10/12/11

Diack, quello della mazzetta

Lamine Diack non mi è mai piaciuto. Mi ricorda sempre Robert Mugabe e almeno visivamente non mi ha mai dato l'impressione di essere uno stinco di santo. Poi scava che ti scava, ogni tanto dal suo armadietto escono degli scheletrucci niente male. Come l'"aiutino" di 40.000 dollari che ricevette nel 1993 da una società di marketing che gli ricostruì la casa in Senegal. 40.000 dollari nel 1993 in Senegal, non sono proprio piccola cosa. Un aiuto "da amici" si difende lui che si era trovato in difficoltà dopo che la sua casuccia (a questo punto di un valore superiore) gli prese fuoco per un inopinato incendio dovuto ai moti rivoluzionari che scoppiarono nel paese africano. Allora era "solo" vice-presidente della IAAF. Peccato che chi gli cedette i soldi fu tale Jean Marie Weber, ovvero il patrono della ISL, cioè una società di marketing sportivo che collassò nel 2001 con 300 milioni di euro di debiti. Pochi mesi dopo l'atto di incredibile generosità di Weber verso Diack, un assoluto caso fortuito portò la IAAF a stringere un contratto milionario con la stessa ISL per il marketing e la vendita di diritti televisivi. Puro caso, secondo Diack. Perchè non credergli. Un amico ti presta un mucchio di soldi e dopo due mesi, per puro caso, gli fai sottoscrivere un contratto milionario: succede tutti i giorni, no?
Purtroppo le logiche del Comitato Olimpico sono peggiori di quelle del Parlamento italiano (oddio, non fino a questo punto) e la compravendita di rappresentanti (si pensi quando si scelsero le Olimpiadi ad Atene...) sono come le abbanniate al mercato di Ballarò. Così il tutto si è risolto con un buffetto sulla guancia per Diack (un richiamo orale, di fatto) che continuerà così impunemente a guidare l'atletica mondiale con i suoi meccanismi intrallazzanti. Imbarazzante come il potere si perpetra a dispregio della morale. Del resto noi Italiani non temiamo spread in questo campo: siamo i primi al mondo. 
Un inviato di transparencysport, Andrew Jennings, ha così cercato di intervistare Diack su questo piccolo regalo che sapeva tanto un inciucio. Il tutto avvenne a Londra, ad Aprile di quest'anno. Non appena il giornalista si qualificò, Diack si ricordò di essere il presidente della Federazione Internazionale di Atletica, e scattò come Usain Bolt (ma quello di Daegu nei 100) verso le scale fino a raggiungere il primo piano, dove si rintanò in un ascensore. Il giornalista, lo raggiunse e gli chiese conto non solo del regalo, ma anche di questioni legate all'organizzazione dei mondiali in Qatar (dove sembra girassero stranamente soldi in contanti). Il presidente senegalese tacque e aspettò che si chiudesse l'ascensore per dileguarsi. 
Insomma, un personaggio controverso che la dice lunga sulla qualità dei personaggi che guidano questo mondo. Su tutto rimane il conflitto di interessi, che fa in ogni circostanza l'uomo un pò meno rigido nella sua visione etica della vita.  
Del resto, provate a dire ad Arese che gli atleti della Federazione di cui è presidente vestono casualmente abbigliamento con il marchio dell'impresa di cui, casualmente, è presidente in Italia. Vi direbbe casualmente che lui non c'entra nulla. E' un altro contratto con altri soggetti e lui è totalmente e casualmente estraneo. Ci credo.... casualmente.  

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