ricorrere al terzo tentativo per rimanere aggrappata al proprio sogno e sperare nella misura successiva. Ma incombe la mannaia dei 2,00 che fa fuori le due russe meno quotate, la stessa Shkolina ed Elena Slesarenko. Chicherova e Vlasic nel frattempo macinano salti come fotocopiatrici multifunzione, senza però che la carta si inceppi mai. Antonietta al terzo, salta a 2,00 (prima delle due russe) e piazza così il game-set (ma non match) e di fatto si intasca la medaglia, mettendo pressione a Slesarenko e Shkolina, già falcidiate da "ics" e che infatti naufragheranno nell'oblio del quarto e quinto posto. Medaglia per l'Italia, comunque vada! Dopo due mondiali a secco (Berlino '09 e Doha '10) arriva la prima medaglia della carretta del mare targata Arese, e a vincerla appunto, una che con quella carretta non dovrebbe essere accostata, quanto meno per rispetto.

La Chicherova ciclostila il 2,03, la Vlasic deve ricorrere alla seconda prova, mentre Santa Antonietta, infortunata (davvero) per quasi mezza stagione, si dimostra dall'alto del suo 1,69, una delle migliore del mondo, non riuscendo comunque a valicare quello stesso 2,03. La gara poi si ferma a ridosso della storia, a 2,05, ma non conta: grandissima e bellissima gara. E brava Antonietta: tutto merito tuo. 

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