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29/07/13

Italians critics: con i trials a Mosca andava la Gentili e... Manenti avrebbe avuto le sue possibilità

Marani batte Manenti - foto Colombo/Fidal
Le immagini che scorrono della diretta Rai sembrano arrivare dritte-dritte dagli anni '70. L'Arena aveva un brutto aspetto, soprattutto per le condizioni del campo centrale, ridotto al campo di battaglia delle Termopili dopo l'ennesimo assalto degli Immortali di Serse respinto dagli spartani di Leonida. Campo giallo, spalti  opposti (ripresi dalle telecamere) desolatamente vuoti, gare come al solito povere più che tecnicamente (direi che il livello è sempre più o meno quello) di tessuto umano. Ciò che spiace, e però non aver preso atto da chi gestisce, che organizzare gli italiani assoluti all'arena, dieci giorni prima dei mondiali, è stato un grosso errore. O meglio, la summa di diversi errori. 

Facebook e Twitter raccontano una storia, scritta volenti o nolenti, dai protagonisti. La Rai, attraverso gli interventi di Giomi (Monsieur le President) e Magnani (dicasi il CT) e poi di Pierluigi Marzorati (ex cestista di Cantù e ora alla guida del Coni lombardo) al cospetto di The Voice Bragagna (che si è trascinata in questi tre giorni molto lenta, probabilmente per l'arsura milanese), ne raccontano un'altra. Ma che costava dire che il clima tropicale ha mortificato alcune gare? Che forse sarebbe meglio trovare altre location confacenti al clima? Che forse il periodo non era il più indicato? A forza di voler dimostrare di essere  migliori di quelli che hanno preceduto, si rischia di cadere nel surreale. Suvvia, basta, dai. La campagna elettorale è finita. Molte cose buone si son viste (per ora le partecipazioni oceaniche) ma quello che appariva un punto del programma giomiano, ovvero la rivisitazione dei Campionati Italiani Assoluti, tanto criticata nel recentissimo passato, è rimasta lettera morta. Anzi, se vogliamo, la manifestazione è pure peggiorata organizzativamente parlando, stando ai relata di diversi atleti (clamoroso lo sfogo di alcuni atleti del Decathlon a tal proposito, schiaffati a gareggiare alcune discipline in orari assurdi, quindi pianificati da chi, evidentemente, non conosceva la disciplina). 

Il periodo scelto, come detto, è clamorosamente errato. Ora, pensate solo al fatto che alcuni atleti si giocavano ancora la partecipazione ai mondiali di Mosca. Altri dovevano probabilmente dare le leggendarie prove di affidabilità tecnica. Ma a dieci giorni dai mondiali? Costringendo ad un reclutamento di energie nervose che se nella migliore delle ipotesi non porterà ad effetti negativi, di certo non è la condizione ideale per preparare un evento che per molti rappresenta l'evento della vita? Ci sarà un motivo per cui i trials in altre parti del mondo li organizzano 45/50 giorni prima, no? Per consentire una doppia periodizzazione, e permettere a chi strappa il pass di essere al massimo all'evento internazionale. Il periodo di collocamento degli italiani ha anche impedito che alcuni big italiani non fossero presenti... giustamente. Presumo per lo stesso motivo di cui sopra, ovvero non ci si può impegnare in un evento invasivo a pochi giorni dalla gara della stagione. 

Fissare la deadline per le convocazioni sotto i mondiali sotto i mondiali, è stato davvero un errore pacchiano. Per questo rispolvero sistematicamente l'idea dei trials, che dovrebbero essere pianificati con congruo anticipo, per consentire il diritto a chi se lo guadagna, di ottenere il minimo e non il contrario. Mi spiego: erroneamente si pensa "che i primi 3" vanno a mondiali/olimpiadi. In realtà è vero negli USA dove in ogni specialità sono una 15 coloro che hanno i minimi. La regola dei trials in realtà attribuisce con l'ordine d'arrivo, il diritto di partecipazione. Va da sè, che se il primo non ha il minimo, si passa al secondo, e così via, fino ad arrivare a tre o... a nessuno. Pensate ai 200 uomini: vince Diego Marani, che batte i due "papati" Davide Manenti e Enrico Demonte. Se avessero fatto gli italiani/trials 50 giorni fa, avrebbe avuto un mese e mezzo per ottenere il minimo, anche in località dove i tempi sono più "facilitati" dalle condizioni meteo/logistiche. Lui ha dimostrato di essere più forte: è certificato. Se poi non l'avesse ottenuto, si sarebbe passato al primo minimo "B" presente nell'ordine d'arrivo, ovvero a Manenti (Demonte ha il minimo A, e almeno di arrivare 4° con 3 A davanti, era certo di Mosca). Invece Marani, il più forte 200ista italiano, sta a casa senza più opportunità di dimostrare di ottenere e valere il minimo. E dire che il titolo è pure corroborato dal doppio turno: probabilmente c'è chi riesce a correre veloce nell'evento secco, ma coi turni non trova continuità. Marani sì. Marani si è fatto pure la finale degli europei l'anno scorso... doveva avere la sua possibilità, mentre questa idea incomprensibile di piazzare gli italiani ai piedi di Mosca, l'ha privato di un'opportunità. 

Ma il vero caso di scuola l'ha fatto però Manuela Gentili. Batte Jennifer Rockwell, che quest'anno aveva corso un tempo migliore del suo sui 400hs, e in costanza entrambe dello standard B, si è vista preferire l'italo-americana sulle scalette del volo Alitalia per Mockba. Sfortunata la Gentili, per la quale cambiano gli addendi, ma alla fine la somma degli eventi la porta sempre a guardare le sue gare dalle tribune o dalla tv, nonostante si conquisti con le unghie e con i denti il dovuto. I diritti sportivi si devono conquistare prima di tutto al cospetto gli uni degli altri, negli scontri diretti, anzi... nello scontro diretto, quale quello principale dell'anno, ovvero gli italiani assoluti! E' il senso stesso dello sport: i tempi ottenuti durante la stagione spesso sono estemporanei, unici, quasi mai ripetuti o avvicinati: per questo il tempo deve essere succursale al risultato tecnico. Le stesse indicazioni della Federazione lasciavano intendere che quella degli italiani sarebbe stata l'ultima chiamata... ciò che voglio dire, è che se tizio batte caio, non c'è tempo che tenga: lui deve andare.

E poi c'è la questione della risicata (e voluta) risicata partecipazione... ma questo è un altro discorso, di cui parlerò la prossima volta. 

21/01/12

Modena: Galbieri di un pelo e il mistero di Kazzanger sui 60 femminili

La finale dei 100 a Bressanone 2009
Oltre a Greco, vediamo cos'è successo in Italia sullo sterminato numero di piste indoor. Partiamo da Modena e dalla folla oceanica che ha riempito come al solito . I 60 vanno a Giovanni Galbieri, classe 1993, con 6"87 in batteria e 6"88 in finale e diciamo un gap di 5 cent dal personale ottenuto l'anno scorso. La mia personale sensazione è che manchi un disegno più ampio alla parabola sportiva del veneto iniziata con il bronzo mondiale a Bressanone. Tornando proprio a quel giorno, il primo di quella gara, il campione mondiale allievi Prezel Hardy (10"57 nella gara sudtirolese) è arrivato l'anno scorso, a 19 anni, a 10"13 e 20"65. Sui 60 indoor addirittura 6"61. Aaron Brown, secondo con 10"74 a Brixen, è arrivato a 10"38 e 21"00. Yamagata, quarto dietro a Galbieri per un solo centesimo, a due notevoli 10"23 e 20"62 all'aperto e 6"71 sui 60 indoor. Il cinese Huang, quinto, 10"41 e 20"74. E sapete chi giunse settimo in quella storica gara per i colori azzurri? Un certo Jimmy Vicault, che probabilmente da quest'anno sarà protagonista dello sprint mondiale, dopo il 10"07 a Tallin dell'anno scorso e i numeri fatti vedere ai mondiali, con il 6° posto a Daegu. Il talento di Galbieri dovrebbe portarlo ad essere lì, con tutti quei ragazzi, a correre vicino o sotto i 10"20 e sotto i 6"70. Si sa di un infortunio: forse grave. Ma sembra una storia molto simile a tante che coinvolgono i migliori talenti italiani. L'exploit, poi l'infortunio, e poi una faticosa risalita. Il talento è lì: la forma è là dentro quel marmo che qualcuno deve solo sapere scalpellare. Scusate la divagazione. Torniamo a Modena: in batteria sfodera un gran 6"87 Alessandro Pino, coetaneo e conterraneo di Galbieri, che invece pareggia il PB che aveva ottenuto addirittura nel 2010, quando aveva ancora poco più di 16 anni. C'è qualche ceppo jamaicano a Vicenza e provincia? Il bergamasco Nicola Trimboli migliora ancora: 6"88. Ma a parte tutto, vorrei sottolineare le prestazioni di Diego Marani: 6"96 in batteria e 6"90 nella finale B. Indizi, tracce di un nuovo approccio allo sprint, a mio modesto parere vincente anche e soprattutto per i 200. Non perdiamolo di vista.

Nei 60hs, è apparso (cronometricamente) un pò sotto il proprio blasone, Stefano Tedesco: 8"10 in batteria, 8"00 in finale, ma quel che più conta, la catechizzazione ad opera di Carlo Redaelli 7"99, alla sua seconda volta all-time sotto gli 8" e soprattutto al leone indomabile Hassane Fofana: 7"99 anche per lui, superpersonale. 

Passiamo alle donne, dove circondate dal mistero, circolano voci di una pazzesca Judy Ekeh: 7"38 twice. Due volte 7"38. Incredibile: l'arcano è l'assenza del suo risultato sui risultati ufficiali. Sembra che si sia "allenata" durante le gare degli altri. Le prestazioni rimangono un urlo di Munch, per chi le ha viste. Per noi che lo intuiamo, un mistero. Avranno avuto le loro ragioni.

Se fosse italiana sarebbe il decimo tempo italiano di sempre. Nel frattempo (e questo è tutto vero) finalmente si rivede in pista il talento-prospettico di Gloria Hooper: 7"55 in batteria e poi 7"54 in finale per la veneta. Migliorato di undici centesimi il suo personale di 7"65. Apprendo ora come sia passata alla Forestale: di sicuro sarà un buon trampolino di risorse per lei per migliorare. Ma la vera notizia la fanno la seconda e la terza: Elena Sordelli e Manuela Grillo, due ragazze che sono per il mondo master... master. Sì, insomma, gira che ti rigira, lo sprint azzurro femminile di inizio secolo è ancora lì in vetrina a far parlare di sè: rispettivamente 7"60 e 7"64 nella prima run, e 7"57 e 7"61 nella seconda. Sempre con Sordelli davanti. Inciso per i master: la Sordelli ottiene anche il terzo e quarto record italiano F35 sui 60 in pochi giorni. Sara Balduchelli 8"65 e 8"59 sui 60hs: non tra le sue migliori prestazioni (vanta un 8"42 di PB). 

27/09/10

L'angolo del Duca: Levorato, Marani... due esempio agli antipodi

Le accalorate dissertazioni di Andrea sulla formula dei c.d.s. si sposano perfettamente con i risultati tecnici che sono scaturiti dalla due giorni di gare, appena conclusesi a Borgo Valsugana in provincia di Trento. Certo, a piccolissima giustificazione di prestazioni non esaltanti, va evidenziato il periodo dell’anno in cui l’esimia federazione ha deciso di assegnare gli scudetti dell’atletica e questo è sicuramente il quarto punto che aggiungerei alle tre proposte fatte, in concreto, da Andy: la scelta di una data diversa, nel cuore della stagione agonistica. Ma tant’è, questo è quello che oggi passa il convento e questo è quello che bisogna commentare. La vittoria è andata, forse contro pronostico in campo maschile, alla Bruni Vomano Teramo che ha battuto, di soli 8 punti, i campioni uscenti dell’Atletica Riccardi Milano. In campo femminile conferma della Sai Fondiaria Torino che l’ha spuntata, in maniera meno evidente delle previsioni, sulla Italgest Milano. Tantissimi complimenti ai vincitori perché, in ogni caso, chi vince merita sempre il massimo degli encomi ma, come detto, non si può non ribadire la pochezza tecnica dei risultati di una manifestazione che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di tutto il movimento nazionale, il vero stimolo per i giovani ad avvicinarsi a questo sport. Il bello di questa competizione, infatti, dovrebbe essere l’opportunità data ad atleti, per cosi’ dire minori, di poter gareggiare con i grandi campioni, ma di questi, a Borgo Valsugana, se ne sono visti pochissimi e, mi sia consentito, il loro impegno, in taluni casi, è stato abbastanza discutibile.
Un Gibilisco che salta 5,20 e se ne va in tutta fretta senza neanche partecipare alla festa finale della sua società che, per la prima volta vince lo scudetto; una Grenot che viene sbandierata nel trafiletto di presentazione dalla Gazzetta e poi non si presenta proprio al campo di gara, sono, in estrema sintesi il senso del totale fallimento o, se vogliamo, del non senso di una manifestazione che, cosi’ concepita, fa piu’ male che bene a tutto il movimento.
Ma come sempre mi piace entrare nel merito di approfondimenti particolari e dopo aver comunque fatto il doveroso plauso alla miglior prestazione tecnica della giornata, il 7.98 nel lungo di un ritrovato, da mille infortuni, Da Castello, voglio raccontare due brevi storie.
Manuela Levorato e Diego Marani sono due atleti, velocisti ( 100, 200 mt e staffetta veloce). Tutti conoscono la Levorato, molti, credo ormai, conoscono Marani, promessa di belle speranze, classe 1990, che quest’anno ha avuto l’onore di gareggiare al Golden Gala di Roma nella serie dei più  forti sui 200 mt. stabilendo, tra l’altro, il suo personale con 20”91.
Bene, il baldo giovanotto di Mantova, personaggio di poche parole e molta sostanza, almeno sino ad ieri, rappresentava certamente una delle frecce migliori nell’arco della famiglia Tamaro. Sabato ha contribuito alla vittoria della 4x100 ed ieri, sui blocchi di partenza, vantava la miglior performance stagionale tra i partecipanti, in ogni caso 4° tempo dell’anno dopo l’irraggiungibile Howe, Galvan e Donati. Il risultato finale recita 21”73, nono posto ex aequo in classifica, un punteggio gara di 15,5 punti, neanche a farlo apposta 8,5 in meno di quelli ottenuti dal triplista Greco della Bruni, buon velocista ma non specialista della distanza, che ha vinto con 21”24. Casualmente la Riccardi ha perso il titolo di 8 punti ma, per un gioco di scarti, quelli dei 200 potrebbero anche non essere stati decisivi. Rimane il fatto che la prestazione ha del clamoroso, c’erano condizioni climatiche piuttosto buone, vento a favore anche in curva, si gareggiava in leggera altura, insomma tutto per fare bene ed invece… Mi sono ovviamente ben documentato sul fatto che il ragazzo potesse essersi fatto male, ma pare proprio di no anche se, alla fine della gara, qualcuno ha sentito dirgli che gli doleva leggermente dove si era infortunato proprio nel corso del Golden Gala….. e quindi, aggiungo io, non ha voluto rischiare per non compromettere il prosieguo della stagione….
Ma come? La tua società lotta punto a punto per riconquistare un titolo italiano a cui tiene tantissimo e per cui ha fatto sacrifici economici notevolissimi e tu, giovane di belle speranze, ti spaventi, ammesso che sia vero, per un dolorino e tiri i remi in barca per paura di farti male nell’ultima gara dell’anno. Personalmente, e chi mi conosce sa che non ho alcun tipo di relazione con la Riccardi, sono rimasto indignato per questa cosa, per questo scarso attaccamento ad una maglia, alla passione di chi sta dietro e di tutti quelli, suoi compagni di squadra, che hanno invece dato l’anima per ottenere un risultato che è sfuggito per un soffio. Veramente un esempio negativo che viene ancor più amplificato da colei che ha,invece, illuminato questi oscuri campionati di società. 
Lo so, qualcuno penserà che sono fissato nell’encomiare ed esaltare le gesta di Manuela Levorato, ma sono fatto così, sono solo per gli estremi: grandi passioni o grandi ostilità. Tanto mi era invisa la signora Levorato nella prima parte della sua carriera agonistica per certi atteggiamenti fuori dalle righe che, a mio avviso, la rendevano antipatica e di cattivo esempio, tanto mi appassiona adesso con il suo entusiasmo, la sua voglia di rivalsa, il suo grande amore per l’atletica.
Forse esageravo prima, forse esagero adesso, ma quel che ha fatto la Principessa di Dolo nei due giorni dei c.d.s. è, a mio avviso, spettacolare. Ha vinto i 100 in 11”59, fatto vincere la 4x100 e vinto ancora sui 200 che ha corso, per la prima volta nell’anno, in 23”68 e rifilando 90 centesimi all’allieva di Di Mulo, la ormai famosa, grazie a WebAtletica e forse solo per WebAtletica, Tiziana Grasso.
L’ira agonistica di Manuela mi ha ricordato la sposa di Kill Bill ed in tal senso ho voluto questa copertina, intesa come la vendetta di un’atleta assurdamente bistrattata agli Europei di Barcellona con l’esclusione dalla staffetta di cui tanto abbiamo parlato. Come gli atleti veri ed autentici, Manuela ha voluto subito reagire, dimostrando a tutti che Lei è ancora la numero 1 e lo sarà sicuramente ancora per tanto. Un’atleta di 33 anni che prepara, con il massimo dello scrupolo, un appuntamento invero di poco prestigio, che si sacrifica, facendo tre gare in 24 ore, dando il massimo in ciascuna e sapendo, oltretutto, quanto le possibilità di vittoria per la sua squadra fossero minime, rappresenta una delle poche speranze per un’atletica italiana allo sbando. Credo veramente che Manuela Levorato sia, meglio di chiunque altro, in questo momento, il punto di riferimento per tutti quegli atleti che amano questo sport, per quelli che vogliono intraprenderlo e per quelli che non sanno se continuarlo o meno.
Manuela Levorato è l’atletica italiana,per il suo passato, per il suo presente e per il suo futuro che, sono stracerto, sarà ancora molto luminoso…..e mi raccomando, ripassa bene l’inglese nei prossimi due anni.

IL DUCA