14/06/10

Italiani Master di Roma: i contro... e i pro

Non so da dove cominciare questo articolo, lo confesso candidamente. In molti mi hanno avvicinato (ahimè conoscendo dal vivo l'alter ego di Andycop) e probabilmente altri mi avrebbero contattato se solo avessero saputo chi, nella sterminata bolgia umana che è stato il Campionato Italiano Master romano, è colui che scrive queste righe. Non che sia così difficile sapere che sia, intendiamoci, non sono batman. Anzi. Molti di questi, con sguardo ieratico (era affascinante ascoltare il mio professore di filosofia anni fa, mentre ci parlava degli "sguardi ieratici", quelli che per intenderci assumono coloro che in una richiesta inarcano le sopracciglia in maniera "gotica"). "Scrivi che non c'era questo!", "Scrivilo che è successo così e così!", oppure semplici considerazione che ho ascoltato perchè anch'io talvolta vittima di quelle stesse lamentele. Diciamo quindi che l'esperienza romana è stato un arcobaleno di sensazioni, purtroppo parziali, essendo così sterminato il bagaglio di situazioni, momenti, emozioni provate da ognuno dei 3000 atleti presenti tra lo Stadio Olimpico e la stadio della Farnesina. Nella mia limitatezza mi sento combattuto tra il raccontare le emozioni vissute nel "vivere" in diretta certe gare, che proprio da questo sito avevamo segnalato e che si sono rilevate di contenuti agonistici addirittura superiori alle mie aspettative o iniziare a parlare costruttivamente di ciò che non ha funzionato a livello organizzativo, per poter contribuire a migliorare l'offerta che questa manifestazione dovrebbe dare ai master. Siccome non voglio mischiare le due cose e ci tengo molto più a parlare con calma e dettagliatamente delle gare, dei risultati, delle statistiche, delle sfide, degli episodi, degli atleti, vincitori e stavolta rimarcando la grande dignità dei vinti (un paio in particolare mi hanno fatto venire i brividi) mi tolgo d'impaccio subito il sassolino dell'organizzazione, così poi parliamo in maniera anglosassone e pacata di noi, di ciò che ci interessa.
Ho incrociato diverse volte Claudio Rapaccioni (alcune di queste visibilmente sconsolato) tra il tunnel che collega lo Stadio dei Marmi e lo Stadio Olimpico, mentre faceva la spola a 3' al km avanti-indietro tra le due strutture per tappare buchi, risolvere situazioni, gestire eventi, informare le persone. Ho provato a mettermi nei suoi panni: "trovo un palcoscenico unico, in un contesto fantastico per un campionato italiano master e poi ci capitano tra capo e collo tutte queste lamentele??".
Bisogna a mio parere (assolutamente opinabile) fare chiarezza su alcuni aspetti per poterli comprendere. Come al solito in Italia l'organizzazione di un evento non sempre passa per le mani di un solo soggetto. Purtroppo mi verrebbe da aggiungere. Ma è spesso una joint-venture di più soggetti. A Roma si sono avuti diversi disguidi (speriamo che col tempo si possano cancellare, ed è questo il senso di questo pamphlet) di diversa natura e con matrici diverse. Vediamoli:
  • Gli orari: se c'è una cosa che fa incazzare un atleta, è quando gli cambiano l'orario della propria gara. Se poi nel giro di mezz'ora glielo cambiano due volte, l'atleta si incazza al cubo. Col sole a picco, spesso il bon ton lascia spazio alla cieca ira con tutto quello che ne consegue e discuterne civilmente diventa a quel punto un'arte fuori portata anche dei più pazienti. Se poi il cambio dell'orario non ti permette nemmeno di poter gareggiare per questioni logistiche legate all'orario dei mezzi pubblici (treni e aerei), comprendiamo ancor di più come più di qualcuno se ne sia andato con l'amaro in bocca da Roma. L'orario delle gare è strutturalmente funzionale alla gara: spesso ne determina il buono o il cattivo esito. Modifica la preparazione, l'approccio all'evento stesso, che come tutti sappiamo (noi che siamo maestri nell'altra arte di trovare pretesti e scuse alle nostre prestazioni) è quasi necessario alla gara (quindi per molti si è trovata un'ulteriore scusa nel caso siano andati male... mi sono scaldato due ore e mezza!). Da quello che mi è stato riferito, questo aspetto dipende direttamente dalla cupola tecnica dell'evento (che si affianca al pool di organizzatori), cioè il Gruppo Giudici Gara, ed in particolar modo da chi li sovrintende in quell'evento (per favore, se dico castronerie corregetemi). Ora, se così fosse (ripeto, "se") saremmo di fronte ad un clamoroso fallimento di chi ha gestito in maniera così superificiale gli orari. L'afflusso senza precedenti di atleti a Roma avrebbe dovuto già in partenza spingere verso una dilatazione dell'orario. Aver sottovalutato il problema ha portato a sottovalutare i master, su questi non c'è dubbio, riservandogli un trattamento non degno. Mi rendo conto che c'erano tre giorni: ma perchè non ricorrere alla sera, soprattutto nelle gare di mezzofondo? Una cosa che assolutamente non bisogna fare MAI è poi spostare l'orario delle gare dell'ultima giornata con il risultato che ne è conseguito. Molti se ne sono andati (incazzati) perchè il loro aereo o il loro treno (prenotati) partivano.
  • I giudici: come spesso dico, c'è bisogno di una battaglia culturale, perchè in Italia chiunque indossi una divisa si sente investito di un potere di cui spesso non ha ben chiara la finalità (e lo dico dal mio pulpito!). Spesso alcuni esponenti del GGG si ritengono essi stessi protagonisti degli eventi, più che arbitri. Qualcuno diceva che nelle partite di calcio il buon arbitro si riconosce se di lui non se ne ricorda la presenza dopo. Ecco: purtroppo con diversi (non tutti) giudici, qualcuno se ne ricorderà bene. La rigidità deve essere applicata al momento della gara e a tutto quello che ci gira intorno. Su questo non si transige: ne va della credibilità dell'atletica. Ma per quanto riguarda il resto, bisogna ascoltare, non gridare e scacciare le persone (gli atleti) che in quel momento sono preoccupati di dover gareggiare, sono nervosi, non sanno a quante pratiche burocratiche dovranno sottostare prima di poter scendere finalmente in pista. Pensate a che clamorosa gaffe a ripetizione questa gestione tecnica ha inanellato con la composizione delle batterie di 200 e 400. Di fronte ad un regolamento preciso ed insindacabile dei campionati italiani master che impone una determinata attribuzione delle corsie (i più forti devono stare nel mezzo, non essendoci le batterie che discriminano i criteri) si è assisitito alla presenza di diversi "big" in ottava corsia. Penalizzati. Poi alla fine vince sempre il più veloce, certo, ma permettete che una cosa è correre senza riferimenti e un'altra è correre "con" il proprio avversario diretto davanti? Soprattutto se è la stessa norma che dovrebbe essere applicata dal GGG a dirlo. Si è così ripetuto lo stesso clamoroso errore (che ebbe effetti decisamente più devastanti sull'esito delle gare) dei Campionati Italiani Indoor di Ancona. Qualcuno glielo vuole dire a questi signori come vanno formate le serie? Concludo: "Ascoltare" e portare rispetto agli atleti (il rispetto deve essere preteso, ma anche guadagnato) non avrebbe portato ad infischiarsene degli orari delle staffette, poi corse alle 16 del pomeriggio della domenica. Per poter dire "ho disciplinato al meglio una manifestazione" la si è messa in quel posto a decine di atleti che avevano puntato su quella gara (ma i Campionati Italiani sono stati fatti per mettere in evidenza la bravura di qualcuno a gestire queste manifestazioni o per far correre gli atleti?). Comunque sia: spero che colui che ha contribuito con la propria rigidità a tutto questo, non tocchi più i master. Bocciato su tutta la linea.
  • Le conferme delle iscrizioni: qualcuno le ricorda come un girone dantesco, una bolgia infermale all'interno dei pochi metri cubi di una tensostruttura con temperature da deserto del Sahara. Code chilometriche, con l'immancabile gente che le sorpassava (siamo in Italia, no?). Comprendo che il tutto sia nato dalla necessità di eliminare il passaggio del ritiro della busta da parte di un responsabile della società, con la consecutiva conferma dell'atleta, ma questo ha portato ad un grosso intoppo. Probabilmente bastava dislocare la conferma delle gare più distante dal luogo dove si sarebbero poi forniti i pettorali e probabilmente parte della ressa cui si è assistito non ci sarebbe stata (visto che i due banchi erano a 1,5 metri l'uno dall'altro).
  • Il cronometraggio: in alcuni casi ho sentito qualcuno che si è lamentato dei tempi di arrivo. In una circostanza ci si è dimenticati pure del primo classificato. Ma questo è un argomento un pò difficile da trattare.
  • L'acqua e... la pulizia! Presumo che ci siano persone pagate dal comune per la seconda (la pulizia), ma che non esistesse un solo cestino per l'immondizia in due stadi è davvero disarmante. A Roma non si producono rifiuti? Bottigliette ovunque... e soprattutto con 35° all'ombra mancava l'acqua. Mancava una fontanella. Dateci l'acqua!! Con grande soddisfazione dell'unico bar aperto allo Stadio Olimpico infatti il bene principale che sarebbe dovuto essere garantito, non lo è stato. Problemi di bilancio, forse. A Bressanone e a Milano mi ricordo che la cosa era stata garantita: non ce ne ricordiamo, perchè il problema non era sussistito.
  • Il ticket restaurant: costava solo 12 € e dava la possibilità di farsi un ottimo pranzo completo in una struttura di ristorazione vicina alla Farnesina. Peccato che senza ticket, dicono, il medesimo menu costasse dai 7 ai 10 euro. Cui prodest?
Visti i lati negativi, voglio però trovare alcuni lati positivi.
  • Lo Stadio Olimpico: chi vi ha gareggiato, potrà vendersi questa informazione: "anche io ho corso lì dentro". Certo, con tutto il rispetto, non è la stessa cosa della struttura di Cattolica o Bressanone. Ha il suo fascino indubitabile. Percorrere il tunnel dallo Stadio dei Marmi e poi sbucare all'interno dello Stadio sa un pò di "gladiatori". Si respira un pò il clima del Colosseo, prima di entrare nell'arena e battersi con i leoni. Parte del fascino dell'atletica è spesso il prima: l'incrocio di sguardi che precede la sfida, i silenzi fatti proprio da quegli sguardi, la concentrazione: quando tutte queste "schermaglie" avvengono nella penombra di un ipogeo, mentre fuori si odono gli strepiti e il clangore della armi che cozzano l'un contro l'altra dei gladiatori che ci hanno preceduti, lì si vive un momento animalesco della nostra vita sportiva. L'essenza di essere quello che siamo in questa fetta di vita che ritagliamo quasi quotidianamente che è l'atletica.
  • La città: l'avevamo detto già dopo Bressanone e dopo Cattolica (molto meno di Bressanone). 2 o 3000 persone (con famiglie al seguito) non può essere ospitata in piccoli centri che mettono a disposizione una sola pista. Ci vogliono due piste (da qui il successo di iscrizioni tra Milano e Roma) e soluzioni alberghiere per tutte le tasche, come possono offrire le grandi città. Con caparbia stupidità a livello internazionale si sta invece continuando a scegliere città di secondo (se non terzo) piano, che salassano le tasche di coloro che partecipano o li costringono a viaggi quotidiani di diverse decine di chilometri per recarsi allo stadio (per notizia: in Ungheria, i posti letto più vicini alla pista distano già una 50 di km). Per fortuna che i prossimi europei indoor saranno a Gand e i Mondiali Outdoor a Sacramento.
  • Le premiazioni: col palco delle premiazioni, un comitato di premiazione ad hoc imbastito... meglio di così!
Ok, io non ho più molto da aggiungere. Vorrei poter adesso scrivere delle gare. Di tutto questo ne parleremo dettagliatamente anche con Claudio Rapaccioni in diretta radio tra qualche giorno. Non perdetevela. Ora, se avete commenti o critiche, postatele pure.

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