14/09/12

Le Queen-proposte I: norme di partecipazione agli italiani

L'isola di Utopìa - di T. Moro
Penso che l'atletica degli ultimi anni sia fallita (non diamole più speranze di resurrezione al momento) tra i tanti motivi  per l'assoluta incapacità di stare al passo coi tempi (il principale dei quali è l'assoluta inadeguatezza delle persone che arrivano ai posti chiave, ereditato dal buco nero di un sistema elettorale che non consente democrazia, che consolida le lobbies, che non permette soprattutto il cambiamento delle persone che arrivano al potere). Tutti gli altri sport cambiano i loro "asset", la loro organizzazione, e l'atletica, gestita da gerontocrati pieni e grondanti di interessi personali, rimane graniticamente stabile agli anni '70-'80. Da allora non è cambiato proprio più nulla per il meglio, e in questo caso (guarda un pò!) non attribuisco le responsabilità al solo Arese, ma a anche a tutto ciò che è venuto prima. La pianta è macita anni fa. L'ho già detto più volte: ad un certo punto della storia dirigenziale dell'atletica italiana, deve essere successo qualcosa che ha fatto in modo che prevalessero gli interessi particolari, sul generale. L'Alien si è stabilito nel corpo-baccello della Fidal e ora si è scaraventato fuori dallo stomaco. Le società prevalgono sugli atleti. I dirigenti più preparati dei tecnici. I c.d.s. più importanti delle Olimpiadi: perchè è così! Se facessimo un sondaggio tra i presidenti che formano i quadri dirigenziali della Fidal e li mettessimo di fronte ad una scelta (c.d.s. o Olimpiade) sceglierebbero con ogni probabilità i c.d.s.. Ora, chiaramente le società sono l'ossatura della Federazione, ma l'invasione di interessi particolari ad oggi è diventata patologica e sfacciata, tanto che non si registra  quasi più spazio per l'attività individuale. Tra maggio e luglio (i mesi dell'atletica) l'attività individuale viene praticamente sospesa per poter consentire alle società di poter concorrere ai c.d.s. cadetti, allievi, junior, promesse, senior e master. E se non si fa parte di una di queste categorie, l'attività ha l'encefalogramma piatto, perchè i GGG vengono convocati in massa a coccolare i societari, di qualunque natura essi siano. Questa è almeno la situazione in Lombardia, che al momento risulta essere la vera palla al piede dell'atletica italiana (visto il numero di consiglieri che produce) e i risultati normativi partoriti. 

Si è così assistito a continui step verso il basso, limitazioni, costrizioni, moltiplicazione di eventi "societari" a discapito dell'attività individuale. Insomma, i Presidenti di Società (che gestiscono de facto l'atletica italiana) hanno cercato di omologare l'atletica al fantasmagorico giuoco del calcio dimenticandosi quasi completamente della natura assolutamente individualistica di questo sport. Molti si sono rimangiati anche tutte le battaglie di posizione che avevano condotto per anni contro, che so... le società militari, millantando valori come l'attaccamento alla maglia, la ricerca di giovani e i sacrifici per i vivai, la lotta per principi superiori. Oggi penso che non vi sia più traccia di tutto questo. L'atletica è appunto fallita per consentire di far bene i c.d.s. alle società. 

Badate bene: non sto invocando cambiamenti delle regole del gioco. Non voglio che i 100 metri divengano 98 metri e che si corra su una gamba i 1500 con le mani legate dietro la schiena. Chiedo che vengano modificate le regole di ingaggio. Cioè? Cioè che cambi l'organizzazione generale dell'atletica, la filosofia ultima, il prodotto finale a disposizione della massa. Oggi sembra tutto caotico, senza idee, alla viva-il-parroco. La gestione dell'atletica deve cioè fornire un prodotto migliore al proprio tesserato, che nella stragrande maggioranza dei casi è un atleta non-evoluto. Adesso il prodotto-atletica è pessimo, ma nei prossimi mesi sarà pure peggiore. Obiettivo da perseguire? Fare in modo che gli atleti rimangano sempre, anche se sono gli ultimi o i penultimi. Non abbandonare nessuno al proprio destino (anche se fisiologicamente sarà sempre impossibile non avere un numero oscuro di ritiri). 

Ciò avviene secondo me in un solo modo: fornendo opportunità. Dando cioè alla massa di atleti che compongono la pancia di questo sport, più possibilità di far parte del gioco, di far parte organica di questo mondo. Oggi, basta vedere le liste che fornisce la Fidal: ad esempio, io master sono figlio di un Dio Minore, a anche se corro sotto gli 11" i 100 non ho la possibilità di confrontarmi con gli altri senior della mia portata. Le categorie sono state cioè rese impermeabili, rigidamente separate, almeno dal punto di vista organizzativo. E questo tralasciando che la separazione tra master e assoluti sembra una cazzata assoluta che non dovrebbe nemmeno esistere (si scriverà anche di questo) e nonostante alcuni consiglieri federali facciano carte false per umiliare gli over-35 (tra l'altro essi stessi personaggi che sfigurerebbero anche tra gli M95 quanto a capacità fisiche: se poi sono pure avvinazzati, manco alla fine di un 60 arriverebbero). Quindi, dopo un forse troppo lungo preambolo, ecco sotto la proposta.

Proposta: 
una lista italiana secondo un ranking a punti
Campionati italiani con i primi 32 della classifica a punti

L'obiettivo è quello di connettere tutti (come i social network, così vincenti in questi anni) in un unico listone, ma non sotto l'unico elemento del tempo ottenuto nella miglior gara dell'anno (quello che avviene adesso), ma, come ad esempio avviene nel tennis, secondo l'andamento prestativo dell'atleta in un determinato arco di tempo. Il principio sarebbe cioè quello per cui verrebbe premiata una determinata media di prestazioni, piuttosto che un singolo evento, che nell'atletica non è certo il caso accademico. Atleti che corrono, in una sola circostanza ed in determinate e favorevoli condizioni atmosferiche, che riescono ad ottenere i minimi (poi rimanendogli distanti tutti l'anno) e altri che arrivano costantemente vicini a quei dannati minimi, senza mai ottenerli. Il principio da me invocato, in questo caso, premierebbe il secondo a scapito del primo. E di sicuro non verrebbe stravolto il senso ultimo dell'atletica, giacche i più veloci, i più forti, i più dotati, prevalgono sempre. Sarebbe solo un giochino per attirare le persone a dare il meglio... sempre. A partecipare, a cimentarsi, a confrontarsi. Più partecipazione, più vita. 

Mi spiego meglio. Esistono già in rete applicativi simili, che attribuiscono un punteggio ad una  determinata prestazione cronometrica o metrica (in atletica), togliendo o aumentando il punteggio a seconda del dato del vento (se è una gara di sprint o salti), che pesino in termini di punti la tipologia di gara in cui la prestazione è avvenuta (se è un campionato provinciale, un meeting regionale, un campionato di società...), la POSIZIONE in cui l'atleta è giunto (nei meeting di tutta Italia, ormai l'idea del piazzamento è stata soppiantata completamente: l'atletica sembra uno sport dove non conta più chi vince, ma solo il tempo o il risultato ottenuto), il numero di partecipanti alla gara.

Ricapitolando: un software banalissimo (già impostabile con excel... figurarsi la Fidal con 20 milioni di euro di badget se non riesce a trovare il figlio, del fratello, dell'amante di qualche consigliere che non sappia farlo) che prenda in considerazioni questi dati:
  • la prestazione cronometrica;
  • il piazzamento all'interno del singolo evento;
  • la tipologia di gara (se valida come campionato, come meeting, se regionale, se provinciale...);
  • il vento (nelle gare di sprint/salti);
  • il numero di partecipanti all'evento in cui il risultato è stato ottenuto. 
  • l'intervallo di tempo in cui i risultati sono stati ottenuti (diciamo 8 mesi di default).
  • numero di prestazioni prese in considerazione (si può discutere...).
Risultati. Innanzi tutto, se lo "scienziato" di cui sopra inserisse l'applicativo direttamente nel Sigma, basterebbe inserire i risultati della gara per vedersi vicino al proprio nome già il punteggio ottenuto in quell'evento. A quel punto il sistema genererebbe e aggiornerebbe costantemente e quotidianamente una classifica diacronica (basata cioè su un intervallo di tempo che nel nostro caso d'esempio è degli ultimi 8 mesi), basata non solo quindi sulla miglior prestazione dell'atleta, ma sul suo andamento prestativo effettivo nel corso del tempo. Come nel tennis, appunto. I risultati antecedenti ai nostri 8 mesi, verrebbero invece o cancellati, o meglio, come altra ipotesi adottata dal software che ho trovato, perderebbero ogni settimana (o ogni giorno) un piccolo quid di punteggio, facendo così diminuire l'importanza relativa di quel dato sul totale. Si può poi eventualmente discutere se prevedere un numero minimo di gare per ottenere il punteggio medio (3?). 

Effetti positivi: innanzi tutto verrebbe limitato quello che è un grosso limite del Sigma, ovvero il tempo di iscrizione alle gare. Le serie e le batterie oggi vengono costruite sul miglior tempo dell'anno, senza tener conto delle condizioni dell'atleta. E questo si trascina fin quasi al giugno dell'anno successivo, nonostante le condizioni dell'atleta cambino radicalmente. Anzi, il Sigma assimila pure i tempi ventosi, e, faccio il mio esempio, si è costretti da un risultato farlocco ottenuto a Donnas, a finire in tutte le prime serie (non meritate) di tutte le gare di natura regionale e locale. Talvolta umiliante. Il Sigma non tiene poi conto degli infortuni, della condizione dell'atleta, e spesso questo porta a situazioni agonistiche che nell'era pre-Sigma avvenivano raramente. L'iscrizione brevi manu, quanto meno, portava ad aggiustamenti più o meno reali sui propri tempi ipotetici e reali... e gli sboroni del tempo-farlocco si permettevano di farlo giusto una volta, poi ritornavano nei ranghi con tempi che più gli si confacevano. C'era insomma una forma di autoregolamentazione che bene o male aveva sempre funzionato. Oggi, invece, si assiste sbigottiti a fenomeni nuovi, come i "forti" delle ultime serie. I "deboli" delle "prime" serie. Insomma lo stravolgimento agonistico delle gare. Con una graduatoria a prestazione-nel-tempo, le serie sarebbero più equilibrate e più rispettose dei valori espressi in quel momento in cui l'evento sta per succedere... poi è chiaro che qualunque modello non sarà mai perfetto.

Diminuirebbe così l'impatto dei risultati "dubbi" sul tessuto generale dell'atletica, imponendo a chi corre forte una volta, di farlo almeno un'altra (cosa che non riesce sempre...) per conquistarsi i privilegi delle prime serie o dell'imprimatur di "testa di serie". 

Altro effetto positivo sarebbe la creazione di un unico ranking nazionale che metterebbe tutti gli atleti italiani di una specialità, in un'unica classifica basata sul merito nel periodo di tempo, piuttosto che su un'unica prestazione. Porterebbe molti, probabilmente, a cercare di scavalcare quelli che stanno davanti (anche dalla 1567^ posizione rispetto alla 1568^), o a cercare di scalare la classifica; a cercare di ottenere punti cercando gare dove incontrare i diretti avversari (visto che i piazzamenti conterebbero qualche cosa); in poche parole: aumenterebbe la partecipazione, che è il seme primordiale del successo di uno sport.

I campionati italiani. A quel punto, direi, potrebbero cambiare anche i criteri di partecipazione ai campionati italiani. Non più tutti coloro che corrono sotto un determinato limite (alcuni dei quali, è risaputo, avvengono in condizioni particolari... mai più ripetute), ma i primi 32 (un numero a caso... come 4 batterie da 8, tutto qui) o 20 (nel caso dei salti... o un numero comunque ragionato ante-quo) estrapolati dal ranking nel giorno della deadline pre-campionato. Aumenterebbe così sicuramente il numero dei partecipanti (i campionati italiani individuali sono ad oggi una manifestazione da far piangere per la pochezza... numerica). Consentirebbe agli organizzatori di lavorare su numeri certi. Aumenterebbe l'indotto di pubblico (parenti-amici, che sono sempre una forma di pubblicità indiretta) e soprattutto aumenterebbe la qualità media dei campionati. Costringerebbe alcuni "forti" ma non-fortissimi (come del resto avviene in Francia) a cimentarsi durante la stagione e a non esordire a giugno inoltrato, nel caso in cui volessero partecipare ai campionati italiani. (poi sarebbe da imporre la partecipazione ai campionati nazionali anche come trial a qualunque manifestazione internazionale. ma questo è un altro discorso). Naturalmente si dovrebbero lasciare un paio di wild-card federali per i casi più eclatanti. 

Effetti negativi? Dall'altra parte quale sarebbe il portato negativo? Io dico che poi ad Olimpiadi e Mondiali andrebbero comunque quelli più forti e che sarebbe sempre difficile che andasse un John Carneade autore di un 10"22 a Donnas con 2,0 di vento. Ovvero, l'attività di vertice estremo non subirebbe alcuna conseguenza. Se si manifestasse il problema di collocamento tra i primi 32 in Italia per un atleta-top, bè, allora quello non potrebbe/dovrebbe essere considerato... top. Chiuso il caso dell'atletica di vertice... non intaccata da questa proposta. Cambierebbe però quella medio-piccola, e in meglio, come già spiegato prima. Darebbe molte più opportunità agli atleti "medi" che raramente vedono coronate le loro fatiche durante tutta la carriera agonistica (primo motivo d'abbandono delle classi... medie) anche solo per semplice "sfiga". Consentirebbe maggiore partecipazione, più coinvolgimento collettivo, più appuntamenti. 

Conclusione. Bene, questa è la mia proposta. Non so, magari la considererete fantascienza (ma nel 2012?). A me sembra solo un modo per dare delle opportunità in più a tutti, piuttosto che inventarsi divieti, limiti e ripicche, che è l'unica filosofia tramandabile del governo-Arese. Prossimamente proporrò altre idee sulle categorie, sui campionati di società e sul sistema elettorale. Naturalmente questa è tutta Utopia, o Utopìa, con l'accento sulla "I"... come la città di Tommaso Moro. 

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