11/08/13

Mosca '13: DAY II - sfortuna si dice "Libania" - le statistiche degli italiani

400 uomini - Matteo Galvan - 45"39 - 12° (qualificato in semi) - grande prestazione di Galvan in batteria, anche se la formula a 3 turni di fatto qualifica "quasi" tutti alle semifinali, eliminando solo 8 atleti con tempi superiori a 46"18. Il 45"39 si incanala in una strana tradizione 400istica azzurra del XXI secolo, per cui diversi italiani nelle batterie delle grandi manifestazioni, hanno ottenuto il loro PB. Ricordo Claudio Licciardello nelle batterie di Pechino (45"25) e Alessandro Attene nelle batterie di Sydney (45"35). Il 45"39 porta Galvan al 7° rango di sempre in Italia nella lista all-time, sub 46" per lui, che sale anche al 10° rango di sempre con 45"982 nella graduatoria sulla media delle prime 10 prestazioni personali. Per Galvan seconda partecipazione dopo Berlino '09, dove corse rispettivamente in 45"86 in batteria e 46"87 in semifinale. 12^ presenza di un italiano sui 400 ai mondiali, gli unici ad essere arrivati in semifinale sono stati lo stesso Galvan a Berlino '09 e Andrea Barberi ad Helsinki 05, ma da quando ormai i 400 si disputano su 3 turni anzichè 4, consentendo con 3 semifinali più spazio. Va detto che Galvan sarebbe giunto in semifinale anche se le semifinali fossero state solo due. Il suo 45"39 è anche il miglior tempo corso da un italiano ai mondiali assoluti, dove si registrano 6 sub 46": 3 di Andrea Barberi, 2 di Galvan e 1 di Nuti.

1500 donne - Margherita Magnani - 4'11"15 - 28^ (eliminata in batteria) - piccola/grande  delusione per la Magnani, che obiettivamente vedeva nella finale mondiale uno dei suoi obiettivi stagionali. Poi le gare di mezzofondo hanno la loro piccola storia, e ci sta anche di uscire. Le finaliste mondiali italiane rimangono due: Gabriella Dorio a Helsinki '83 e Fabia Trabaldo a Stoccarda '93. L'ultima italiana schierata sulla distanza fu Eleonora Berlanda a Helsinki '05. In pratica dal 1992, negli ultimi 20 anni, hanno partecipato ai mondiali proprio la Berlanda e la Magnani. Solo 5 azzurre presenti ai mondiali: Dorio con 2 partecipazioni, Possamai, Trabaldo, Berlanda e Magnani. Miglior tempo di sempre il 4'04"73 della Dorio nel '83.

peso donne - Chiara Rosa - 17,18 - 22^ (eliminata in qualificazione) - male. Si entrava in finale con 17,87, mentre la Rosa si è fermata 70 centimetri sotto, incanalandosi in quella strana patologia che coglie i lanciatori italiani nei grandi appuntamenti, e che fino ad oggi aveva preservato solo lei e Vizzoni. Rimane Vizzoni. Al suo 5° mondiale, Chiara ottiene la sua peggior prestazione, che comunque vedeva una finale, quella di Osaka '07 dove giunse 8^. L'8° posto è anche il miglior risultato ottenuto da un'italiana nel peso mondiale, unitamente all'analogo rango ottenuto da Assunta Legnante a Parigi '03. Proprio la Legnante ha invece il record di finali mondiali, con due (oltre a Parigi, arrivò in finale a Helsinki '05). 14 le presenze-gara per 5 atlete nella storia dei mondiali: le già citate Rosa (5 mondiali) e Legnante (3 mondiali), Mara Rosolen (3 mondiali), Agnese Maffeis (2 mondiali) e Cristiana Checchi (1). Il lancio più lungo di un'italiana ad un mondiale rimane il 18,77 della Rosa a Osaka '07.

marcia 20 km uomini - 14° Matteo Giupponi 1h23'27" - 28° Giorgio Rubino 1h25'42" - 43° Federico Tontodonati 1h29'26" - la marcia maschile, anche per le note vicende, non rappresenta più il nostro bagaglio di metalli di un tempo. Oggi manca un leader. Del resto nei 20 km di marcia ai mondiali vantiamo tre ori con Damiliano (Roma '87 e Tokyo '91) e Michele Didoni (Stoccarda '93), oltre all'argento di Giovanni De Benedictis a Stoccarda '93. Non dimentichiamoci poi che proprio Giorgio Rubino giunse 4° a Berlino '09. Ben 13 le prestazioni entro l'8° rango (quello di un'ipotetica finale). La spedizione di Mosca si piazza anche al... peggior posto di un trio italiano (quando sono arrivati in 3, ovvero avulso da squalifiche e ritiri) ai mondiali. Rubino era al suo 4° mondiale, mentre erano all'esordio sia Giupponi che Tontodonati. La marcia deve necessariamente ripartire.

800 uomini - in II semifinale Giordano Benedetti 1'48"31 - com'è lontano il Golden Gala. A me sembra che dopo quella gara qualcosa sia successo. All'aperto dopo il fantastico 1'44"67, non si trovano altri risultati degni di nota, anche perchè non ha praticamente mai corso, apparizioni a parte, come a Gateshead e a Vila Real, ma sopra gli 1'48". Da qui, a bocce ferme, si può dire che una prestazione una tantum non può creare aspettative. Ne servono diverse per capire lo spessore degli atleti a livello internazionale. E' una questione statistica. Benedetti in questo momento appare più come atleta da una gara sola, secca, cioè che possa massimizzare in una giornata perfetta, prestazioni da primi 8 in Europa. Oggi ai 600 il trentino ha mollato, e mi rendo conto che un 800, molto più che altre gare, è la gara dove lo stress dovuto a fatica e a decisioni da assumere nell'immediato, incidono molto più che in altre (nello sprint non si pensa... nel fondo, le scelte possono essere ponderate con più calma). La finale era fissata a 1'45"00: davvero difficile. Le statistiche sugli 800 degli italiani, sono al DAY 1.

400 donne - semifinali - 9^ Libania Grenot - 50"47 - 18^ Chiara Bazzoni 52"11 - sfortuna allo stato brado per la Grenot, ormai passata alla storia per le finali mancate. Pechino 50"83, Berlino 50"85, Londra 51"18. Stavolta la sua miglior gara di sempre in una manifestazione internazionale. La solita partenza ardita, e probabilmente il fatto di avere avuto la Ohuruogu lì davanti, una sola corsia più a destra, deve averle imbrigliato la sua smania di dare tutto. E così le ha preso le misure, e sul rettilineo finale finalmente un gran finale. 50"47, seconda prestazione di sempre in Italia, dopo il suo 50"30 di Pescara. Ma soprattutto tanta sfortuna: oggi la finale se l'era meritata. Per la Bazzoni, i mondiali hanno significato la 2^ e la 3^ prestazione personale di sempre. Meglio di così... peccato che in finale vi sia un RT di 0"288: cioè, bastava partire con un tempo di reazione "normale" per avvicinare la barriera dei 52" e abbattere il proprio personale. Comunque è la 18^ al mondo e le prospettive della staffetta aumentano esponenzialmente. 

10/08/13

Mosca '13: DAY 1 - le statistiche azzurre della prima giornata

Asta - Claudio Stecchi 5,40 (28) e Giuseppe Gibilisco 3 nulli - Claudio Michael Stecchi esordisce ad un mondiale assoluto e la sua gara frastagliata, finisce a 5,40. Pensate: 5,40 lo saltò suo padre Gianni a Roma '87 (26 anni fa), allorquando arrivò 11°. 5,40 lo stesso Gianni lo saltò anche in qualificazione. Insomma, 5,40 periodico nella famiglia Stecchi (fino ad oggi) ai mondiali. Sono 11 le presenze-gara azzurre ai mondiali assoluti nell'asta maschile, per 6 atleti azzurri totali. Naturalmente Giuseppe Gibilisco è top-scorer in quanto a presenze: a Mosca ha raggiunto la 5^ partecipazione a 12 anni dalla prima, ovvero a Edmonton '01 dove, come oggi, deragliò con 3 nulli alla misura di entrata. Poi l'apoteosi carrieristica a Parigi '03 (oro con 5,90), il posto a Helsinki '05 e il a Berlino '09. In totale 8 caps tra qualificazioni e finali. Gibilisco è anche l'unico italiano ad essere andato in finale ad un mondiale (come detto, 3 finali), mentre si sono fermati tutti gli altri in qualificazione (la famiglia Stecchi, Andrea Pegoraro, Andrea Giannini, Fabio Pizzolato e Maurilio Mariani). Il totale fa 3 finali su 11 partecipazioni. Due atleti azzurri presenti nell'asta nello stesso mondiale, li si ebbe (oltre che a Mosca) ad Atene '97: allora furono Andrea Giannini e Fabio Pizzolato. 

800 - Giordano Benedetti 1'47"90 - si guadagna la semifinale conquistando l'ultimo di 3 posti utili per accedere al turno successivo nella prima serie, quella più lenta. Fiuuu... potremmo aggiungere, visto che il tempo di Benedetti al momento è anche l'ultimo dei qualificati, anche in ragione della gara più lenta di tutte (passaggio in 54"8 ai 400). Benedetti, all'esordio mondiale, rappresenta la 14° presenza azzurra negli 800 ai mondiali. Un italiano in semifinale negli 800 non lo si vedeva dal 2003, quando Andrea Longo giunse addirittura 5° a Parigi. Poi sia Bobbato (Helsinki '05) e Riefeser (Berlino'09), uscirono in batteria. Giordano Benedetti presentandosi in semifinale, correrà la 6^ volta di un azzurro in una semifinale degli 800 ad un mondiale: la piccola impresa era già successa ad Andrea Longo (2 volte), a Davide Cadoni una, come a Giocondi, e infine una a Giuseppe D'Urso (che poi portò l'unica medaglia sugli 800). 

Maratona - Valeria Straneo - Argento con 2h25'58" -  Emma Quaglia 6^ con 2h34'16" - la notevole medaglia per la piemontese, arriva dopo una gara all'arrembaggio, dove a poco a poco si sono squagliate le etiopi in primis e quasi tutto il resto del mondo, tranne Edna Kiplagat. L'argento della Straneo rappresenta la miglior prestazione di sempre di un'azzurra ai mondiali nella maratona. Il miglior risultato prima di oggi, era rappresentato dal bronzo di Ornella Ferrara, vinto a Goteborg '95, 18 anni fa. Se allarghiamo lo sguardo a tutto il mezzofondo azzurro femminile ai mondiali outdoor, quindi comprendendo 1500, 5000 e 10000 alla maratona, troviamo solo un'altra medaglia, ovvero l'argento di Roberta Brunet sui 5000 ad Atene '97. 33 le presenze-gara tra tutte le edizioni dei mondiali d'atletica (solo in 2 occasioni non ci sono state presenti maratonete, ovvero a Siviglia '99 e Berlino '09). 3 atlete con 3 partecipazioni, ovvero la già citata Ornella Ferrara, la leggendaria Laura Foglie e Rosaria Console. Il tempo della Straneo è anche il miglior tempo di un'italiana ai mondiali (la maratona più veloce prima di oggi ai mondiali, era quella del bronzo della Ferrara con 2h30'11"). Alle olimpiadi, l'anno scorso, la Straneo corse più veloce, ovvero in 2h25'27", che è il tempo più veloce ad una maratona di una grande manifestazione di un'italiana. Il posto di Emma Quaglia, invece, rappresenta il 4° piazzamento di sempre di un'italiana ad un mondiale. Davanti la Straneo di oggi, la Ferrara medagliata, e ancora la Ferrara ad Atene '87. 6^ arrivò anche Laura Fogli nell'edizione inaugurale dei mondiali ad Helsinki '83. 

Martello - Nicola Vizzoni - 11° in qualificazione - 75,38 - capitano in tutti i sensi, visto che raggiunge la sua ennesima finale mondiale. 9^ partecipazione consecutiva di Vizzoni ai mondiali, la prima delle quali avvenne ad Atene '97 (16 anni fa). Per lui 5 finali, e questa rappresenta la terza consecutiva. Vizzoni è anche l'unico italiano ad essere arrivato in finale in un mondiale nel martello, su un totale di 18 presenze-gara, ma soli 5 atleti schierati (Vizzoni 9 partecipazioni, Sgrulletti 4, Paoluzzi 3, Serrani e Urlando con una partecipazione). Per ora il miglior piazzamento in finale per Vizzoni (e per l'Italia) è stato il 4° posto di Edmonton.

10000 - Daniele Meucci - 19° in 28'06"94 - presenza incolore di Meucci, che obiettivamente non poteva essere protagonista in una gara del genere. La storia dei 10000 azzurri ai mondiali è chiaramente la storia di Alberto Cova ad Helsinki '83, e la volata del "Cova! Cova! Cova!". Ma anche l'argento di Panetta a Roma '87. 11 le finali corse dagli azzurri e purtroppo peggio di Meucci, tra tutti gli azzurri, ci fu il solo Antibo a Tokyo '91, quando giunse 20°. Lo stesso Meucci a Daegu giunse al 12° rango, in una gara corsa però su ritmi più blandi. Baldini invece giunse 18° a Goteborg '85. Non è forse giunto il momento che Meucci si dedichi alla maratona, che presenta più variabili gestibili per gli atleti non-africani? Oggi il mezzofondo in pista non è assolutamente affrontabile con speranze di visibilità internazionale per un europeo.  

400 - Libania Grenot 11^ con 51"43 - Chiara Bazzoni 19^ con 52"14 - Belle prestazioni nelle batterie delle italiane, che ora si troveranno semifinali davvero dure. Primo turno con tempi già da medaglia tra le big (l'8° tempo è un 51"01), sintomo che la pista è davvero veloce e che per andare in finale la Grenot dovrà correre sul piede del record italiano. Intanto il 51"43 la pone all'11° rango, non lontano dal tempo di finale. Per la Bazzoni invece la certificazione di un salto prestativo notevole. 52"14 che è il suo 2° miglior tempo dopo il 52"06 di Mersin. Meglio di lei nella storia italiana ai mondiali, hanno fatto la Grenot, la Reina e la Milani. Su 8 partecipazioni italiane ai 400 femminili, tutte 8 hanno superato il primo turno approdando al turno successivo. Ma c'è da dire che fino a metà degli anni '00, i turni che portavano alla finale erano 4 ed era cronometricamente più facile passare il primo turno. Le vere semifinaliste infatti erano 3 fino a ieri (Grenot, Daniela Reina a Osaka '07, e Marta Milani a Daegu '11). Nessuna però è mai riuscita a raggiungere (ancora) la finale. L'unica ad aver disputato due mondiali è invece proprio Libania Grenot con quello di quest'anno. A Berlino '09 corse in 51"45... poi in semifinale riuscì a correre in 50"85. Basterebbe quel tempo per la finale? Non credo... servirà un tempo sui 50"50, o meno. Ma potrebbe farcela.

lungo - Darya Derkach - 28^ nel lungo - 6,16 - brutta prestazione per Darya, che trova la gara sbagliata al momento sbagliato. Amen. Chiaramente non ci si aspettava la medaglia, ma la tanto cara "esperienza" che si stratificasse. La Derkach è la 4^ italiana di sempre a scendere in pedana, dopo il mito vivente Fiona May, e il duo Capriotti-Uccheddu di inizio anni '90. Proprio Fiona May fu l'ultima italiana a cimentarsi nel lungo ai mondiali per l'Italia nel 2005 a Helsinki, 8 anni fa. E sempre la May vanta ben due ori, un argento e un bronzo in questa competizione con 5 finali disputate. 

08/08/13

WMG: il Decathlon in 3 giorni e l'asta alle 3,30 di notte

Sembra che stia montando la protesta circa gli standard organizzativi dei WMG di Torino. Sotto accusa il planning degli orari delle singole gare, e il sistema di comunicazione (assente...) circa gli eventi pianificati. Giusto oggi la notizia che l'amico Ugo Piccioli si è dovuto sparare nella bruma padana 250 km da Bergamo a Torino per correre le batterie dei 1500 e trovarsi con la cancellazione delle stesse e il rinvio alla finale diretta per il giorno successivo. Eppure la chiusura delle iscrizioni era avvenuta la sera prima, e si sarebbe pure potuto comunicare in mille modi la procrastinazione diretta alla finale. Macchè: tutti convocati all call room, e rinvio diretto de visu. Situazione peraltro successa per altre specialità e altre categorie. Di fatto sembra non sia dato conoscere il futuro agonistico, se non nel momento in cui ci si presenta nella call-room. Una caduta organizzativa mica da ridere. In questo solco presento il bellissimo report di Alessio Fuganti e il suo Decathlon titanico durato tre giorni, in cui le capacità di resistenza nervosa sono state messe alla prova non certo per le 10 leggendarie fatiche... buona lettura!

WMG TORINO 2013 - INTO THE DECATHLON M40 

Chi si intende un pochino di ingegneria sa bene che per massimizzare l'efficienza di un sistema complesso è necessario che tutte le parti che compongono il sistema stesso siano mantenute alla massima efficienza, evitando i cosiddetti "colli di bottiglia" che determinano rallentamenti e di conseguenza diminuzioni delle prestazioni. Analogamente, la stesura del programma orario di un evento di atletica leggera deve prevedere, nei limiti del possibile, un flusso continuo ed efficace delle gare in programma, per consentire a tutti i soggetti coinvolti (atleti, giudici, pubblico, organizzatori) di poter godere al massimo dell'evento.

Ma il collo di bottiglia è sempre in agguato. Nella tre giorni del decathlon M40 ai World Master Games di Torino (no, non è un refuso, si tratta proprio di TRE giorni) il collo di bottiglia si può identificare in due modi ben precisi che si chiamano "organizzatori incompetenti" e "una sola pedana di salto con l'asta".

DAY ONE - SABATO 3 AGOSTO 

Le premesse perché i due giorni di decathlon potessero diventare una bella festa (come a Sacramento) c'erano tutte. Ed infatti la prima giornata è filata via liscia a partire dai 100 metri corsi alle 9.40, fino ai 400 andati in scena attorno alle 17; intervalli ragionevoli tra le gare, possibilità di riposo in tribuna, clima rilassato con la giuria che seguiva la gara ai concorsi. L'unico momento di tensione si è avuto dopo i 100 metri quando alla richiesta di un collega italiano ad un giudice all'arrivo ("Mi scusi, visto che tra peso e alto passano due ore, prima del salto in alto dobbiamo ripassare dalla call room o andiamo dritti in pedana?") la risposta è stata "Come fate a ripassare dalla call room? Voi dovete restare sempre in campo!". "Ma" - insistiamo noi - "sono le 10 adesso e i 400 sono tra 7 ore... Tra una gara e l'altra ci mettiamo all'ombra in tribuna". Alla risposta del giudice ("Non potete assolutamente abbandonare il campo") che abbiamo prontamente tradotto agli stranieri, ce ne siamo andati tutti in tribuna almeno a prendere acqua, sfidando il genio a squalificarci tutti.
In ogni caso, il resto del sabato è filato via liscio, e verso le 18 ci siamo tutti salutati dandoci appuntamento al mattino dopo. Con una convinzione: l'indomani avremmo iniziato alle 9.20, con la prospettiva di correre i 1500 alle 19.25. Una vera figata.

DAY 2 - DOMENICA 4 AGOSTO 

Le nuove tecnologie permettono talvolta alcune meraviglie. Nel tragitto in pulmino tra l'albergo e il campo mi connetto al sito FIDAL e vedo che c'è un aggiornamento sull'orario. Apro il file e... Non ci credo. Il decathlon è stato stravolto: confermati i 110h alle 9.20, per il disco si passa alle 15.30 con le altre gare a seguire fino ai 1500, riposizionato alle 21.25. Un errore? Uno scherzo? Arrivati al campo abbiamo la conferma: l'orario nuovo è questo. Per il momento ci mettiamo il cuore in pace: vorrà dire che riposeremo. Io passo indenne i 110h, con i tendini che tengono, e mi svacco allegramente suo prati del parco Ruffini. Passa il pranzo, passa il caffè e arriva l'ora del riscaldamento.

Ore 14.45: vedo dai tabelloni in campo che la gara di giavellotto (individuale) che si sta disputando e che blocca la gabbia del disco adiacente sta terminando e provo a concentrarmi. I giavellottisti finiscono, entriamo in campo ed ecco la sorpresa: sono le 15.30 e non tocca a noi. Devono infatti ancora gareggiare i discoboli del decathlon delle categorie M55 e M50. Chiediamo lumi, i giudici non sanno, si consumano vibranti comunicazioni via auricolare tra la giuria in campo e i responsabili in ufficio. Alla fine si decide: gareggiamo tutti insieme, in 30. E subito tra di noi si insinua il tarlo del dubbio: ok il disco, 90 lanci in un'ora e mezza li fai. Ma poi c'è l'asta, e c'è solo una pedana. Sono le 16.15, ed è evidente che faremo tardi. Comunque via, ci penseremo dopo. Primo lancio, secondo lancio. Sto per fare il terzo lancio quando lo speaker spara la seguente comunicazione: "Attenzione: la gara di asta maschile (individuale) delle categorie da M60 a M30 è anticipata alle 18.30." Avete letto ancora giusto: i geni della programmazione hanno piazzato ANCHE la gara di asta individuale lo stesso giorno del decathlon predisponendo una sola pedana. Come? Cosa? Ma sono ora le 17.30, se gareggiano gli individualisti dell'asta di SETTE CATEGORIE alle 18.30, noi quando finiamo (ve lo ricordate vero che c'è un tappeto solo?).

Faccio di scazzo il terzo lancio e vado a chiedere lumi, anche perché nell'asta gareggia il mio amico Stefano. In call room si risolve parzialmente il dilemma: lo speaker ha sbagliato, gli astisti sono stati semplicemente convocati per decidere che fare (gareggiare oggi ma chissà quando o passare a domani?). Gli italiani non hanno dubbi: domani è lunedì e molti lavorano (e non sono di Torino). Dopo aver sborsato 170 euro non esiste che non gareggino per l'incompetenza degli organizzatori. La gara si fa: resta solo da capire quando. I bookmaker aprono le scommesse. Risolto questo, noi decathleti andiamo in pedana per i salti di prova. Funziona tutto fino a quando ci chiedono la misura d'entrata. L'arbitro ci comunica che "potete scegliere una misura a scelta, e poi si sale tutti a 2.30." No, questo è il decathlon, non la gara singola, non funziona così. All'ulteriore risposta del giudice "eh ma se facciamo come dite voi ci mettiamo una vita" scatta la rivolta. Io traduco ai tedeschi, Eric, italo-francese traduce ai suoi e in inglese e in 30 siamo a protestare. Nuove febbrili chiacchiere in cuffia finché la direttrice di riunione (la conosco, si chiama Daniela, ero con lei in giuria all'antidoping ai mondiali allievi a Bressanone nel 2009) scende in pedana e molto tranquillamente spiega l'errore: hanno stampato i fogli gara del decathlon con le progressioni della gara individuale e comunica all'arbitro che la progressione è libera, si parte dal minimo richiesto e si sale di 10 cm alla volta. L'unica cosa che chiede è verificare se si può partire almeno da 1.50 per evitare di montare i riduttori. Non è così perché un francese chiede 1.20, si monta il riduttore e sembra si possa iniziare.
Ma l'arbitro non ci sta ad aver avuto torto e torna alla carica: "si parte a 1.80!" Ma no, si va da 1.20. "No, la direttrice di riunione ha detto 1.80 e voi avete detto ok. VI HO REGISTRATO!" Non ci vedo più e gli chiedo: "Ma lei lo conosce il regolamento? No perché io sono anche giudice e lei ha torto marcio. Adesso mettete i ritti a 1.20 o io mi siedo in pedana e non cominciamo neanche." Nuove parole nell'etere fino alla conferma della direttrice: "Certo che si parte da 1.20, l'abbiamo appena detto"... Ma intanto un'altra mezz'ora è passata.
Finalmente iniziamo, noi scarsi usciamo subito e veniamo avvicinati da un giudice veneto (conosco anche lui, tranquillo e competente ma non so come si chiama) che ci dice che, man mano che veniamo eliminati possiamo andare al giavellotto e fare i nostri lanci perché hanno creato una giuria apposita.
Lo ringrazio, mi riposo un po' e, mentre uno svedese deve ancora entrare in gara nell'asta, alle 21.30 faccio i miei tre lanci di giavellotto. L'asta pian piano si esaurisce, lo svedese esce a 3.90 alle 23.20 in una gara durata quasi 5 ore. Non vi dico la faccia dell'arbitro. E mentre gli ultimi astisti del decathlon vanno al giavellotto, gli individualisti dell'asta iniziano a scaldarsi...

DAY 3 - LUNEDÌ 5 AGOSTO 

Durante il quinto turno di lancio degli ultimi sei giavellottisti scatta la mezzanotte: siamo ufficialmente nel terzo giorno di decathlon. Chi era a Zittau l'anno scorso mi dice che anche in quell'occasione si sforò la mezzanotte, ma i 110h erano stati piazzati alle 17... Ma ormai siamo qui, da 16 ore ma siamo qui, quando finalmente alle 00.20 lo starter ci allinea al via dei 1500. Io ho le cosce di marmo, quasi mi addormentavo verso le 23, ma si va. E mentre corro dò uno sguardo alle tribune ovviamente deserte. E ripenso al tifo che abbiamo fatto circa 8 ore fa a tribune piene ai millecinquecentisti del decathlon delle categorie 65+. E mentre corro m'incazzo perché noi conteremo anche niente (e io che mi iscrivo sempre al decathlon solo per il gusto di stare in campo due giorni facendo fatica a fare 3000 punti conto ancora meno) ma negarci anche la gioia degli applausi finali è davvero frustrante. Per non parlare della premiazione fatta al volo senza speaker, senza pubblico, senza niente.

I WHY E I BECAUSE 

Finito tutto mi trovo all'asta per seguire la gara del mio amico Stefano (che sarà secondo in una gara finita alle 03.30) e ribecco il giudice veneto di cui sopra. Non posso esimermi dal chiedergli qualche spiegazione sui motivi che hanno portato a questa situazione e lui me li dà:

  1. ERRORI ORGANIZZATIVI 1a) La divisione giornaliera delle gare è stata imposta dall'organizzazione per evitare che ci fosse contemporaneità tra alcuni sport (esempio: no 5000 e 10000 di atletica nel giorno del duathlon e del triathlon perché evidentemente c'è gente che si è iscritta a questi due sport). Questo ha costretto i giudici ai salti mortali tripli per incastrare in alcuni giorni progammi orari decenti. 1b) Per la sola atletica la follia di mettere ad esempio decathlon ed eptathlon negli stessi due giorni: il secondo giorno i giavellotti erano intasati. Proprio guardando gli orari del secondo giorno i giudici si sono accorti che ad un certo punto erano in gara insieme 2 dischi e 3 giavellotti: per questo hanno rivoluzionato il nostro decathlon. 1c) Al campo non c'era nessuno dell'organizzazione per cui l'impianto così era e così è rimasto (senza ad esempio poter metter su una seconda pedana di asta);
  2. ERRORI GGG 2a) Vista la rivoluzione del nostro decathlon col disco alle 15.30 si doveva a quel punto piazzare i 110h verso le 14 in modo che potessimo riposare al mattino. 2b) La gara di disco doveva rimanere divisa: prima M55-50 che eran pochi e potevano poi andare all'asta, e poi noi. 
Questo è il matusalemmico report, a voi commenti e considerazioni. A me l'incazzatura è passata, il male alle gambe anche e sono ancora qui, ad aspettare domani la finale dei 1500.

Alessio Fuganti

06/08/13

Manu Gentili: un 55"83 per il nuovo record F35 agli italiani

Passa sotto silenzio (e ci mancherebbe) quello che rappresenta il nuovo record italiano F35 dei 400hs, ovvero il tempo ottenuto da Manu Gentili nella finale dei campionati italiani assoluti di Milano. Passa silenzio naturalmente perchè la Gentili non si è vista convocare per i Campionati Mondiali di Mosca, in costanza di Minimo "B" e dopo aver battuto colei che invece ci andrà, ovvero l'italo-americana Jennifer Rockwell. Come sempre, ricordiamo anche i meriti della Rockwell, che probabilmente ha soddisfatto i criteri della Fidal ad una determinata data (ragion per la quale, presumo, è stata preferita alla Gentili). Non voglio far polemica, almeno in questo post. Il tempo di Manu Gentili? 55"83, ovvero 6 centesimi in meno del tempo ottenuto a Mersin, in Turchia, nella medagliata esperienza ai Giochi del Mediterraneo. Qui sotto ho ricostruito la cronologia del record italiano F35, in cui compare, guarda un pò, la Coach della Gentili, ovvero Carla Barbarino. 
  • 61"6m - Tison G. - Bressanone 02/05/1998
  • 60"39 - Carla Barbarino - Pescara 14/09/2002
  • 59"98 - Emanuela Baggiolini - Clusone 30/06/2007
  • 59"72 - Emanuela Baggiolini - Busto Arsizio 08/07/2007
  • 59"61 - Emanuela Baggiolini - Busto Arsizio 26/06/2011
  • 56"72 - Manuela Gentili - Ginevra 01/06/2013
  • 55"89 - Manuela Gentili - Mersin 27/06/2013
  • 55"83 - Manuela Gentili - Milano 28/07/2013

04/08/13

WMG di Torino: Rosico ma resisto

Per chi è master è una cosa nota. Per chi lo diventerà, lo sarà. Poter competere ed essere protagonisti fa parte del senso stesso dello sport. Più le prestazioni calano, meno si diventa protagonisti, e più ogni occasione persa per confrontarsi con atleti che valgono più o meno come te, viene vissuta male. La bestia agonistica che sta in me, lo ammetto pubblicamente, soffre a non poter esser dietro ai blocchi e poter dar battaglia. Rosico. Invidio. Accidio. Allo sparo tutto il resto (polemiche, inimicizie, litigi, il portafoglio...) perdono importanza, si azzerano. Si diventa un tutt'uno con i propri istinti animaleschi per la durata della gara... ci si gode l'immediatissimo post gara (se va bene)... e poi si ritorna ad essere Clark Kent. Purtroppo però ci sono piccoli assunti di principio (per carità, i principi che guidano nella vita devono essere altri) che vanno salvaguardati a costo di privarsi di una cosa che mi sarebbe piaciuta fare. Così come molti, l'aver rinunciato a versare la tassa sul lusso di 175 euro, è stato un messaggio. Un messaggio che chissà-chi recepirà (magari nessuno) ma andava spedito. Il mercato esige un punto di equilibrio, che massimizzi il guadagno e contemporaneamente soddisfi l'offerta... e quel punto di equilibrio non era certo a 175 euro, come è noto, e la cosa stonava pensando che ai WMG (e agli EMG) ci sono manager molto più preparati rispetto alla WMA e all'EVAA. Probabilmente a 60/70 euro più in basso, cioè quasi un 40/50% in meno. Ma di questo ho già parlato, inutile rivangare. Comunque, lo ribadisco: invidio chi gareggia, rosico, e mi consolo pensando ai futuri appuntamenti che i calendari master daranno in futuro, sperando che questi piccoli gesti di resistenza passiva possano portare ad un maggior rispetto degli "atleti" anche se non più giovanissimi. Vi lascio con un commento tecnico-organizzativo di Alessio Fuganti che si sta cimentando in queste ore nel decathlon.

Ciao Andrea. Prime impressioni "dal di dentro". Organizzativamente direi ok, il centro accoglienza è vastissimo, ti danno info coerenti, le code per l'accredito non ci sono (magari i prox giorni sarà peggio perche arrivano tutti, non so). Al campo il clima è abbastanza rilassato, anche se, come al solito qualche GGG vuol fare lo sborone ("voi decathleti non potete PER NESSUN MOTIVO lasciare il campo!"... Con i 100 ieri alle 9.30 e i 400 alle 17.00). Oggi orari incomprensibili: ho fatto i 110h alle 9.20 e il disco è alle... 15.30! In ogni caso voto complessivamente positivo anche se ovviamente 170 euro sono una follia. Ieri alla cerimonia di apertura lo speaker con toni esaltati annunciava che dei 19000 atleti presenti, i più presenti sono gli australiani (!), seguiti mi pare dai canadesi. Poi ci siamo noi con 2200 iscritti circa di cui (con tono molto enfatico) circa 1500 dal piemonte. E io dico: ma non ti viene il dubbio che proprio questi numeri testimonino come si sia buttata via un'occasione per i master italiani? Le gare sono di livello bassino per quel poco che ho visto. Io sono incerottato ma ormai vado fino in fondo, ai miei ritmi ma fino in fondo!

Altre sensazioni in ordine sparso: La welcome bag è ben fatta: lo zaino è funzionale e capiente, la maglietta ricordo molto bella, nel pacco info turistiche, riso e caffè. Voto 10 ai trasporti: girando col pass vai gratis su tutti gli autobus, tram e metro (vale solo per gli atleti, non per gli accompagnatori). Gratuiti o scontati anche i musei. Cerimonia di apertura abbastanza standard, sempre un'emozione vedere l'accensione del braciere. L'unica cosa stonata (ma dal mio punto di vista, che è parziale) la sfilata non l'avrei fatta a gare iniziate perche volevo farla anch'io, invece mi sono limitato alla cerimonia in piazza.

30/07/13

Gli assoluti degli altri: la Francia e i 2 campionati Nazionali (Elite e

Riporto uno stralcio di una conversazione con Frederic Peroni, consigliere della Commissione Master della Fidal, su mia sollecitazione in seguito al fatto di aver visto due campionati nazionali assoluti... separati. Dopo aver assistito ai risultati non eclatanti del primo, disputato in contemporanea con il meeting Areva di Parigi, mi ero chiesto se non fosse stato un errore pacchiano della federazione. Malfidente... in realtà ecco che due settimane dopo vengo a conoscenze di un secondo campionato, stavolta denominato "Elite". Ecco quindi quello che riporta Peroni sui campionati francesi. Tutto fa brodo, pur di migliorare la penuria di densità umana degli assoluti italiani. 

Gli atleti di vertice hanno obblighi scritti molto precisi dettati dagli sponsor principali della Federazione; uno di questi è Areva colosso dell'energia nucleare. Ai Campionati Elite hanno l'obbligo di partecipare gli atleti di vertice e le regole scritte mettono in chiaro le condizioni di rinuncia accettate: non si decide la settimana prima di non partecipare ad un evento inventandosi un infortunio pena conseguenze economiche in termini di borse di studio date agli atleti. I campionati che si sono svolti due settimane prima, hanno coinvolto tutti gli atleti che il mese precedente erano (vado a memoria) dal 10° al 50° posto nelle liste francesi, i primi 10 erano già qualificati automaticamente. 

Da questo campionato di "seconda categoria" entrano poi ai campionati elite i primi "tot". Un eventuale big non presente nei primi 10 o persino nei primi 50 può essere ripescato direttamente per i campionati elite da alcune wild-card in mano al direttore tecnico delle squadre nazionali che ci mette la faccia esponendosi alle critiche pubbliche se questa wildcard viene concessa per comodo o amicizia. Piccolo dettaglio non da poco. A tutti i Campionati Francesi di qualsiasi età (meno i masters dove la partecipazione è libera) non ci si deve iscrivere, ma si viene convocati dalla Federazione sulla base delle liste nazionali un paio di settimane prima. L'atleta ha poi alcuni giorni per rinunciare (con regole molto strette solo per i Campionati Elite) e passati questi giorni da regolamento vengono convocati gli atleti primi esclusi in modo da mantenere una partecipazione sempre elevata. Partecipazione massiccia sia ai campionati di seconda categoria, che quelli di elite vera, con piena soddisfazione di sponsor e TV. Sarebbe l'uovo di Colombo: basterebbe sapere che il minimo va fatto entro due settimane dalla data dei Campionati e non cercare di farlo fino all'ultimo giorno.

D'altronde quando si va ai Mondiali la data limite è alcune settimane prima e tutti si organizzano per ottenere il minimo in tempo utile. Questo presuppone che vi siano gare a sufficienza ben programmate anche per gli atleti delle categorie giovanili e le seconde schiere senior. Esistono appunto dei meeting dove uno non può gareggiare se non ha il tempo superiore ad una data prestazione (una sorta di "massimo" più che minimo... n.d.r.). Meeting organizzati e in calendario dal mese di Novembre precedente sul territorio nazionale dove questi atleti non di vertice troveranno un campo gara qualificato del loro livello per andare a cercare prestazioni di livello superiore. Sono poi circa una decina i meeting sul territorio nazionale dove si ritroveranno atleti di seconda schiera ma che parteciperanno ad un meeting nazionale con tutto l'orgoglio e le motivazioni agonistiche che ne conseguono. Ecco un modo per dare un senso alle seconde schiere. Mi sembra che per esempio questi meeting sui 400 Hs prevedano tempi dai 52" ai 55". Evidentemente questo richiede una programmazione seria già a Novembre. 

Come al solito basterebbe guardarsi intorno per avere qualche idea buona. Non saremo mica sempre più intelligenti degli altri. Sono già presenti su Internet le convocazioni per l'incontro internazionale master tra Francia, Germania e se non sbaglio di Inghilterra di inizio Settembre. Sia per i maschi che per le donne sono presenti due categorie una sopra e una sotto i 50 anni. Due atleti gara per paese e per categoria. Uno ha tutto il tempo di prepararsi e in caso di infortunio sono pronti i sostituti. Le regole chiare e stabilite per tempo sono la base della civilizzazione.

29/07/13

Italians critics: con i trials a Mosca andava la Gentili e... Manenti avrebbe avuto le sue possibilità

Marani batte Manenti - foto Colombo/Fidal
Le immagini che scorrono della diretta Rai sembrano arrivare dritte-dritte dagli anni '70. L'Arena aveva un brutto aspetto, soprattutto per le condizioni del campo centrale, ridotto al campo di battaglia delle Termopili dopo l'ennesimo assalto degli Immortali di Serse respinto dagli spartani di Leonida. Campo giallo, spalti  opposti (ripresi dalle telecamere) desolatamente vuoti, gare come al solito povere più che tecnicamente (direi che il livello è sempre più o meno quello) di tessuto umano. Ciò che spiace, e però non aver preso atto da chi gestisce, che organizzare gli italiani assoluti all'arena, dieci giorni prima dei mondiali, è stato un grosso errore. O meglio, la summa di diversi errori. 

Facebook e Twitter raccontano una storia, scritta volenti o nolenti, dai protagonisti. La Rai, attraverso gli interventi di Giomi (Monsieur le President) e Magnani (dicasi il CT) e poi di Pierluigi Marzorati (ex cestista di Cantù e ora alla guida del Coni lombardo) al cospetto di The Voice Bragagna (che si è trascinata in questi tre giorni molto lenta, probabilmente per l'arsura milanese), ne raccontano un'altra. Ma che costava dire che il clima tropicale ha mortificato alcune gare? Che forse sarebbe meglio trovare altre location confacenti al clima? Che forse il periodo non era il più indicato? A forza di voler dimostrare di essere  migliori di quelli che hanno preceduto, si rischia di cadere nel surreale. Suvvia, basta, dai. La campagna elettorale è finita. Molte cose buone si son viste (per ora le partecipazioni oceaniche) ma quello che appariva un punto del programma giomiano, ovvero la rivisitazione dei Campionati Italiani Assoluti, tanto criticata nel recentissimo passato, è rimasta lettera morta. Anzi, se vogliamo, la manifestazione è pure peggiorata organizzativamente parlando, stando ai relata di diversi atleti (clamoroso lo sfogo di alcuni atleti del Decathlon a tal proposito, schiaffati a gareggiare alcune discipline in orari assurdi, quindi pianificati da chi, evidentemente, non conosceva la disciplina). 

Il periodo scelto, come detto, è clamorosamente errato. Ora, pensate solo al fatto che alcuni atleti si giocavano ancora la partecipazione ai mondiali di Mosca. Altri dovevano probabilmente dare le leggendarie prove di affidabilità tecnica. Ma a dieci giorni dai mondiali? Costringendo ad un reclutamento di energie nervose che se nella migliore delle ipotesi non porterà ad effetti negativi, di certo non è la condizione ideale per preparare un evento che per molti rappresenta l'evento della vita? Ci sarà un motivo per cui i trials in altre parti del mondo li organizzano 45/50 giorni prima, no? Per consentire una doppia periodizzazione, e permettere a chi strappa il pass di essere al massimo all'evento internazionale. Il periodo di collocamento degli italiani ha anche impedito che alcuni big italiani non fossero presenti... giustamente. Presumo per lo stesso motivo di cui sopra, ovvero non ci si può impegnare in un evento invasivo a pochi giorni dalla gara della stagione. 

Fissare la deadline per le convocazioni sotto i mondiali sotto i mondiali, è stato davvero un errore pacchiano. Per questo rispolvero sistematicamente l'idea dei trials, che dovrebbero essere pianificati con congruo anticipo, per consentire il diritto a chi se lo guadagna, di ottenere il minimo e non il contrario. Mi spiego: erroneamente si pensa "che i primi 3" vanno a mondiali/olimpiadi. In realtà è vero negli USA dove in ogni specialità sono una 15 coloro che hanno i minimi. La regola dei trials in realtà attribuisce con l'ordine d'arrivo, il diritto di partecipazione. Va da sè, che se il primo non ha il minimo, si passa al secondo, e così via, fino ad arrivare a tre o... a nessuno. Pensate ai 200 uomini: vince Diego Marani, che batte i due "papati" Davide Manenti e Enrico Demonte. Se avessero fatto gli italiani/trials 50 giorni fa, avrebbe avuto un mese e mezzo per ottenere il minimo, anche in località dove i tempi sono più "facilitati" dalle condizioni meteo/logistiche. Lui ha dimostrato di essere più forte: è certificato. Se poi non l'avesse ottenuto, si sarebbe passato al primo minimo "B" presente nell'ordine d'arrivo, ovvero a Manenti (Demonte ha il minimo A, e almeno di arrivare 4° con 3 A davanti, era certo di Mosca). Invece Marani, il più forte 200ista italiano, sta a casa senza più opportunità di dimostrare di ottenere e valere il minimo. E dire che il titolo è pure corroborato dal doppio turno: probabilmente c'è chi riesce a correre veloce nell'evento secco, ma coi turni non trova continuità. Marani sì. Marani si è fatto pure la finale degli europei l'anno scorso... doveva avere la sua possibilità, mentre questa idea incomprensibile di piazzare gli italiani ai piedi di Mosca, l'ha privato di un'opportunità. 

Ma il vero caso di scuola l'ha fatto però Manuela Gentili. Batte Jennifer Rockwell, che quest'anno aveva corso un tempo migliore del suo sui 400hs, e in costanza entrambe dello standard B, si è vista preferire l'italo-americana sulle scalette del volo Alitalia per Mockba. Sfortunata la Gentili, per la quale cambiano gli addendi, ma alla fine la somma degli eventi la porta sempre a guardare le sue gare dalle tribune o dalla tv, nonostante si conquisti con le unghie e con i denti il dovuto. I diritti sportivi si devono conquistare prima di tutto al cospetto gli uni degli altri, negli scontri diretti, anzi... nello scontro diretto, quale quello principale dell'anno, ovvero gli italiani assoluti! E' il senso stesso dello sport: i tempi ottenuti durante la stagione spesso sono estemporanei, unici, quasi mai ripetuti o avvicinati: per questo il tempo deve essere succursale al risultato tecnico. Le stesse indicazioni della Federazione lasciavano intendere che quella degli italiani sarebbe stata l'ultima chiamata... ciò che voglio dire, è che se tizio batte caio, non c'è tempo che tenga: lui deve andare.

E poi c'è la questione della risicata (e voluta) risicata partecipazione... ma questo è un altro discorso, di cui parlerò la prossima volta. 

28/07/13

Orvieto '13: gli M40

Ho deciso di andare per "pillole" a parlare dei Campionati Italiani di Orvieto, così da riuscire, forse, in qualche modo, a portarle avanti meglio e più velocemente. Passiamo così alla categoria M40.
  • 100/200: no comment. 
  • 400: Vince il navigato Max Poeta di pochissimo sul "nuovo" Simone Pratesi: 51"91 a 52"15. Per Poeta 6° titolo italiano individuale sui 400 (3 indoor e 3 outdoor). Nelle 30 precedenti edizioni, solo in 8 circostanze si era vinto il titolo M40 sui 400 sotto i 52". Il tempo di Poeta è lo stesso con cui vinse nel 2001 Riccardo Longinari. In 3 circostanze si è vinto sotto i 51" ed uno solo, Enrico Saraceni, ha vinto gli italiani sotto i 50" (nel 2005 con 49"61).   
  • 800: Cesare Lazzarini, uno dei migliori 800isti master "giovanili" delle ultime stagioni, si impone anche qui su un atleta messosi in luce nelle ultime 3 stagioni, Ugo Piccioli. 2'02"49 a 2'03"24. Per Lazzarini si tratta del 5° titolo italiano individuale, il 4° sugli 800 (ma vanta anche lo scudetto 2011 sui 400 M35). Solo in 3 circostanze (su 30 edizioni) questo titolo è stato vinto con un tempo inferiore ai 2' (l'ultima nel 2007 con Giovanni Latini). Il tempo necessario a Lazzarini per vincere il titolo è stato l'11° di sempre, ma si sa che in un 800 che attribuisce un titolo non è assolutamente scontata la prestazione cronometrica. 
  • 1500: con 4'19"46 si aggiudica il titolo Alessandro Maraspin, che, vedendo i tempi d'arrivo, sembra aver vinto nettamente la pugna (2° Alessandro Leban con 4'23"34). Per lui si tratta del primo scudetto a livello individuale (ma quest'anno si è portato a casa anche quello della 4x1500 a Gorizia). 
  • 5000: Diego Papoccia è il nuovo campione italiano con il tempo di 15'13"58, che rappresenta il 5° tempo di sempre necessario per vincere questo alloro. Nessun M40 è mai riuscito in questa manifestazione a scendere sotto i 15', con un record della manifestazione fissato da Marco Cacciamani nel 2001 a 15'05"11. Primo titolo master su pista in assoluto per Papoccia.
  • 3000 siepi: 3° titolo italiano sui 3000 siepi per Riccardo Baggia con 10'15"38, che segue quello che vinse nel 2012 a Comacchio. Il primo lo vinse nel 2008, anno in cui si aggiudicò anche i 10000, per un totale di 4 titoli tricolore nella propria faretra. Ritirato il Campione d'Europa sulla distanza, Walter De Laurentiis in una delle gare più "affollate" sulle siepi degli ultimi anni.
  • 110hs/400hs: doppietta di Gian Luca Camaschella, il re degli ostacoli della categoria. Sui 110hs 17"24 ma con 2,0 di vento contrario. 1'01"27 invece sui 400hs, vinti di poco su Sante Galassi. Seconda doppietta consecutiva per Camaschella nelle medesime specialità dopo quella di Comacchio del 2012 e 4° e 5° titolo italiano per lui, dopo il primo sui 400hs risalente al 2009. L'anno scorso vinse in 59"11, ovvero con lo stesso tempo con cui vinse il primo titolo nel 2009. In 8 circostanze il titolo dei 400hs si è vinto sotto il minuto (con il record dei campionati in possesso di Frederic Peroni con 57"19 del 2006).
  • alto: Stefano Salso si aggiudica il titolo con 1,87, vincendo il suo 4° titolo consecutivo in soli due anni, tra indoor e outdoor, nella categoria M40. 2° Luca Tonello, un altro "grande" dell'alto master degli ultimi anni, con 5 titoli all'attivo. 6^ prestazione di sempre per vincere un italiano M40 outdoor nell'alto per Salso.
  • asta: vittoria netta di Daniele Caporale con 3,70. Anche per lui 4° titolo italiano consecutivo in soli due anni, dopo quelli indoor e outdoor del 2012 e 2013. 
  • lungo: bella sfida tra il vincitore Stefano Tarì e Simone Sbaragli. Tarì salta subito la misura vincente, 6,32, poi al terzo è costretto a fermarsi e ad assistere alla gara, ovvero ai tentativi di Sbaragli di portargli via il titolo. E Sbaragli si è effettivamente avvicinato molto in almeno 3 salti (6,27, 6,26, e 6,25). Per Tarì si tratta del 7° titolo italiano nel salto in lungo (comprese le indor) in 4 stagioni (non ha conquistato solo quello outdoor del 2012). 
  • triplo: il citato Simone Sbaragli si rifa però nel triplo, vincendo con 13,32 davanti a... già citato Luca Tonello. Primo titolo outdoor per Sbaragli, e 5° totale, visto che ha vinto 4 titoli consecutivi indoor a partire dal 2010 e sempre tra gli M40, diventando anche l'M40 italiano con più titoli nel triplo tra indoor e outdoor (5, contro i 4 di Marchetti, Arfanotti, Riccitelli).
  • peso: Vincenzo Tarallo spara a 13,60 e rintuzza i tentativi di Francesco Longo, arrivato a 13,31.  E così Tarallo fa doppietta con il titolo indoor che aveva vinto con una prestazione più o meno simile. Solo Edmund Lanziner nel 2000 era riuscito a superare ad un campionato italiano i 14 metri.
  • disco: netto dominio di Francesco Acquasanta che si impone con 8 metri di vantaggio. 41,49. Decimo titolo per Acquasanta, che arriva così alla "stella". 3° titolo nel disco, mentre gli altri 7 sono stati conquistati nel pentalanci. 
  • martello: Massimiliano Remus mette a referto solo due bombe da tre e si porta a casa con 44,16 il suo primo titolo italiano (strano, pensavo fossero molti di più...). 
  • giavellotto: 50,01, e titolo a Luca Bonanni in una gara mai davvero in bilico. Primo titolo anche per lui. 
  • martellone: Il già citato Remus cerca di contrastare l'allora a Stefano Carpita, che si impone di 40 cm: 14,44 a 14,04. Secondo titolo italiano per Carpita, che vinse il primo nel 2008, sempre nel martellone ma da M35.
  • marcia 5 km - sesto titolo italiano di sempre per Luigi Paulini, che ha la meglio per una decina di secondi su Albano Montresor (24'08" a 24'19"). 
  • 4x100: la Colosseo 2000 si impone con 45"27, bissando il titolo già vinto nel 2009. Il tempo di allora (45"36) rappresentava il record italiano M40, che nel 2011 era stato scalzato dalla San Marco di Venezia a Mestre con 45"28. Di conseguenza il record italiano ripassa nelle gambe dell'Atletica Colosseo 2000, anche se di un sol centesimo. De Feo, Donnarumma e Nasti facevano parte di quella staffetta, unitamente a Max Scarponi, che ad Orvieto è stato sostituito da Marco Rossi. 
  • 4x400: l'atletica Roma Acquacetosa fa suo il titolo della 4x400 con 3'37"22, per quello che è il 3° titolo nella distanza per la società romana. I titoli nelle staffette maschile sono invece 6. 

25/07/13

Un altro contributo sulla diffusione dell'atletica: portiamo l'atletica fuori dagli stadi

(di Simone Zarantonello) - Scusate se mi intrometto.
Ho letto l’articolo sulla rivoluzione dal Basso per richiamare il pubblico. Non entro in merito sulla positività delle proposte, mi spiace non ho la possibilità di farlo, anche se a mio avviso alzare i minimi di partecipazione mi sa sempre da sconfitta, visto che il miglioramento è continuo in tutto il mondo con continui (anche se più radi) ritocchi ai record dovrebbero seguire quindi dei miglioramenti anche nei minimi. 
A titolo di esempio, ai miei tempi da allievo il minimo di partecipazione ai campionati nazionali era 51" sui 400 metri (me lo ricordo bene perché ho fatto 51"1…) mentre adesso è 52" non credo che questo abbia portato un miglioramento, e mi sembra una regressione più che una conquista. 

Ma parliamo del pubblico, il punto sta in due fattori a mio avviso determinanti: cultura e apertura che sono pure interconnessi. 

Mi spiego con degli esempi (e con delle provocazioni): 
  1. perché in Italia lo sport più seguito è il calcio? 
  2. Perché in Norvegia lo sport più seguito è lo sci di fondo? 
  3. Perché in Olanda lo sport nazionale è il pattinaggio 
  4. Perché in America metropolitana lo sport più seguito è il basket? 
  5. Perché in Giamaica lo sport più popolare è la velocità? 
  6. Perché in Kenia lo sport più popolare è il mezzo fondo 
Provo a dare delle risposte:
in Italia lo sport più seguito è il Calcio perchè tutti (anche a me che l’ambiente mi fa venire la nausea) sappiamo come funziona, tutti hanno fatto almeno una volta in vita loro una partita di calcio o calcetto (ho visto che la fanno anche i non vedenti, complimenti!). Questo perché fa parte della nostra cultura, dall'inizio del 900 in ogni paesino c’era la chiesa, il campanile e dietro il campo da calcio, che è diventato un luogo ed un momento di aggregazione. 

Da qui in Norvegia lo sci è un mezzo di movimento come in Olanda il pattinaggio è un fatto culturale, infatti li Enrico Fabris era popolarissimo mentre era quasi sconosciuto in italia, come in Kenia la corsa è un fatto di vita quotidiana. In America nelle città in ogni angolo della strada (esagero) c’è un canestro, mentre se si va nell'America rurale tutti hanno una mazza da baseball, la quale serve sia per giocare che per difendersi (infatti in un viaggio di lavoro in Virginia ad Ahsland il mio collega Roger di 65 anni andava in giro in macchina con due mazze da baseball, non certo per giocare). Va da se che in Giamaica la velocità è un fatto ormai culturale. 

Quindi un'attività che diventa di fatto parte della vita quotidiana diventa cultura, e con la cultura riesci ad apprezzarla. Porto un altro esempio se io vado in una galleria d’arte moderna, ma anche arte classica, osservo i quadri e spesso mi dico: “ booo!”. Provate a fare un giro in una galleria con un critico o uno storico, uscite che camminate 10 cm più alti, l’ho provato, questo perché mi manca la cultura e quando hai la possibilità di averla di si apre un mondo davanti. 

Credo che gran parte della gente comune manchi di cultura e se anche viene a qualsiasi evento di atletica probabilmente dirà tra se e se “booo!”, a meno della presenza di un Bolt, ma solo per il peso delle sue prestazioni , assolute (è come vedere il David di Michelangelo sempre come parallelo artistico) però a mio avviso è molto più “spettacolare” un salto della Vlasic che un 100 di Bolt. La cultura, e quindi la conoscenza, da forza all'attività. Non a caso in Italia negli ultimi 20 anni l’unica specialità in atletica che ha dato risultati abbastanza continuativi (a parte la nicchia della marcia determinata più da volontà e capacità del singolo), è stata la maratona, con i vari Pizzolato, Bordin, Leone, Baldini, tanto per far 4 nomi (senza contare le fortissime rappresentanti femminili), infatti l’unica attività di atletica Nazional-popolare in Italia sono le maratone e le mezze maratone (ogni paesino ha la sua maratonina con chiesa campanile e campetto di calcio annesso). Da qui l’apertura! 

Fin che stiamo dentro ai nostri Stadi e ci auto guardiamo, come pensiamo che vengano frotte di spettatori? Siete mai andati a vedere un saggio di danza o di musica senza che ci partecipi un qualche vostro parente? Ricordo che nelle nazioni forti prima fanno “atletica fuori dal campo”, poi la fanno dentro. Se vogliamo riconquistare “quote di mercato” dobbiamo spiegare l’atletica. Le azioni sono (a mio umilissimo punto di vista): in primis la federazione deve spingere perché l’atletica sia insegnata alle scuole (cosa che già sta facendo).  Secondo dal basso noi (inteso come società, allenatori dirigenti, appassionati, atleti) dobbiamo portare l’atletica fuori dagli stadi
  • più eventi in piazza! Si corre sull'asfalto, vabbè, lo fai una volta sola, non usi le chiodate;
  • magari aperti anche al pubblico, dopo la batteria dei top fai correre i ragazzini 
  • più eventi spettacolo, un 1500 è noioso in piazza, prova a fare un “americana” con l’eliminazione dell’ultimo atleta su un giro di 200 metri; 
  • più attività di squadra che di singolo, fai 5 prove con varie società e dagli un punteggio, serve a poco ma alla massa è più avvincente.
  • Evitiamo di puntare al risultato: nel senso che l’obbiettivo è lo spettacolo ed il divertimento non il tempo, per cui facciamo distanze spurie, i 70 metri per la velocità, l’americana per il mezzofondo, una staffetta alla svedese, il salto in alto con pedana elastica… Prima dobbiamo far crescere l’interesse nelle famiglie, poi arriveranno i ragazzi linfa per lo sport (ti potrà arrivare un master, meglio una macchina in più per le trasferte!). Quando allenavo l’obbiettivo primario era far divertire i Ragazzi non farli andare forte, quello arriva dopo, quasi in automatico. Dobbiamo vendere bene la nostra merce: per spiegare questo porto un esempio fresco: la bravura dello speaker ai campionati Master di Orvieto, sembra una cretinata, ma a chi era in tribuna ha fatto piacere uno speaker preparato ed in grado di attirare l’attenzione sugli eventi.
  • Per ultimo dobbiamo fare leva su aspetti che connotano il fare atletica in modo bello e sano, sull'amicizia e sul fair play, sulla voglia di stare insieme e di fare atletica insieme, che non incide sull'agonismo. Ed anche qui per spiegarmi porto un esempio: una grande leva che ha fatto aumentare l’interesse del Rugby in Italia (oltre che a spiegarlo a scuola) è stata la “vendita” del cosiddetto Terzo tempo! La gente stufa dell’atteggiamento nauseante del calcio giocato e parlato, ha trovato un ambiente più piacevole e rispettoso, infatti adesso anche il calcio cerca di cambiare, non per volontà ma per necessità. 
Occorre quindi seminare e seminare, ovviamente in un terreno non certo (ma noi atleti siamo abituati a fare molta fatica dagli esiti non sempre certi…), magari potrà succedere che l’interesse delle masse aumenti, aumentando magari gli sponsor, chissà... Concludo richiamando cultura ed apertura, pilastri un po’ in tutte le cose, quando mancano abbiamo recessione crisi impoverimento, on credo di dire nulla di nuovo sotto il sole.
 Disponibile per ogni confronto e disponibile a dare una mano per quanto di mia possibilità. 

Simone Zarantonello, Master Atletica Vicenza. 

24/07/13

WMG: paghi, non partecipi... ma niente gadgets se non vai a Torino

Giusto per non lasciare le cose a metà concludo la lamentela nei confronti di WMG riguardante la mia personale vicenda. 
Dopo aver avuto risposta negativa circa il rimborso della mia iscrizione, ho pensato: - visto che ho comunque pagato l'iscrizione, chiedo ad un amico partecipante di poter ritirare i cosiddetti benefits che, ritengo, dovrebbero comunque spettarmi.- Per correttezza telefono a WMG chiedendo come compilare l'eventuale delega, dato che in quei giorni non potrò comunque essere presente. 
Con gentilezza piemontese la signorina ascolta il mio problema e mi chiede di attendere in linea che provvede ad informarsi. 
"No, purtroppo non è possibile rilasciare i benefits a nessuna altro che non sia lei in persona". 
Faccio presente che l'infortunio mi ha comportato lo spostamento della vacanza già prenotata e non potrò comunque essere a Torino, pena rischiare una coltellata da parte di mia moglie che a sua volta ha dovuto spostare le ferie programmate. 
Sempre con gentilezza molto piemontese, (quella che non chiude mai la porta in faccia a nessuno, ma la socchiude un po' a tutti) mi si ribadisce che, purtroppo per me, la regola è quella e non è proprio possibile, oltre che ingiusto per gli altri (quali altri?) fare una deroga in mio favore. 
Non me la prendo con la gentile signorina che in fondo riferisce quanto confermatole da altri; ringrazio e saluto. 
Sono assolutamente convinto che il rispetto delle regole sia sacrosanto per la nostra miglior convivenza, soprattutto in un momento come questo dove le regole paiono diventate un optional. Insomma le mie 170 cocozzielle non hanno dignità e diritto nemmeno ad un ricordo. Peccato! 
Per fortuna almeno gli albergatori della Val Badia, in genere considerati così puntuali e precisi, hanno avuto miglior comprensione circa la caparra della mia vacanza, precedentemente versata. Ma forse sono solo stati meno ottusi, chissà. Grazie a loro dunque ! 
Anche se non hanno rispettato le regole. 

Giovanni Mocchi

23/07/13

Campionati Italiani Assoluti: le "modifiche" di Francesco Arduini

L'arena gremita nonostante la pioggia... era il 1935
(di Francesco Arduini*) - Scrivo queste righe spinto da un improvviso impulso e spinto dalla necessità, in qualche modo, di cercare di contribuire con idee e proposte a poter migliorare o spingere sempre più persone ad avvicinarsi a questo nostro splendido sport che è l'atletica leggera. Ormai sono luoghi comuni quelli che mancano i fondi per poter reclamizzare, pubblicizzare o in qualche modo sponsorizzare eventi e richiamare persone e stiamo assistendo negli anni, salvo rari casi, ad un allontanamento del pubblico dalle tribune chi circondano le nostre piste. Nota bene che non sto parlando del "Golden Gala" dove "Il Bolt" richiama da solo flotte di pubblico, ma da quello che è uno spettacolo simile e a volte anche superiore come possono essere i Campionati Italiani Assoluti

Chi di noi non ha assistito, anche una sola volta dalla tribuna alla massima rassegna nazionale di Atletica Leggera? Allora tutti sapete che il 95% del pubblico in tribuna è composto dagli atleti stessi, i loro tecnici, accompagnatori e/o familiari, da appassionati che per la maggior parte dei casi vanno a vedere le gare dei propri amici e raramente da pubblico, ma il pubblico vero, quello che entra nello stadio per vedere l'atletica vera senza conoscere direttamente nessuno ma con il solo scopo di gustarsi le "nostre" performance sportive. 

Allora ecco qual'è la mia proposta, per certi versi, forse anche provocatoria? PERCHE' NON "POPOLARIZZIAMO" I MINIMI DI PARTECIPAZIONE PER ALLARGARE IL PIU' POSSIBILE LA PARTECIPAZIONE? A questo proposito mi sono posto l'obiettivo di verificare alcuni punti pro e contro: 
  • PUBBLICO - Partendo dalla premessa fatta sopra, una maggiore partecipazione di atleti porta, di conseguenza, una maggiore partecipazione di pubblico ad essi collegata. Per certi versi, chi vive il "mondo Master" dell'atletica leggera, questo lo può constatare con i propri occhi. Le tribune dei Campionati Italiani Master sono forse più gremite di quelli di un Campionati Italiano Assoluto... e per certi versi questa mi sembra una eresia, ma comunque sta a conferma di quanto asserito sopra, e cioè che la maggior parte del pubblico in tribuna è quasi tutta "parte attiva" della manifestazione. 
  • ESPERIENZA - Un aumento della base dei partecipanti porta, di conseguenza, una maggiore capacità di confronto fra i primi della classe e la base che, nella maggior parte dei casi, sono ragazzi giovani, inesperti di gare di vertice e che, certi atleti, a volte, li hanno visto solo in TV. Potersi cimentare con e contro di loro è di stimolo per chi ha voglia di migliorare e sicuramente di forte impatto emotivo. 
  • GESTIONE CAMPIONATI - Qui si entra, invece, in un tema un po' più spinoso: la gestione. Certamente, un forte allargamento di partecipazione richiede un "allungamento" dei campionati con 3 giorni pieni (o forse 4) per poter permettere di poter correre un turno, o alcuni casi 2 turni, in più per le corse ed effettuare le qualificazioni nei concorsi (di questo mi pronuncerò nel punto PERFORMANCE). Da un punto di vista economico per le società questo è purtroppo la spina nel fianco, perchè l'allungamento dei campionati porta un allargamento dei costi per poter rimanere, magari, una notte in più nella città sede e organizzatrice dei campionati, ma è di sicuro di maggiore "appeal" per tutti gli addetti al settore: - gli sponsor possono contare su un affluenza di pubblico di più vasta scala con maggiori contatti e TUTTI mirati nel settore di appartenenza (pensiamo a partner di marchi sportivi o alimentari legati al settore) - le città organizzatrici possono investire di più per l'evento certe di un maggiore rientro di immagine e di introiti per le attività della propria città.
  • PERFORMANCE ATLETICHE - Qui ritorno alla mia "nota" pubblicata in occasione dei Campionati Italiani Indoor: le qualificazioni o l'allungamento dei turni di qualificazione. A mio avviso, ma a parere anche di molti atleti di vertice che conosco, questo, non può far altro che bene sia allo spettacolo che alla realizzazione delle massime performance. Partiamo dal presupposto che, i Campionati Italiani Assoluti servono a decretare il più forte d'Italia... che, per definizione è 1 e 1 soltanto. Se partiamo da questo presupposto, sulla base di quello che è un Meeting di vertice mondiale, stiamo sbagliando tutto... basterebbe mettere un minimo nei 100 mt di 10.40 in modo da poter correre direttamente solo la finale, oppure di 2,25 nel salto in alto, perchè tanto, a chi la stiamo a raccontare??? Chi vince è sempre e comunque uno dei migliori, per cui tanto vale farlo correre solo loro!! Oppure, diamo modo ai giovani di crescere accanto ai più forti, facciamoli correre, lanciare e saltare fianco a fianco e i giovani dilettanti di oggi, saranno poi quelli che prenderanno il posto dei professionisti domani. Qualche esempio? Avere un minimo di partecipazione dei 100 mt, ad esempio di 10.80, porterebbe 60 persone anzichè le circa 20 iscritte. Ma già dopo il primo turno si potrebbe facilmente scendere a 24 per effettuare 3 semifinali (e con una divisione dei migliori nelle varie serie, i primi della classe come Tumi, Riparelli, ecc... non farebbero alcuna fatica a qualificarsi, gli basterebbe fare un allungo...). Nel lancio del peso donne, "allentare" la stretta del minimo a mt 11.50 e mettere poi un limite di qualificazione a 14 mt (o i primi 12 come accade nelle competizioni internazionali) farebbe fare un semplice lancio di riscaldamento alla Rosa (che forse non si scalderebbe nemmeno per realizzare una misura così) che si troverebbe poi a disputare una finale effettuando 6 lanci in tempi più giusti e normali anzichè 1 ogni 40 minuti per il vasto numero di partecipanti. Nel salto in alto uomini abbassare il minimo e portare una qualificazione a 2,15 sarebbe una pura formalità per i vari Chesani, Fassinotti e Tamberi che si giocheranno il titolo il giorno dopo con una progressione non logorroica ma mirata alla performance (stesso discorso valido per l'asta uomini e donne) 
  • LIMITI DI PARTECIPAZIONE - Le modalità per poter allargare il numero dei partecipanti sono infinite: - Abbassare i minimi di partecipazione - Allargare la possibilità di iscrizione ai primi 50 delle graduatorie italiane - Realizzare una lista di merito che includa la media delle prime 5-6 performance e su quella base stilare una lista di 40-50 partecipanti - .... 
Secondo me, potrebbe essere una proposta discutibile a costo "0" con un piccolo aggravio per gli atleti e società partecipanti che però potrebbe essere in parte "ammortizzato" con maggiore visibilità e prestigio. Questa mia proposta spero possa essere di stimolo, se non altro, per una discussione per poter migliorare le cose anche perchè chiunque di noi lo sa che, correre, saltare e lanciare davanti ad una tribuna piena è sicuramente molto più stimolante e bello per tutti...

*: saltatore in alto, pluri campione europeo e nazionale master, quest'anno 2,06 (da 39enne...)

22/07/13

Alan Oliveira: l'X-Man con le protesi che corre lanciato come Bolt

E' già da qualche anno che si discute su questo sito dell’utilizzo delle protesi per casi di atleti con bi amputazione, e il clamore dei tempi di Oscar Pistorius son stati attribuiti quasi esclusivamente all'atleta e ben poco all'effettivo risultato tecnico-meccanico della protesi da corsa. Serviva sin da subito un punto di vista più oggettivo, e oggi probabilmente non avremmo vissuto appieno il "mito Pistorius".

Avevamo altrettanto più volte sottolineato le differenziazioni di questi utilizzi e quindi quanto fossero differenti i casi per atleti con mono o bi amputazione. E' sotto gli occhi di tutti quanto il miglioramento tecnologico abbia prodotto risultati incredibili, ma questi vanno sempre in una unica direzione: atleti con mono-amputazione trans-tibiale (sotto il ginocchio) stanno ottimizzando e raggiungendo livelli di possibile parificazione, ovvero tempi e risultati come se gareggiassero con due piedi normali; i casi di bi-amputazione stanno portando alla luce risultati anomali e nettamente superiori alle doti fisiche dei ragazzi stessi. 

Il 20”66 di Alan Cardoso Oliveira di questi giorni è francamente eclatante, ma... non più di tanto. A Londra '12, Paralimpiadi, Alan nella finale dei 200mt ebbe una partenza disastrosa, tanto che venne affiancato al secondo appoggio da un atleta che gli correva nella corsia interna. Tradotto in termini tecnici, significa che partì quando gli altri erano già a circa 3,5 mt di gara (che rappresenta il decalage tra le corsie nei 200mt). Quella finale vinta in rimonta su Oscar e con un tempo di 21”40 circa dimostrò immediatamente quanto il ragazzo brasiliano fosse in grado già di correre in 20”90 alle Paralimpiadi. Basterebbe prendere quella registrazione e il suo effettivo-tempo di gara dalla sua reale partenza (al netto della "caduta") per averne una dimostrazione. 

Il tempo di questi giorni quindi è la logica conseguenza di quello cui si assistette in quella serata da X-Men. Non ci stupisce affatto, a parte il fatto che forse sarebbe giunta l'ora di scartare definitivamente le considerazioni "sociali" degli atleti "superabili", e essere seri e chiari sul risultato tecnico-tecnologico e sportivo. 

Giusto puntualizzare alcuni dati: già per Oscar Pistorius avevamo evidenziato numerose incongruenze "logiche" (rispetto agli atleti normodotati) nei suoi tempi e nella relativa corsa, con fasi lanciate folli nei 100 e 200 mt, a livelli (non sto scherzando) di Tyson Gay e Asafa Powell

Ora: se Oscar era considerato un fenomeno assoluto, cosa dovremmo dire di questo ragazzo brasiliano che ha distrutto il suo record Mondiale di 7 decimi in un sol botto? Dobbiamo quindi fare un passo indietro, ovvero: il primo non era un fenomeno e vi assicuro che non lo è neppure quest’ultimo! Alan ha 21 anni: Andrew Howe quando divenne Campione Mondiale Junior corse in 20”28 i 200 mt, allora considerato un tempo stratosferico per il giovane Andrew. Il secondo classificato giunse oltre i 20”80… Già questo dovrebbe fa riflettere: secondo voi Alan ha le doti fisiche di Andrew Howe? Mia personale considerazione: ma siamo pazzi? 

Pensate al già citato Personal Best sui 100 mt di Cardoso: 10”77 corso recentemente: parliamo di atletica e magari rivedendo il video della gara potremmo farci un'idea precisa. Quanto sarà passato ai 100 metri? L’assetto in curva per le bi-amputazioni sacrifica di molto l’ottimizzazione di spinta rispetto al rettilineo, quindi potrei dedurre un tempo difficilmente inferiore agli 11”20 anche a fronte appunto del suo record sui 100 metri. Bene. Allora ha corso una seconda fase sotto i 9”50? Come un velocista da 19”80? Come Tyson Gay o come il Bolt di questo periodo? 


Non prendiamoci in giro, per favore, e soprattutto non prendiamo in giro atleti che hanno sudato anni ed anni per migliorare un decimo nei 200 mt o che si allenano in altre discipline Paralimpiche dove non esiste il supporto tecnologico e il miglioramento è fatto di cm o di secondi e con dure sedute da 7 giorni su 7 la settimana. E’ questo che bisogna mettere in discussione. Bisogna infatti anche finirla di considerare questi ragazzi come supereroi. Sta diventando la morte del concetto di Paralimpismo! Ci sono numerosi ragazzi che si allenano ben più di loro e con costanza da anni, ma la mania di guardare al tempo finale o di fare paralleli con  gli atleta normodotati ha generato una visione distorta e controproducente di un intero mondo che non è fatto solo dagli X-Men come Cardoso e Pistorius, ma da "atleti" con le più svariate limitazioni che si battono quotidianamente per guadagnare quei piccoli/grandi miglioramenti sportivi che tutti coloro che praticano sport conoscono.  
Forse sarebbe il caso di smetterla di enfatizzare oltre il dovuto questi atleti pensando a stratosferici meriti sportivi: oggi più che mai si comprende come molto dipenda dal supporto tecnologico. Chi ha mai sentito miglioramenti di oltre un secondo nelle gare di velocità da un anno ad un altro negli atleti evoluti normodotati? 

Ecco, perché non sottolineare invece le difficoltà e i miglioramenti minimi e dimostrabili di chi corre per esempio senza vista? Li è solo allenamento e basta! E chi lancia seduto su una carrozzina? Con difficoltà magari immense per spasticità gravi? Pensate sia semplice lanciare una clava a 30mt con gravi spasticità dalla nascita? E invece si enfatizza qualcuno che magari dopo solo un anno con due protesi elastiche “corre già forte come un ragazzo normale!”? Ma dove finiscono i meriti effettivi degli atleti e inizia il supporto tecnologico? Ora lo posso dire: non penso ci sarà più nei prossimi anni una partecipazione Olimpica o Mondiale con il coinvolgimento misto di atleti bi-amputati e normodotati, e non certo come forma di “discriminazione”, ma semplicemente per serietà e chiarezza. 

L’IPC internazionale e ancor di più la IAAF stanno giustamente verificando queste situazioni ed è evidente che i grandi miglioramenti tecnologici, molto più evidenti dei miglioramenti ottenuti grazie alle doti personali o attraverso gli allenamenti. Per esempio queste considerazioni hanno già portato a dividere finalmente i 100 e 200 mt a questi mondiali tra le categorie con mono e bi amputazioni (T44 da T43) come doveroso, ma questo (purtroppo) non è ancora avvenuto nei 400mt dove il gap è addirittura peggiore. Per esser chiari è giusto che i ragazzi con bi-amputazione abbiamo una LORO categoria specifica e basta, e che se i miglioramenti tecnologici porteranno a breve a risultati tecnici da 9”80 o 19”0 o 43” siano riferiti alla loro ed unica categoria. 

E giustamente anche valutando i seri problemi che avrebbero in gare di lancio o di salto per esempio! Sarà poi doveroso metter dei paletti in questo che sta diventando purtroppo un “circo” in cui si variano le protesi come gli assetti degli alettoni in F1. Alla fase di classificazione Internazionale ogni atleta riceve indicazioni-obbligate su di una altezza massima ove poter arrivare con le protesi. Premettendo che non per forza l'altezza massima significhi più velocità, se non per una capacità di gestione della corsa e appunto una ampiezza di passo, è però noto come vi siano molti atleti che utilizzano un assetto più basso per i 100mt e uno maggiore per i 200 e 400mt. E questo è perfettamente regolare nella IPC. Altra riflessione: cambiare l'altezza a seconda della gara non sembra poter essere un requisito da gara IAAF, altrimenti, perchè no, bisognerebbe consentire agli atleti normodotati di utilizzare trampoli o supporti tecnologici a seconda della distanza. 

Aggiungo: ogni atleta da regolamento dovrebbe essere verificato al momento del pre-gara (ma non l’ho mai vista fare una cosa del genere). Una ragazza Olandese che corre i 100mt, concedendo che è comunque un'atleta che sicuramente si allena e con frequenza tutti i giorni, ha un assetto leggermente più basso di quanto effettivamente “impostabile” e le sue comunque buone doti fisiche l’hanno già portata a correre in 12”70 in meno di DUE ANNI ovvero dal settembre’11 quando passò dal nuoto all'atletica leggera. Ma secondo voi e’ possibile? 

Morale della favola: chiaro che dobbiamo schierarci all'unanimità verso lo sport propositivo e per tutti, ma far chiarezza è doveroso, visto che ne va della credibilità di tutto il movimento: bisogna completare la fase di categorizzazione di questi ragazzi, che stando alle premesse tra qualche anno correranno davvero più veloci di Bolt. Sono ragazzi splendidi, e vanno fatti i massimi complimenti per il loro impegno... tanto quanto per quello degli altri pero! E soprattutto, a ciascuno il suo: atleti olimpici e paralimpici dovrebbero gareggiare nelle stesse competizioni solo su problematiche di quest'ultimi che non ammettano supporti tecnici o tecnologici, perchè il confine tra gesto atletico e aiuto tecnologico sembra essersi spostato sul continuum verso il secondo, lasciando più dubbi che certezze. Se per Oscar Pistorius si era rimasti con questi dubbi per anni (con studi contraddittori da una parte all'altra), dando fino alla fine merito alle sue capacità fisiche, l'esplosione dell'X-Men Alan Cardoso Oliveira, sembra aver fugato ogni dubbio.

20/07/13

Quando le jene guardano come vengono impegnati gli atleti "statali"

Mi è ritornato a galla questo post che non ho mai pubblicato. Ormai diverso tempo fa, alle Iene, su Italia 1, è andata in onda una puntata particolarmente insidiosa che avrebbe dovuto far tremare non pochi statali, e non solo dell'Astrea Calcio, formazione di Serie D appartenente di fatto alla Polizia Penitenziaria o meglio detto, al Ministero di Grazia e Gisutizia. Già, quel servizio (qui il video completo) ha di fatto aperto uno squarcio su una situazione dello sport italiano che era meglio tacere o far finta di non vedere, per il bene di chi volenti o nolenti, ne vive. Vedete, finchè il sistema-Italia andava bene (o meglio, non suscitava così tante preoccupazioni), tutto poteva essere accettato. Ed era accettato o semplicemente ce se ne infischiava. Oggi che tutti gli italiani (quasi tutti...) sono costretti a fare grossi sacrifici per le più semplici attività quotidiane, pensare che i soldi pubblici possano finire per essere utilizzati in una campagna acquisiti di una squadra di calcio di Serie D, o nei viaggi della squadra, o nel vitto e nell'alloggio delle trasferte, può fare incazzare qualcuno.
E non poco.
Ma il servizio della Iena Calabrese ha poi toccato diversi punti che sono comuni a tutti gli sport "statali", partendo proprio dal "concorso pubblico" finalizzato ad assumere lo sportivo di turno. Non nascondiamoci dietro ad un dito: è chiaro come i concorsi siano "pilotati", al fine di tesserare questo e quell'altro atleta. Da qui il peso (leggero) di una laurea a 2 punti, e l'aver militato in una squadra di Serie A 20 punti, o 25 punti attribuiti se si è giocato in Nazionale. Come dire... servirebbero una decina di lauree per poter aspirare a vincere un concorso pubblico contro un calciatore che ha militato nella massima serie nazionale di calcio. Non solo fortunati questi calciatori, ma anche agevolati nei concorsi pubblici, sembrerebbe.
Ma qui forse si cade in un non-senso da parte della Iena: ai candidati che aspiravano a giocare in una squadra di calcio, si chiede di giocare al "giuoco" del calcio, non di individuare le faglie sotto terra, per le quali magari servirebbe un geologo, con relativa laurea. Finalmente un concorso che rintraccia il merito, direi. Serve un calciatore... Purtroppo, questo è il problema, non il "concorso pubblico".

Anche nell'atletica (che credete?) avviene così. Ma la cosa ha un senso, non bisogna essere qualunquisti su questo punto: alle varie squadre di atletica tra un velocista e un laureato in sociologia, servirà più il primo rispetto al secondo. Il problema, se volete, è alla radice, cioè la necessità o l'opportunità di avere gruppi sportivi militari. Problema annoso. Anzi, secolare. Molte società civili lottano da anni su questo aspetto, visto che dopo aver scovato il campioncino, se lo sono visti depredare a costo zero dai gruppi sportivi militari. Quindi un investimento di risorse (soprattutto umane, ma anche di tempo dedicato dai propri allenatori, di piccoli investimenti...) che non frutta nulla: da qui tutte quelle norme-"aiutino" per rendere un minimo di giustizia alla società d'origine, come per esempio indicare sotto la nuova società militare, quella di origine, o cancellare dai campionati di società le società militari, che però hanno tesserati tutti i migliori atleti azzurri, rendendo così di fatto i c.d.s. una pantomima colossale: aiuti che hanno sortito l'effetto contrario, perchè l'atletica italiana si è vieppiù svilita di contenuti.

Se nel calcio non se conosce proprio la ragione di tenere in vita una squadra pagata dal contribuente per militare nelle serie infime del calcio professionistico (nessuno dei giocatori dell'Astrea diventerà mai, a meno di miracoli, un top player internazionale, dopo  la folgorante carriera che l'ha visto magari aver militato nelle giovanili dell'Arezzo, nella Cisco Roma, e difensore dell'Albano Laziale a 22 anni) negli altri sport, senza i gruppi militari, avremmo un decimo di medaglie italiane a livello internazionale.

Senza l'opportunità dei gruppi sportivi militari, è infatti vero che non esisterebbero sport d'elite, come la scherma che è la vera e propria riserva di medaglie per noi italici. Sarebbe ridimensionata l'elite del nuoto (anche se alcune società civili hanno più visibilità e sponsor rispetto a quelle militari); l'atletica invece sarebbe rasa inopinatamente al suolo. Ci troveremmo davvero all'anno zero. Da questa semplice considerazione, quella annessa e connessa, ovvero: non si può pensare (oggi) ad un'atletica italiana senza società militari.

Il discorso l'ho già sviluppato tante volte, e non voglio dilungarmi, visto che il mio intento era solo quello di rilevare questa stortura. Però... però, ecco, non posso non pensare che lo sport di Stato su vasta scala come succede nell'atletica italiana, abbia ucciso ogni forma, anche embrionale, di professionismo. Non dico eresie se dico che chi più è pagato, più ha possibilità di emergere. Lo stipendio statale livella verso il basso la qualità media degli atleti. Chi punta a fare il minimo per gli italiani individuali, non può percepire lo stesso "emolumento" di chi invece lotta per una medaglia olimpica: va contro il "merito" che in questo mondo è esclusivamente di natura sportiva.

E' come se si preferisse un'atletica sicura a basso investimento (ma fornito dallo Stato), ad un'atletica in cui i migliori sarebbero davvero i migliori, ovvero pagati per il loro valore sportivo ed extra-sportivo (pubblicitario). Così, di fatto, si esalta la massa di atleti "mediocri", e si sacrifica il vertice di atleti d'elite. Con i 1400/1500 euro di stipendio statale, diciamocelo, non si può investire su sè stessi, cioè ricorrendo a terapisti, nutrizionisti, osteopati, acquistando integratori, investendo nei viaggi all'estero, e perchè no, pagando il proprio allenatore... si vive esattamente come prima di entrare nel gruppo sportivo. Cambia solo che dopo l'ingresso si ha più tempo a disposizione per allenarsi.

Aumenta sicuramente il gap con gli astri "sfortunati" competitors, ma il progetto tecnico rimane quasi sempre lo stesso (anzi, l'assenza di una guida a sua volta professionale, determina dei burn out negli atleti neo-assunti, che si sottopongono a incrementi inumani di allenamenti) e gli aspetti in più curati rispetto al passato sono trascurabili. Di fatto si passa non ad una forma di semiprofessionismo, ma ad una specie di super-dilettantismo. Il gap dovrebbe poi colmarlo la Federazione, così com'è strutturata l'atletica in Italia, costruendo un'organizzazione di supporto agli atleti d'elitè. Ma si sa che il primo punto vulnerabile sta nel fatto che la Fidal ha una popolazione di atleti potenzialmente ingestibile, e soprattutto soggetta a continue fluttuazioni circa gli "aventi diritto". Che poi è il motivo per il quale molti talenti si sentono abbandonati alla prima difficoltà... basta di fatto andar forte in una prova che si entra nell'organizzazione. Ma basta anche il primo contrattempo, per uscirvi. E' come una conduttura d'acqua che continua a perdere... invece di tappare i buchi (cullando i talenti anche di fronte alle traversie della vita), continua a macinarli e a dimenticarli.

Lancio una provocazione: dei 19 milioni di euro di budget annuo della Fidal, sarebbe decisamente più produttivo al fine di avere atleti dalla visibilità internazionale (col conseguente ritorno, magari anche pubblicitario, ergo di investimenti sull'intera struttura) dare 100 mila euro a testa a 20 atleti tra quelli più performanti (per un totale di 20 atleti) affichè si autogestissero professionisticamente (sarebbe comunque 6/7 volte in più di quello che avrebbero a disposizione con uno stipendio statale) che investire in strutture organizzative che funzionano attualmente senza alcuna progettualità. O che se hanno progettualità, a causa della volatilità delle prestazioni degli atleti e delle reazioni non strutturate dell'organizzazione, non riesce ad ottenere quanto investito.

Questo discorso per ora superficiale lo chiudo qui, ma vedremo di parlarne in un'altra circostanza.