14/09/11

Palio della Quercia a Rovereto: quando gli starter entrano in pista

(foto da inTrentino.it) - Nonostante non sia ben vista la possibilità di esprimere i propri pensieri liberamente su un blog, vi racconto questa. Ha del clamoroso quello che è avvenuto ieri sera al meeting del Palio della Quercia, a Rovereto, dove sono giunte numerose lamentele sugli starter (o sullo starter) dovute a tempi d'attesa lunghissimi sulla posizione del "pronti", che di fatto hanno inficiato l'esito delle competizioni di sprint. Se i responsi dei sensori sugli stessi blocchi fossero giusti, sembra impossibile non pensare che sia successo qualche cosa. O gli atleti si sono fatti una camomilla con una goccia di valium prima della gara (diluita con un bicchiere di vin brulè) o qualche fattore esogeno ha condizionato la partenza. Opto per la seconda, proprio per le testimonianze dirette di chi vi ha partecipato. Il discorso di fondo è: con l'introduzione della regola Diackiana (il personaggio che veste come Mugabe e che guida l'atletica mondiale) dell'esclusione alla prima partenza falsa, sembrava essere intelligente, dovuto, razionale, dotato di buon senso, ridurre i tempi in cui lo starter teneva fermi gli atleti sulla posizione del "pronti". Del resto i giudici sono presenti alle gare per favorire le prestazioni, non per giocare a far fuori quelli che si muovono. Più infatti si tengono le persone in una posizione scomoda, più aumenta statisticamente ed esponenzialmente la possibilità che queste si muovano, quindi, nel nostro caso, che partano prima. Uno perde due o tre giorni per andare a far una gara... e poi capita di partire in falsa perchè un tizio vestito di bianco si è divertito ad un giochino perverso. Ricordiamolo ancora, perchè forse non tutti i GGG l'hanno capito. I giudici aiutano (dovrebbero) gli atleti, non sono i loro avversari. Devono far rispettare le regole, ma non devono intervenire nel modificarla o condizionarla in alcun modo. Tenere atleti sul pronti per 4"/5", invece, a mio parere, vuol dire invece, condizionare le gare. 

Così nei 100 metri si è assistito ad una serie, quella dove ha impressionato Jacques Riparelli, in cui il più lesto ad uscire dai blocchi è risultato essere Giovanni Galbieri con un reattivo 0"230, che, per chi mastica di reattività, è assimilabile alla reazione di un ottocentista. Ed è stato il più rapido, appunto. Riparelli invece, si è accontentato di uno 0"240, che stante il risultato finale (10"24) sembra essere un regalo alla propria carriera. Bastava infatti un normalissimo e banale 0"170 per correre in 10"17, che non sarebbe proprio tempo da buttare, visto che rappresenterebbe il minimo A per Londra (10"18) i cui termini per il conseguimento decorrevano dall'aprile di quest'anno. Ecco: avremmo avuto già il primo minimo per Londra nello sprint. Con un impegnato 0"145/0"150 invece avrebbe corso in 10"14/10"15 che invece lo avrebbe proiettato verso l'alto della classifiche quanto meno continentali. Nulla di tutto ciò. Emanuele Di Gregorio, partendo invece con la mostruosa reazione di 0"266 ha corso in 10"38 (un 10"28 normale, in pratica). Nella prima serie, vinta dal delfino di TyGay, Nick Ashmeade, in 10"11 (reazione evoluta in 0"135) un pelo prima di Michael Frater (stesso tempo). Se l'è dormita invece Fabio Cerutti, uno dei migliori reattori (o reazionari? O reattisti?) italiani, con 0"244, che "normalizzato" lo avrebbe portato dal 10"36 ottenuto in pista, ad un più a lui consono 10"27/10"28 (ovvero i tempi ottenuti non più di un paio di giorni fa a Rieti). Ma comunque: si ragiona sui desiderata, in piena libertà di idee. Purtroppo, parafrasando Vujadin Boskov:  rigore è quando arbitro fischia che qui diventa "partenza è quando starter spara". C'è poco da dire e c'è poco da fare, salvo convincerli (alla prova dei fatti) che il buon senso non cozza contro le regole. Nonostante questo nella NBA (non al Palio della Quercia, con tutto il rispetto per il Palio) gli arbitri, alcuni falletti li lasciano consapevolmente correre (come i passi impercettibili di Lebron o Wade). Se l'atleta non è perfettamente fermo sul pronti, come si dice da le mie parti "el se rangia". La gente si diverte, gli atleti crescono e si velocizzano anche nello star fermi sul pronti, e tutti sono più contenti. Ah, Michael Tumi dopo il 10"36 di Vicenza, retrocede a 10"47 ma con una reazione quasi normale (0"181).

Nei 100hs succede più o meno la stessa cosa per quanto riguarda le reazioni. Riportano un'affermazione post-gara di Marzia Caravelli, che avrebbe sostenuto che mentre era in sala d'attesa sul "pronti", di aspettarsi un tradizionale "al tempo". Mentre invece gli è stato servito lo sparo e la gara se l'è vista 0"226 dopo l'inizio della stessa. Risultato? 13"22, terza dopo l'americana Yvette Lewis (12"87 partendo a 0"230) e Nia Ali 12"95 (con la dormita trentina a 0"233). Veronica Borsi (0"213 di RT) chiude in un non disprezzabile 13"42 (stanti le premesse). 13"74 per Giulia Pennella dopo un super tempo di reazione di 0"282 (cioè, almeno 12 o 13 centesimi sulla bilancia del tempo finale). Comunque, per Pennella una stagione infinita: di lei mi ricordo avevo iniziato a scriverne addirittura a gennaio, dopo le prime uscite indoor. Un pò di stanchezza nervosa sarà rimasta.

Sui 200 metri aleggia un'affermazione che sembra essere uscita dalla Bocca di Di Mulo: Libania Grenot vale (varrebbe) il record italiano sul mezzo giro di pista. La solita atletica parlante del prof (al contrario di quella manichea di chi vuole vedere prima i risultati scritti e poi fare considerazioni) o l'occhio ferino del Mourinho di Scilla e Cariddi che ha avuto un altro dei suoi segni premonitori dall'oracolo di Delfi? Purtroppo la prima, cui ci siamo abituati. Un discreto 23"59 con reazione oltre gli 0"200 (ma lei era stata in grado di scendere già in passato sotto i 23") e la vittoria lontana dell'ucraina Marya Ryemyen (22"98). Se non altro il pregio di battere la campionessa italiana sulla distanza, Marzia Caravelli (23"68) e Martina Giovanetti, che ha terminato in un ottimo per lei 23"85 dopo il poderoso 11"54 di Modena dello scorso weekend.

Lungo femminile nelle mani (e nei piedi) della bielorussa Nastassia Mirinchyk: 6,75. Qui fortunatamente lo starter non ci ha messo la pistola e la gara è andata via liscia. Seconda la nostra pupilla, la ticinese Irene Pusterla (scarseggiando gli atleti italiani, per osmosi ci entusiasmiamo con quelli più vicini) che quest'anno ha avuto di fatto un solo neo: Daegu. 6,63 a Rovereto, che oggi come oggi è un signor salto a livello mondiale. Quarta arriva la futura italiana (almeno, questa è la speranza) Darya Derkach, con un risultato che la riporta in uno stato di forma molto vicino ai suoi massimi stagionali: 6,46 con 0,3 di vento e un'ottima serie nel suo carnet e a 9 centimetri dal personale stabilito a Nembro a luglio.

Gara dell'asta maschile che non decolla (5,66 per il tedesco Bjorn Otto) e il solito Gibilisco d'annata che non riesce più a girare gli alettoni e rimane inopinatamente inchiodato a terra con tre nulli. Sergio D'Orio e Marco Boni si fermano invece a 5,16. Nel martello donne, l'ubiqua campionessa mondiale (avrà fatto 8 meeting in 7 giorni) Tatyana Lysenko fa il proprio compitino a 74,13, in una gara in cui le atlete sembrava tirassero gli attrezzi con i biglietti per le vacanze. Nel disco Hannes Kirchler sfiora la soglia d'eccellenza internazionale (i 60 metri) per pochi centimetri (59,87) battendo il cubano Martinez di un metro scarso e la torma di lanciatori nazionali, guidati da Eduardo Albertazzi. 57,21 per lui e 56,85 per Giovanni Faloci, in leggero regresso. Naturalmente riflettori anche per Antonietta Di Martino assoluta dominatrice dell'alto: 1,95.

Sugli 800 si rivede Marta Milani, che sempre più sembra essere una capatina per quello che potrebbe essere il suo futuro sportivo. Bè, basta fare due conti. Purtroppo con 51"8 sui 400 ci si arena in semifinale in una grande competizione. Con le vecchie regole, sarebbero stati i quarti. Meglio gli 800, dove probabilmente fatti due calcoli, arrivando a lambire i 2' si arriva ad una finale, e poi... la variabilità dei finali potrebbe fare il resto. Per ora, a Rovereto, torna a scendere sotto i 2'02": 2'01"75, sesta. Elisabetta Artuso 2'07"50. Al maschile Giordano Benedetti per la seconda volta in pochi giorni scende sotto gli 1'48": 1'47"91, che è ancora distante anni luce dal resto del mondo che conta nel mezzofondo veloce, ma insomma, una iniezione di fiducia in un periodo generale di vacche stitiche. Di sicuro al momento il miglior 800ista in circolazione sul territorio nazionale. Daniele Meucci, che invece non solo è il miglior fondista italiano con una dimensione internazionale, ma anche l'unico, dimostra di avere un buono stato di forma: terzo con 13'27"14.

Il remake del film dei 110hs visto a Rieti stavolta inverte gli addendi: mentre nel meeting laziale Emanuele Abate vinse a sorpresa in 13"54, in Trentino il ligure si piazza quinto con 13"67 nell'ennesima prova di efficienza data nel 2011 (ma ormai non penso gliele chiedano più dalla Fidal per quest'anno). Vince Jeff Porter in 13"48. Stefano Tedesco invece continua i suoi 13"9 periodici (13"94 a Rovereto) in attesa di tempi migliori. Stare sotto i 14" è comunque professione di spessore tecnico.

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