19/08/13

Mosca '13: Il primo mondiale di Giomi è... Aresiano

Foto G. Colombo/Fidal
Una pagina intera di giustificazioni sulla Gazzetta. Finisce nella povere il primo vero appuntamento di una certa caratura del nuovo mandato federale... Nuovo... ormai sono passati 9 mesi, e gli anni sono solo 4, quando ormai il primo anno agonistico è pressochè concluso (se non vogliamo dare peso agli pseudo c.d.s. di settembre). Sono passati 9 mesi dalle elezioni federali, e il travagliatissimo parto mondiale ha generato un mostriciattolo. E allora finalmente, ieri pomeriggio, ho capito perchè Arese si portasse appresso-appresso solo 15 persone ai grandi eventi internazionali (nel senso di atleti, il codazzo non è stato mai quantificato). Se ne aveva già sentore, ma ogni conferma è ben accetta. Ebbene, tornare a casa con un esercito di persone ingrigite dall'esito delle proprie prestazioni, acuisce la grande difficoltà del movimento. Quando invece andavano quattro gatti, magari il buco passava pure inosservato... o almeno, si sperava. Alla fine Arese o chi per lui, avrà capito che una quindicina di atleti era il numero perfetto: del resto con le 41 presenze-gare di Mosca, la classifica a punti è stata pressochè identica a quella di Daegu '11, dove le presenze-gara erano state 16. Quindi quasi triplicando gli sforzi, il risultato complessivo non è cambiato. Certo, con sostanziali differenze (qualcuna positiva, indubbiamente).

A me francamente è sembrato un pizzico patetico fare un'intervista del genere da parte di Giomi&Magnani, come se non fosse già chiaro prima di partire quale fosse lo Stato dell'Unione. Se Greco avesse fatto il miracolo (magari con la Trost) l'intervista avrebbe avuto lo stesso tenore? Francamente non penso. Anzi, NO sicuramente. E' che poi i dannati media guardano solo ad una cosa: le medaglie. Il Tg de La7 (l'unico che guardo) nei titoli iniziali ha proprio detto una cosa del genere: "solo una medaglia per l'Italia". Mannaggia a loro, che magari in redazione conoscono esclusivamente Bolt per osmosi o induzione. Chi avrebbe potuto vincere medaglie per gli azzurri, siamo sinceri? Forse la 33enne Rigaudo? O il 37enne Donato?  Tutti gli altri non potevano competere per le medaglie e per le finali, e lo si sapeva. Ecco, forse Chesani o Chiara Rosa avrebbero potuto accedere alla finale. Magari la 4x100 improvvisata in barba al "progetto staffetta", che a questo punto va sotto la voce "sperpero di risorse". Punto. Gli altri, è bene essere realisti, avrebbero prima camminato sull'acqua e poi diviso i pani e i pesci prima di arrivare in finale. Quindi: di cosa sorprendersi? L'Italia è questa, lo è da anni, e forse lo è sempre stata. E lo dico senza nemmeno tanta vis polemica. Poi parleremo dei motivi.

Per fortuna che sin dal giorno successivo all'elezione di Giomi avevo suggerito moderazione negli atteggiamenti federali, perchè poi succede che più in alto vai con le ali cerate, e più è clamoroso il tonfo a terra. Non dico che non si debbano portare 50 persone ad un mondiale contro le 15 di Arese, per carità, viste le battaglie virtuali combattute (e che sicuramente alle elezioni hanno giovato al solo Giomi). Dico solo che bisogna avere senso della misura, obiettività, valutazione oggettiva della situazione, perchè eravamo alla canna del gas a novembre, e non possiamo considerarci una gioiosa macchina da guerra nel marzo successivo, unti da chissà quale divinità salvifica. Bisognava approcciarsi con umiltà, sottolineando e marcando le difficoltà, e la fatica a superarle sin dall'inizio. Invece ci si è divertiti a considerarsi i Mourinho della situazione, con tutto il portato di naturali reazioni che una controprestazione sportiva può portare a chi si professa lo Special One e poi perde 6 a 0 con il Recreativo Huelva. Ho letto già qualche De Profundis su qualche quotidiano (magari da quei quotidiani che vaticinavano il nuovo corso)... ok, è eccessivo, visto che ci sono 3 anni davanti e tante opportunità e campioni là da venire, ma almeno quest'anno l'approccio giusto era quello di dire: non aspettiamoci nulla, ragazzi. Lavoriamo tutti insieme al "progetto". L'atletica italiana deve scordarsi il palcoscenico internazionale, e nel frattempo creare delle solide basi in cui tutti debbano riconoscersi. Solo con delle basi solide, domani, forse, si avranno i campioni. Se si continua a dar da bere solo alle foglie, la pianta muore.

Questa incredulità è invece uscita solo all'ultimo giorno dei mondiali, quando i Sioux avevano ormai annientato l'esercito federale a Little Big Horn. Nella conferenza stampa tenuta da Giomi, infatti, è emersa questa cosa, come se non lo si fosse saputo 6 mesi fa, dopo gli euroindoor. L'atletica mondiale è, evidentemente, altro. E se vi ricordate, Arese, a suo tempo, quando probabilmente comprese quale fosse la situazione, iniziò a parlare del leggendario "saio". Che altro voleva dire se non che non c'era rimasto più nulla in fondo al barile, e che fosse giunto il momento di ripartire umilmente da zero? 

Bisogna riconoscere sicuramente a Giomi l'apertura oceanica alla partecipazione: secondo me i diritti conseguiti dagli atleti sono sacrosanti, superiori alla stessa volontà della Federazione, tanto da farmi dire che una volta ottenuto il minimo, l'interlocutore dell'atleta dovrebbe diventare direttamente la federazione internazionale. C'è da dire, e questa è l'atletica, che alcuni minimi sono ottenuti effettivamente in condizioni eccezionali, irripetibili. I paletti alle prestazioni (tipo la location in cui vengono ottenuti) non può essere un fattore secondario. La Federazione Inglese ha prodotto un documento di una decina di pagine sui metodi di selezione, chi e come deve andare. Addirittura esiste la facoltà di ricorrere per chi è stato estromesso (con una Commissione che si riunisce ad hoc) e tutto è codificato millimetro per millimetro, sino allo spazio di discrezionalità del selezionatore. Alcune convocazioni avvengono de jure (vinci i trials, che sono obbligatori, hai il minimo A, amen... sei imbarcato), altre su quello che è indubbiamente un ruolo cui sono ascritte delle conoscenze specifiche. Non posso non rilevare che il CT della Nazionale Italiana appartenga a doppia mandata al mondo della strada, quindi in Inghilterra difficilmente potrebbe ricoprire un ruolo analogo.

Fatto sta che molte uscite pubbliche non hanno tenuto conto della situazione, soprattutto dopo gli Europei indoor di Goteborg. L'atletica indoor, si è dimostrato una volta di più, è melliflua e traditrice. La stragrande maggioranza dei top-player la diserta ormai come la peste... ci sarà un motivo, no? Ma forse era necessario iniziare con una lucidata agli ori di famiglia da esibire, per far vedere che l'atletica italiana c'era. Ok, c'era allora, ma nella competizione tascabile. Che poi... si è dimostrato come molti atleti abbiano raggiunto il top proprio in quella manifestazione, per poi squagliarai all'aperto. Come mai? 

La squadra azzurra rimane aggrappata agli atleti in età master o quasi. Quasi tutti i punti li hanno portati atleti sopra i 30 anni. Molti sulla rete hanno avuto atteggiamenti di ostilità verso la Grenot, che però è l'unica atleta delle corse in pista ad essersi avvicinata con ambizione ad una finale e che ha un minimo di spessore internazionale. 100, 200, 400, 800, 1500, 5000, 3000 siepi, 100hs, 110hs, 400hs... per il futuro magari qualche piccola speranzuccia, ma i vertici sono lontani come viaggi a curvatura sull'Enterprise. I top-player di quasi tutte le specialità sono professionisti che curano maniacalmente ogni particolare, mentre noi non abbiamo nemmeno i semi di questo professionismo. Questo mi fa dire che i Tedeschi sono stati ancora una volta più intelligenti: hanno selezionato le specialità, sono diventati luminari in esse, e in quelle specialità hanno fatto vendemmia di medaglie. 

E poi, nelle dichiarazioni di Giomi sorprende, davvero, l'aver preso sottogamba tutto quanto riguardava gli aspetti tecnici. Sembrava che fossero il fulcro della nuova gestione, ma che di fatto si è tradotto in una convocazione urbi et orbi dei tecnici degli atleti convocati di volta in volta in Nazionale. Ok, ci vuole. Ma il lavoro alla base? E i famosi Centri di Sviluppo Tecnico, così articolati e capillari, che fine hanno fatto? Oggi si scopre che verranno reclutati tecnici dall'estero... ma come, tutto quel ben di Dio articolato e complesso, crolla così su due piedi, rifugiandosi all'estero? Anzi sarà l'estero a venire in Italia... Ma non lo si diceva da secoli che i modelli di allenamento italiani fossero ormai obsoleti e resistenti al cambiamento, perchè sistematicamente filtrati da oltre 30 anni da personaggi che osteggiano ogni forma di evoluzione scientifica per mantenere una supremazia che di fatto è solo intellettuale, ma che di fatto rappresenta il freno all'intero sistema di conoscenze? In Italia le conoscenze divulgate sono quelle di 30 anni fa, e tutto ciò che è nuovo, è indistintamente ritenuto essere figlio del doping. E intanto il Sole continua a girare intorno alla terra...

Concludo perchè ci sarebbe da scrivere per ore: il modello organizzativo "studiato" a tavolino per la nuova Fidal, è evidente, è quello "manageriale", come ha sostenuto Magnani in un'intervista dopo 100 giorni di insediamento. Del resto questo è il bagaglio di esperienze che gli appartiene e che vorrebbe traslare. Gli atleti, i tecnici, le società al centro della ruota, e la Federazione lì in disparte come una benevola chioccia. Anzi, come un manager. E sottolineo queste stesse parole di Magnani, presenti nella già citata intervista: "Succede anche nel mondo dell’impresa: laddove le risorse umane vengono valorizzate e diventano “centrali”, i risultati sono sempre positivi. Ripeto, è stata una precisa scelta strategica e non il frutto del caso o della fortuna come qualcuno si era affrettato a dire, dopo i primi buoni risultati". Verrebbe da dire oggi: anche i risultati dei mondiali sono stati il frutto di precise scelte strategiche? Come dicevo: forse bisognava aspettare qualche mese, predicare moderazione e sobrietà, e stare con i piedi per terra in attesa che i progetti finalmente partissero (si spera almeno di vederlo a breve). Si evitano figuracce e conferenze stampa funerarie.

1 commento:

  1. Ma dove sono finiti Licciardiello, Vistalli, Bencosme? Guarda caso tutti nell'area dei 400. Sembra che, da noi, come un quattrocentista si affaccia su tempi internazionali gli succeda qualcosa. Speriamo che l'eccellente Galvan (che "già dato") possa andare avanti senza problemi.
    Giandomenico

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