07/08/10

E arrivò il giorno in cui Bolt scese sulla terra, ed ad attenderlo...

...ed ad attenderlo c'era un uomo di nome Tyson. Solitamente nella storiografia sportiva, Tyson evoca mazzate da orbi, orecchie staccate a morsi, pugni che sembrano prismi di marmo. A Stoccolma, al meeting della Diamond League non c'era però Mike, ma un tal Gay, l'Astolfo Ariosteo a stelle strisce che ha avuto il coraggio di andare sulla luna e riuscire nell'impresa di riportare sulla terra il senno di Bolt (un tempo furioso... e gioioso). La velocità mondiale non è più un assolo alla Bocelli, dove tutti assistono ammirati ("con te, partirò, su navi per mari...") ai voli pindaro-canori del tenore, ma un coro a due (Pavarotti e Placido Domingo?), o Dio volendo a tre, se Jose Carreras (l'Asafa puntualmente gabbato) dopo aver incantato nelle tournee canore di tutto il mondo e inebriato molti padiglioni auricolori fini, non steccasse sempre quando debba cantare nel trio delle meraviglie al Madison Square Garden o alla Royal Albert Hall. Uomo-contro-uomo finalmente: a Gateshead, nella terra dei Leoni e agli inizi di luglio, Tyson sottomette Asafa con quasi due metri di vento contrario. Come nella boxe "gli sfidanti si sfidano per sfirare il Campione". Gay domina e vince il lasciapassare per un inconto del terzo tipo coi marziani. Ma stavolta tutto ricorda tremendamente Leonida davanti al figlio di Dario, Serse (pedonatemi la medesima citazioni in meno di due giorni!): la sicurezza nei propri mezzi, la compattezza spartana, la sicurezza di vincere, contrapposta alla superficialità di chi ha un esercito di 1 milione di persiani alle spalle, la tradizione, la supposta superiorità creata dal passato e dal numero. Per Bolt il budello dove anche i suoi Immortali verranno trucidati dalle schiere di opliti greci, le sue Termopili, saranno un rettilineo nemmeno tanto lungo, su una pista Scandinava, al calar del tardo sole tiepido di una giornata di agosto. Nel boato dello sparo Gay inizia a menare fendenti come un dioscuro, ma pulito, lineare, visivamente addestrato all'ars pugnandi. L'aereo di Bolt tarda invece a decollare. Sembra il Concorde nelle ultime sue apparizioni sulla tratta Parigi-New York. Nonostante i 10 centimetri di differenza che li separano, stavolta Tyson quando corre sembra alto come Usain: quale profezia? Quale magia? Quale sortilegio? Gay stavolta non si inginocchia... e me lo vedo pure "Inginocchiarmi? Vedi, Serse, trucidare tutti quei soldati stamattina mi ha provocato un fastidiosissimo dolore al ginocchio...". L'arrivo è pure solitario, e per un attimo mi vengono in mente Ben e Carl, quando Lewis cercava goffamente ed in maniera imbarazzata ed attonita di complimentarsi con Johnson. Il re è caduto, viva il re. 13 i centesimi tra the Challenge e il Campione: 9"84 a 9"97. la faglia di Sant'Andrea a livello di sprint, il delitto di lesa maestà tra i titoli nobiliari. Una sconfitta per un uomo. Da oggi la macchina-Bolt si è scoperta fallibile. Ha perso la sua sicurezza, ed ora là davanti c'è un uomo in fuga e il suo nome è Tyson. Bisognerà andare a prenderlo, e per farlo bisognerà tornare su Marte. Ho guardato il resto dei risultati di Stoccolma. A parte Bershawn Jackson sui 400hs, meeting che non verrà tramandato con gli annales: la nuova Italia di Arese, quella scoppiettante, vincente, giovane, che riempie i podi internazionali, invece, è solida nella sua coerenza con il passato: nemmeno un atleta al via, perchè l'atletica che conta, negli incubi e nei deliri della Fidal, non è proprio questa.

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