14/08/13

Mosca '13: l'insostenibile pausa del 5° giorno - divagazioni pericolose sulla Fidal

Foto G. Colombo/Fidal
Volevo provare a dare un giudizio sulla nazionale a metà mondiale, poi ho degenerato come al solito. Allora, i detrattori diranno che ci sono state secchiate di risultati di molti atleti di molto inferiori ai loro standard. Altri diranno che di contro ci sono risultati soddisfacenti, nell'alveo del "nuovo Corso". Dopo attenta riflessione, sono giunto a questa conclusione: la Gestione Giomi&C. non ha assolutamente sovvertito il passato. Questi sono i risultati, con i soliti alti e bassi, che vale l'atletica italiana da ormai 15 anni. Purtroppo molti di noi sono ancora abbagliati dell'eldorado dell'atletica azzurra degli anni '80/'90, quella che per intenderci Sandro Donati ci ha chiuso in un sepolcro. Al netto dei Libelli di Savonar-donati, diciamo che l'atletica italiana negli ultimi 100 anni è sempre stata  sempre ed inequivocabilmente quella che vediamo passarci sotto gli occhi oggi anno. Ogni tanto spunta il campione e arriva la medaglietta. Altre volte siam fortunati e ne arrivano due. Poi ci si attacca come cozze al campione del momento, mentre gli altri passano, nel fiume strabordante del panta rei; qualcuno mette fuori la testolina nel consesso internazionale per un paio stagioni, e poi ritorna inevitabilmente nella propria dimensione nazionale, dove si può fare gli sboroni e tirarsela autoctonamente. E' sempre stata così e non cambierà nei prossimi anni. 

Il mandato di Giormi non è che ha fatto i miracoli, parliamoci chiaro. Ha semplicemente osservato le proteste di massa contro Arese, ne ha valutato gli aspetti, e ne ha tratto le proprie considerazioni. Quindi ha prodotto una forma di navigazione a vista. Al momento (finalmente) il cavallo di battaglia sono le partecipazioni oceaniche. E chi potrebbe criticare una cosa del genere? Del resto lo stiamo dicendo sulla rete da secoli, si sono consumati milioni di kilobyte di post (fino agli insulti... durante il conclave pre Olimpiadi di Londra: purtroppo si è esagerato in qualche uscita, ma la rabbia era tanta). Che poi Vittori (da qualche parte, non so dove l'ho letto) dice in materia una cosa logica, nel criticare il nuovo sospettissimo e assolutamente innaturale "ringraziamento" alla Federazione ai microfoni della Caporale, che è una novità mai vista (voglio dire: metà intervista già se ne va in ringraziamenti al Gruppo Sportivo di turno che permette di stare a casa ad allenarsi, all'allenatore che li allena, alla mamma, alla fidanzata, al moroso, alla moglie e alle amanti, e ora 'sta trovata del Saluto alla Federazione? Indiziario...). Ebbene Vittori sostiene (e sono d'accordo con lui in questa circostanza) che le convocazioni sono assolutamente dovute, ovvero un diritto acquisito dagli atleti, una norma statutaria, non certo un regalo della Federazione! Perchè dunque questa necessità di inserire questa nuova voce nella lista dei ringraziamenti (che se poi si va male, verrebbe da dire che il "regalo" non è stato meritato, no?). 

Bè, l'immagine è tutto, e non prevede offuscamenti esterni. A mio modestissimo modo di vedere, si sta assistendo (questo è ciò che percepisco... voi eventualmente smentitemi) ad una sorta di "deresponsabilizzazione tecnica guidata", ovvero tutti gli atleti di una certa caratura vengono semplicemente resi autonomi nelle scelte tecniche (non so con che strumenti di supporto), e con la libertà di gestirsi, limitando a "0" gli interventi tecnici dall'alto. Questo naturalmente da una parte è una gran cosa (tutti i tecnici degli atleti finalmente felici di non doversi vedere "suggerire" l'arte da chi l'arte avrebbe dovuta impararla... almeno così verrà pensata), dall'altra riduce la Federazione ad una gigantesca organizzazione manageriale, che svende gli assets e il knowhow (come le conoscenze tecniche) per massimizzare la soddisfazione dei prodotti (gli atleti). Ovvero la Federazione rinuncia ad una delle sue prerogative statuarie (la diffusione del knowhow ai tesserati) per trasformarsi in una società di Servizi a supporto degli atleti. Piace, non piace, non è questo il problema. Politica che sicuramente può avere risultati nel breve termine, ma che, come secondo me si sta verificando, nel lungo periodo renderà ogni tecnico come una barchetta in mezza al mare, un Principato a sè stante, impermeabile alle innovazioni di natura tecnica, e arrogante nella sua torre di convinzioni.

Purtroppo oggi chi si isola, muore. Le conoscenze viaggiano istantaneamente da una parte all'altra del mondo, e questo modo tutto italiano di ritenersi depositari delle nozioni cardine dell'atletica leggera, ci ha fatto perdere almeno 20 anni di evoluzione tecnica. I tecnici italiani sono volontari quasi mai pagati, impossibilitati ad attingere a strumenti "esterofili", che si devono trovare ritagli di tempo per inventarsi le programmazioni: l'unico momento di scambio rimangono gli incontri con gli altri tecnici, che in definitiva sono a loro omologhi. Questi briefing tra tecnici italiani sono un paradosso: se le conoscenze totali son sempre le stesse, e nel frattempo non ci sono stati studi o indagini, o qualsivoglia forma di apprendimento dall'esterno del "gruppo", il totale del knowhow sarà esattamente pari a quello di prima. Cioè si mescola il tutto, ma la somma degli addendi, anche invertendoli, darà sempre il medesimo risultato. Serve interfacciarsi con l'estero, e questa "nuova" strada deresponsabilizzante (così chi sbaglia non potrà trovare scuse e indicare la Fidal... è solo colpa sua) non faciliterà di certo forme di professionalizzazione.

Vabbè, sono partito da una cosa e sono arrivato ad un'altra. Turbe psichiche. 

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