24/09/13

L'insegnamento di Devis Licciardi: forse è il momento di fare scelte drastiche

Ne hanno scritto tutti i media della vicenda di Devis Licciardi, beccato con un pene finto all'esame antidoping. Lungi dal voler fare le trite e ritrite filippiche contro il doping, che sono perfettamente inutili perchè condivise universalmente (anche da chi viene beccato, sia falsamente prima, che colpevolmente dopo), bisogna trovare necessariamente un aspetto educativo alla vicenda, altrimenti fermiamoci con la sola notizia: Devis Licciardi, così scrivono tutti i media, è stato trovato con un pene finto durante un controllo antidoping. Sarà sentito dalla Procura antidoping del CONI (presumo) e quindi verranno presi i dovuti provvedimenti nei suoi confronti (presumo). Punto. Se volete potete fermarvi anche qui. 

Se invece vogliamo fare una riflessione, proviamo a sviluppare alcuni punti della vicenda, anche grazie ad un articolo comparso sulla Gazzetta di qualche settimana fa, a firma di Giorgio Rondelli. Nell'articolo, cito testualmente: "«...Quando oramai nessuno ci credeva più, ecco che ad aprile scorso arriva la svolta: i dirigenti dell'Aeronautica gli comunicano che a fine anno verrà dismesso dal gruppo sportivo e dovrà andare a fare servizio. La svolta. La notizia invece di deprimerlo gli mette letteralmente le ali ai piedi. Cosi Devis inizia subito ad allenarsi in altura, al Terminillo, sotto la guida esperta di Angelo Carosi, grande siepista azzurro degli Anni 80 e 90. I risultati arrivano...»". 

Al tempo in cui la lessi, commentai sarcasticamente che appariva un pò inelegante questa "svolta" epocale: sembrava che da un giorno all'altro Licciardi si fosse svegliato, pungolato dalla prospettiva di essere catapultato alla porta d'uscita del gruppo sportivo dell'Aeronautica, e avesse iniziato a fare finalmente sul serio con quello per il quale il contribuente lo pagava. E fino a quel momento che cosa avrebbe fatto? La domanda mi sembra più che lecita. Ora, in qualche modo, si è venuti a conoscenza cosa gli avrebbe messo le ali ai piedi (sia lecitamente che eventualmente illecitamente), cioè la prospettiva di dover entrare nel famigerato e pretenzioso mondo del lavoro. Quale cataclisma! 

Tralasciando la vicenda del doping. questa storia entra a fagiolo nella nostra campagna di "sensibilizzazione" alla professionalizzazione di uno sport come l'atletica. Perchè dovrebbe entrarci? Perchè è la prova provata che il semiprofessionismo all'italiana (di Stato) garantisce livelli medio-bassi di qualità prestativa (benchè con una riserva pressochè inesauribile di atleti, dovuta alle possibilità infinite di tesseramento da parte dei gruppi Statali) e questo ha come inevitabile portato anche l'emergere di dinamiche di sopravvivenza all'interno dei gruppi sportivi con tutti i mezzi possibili. Il livellamento, cioè, è avvenuto verso il basso, così come già riferito più volte, deprimendo il talento ed esaltando la mediocrità. Ora, io non so se Licciardi vada sotto la prima o la seconda categoria, e non voglio nemmeno lanciarmi in giudizi sulle sue qualità tecniche: servirebbe un tecnico del mezzofondo. Però...

Le informazioni presenti nell'articolo di Rondelli (che lo aveva allenato qualche stagione fa, prima che questi cambiasse un paio di stagioni fa il proprio tecnico) successive all'8'30" sui 3000 siepi (con un miglioramento sensibile sul proprio primato personale) dove cioè la scintilla in Licciardi sarebbe scaturita non da obiettivi di carattere sportivo o obiettivi prettamente agonistici (come ci si aspetterebbe da atleti pagati per fare gli atleti) ma dalla più tangibile ed imminente dismissione dal gruppo sportivo, aprono uno squarcio inquietante sul mondo dell'atletica dei gruppi sportivi statali. Dobbiamo cioè credere che vi sia chi, pagato dal contribuente, non ottemperi al proprio obbligo morale ed istituzionale di impegnarsi per quello per il quale viene stipendiato? Che lo faccia con sufficienza? Non è questo che si intuisce tra le righe di quell'articolo? 

Del resto i risultati parlano chiaro: la stragrande maggioranza degli atleti statali in Italia si allena certamente tanto, ma come scritto già diverse volte, non eccelle e non può eccellere per le lacune di questa specie di semiprofessionismo che dà sì qualche risorsa (in primis il tempo, oltre che uno stipendio non certo da nababbi) ma assolutamente insufficiente per professionalizzare una categoria che avrebbe bisogno di molteplici risorse per mille aspetti della vita dell'atleta pro. La presenza di questo gap strutturale innesta in quegli atleti una rincorsa impari con i propri competitors internazionali: ormai lo dico apertamente da tempo. E' inutile aspettarsi i miracoli da questa atletica all'italiana, costretta a confrontarsi con chi il professionista lo fa davvero. Per la legge dei grandi numeri, è chiaro, ogni tanto ci scapperà la medaglietta, ma sarà sempre frutto di un caso statistico, più che figlia di un'organizzazione funzionale quale ci si aspetterebbe dalla Fidal. Quella ce l'hanno gli USA, la Germania, l'Inghilterra. Non certo l'Italia. 

In questo panorama di sfasamento, non poteva non concretizzarsi un caso Licciardi, nonostante la sua assurdità e illiceità (se dimostrata, chiaramente). Nella massa di quasi 300 atleti statali semiprofessionistici, di cosa ci scandalizziamo se qualcuno di loro cerca di rimanere attaccato con le unghie a quello che è un privilegio per pochi? Del resto nessuno pretende nulla da loro, no? Non sono professionisti... solo un pizzico. E visto che solo 4 o 5  di loro possono ambire a qualcosa che non sia la sola ribalta nazionale, perchè non cercare di rimanere nel gruppo sportivo per quanto più tempo possibile? Ingiustificabile ma con una sua quadratura logica.  

Ribaltiamo la questione: possiamo oggi permetterci la sussistenza di questi atleti semiprofessionisti? Andiamo alla radice del problema, ovvero la ragione per la quale esiste lo sport di Stato, ovvero una mera questione di immagine, di trasmissione d'autorevolezza dell'apparato statale verso i cittadini. Dovrebbe cioè rafforzarsi in noi contribuenti l'idea di uno Stato capace e funzionante con l'apprendere delle gesta sportive degli atleti statali. Lo Stato si nutre e si deve nutrire della propria immagine, per trasmettere i propri valori educativi. Anche da questo punto di vista (mi sa) si sta perdendo la battaglia. Probabilmente si è superati il punto zero, e urgerebbe rivedere le forme di tesseramento spostandosi verso forme più selezionate e qualitative. Probabilmente bisognerebbe ridurre i numeri... anche se non si risolverebbe il problema, ovvero il professionismo dell'atletica, che nasce solo ed esclusivamente con il Dio Denaro. Si limiterebbero le "devianze" diciamo, arginando le forme di surfing istituzionale di chi a certe condizioni non riesce a soddisfare nemmeno i minimi standard di dignità sportiva per rimanere nei gruppi sportivi. 

A meno che si individuino nuove forme di aggregazione e tesseramento, che purtroppo nascono solo seminando denaro. Mammona. Ma purtroppo, come altre volte detto, il sistema integrato dei gruppi sportivi statali in Italia tutto fa, tranne che attirare risorse a partire dal denaro. Nessuna azienda può infatti sponsorizzare i gruppi sportivi statali (se non limitandosi a cedere materiale tecnico) proprio perchè statali... Lo Stato che fa impresa? Vi vedete la Nike che paga la Polizia? O la Finanza? O i Carabinieri? Vi rendete conto che abisso giuridico si aprirebbe se ciò avvenisse? Ecco, quindi i capitali vengono strutturalmente allontanati dall'atletica di vertice statale che detiene però il 95% degli atleti top in Italia. E chi dovrebbe sponsorizzare la Nike di turno? Le società mediocri che non hanno alcuna visibilità perchè non hanno nessun atleta con un minimo di visibilità? Capite che razza di arma a doppio taglio è l'atletica di Stato? Da una parte consente la sopravvivenza di una parvenza di atletica di vertice incapace però di proporsi sul piano internazionale, dall'altra deprime qualsiasi forma recettiva di risorse, che non siano appunto quelle (deficitarie) dello Stato.

Concludo con Licciardi. Licciardi, è stato sicuramente vittima e carnefice di sè stesso, ma non possiamo ipotizzare che questa sua scelta sia stata dettata anche da un sistema che consente a forse troppi atleti di godere di una condizione privilegiata tanto da volerci rimanere a tutti i costi e a qualunque condizione?

3 commenti:

  1. Purtroppo in Italia i soldi dei privati vanno solo al Dio Calcio e pochi altri sport, e per altro solo al maschile. Sarebbe davvero impossibile per un atleta, soprattutto se donna, sopravvivere in questo sistema, a meno che non sei una pluri medagliata olimpica. E poi dopo la "carriera" sportiva chi ti stipendia più? Dopo che a 30 anni hai dato tutto per lo sport come sopravvivi? I soldi che hai guadagnato sono stati a mala pena sufficienti per viverci. I gruppi sportivi militari sono l'unica possibilità di poter fare l'atleta a tempo pieno ed eventualmente di lavorare finita la carriera di atleta. Se un privato di sponsorizza e ti permette almeno in quei 10 anni di carriera sportiva, di metterti da parte un gruzzoletto per il "dopo", allora è un'altra storia. Ma al massimo ti danno del materiale e una borsa di studio e con quello non ci vivi. Certo un po' più di serietà ci vuole e anche di severità. Ma anche investimenti per questi atleti affinché trovino gli stimoli per lavorare e possano essere seguiti dai migliori allenatori, anche all'estero se necessario. E anche un po' più attenzione dei media, che dedicando troppo poco spazio all'atletica, attirano di conseguenza pochi sponsor. Finchè per vedere certi meeting o campionati bisogna cercarsi degli streaming chissà dove, che poi non sempre trovi (vedi campionato italiano di corsa su strada assoluti...ho cercato..cercato..ma niente!!!) di sicuro nessuno investirà per l'atletica Poi per quanto riguarda quel ragazzo lì, ha sbagliato, come sbagliano tanti, ma pagherà anche le colpe di un sistema così. Ma tanti altri atleti dentro e fuori i gruppi-sportivi stanno sudando, soffrendo, rinunciando; molti ci riescono fino in fondo, qualcuno no. E' la vita che va così in tutti gli ambienti e non solo nello sport.

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  2. ........c'erano una volta i gruppi sportivi militari in cui gli atleti stavano in caserma per allenarsi tutti insieme e tutti gli atleti partecipavano in massa a tutti i campionati (regionali e italiani) di cross, pista e strada per fare promozione.
    Ora niente più di tutto questo. Oggi il gruppo sportivo militare è diventato la "tomba" dell'atleta.....purtroppo.

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  3. E se le cose non fossero come tutti vogliono fa intendere?
    Se molti, compresi chi ha scritto prima e dopo, sapevano di come era la situazione e nessuno ha fermato l'atleta? O meglio, perché solo qualcuno ha cercato di fermarlo?

    Tutto questo discorso non avrebbe senso perché qualcuno vuole coprire altro

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