22/06/09

Una riflessione su Cattolica 2009

Prima di poter analizzare dal punto di vista tecnico ciò che è successo ai Campionati italiani Master di Cattolica nell'ultimo fine settimana, consentitemi di fare una riflessione sulla manifestazione in generale. Innanzi tutto il tempo inclemente non è stato di certo attribuibile alla volontà degli organizzatori. Giove pluvio ha imperversato inclemente sabato e domenica mattina, inficiando alcune prestazioni. Poi Eolo ha fatto il resto: alcuni risultati straordinari purtroppo non assurgeranno mai agli onori degli altari della notorietà, causa "anemometro". Ma è giusto così.
Al termine, ma anche durante i Campionati, mi continuavo a chiedere: ma come mai chi organizza gli italiani master non fa mai tesoro dell'edizione precedente?
Si rimane un attimo sbigottiti nel vedere come alcune pecche organizzative rimangano negli anni fedeli, (e mi scuserà l'Arma se utilizzo il loro motto). Già dopo Bressanone-08 avevo sottolineato come fosse fondamentale l'utilizzo di due piste nel corso dei Campionati Italiani individuali. A Milano-07 ci si divise tra Arena e Giuriati, e tutto, almeno da quel punto di vista, filò liscio. Gli orari si contrassero, e chi organizzava non dovette stare "sul campo" dalle 7 del mattino alle 23 di sera. Una sfacchinata che non augurerei a nessuno (anche perchè con il maltempo, i tempi "morti" per poter riposarsi sono andati inopinatamente bruciati nel recupero delle gare...). Cattolica, visto il precedente dei Mondiali di Riccione-07, aveva (almeno in potenza) nelle more la possibilità di sdoppiarsi sul territorio. Poi chiaro che i problemi a livello di budget, rapporti istituzionali, personale da utilizzare, giudici andava ingrandendosi e forse non sapremo mai quali sarebbero stati i reali problemi. Aggiungiamo anche che Cattolica ha "soccorso" in extremis Riccione (che originariamente era stata insignita dello scettro di paese organizzatore). Ma qui, dovendomi limititare a scrivere da master, critico (spero) in senso costruttivo ciò che dovrebbe "favorire" il buono svolgersi di una manifestazione sportiva.
I lanci
(eccezion fatta per il giavellotto) sono rimasti completamente esclusi dal palcoscenico dello stadio... dovendo pensare all'atletica come uno sport che trae le proprie origini dal mondo greco classico, dove il culto del corpo andava di pari-passo con quello dell'arte e della ricerca dei modelli stilistici, il fatto di privare del pubblico una simile rappresentazione la reputo un peccato capitale. Certo, c'è chi affermerà che l'atletica è per lui una cosa fine a sè stessa, che vuol vivere solo nella propria intimità. Per me, da sociologo, dico invece che lo sport in generale è una manifestazione del vivere quotidiano la cui componente "socializzante" non può (per alcuna motivazione) essere omessa. Si cerca cioè di gareggiare (o di mettesi in gioco) per vedere le reazioni degli altri alla tua prestazione, di chi guarda, dei tuoi avversari. Una "gara" sportiva è un evento sociale che implica dei rapporti sociali (foss'anche il rancore e la diffidenza). E, pensate, ci aiuta pure a definirci in quel piccolo mondo di master che viviamo. Scusate la divagazione... comunque sia, privare alcune gare del pubblico è per me una piccola pecca "sociale".
Altro errore, la burocrazia. Ora, possibile che per poter gareggiare si debbano effettuare 3 passaggi così inutili? Prima il ritiro delle buste con il pagamento delle iscrizioni. Poi la conferma delle iscrizioni e quindi la chiamata in call-room. I master non sono organizzati come le società senior (che in pratica esauriscono tutta la parte burocratica, lasciando all'atleta la sola fase della chiamata in call-room). I master sono navicelle che navigano autonomamente nel mare della burocrazia pre-gare, e che devono effettuare tutti i passaggi da soli. Pagano, confermano e spuntano. Ora, questo meccanismo faragginoso ha portato alcuni atleti simbolo del nostro mondo master ad essere esclusi dalle gare, per il solo fatto di aver saltato il passaggio 2 (conferma iscrizioni). Parlo di Lusia Puleanga e Ferido Fornesi. Ma i casi sono stati molti di più: gente che con tutta la famiglia si è fatta centinaia di km, code, sistemazioni in alberghi sovrastimati durante un weekend infame (magari, prima di partire, si era pure cercato di indore la pillola alla famiglia dicendole che avrebbero passato un fine settimana in spiaggia sotto il sole...) e poi... nisba. "Mi dispiace, lei non ha confermato". Ora, scusatemi: ma non si può tagliare il passaggio numero 2? Io comprendo che all'atto pratico diverse persone non si presentano in alcune gare dopo aver fatto l'iscrizione (soprattutto nella velocità) la cosa può inficiare la composizione delle serie. Ma a tutto c'è una soluzione. L'addetto della società "X" che ritira la busta (che avviene all'inizio della manifestazione o durante) saprà in buona sostanza se qualcuno dei suoi atleti, dopo l'iscrizione di un paio di settimane prima, non potrà presentarsi! Così si ridurrebbero sensibilmente "i buchi". Invece adesso, anche comunicando all'atto della conferma iscrizioni eventuali assenze, gli inflessibili organizzatori pretendono il pagamento del numero totale di iscritti senza distinzione... e allora l'errore è forse un pò cercato per guadagnare qualche eurino in più e poter scrivere che c'erano 1000 "iscritti" agli italiani (tutti paganti), piuttosto che 700 "partecipanti". La potenza dei numeri.
Si innesta poi un discorso di "coerenza" generale (che poi nella vita, tutte le discussioni nascono proprio dal vedere se l'altro fa esattamente le cose che dice agli altri di fare). Non ha senso utilizzare il metodo dell'inflessibilità assoluta (parlo delle esclusioni in serie dalle gare) quando poi la stessa inflessibilità non viene utilizzata A FAVORE degli atleti quando si parla di planning delle gare, spostamenti, ripensamenti, successione nelle categorie, orari saltati.
E per concludere il mio tedioso intervento, è forse questo che manca più di tutto: la cultura dell'organizzare afficnhè un migliaio di persone venga a divertirsi. E' un servizio, probabilmente malpagato o addirittura gratuito, in cui è l'atleta che deve essere al centro dell'attenzione, non l'organizzazione. Se l'atleta M75 sbaglia o si dimentica di confermare, (ma anche la F35, per carità!) non deve essere trattato come all'Ufficio pubblico (solo quello dei "fannulloni" però) e abbandonato... si fa sport proprio per evadere dalla quotidianità, non certo per rituffarcisi.

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