28/08/09

Nadia Dandolo: il ritorno della regina

(foto di Nadia Dandolo tratta dal sito dell'Atletica Asi Veneto Master) - Mi è stato segnalato un articolo comparso lo scorso 17 agosto su diversi giornali locali del Veneto. Parla di Nadia Dandolo, medaglia d'argento sui 5000 ai Campionati Mondiali Master a Lahti nella categoria w45. Per quelli come me che sono nati a pane e "Atletica Leggera" (inteso come mensile), sfogliando e risfogliando le pagine patinate (inizialmente un pò ruvide), e guardando e riguardando le immagini, e studiando i tempi, le classifiche, le graduatorie quando ancora internet non c'era, Nadia Dandolo era una delle regine di quel mondo di carta "lontano", animato da "eroi" impressi per sempre nella nostra immaginazione da una foto. Tanto che quando li vedevo poi dal vivo (ai Campionati Italiani Assoluti, quel paio di volte che mi è capitato di parteciparvi) ero in quello stato di timore reverenziale che si prova quando incontri qualcuno che è comparso su un libro di storia (...sportiva, per carità!). E poi le loro gesta: allora (ma parlo di soli 15 anni fa!) tutto sembrava "epico", perchè i racconti erano scritti e riportati da un solo testimone: il giornalista. Tutto il resto era lasciato all'immaginazione: magari leggevamo che il secondo arrivato era a 3 centesimi, e allora ci si immaginava questa volatona finale a denti serrati, coi muscoli del collo tesi come corde, le braccia che facevano fatica a stantuffare., la folla urlante... Il campione e lo sconfitto: ma che forte anche lo sconfitto! Oggi la distanza si è azzerata: figurarsi, su facebook possiamo addirittura chattare con tutti i campioni che vogliamo... tutti vedono e scrivono. Ci sono i filmati: nulla più è immaginabile. Poi c'è da dire che i "campioni" di oggi non sono certo i campioni di ieri ("ma ci sono ancora campioni oggi?" mi viene quasi da ironizzare sulla questione): la vita continua, si cresce: laddove un tempo c'erano dei professionisti dello sport, oggi in molti casi abbiamo dei bambinetti litigiosi. Come paragonare l'arte di Fidia a quella di un grafomane del metrò milanese...
Con il mio piccolo bagaglio di esperienze personali, mi sono così ritrovato un pomeriggio di primavera a leggere del ritorno alle gare di Nadia Dandolo, all'età di 45 anni. Una di quelle "eroine" del mio personalissimo epos, che tornava alle gare. Commento solo mentale, non potendolo condividere con nessuno un quel momento: "di solito "quelle come lei" non lo fanno mai per fare le tapasciate": l'esempio del mio amico Fausto Frigerio è lì a dimostrarlo: ce l'hai nel sangue questa cosa. Dio (o chi per Lui) ti ha fatto quel qualcosa in più, e forse è pure giusto che per te lo sport non sia solo divertimento, ma anche agonismo, sfida, lotta... vittoria.
Solo ieri ho letto questa "storia" di Nadia Dandolo, l'ennesima di un master italiano: altro che false partenze e tempi sensazionali, reality, zeru tituli, litigi, Fidal. Una storia struggente, di speranza, amore, lotta. La storia di Nadia Dandolo. Qui di seguito l'articolo scritto da Gianfranco Natoli.

LA REGINA E' TORNATA A VOLARE
"Ha scoperto di avere un tumore nel 2005 ma non ho mai smesso di correre. Correre è la mia vita." "Ho iniziato facendo karate poi sono passata al volley, ma è sulla pista dove mi sento davvero bene". "Ho scoperto il mondo master dove ci sono persone stupende che sfidano i propri limiti incitandoti, come veri amici. Non faccio programmi, non punto a traguardi. Vivo giorno per giorno."

BORGORICCO. C’è qualcosa di affascinante nel vedere una donna correre su una pista di atletica. C’è quell’anima in più, quella grinta che le rende dolci e determinate, come se la grazia plasmasse la fatica, limandone i contorni, colorando il viso. Nadia Dandolo non è solo questo. Non è solo l’atleta capace di infrangere due record italiani nei 5 e 10 mila metri. E’ molto di più. E’ la donna capace di affrontare la vita come ha fatto con la pista: a muso duro, ma con il sorriso sulle labbra. Da vincente nata. Scriveva il cardinale Bessarione: «Se non ci fossero i libri, noi saremmo tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo del passato, non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine». Già, i libri, scrigni di ricordi, perché il tempo tende a cancellare dalla memoria le imprese di chi ci vive accanto. Dietro ai record ci sono le storie, le sofferenze di chi ha combattuto il dolore, il male, oggi come allora. Come ha fatto Nadia, aprendoci il suo personale libro dei ricordi. «Ho scoperto di avere un tumore al seno nel 2005. Da allora è iniziata la mia battaglia. Ma non ho mai smesso di correre, perché correre è vita, è la mia vita». Il cognome Dandolo forse dice poco alle giovani generazione. Eppure lei è stata una delle più grandi mezzofondiste italiane di tutti i tempi. Un’atleta che ha fortemente segnato la pista azzurra negli anni Ottanta e agli inizi degli anni Novanta. «Veramente ho iniziato a tredici anni con il karate, poi sono passata al volley con il Sant’Eufemia. Sono approdata all’atletica grazie ad Adriano Saccon che nel 1979 mi ha voluto nella Libertas Camposampiero. Inizialmente mi sono dedicata ai 1500, poi ai 3000, facendo la trafila con i vari giochi della gioventù. Tra le società dove ho militato anche la Snam di San Donato Milanese. Poi nel 1993 sono approdata al Gruppo Forestale».
Che non ha mai più lasciato...
«E’ il mio lavoro. Sono una guardia forestale, mi occupo di tutela del territorio, di prevenzione di maltrattamenti degli animali».
Come ha scoperto di essere ammalata?
«Toccandomi il seno. E pensare che sono stata sempre molto attenta. Periodicamente mi sottoponevo a una mammografia. Ma non se ne sono accorti. Quando ho sentito il nodulo era già tardi, è cresciuto velocemente. Mi hanno sottoposta ad un ago aspirato ed è saltata fuori la verità. Mi hanno operato all’ospedale di Padova, ho fatto chemioterapia e radioterapia. Il calvario però non era finito».
Una recidiva...
«Già. Mi sono sentita il mondo cadere addosso, ma non ho mollato. Altro intervento e altra chemioterapia. Mi sono ripresa per mano la vita. Mi sono sottoposta ad un intervento di ricostruzione a Reggio Emilia. Ma le sofferenze non erano ancora finite. Si sono approfittati del mio dolore e dei miei soldi. Hanno sbagliato l’operazione, mi sono dovuta così ricoverare a Padova per curare una infezione. Sono tornata a correre, e correvo, correvo, più che potevo».
Quanto l’ha aiutata l’atletica?
«E’ tutto, è la mia vita. E io amo la vita. Adesso il mondo dei master dove ci sono delle persone eccezionali. Ho preparato il Mondiale di Lahti, in Finlandia, in appena due mesi e mezzo. E’ stata una esperienza stupenda che mi ha lasciato una grande carica interiore. Ho vinto l’argento nei 5000 metri. La medaglia adesso è attaccata alla mia libreria, in bella mostra. Ne vado molto fiera». Il futuro... «Non ho programmi, non punto a traguardi, vivo giorno per giorno. La pista è la mia casa. Mi occupo anche di attività motoria seguendo dei bambini a Noale dove mi alleno abitualmente. Faccio parte dell’Asi Veneto e siamo una ventina, tutti amici. C’è un clima bellissimo».
Molti criticano il mondo master.
«E sbagliano. Si tratta di un settore frequentato da grandi persone. Correre con i master significa sfidare se stessi, i propri limiti di persone normali, dove anche gli altri partecipano alla tua fatica, incitandoti, facendoti sentire la loro amicizia».

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