22/08/13

Hercule Poirot Ponchio contro le Covvietà di Alberto: la guerra degli anchormen ai mondiali

foto Photorun
Perchè sul carroccio dei monatti che portano gli appestati al Lazzaretto dell'Atletica, non ci mettiamo pure i telecronisti che commentano l'atletica sulle diverse tv? Sì, perchè l'atmosfera dell'atletica la creano loro, se non soprattutto loro. Il successo di uno sport passa anche per le ugole di chi lo commenta e ne fa vivere i diversi momenti. Continuo a ricordare l'effimero e sconvolgente successo del wrestling di qualche anno fa, micro fenomeno mediatico di massa favorito dalla contemporanea compenetrazione tra tv rivolta ai più giovani (Italia 1) e cronisti coinvolgenti e sufficientemente ironici. E naturalmente uno pseudo sport al passo con i tempi, ovvero cretino. Ora, l'argomento è sicuramente un campo minato, e non ci si troverà mai d'accordo su nulla, figurarsi sui personaggi televisivi. Argomento opinabile all'ennesima potenza. Qualcuno vuole la telecronaca precisa, qualcuno quella tecnica, qualcuno quella enfatica, qualcuno li preferisce passivi, come le cornici delle nature morte, e chi invece li preferisce attivi, come i telecronisti brasiliani quando debbono esultare per un goooooooooooool; qualcun'altro un pò di questo e un pò di quell'altro, altri solo i rumori dello stadio e tolgono l'audio. C'è anche chi non vuole che il telecronista si arrischi ai commenti tecnici, perchè ogni specialità ha una sua religione, un suo linguaggio, i suoi adepti con tanto di tessera d'iscrizione, e non è bello vedere il profano scimmiottare le Sacre Scrittire. C'è addirittura chi vuole Monetti, e anche questo è un fatto incontrovertibile. Quindi... 

Quindi la domanda da porsi è: cosa voglio da un telecronaca? Benchè sia un polemista di natura, la risposta che mi dò è che vorrei semplicemente divertirmi davanti alla tv. Voglio essere coinvolto dall'evento cui sto seguendo, e distrarmi, evadere. Sono anni che seguo l'atletica, e francamente per principio mi fa prurito che vi sia qualcuno che mi spieghi l'atletica come la si spiegherebbe all'esordiente alle prime armi, come fa, appunto, il nostro amico Attilio: "Ed ecco una gara sicuramente importante (il "sicuramente importante" è il marchio di fabbrica) il lancio del peso, che consiste nel lanciare una palla di ferro di 7,260 kg sopra la spalla, all'interno di un settore...". Daiiiiii, basta!! Voglio qualcuno che mi trascini nell'evento, mi faccia correre gli ultimi 100 metri di un 800 insieme a Duane Solomon che si immola alle divinità acidificate della Via Lattea, o che rispetti il silenzio ecumenico dei preparativi di una partenza dei 100 metri, per poi esplodere con la propria voce in armonia con i meccanismi degli sprinter caraibici; o riesca a farmi volare con Menkov ricordando il volo di Emmian; guardare con gli stessi occhi della telecamera l'imponenza di Harting e celebrarne l'imperiosità. Magari non si troverà nessuno in grado di evocare tutto questo. Nella mia esperienza l'unica telecronaca che mi ha davvero trascinato in questi anni udita da un telecronista italiano, è stata quella di Mazzocchi-Padre in coppia con Enzo Rossi (presumo fosse "quel" Enzo Rossi) sull'allora : come dire, l'appassionato di atletica che si lascia trascinare dagli eventi. Qui sotto la telecronaca della finale degli 800 di Stoccarda '93, con l'argento di D'Urso.


Ma Mazzocchi-Padre (bene distinguere le parentele) penso sia felicemente in pensione e quindi le opportunità per l'utente televisivo italiano si riducono drasticamente a Nonna Rai (o Bisnonna?) e ad Eurosport.

Ebbene, ammetto di aver alzato bandiera bianca sulla rete di Stato. Non ce la faccio più a sopportarli tutti insieme, perdonatemi. Franco Bragagna dall'alto della sua enorme mole di conoscenze, ha infatti ormai scavalcato la membrana che separa il ruolo del telecronista con quello del critico. E' al contempo cronista, critico, telespalla, intervistatore ed intervistato, in un'apoteosi che invade tutto lo spazio uditivo. Memorabili i suoi voli pindarici in mezzo a labirinti di parole, ai quali ci si aggrappa per scavare nei meandri della storia dei singoli personaggi sportivi. Come la canzone di Lucio Battisti: "Le discese ardite e le risalite su nel cielo aperto e poi giù il deserto e poi ancora in alto con un grande salto" e alla via così per ore. E' che questa invasione dell'ultracorpo ha attaccato come un blob anche le immagini, tanto che ormai le gare passano, finiscono, ricominciano, si interrompono, e le parole straripanti del nostro continuano per il loro viaggio nell'iperuranio atletico dimentiche di quello che avviene a pochi centimetri da lui. Un Golem di conoscenze, invero, anche perchè l'atletica la vive ormai da anni. Ma per il sottoscritto, che purtroppo vuole vivere tassativamente quello che sta succedendo lì in quel momento sulla pista e sulle pedane, è troppo. E' troppo, perchè la concentrazione viene deviata su Gotemburgo o Ietebori che dir si voglia (ormai un mantra) e i mille rivoli della vita quotidiana sportiva e i suoi retroscena. Per carità: percepisco un senso di mancanza a non seguirlo, perchè lo si ascolterebbe per ore, ma sorbole, non durante la sacralità degli avvenimenti sportivi!

Che poi il format previsto dalla Rai, ovvero l'intervista sistematica degli atleti (inclusa la totalità degli azzurri) da parte della Caporale, spezza lo scorrere degli eventi, il pathos che si costruisce a poco a poco tra utente televisivo e competizione sportiva: un crescendo ipnotico, che viene ammazzato sul più bello dai lamenti. Considerato l'andazzo generale degli azzurri, a Mosca molte interviste si sono trasformate infatti in una processione funebre. Mah... forse semplicemente non ci stanno, o almeno non così: le interviste post gara danno davvero troppo poco. Banalità. Sembra di assistere alle esternazioni dei calciatori che dicono da tempo immemore le stesse cose. Forse avrebbero più senso recuperarle "prima" della gara, per sapere le aspettative e le speranze: dopo è troppo facile. Come diceva Nanni Moretti: "D'Alema, dica qualcosa di sinistra!". Ecco, atleti, dite qualcosa di diverso! Oppure non dite, o liquidate la Caporale velocemente così da evitare le domande alla Marzullo, perchè il mondiale scorre dietro di voi impietoso, e per noi poveri spettatori doverci obnubilare quando ancora tutto il programma delle gare è là da venire, ci inquieta. Che poi, dopo anni e anni di dirette si è sentito per la prima volta un ringraziamento alla Federazione. Passi il primo, ma già al secondo ringraziamento il sospetto si è inoculato nella mia mente, lasciando percepire la presenza di una regia. Bocciati su tutta la linea i saluti "federali".

"Gutta cavat lapidem": la goccia scava la pietra... e pure la mia pazienza. Le gocce spillate dalle telecronache della Rai comprendono anche la strana e incomprensibile (e reiterata) presenza di Attilio Monetti. Monetti, se posso permettermi, dà l'impressione di ritenere che i telespettatori abbiano ancora le due reti della Rai, e pure in bianco e nero. Sicuramente un serio professionista, ma non c'è proprio con i tempi della tv attuale. Non ci troviamo tutti nel bar della canonica con la tv del parroco, costretti a guardare un solo programma televisivo per volta, perchè i programmi erano unici. L'utente dell'atletica è ormai nel 95% una persona che ne sa, purtroppo. Ce l'hai già spiegato mille volte quanti giri ci sono un 10000!! Comunque non comprendo una cosa: Monetti è del 1943, 70 anni. Possibile che si possa rimanere in un Ente Pubblico (o ad esso assimilato) sino a 70 anni? Fatto sta che il Nostro, non so se per semplice indolenza, egocentrismo, indifferenza o cos'altro, sembra abbia finito il quid di sopportazione al Monettismo, e così ormai come un Edward mani di forbice, rifila certe rasoiate all'Attilio, che le sue frasi rimangono a metà... e il telespettatore ignavo che non saprà mai di quanti giri è composto un 10000, come farà ad orientarsi in uno sport tanto complesso come l'atletica?

E non dimentichiamoci che ha fatto la sua comparizione ai microfoni Rai l'Hercule Poirot dei salti (giusto per la vaga somiglianza), Dino Ponchio, mentre ormai è inamovibile l'Er Piotta dello sprint, Stefano Tilli. Ponchio sicuramente ne sa, ma forse ne sa troppo per un pubblico televisivo anche specializzato come quello dell'atletica. Ascoltandolo per qualche minuto, non ho potuto non pensare che i mali tecnici dell'atletica italiana forse risiedano proprio nella visione fuori asse della realtà: troppa concentrata sul particolare infinitesimo, sul millimetro e l'angolo, da aver dimenticato il disegno generale. Poirot-Ponchio poi, dirà cose pure super tecniche, giuste o non giuste non sta a me dirlo, ma la tv non è certo il simposio seminarile della Fidal: la tv è la tv, ed è uno dei pochi mezzi per diffondere l'atletica. Se trasformiamo la pista nell'ovale del Cern, e il salto in lungo nella ricerca del bosone di Hings, che pubblicità gli faremmo? Che tecnicità si voleva trasmettere?

Tilli invece cerca di fare il Ponchio della situazione, ma con risultati catastrofici. Però almeno è godibile, perchè a certe affermazioni non si può non sorridere. E allora ditelo, no?! Non fatemi andare avanti vi prego sulla Rai... il solo parlarne mi angoscia, fatemi cambiare!!

Giro su Eurosport. Cova e Trezzi. Trezzi e Cova e le Covvietà, neologismo inventato dal sottoscritto all'ennesima affermazione (ovvia) dell'Albertone nazionale. Micidiale. La differenza sostanziale con la Rai sta nel fatto che questi due hanno un atteggiamento sicuramente meno "saccente". Nessuno di loro due vuole spiegarti il salto in lungo e i 100 metri, l'alto e i 400. Nessuno di loro ti considera uno sprovveduto, uno che ti guarda in tv e che non sa. Brutto atteggiamento considerare il pubblico televisivo inferiore culturalmente, soprattutto se è un pubblico specializzato. Di Covvietà in Covvietà, alcune che mi hanno strappato delle grasse risate, altre con il sorriso a denti stretti tipico della Settimana Enigmistica, ci siamo concentrati, io, Cova e Trezzi, sulle gare. Nessuno ci disturbava. Anche perchè loro, fuori dagli eventi televisivi per i quali vengono chiamati a commentare, penso che poco si interessino dell'atletica... non fanno gossip sugli amori e le fughe amorose degli atleti. Guardano le gare come noi, si sorprendono come noi (e non sanno assolutamente se Menkov ha usato il 35% dell'astragalo per saltare 8,56 o se er metro cubbo de aria sia più o meno permeabile nei 100 metri vista l'umidità al 78%). Diciamo che mancano le nozioni sugli atleti, spesso necessarie per introdurre o spiegare le gare. Gli scontri diretti, quanto meno un'infarinatura, dai!

Poi sul profilo facebook si può dialogare con loro in diretta, e un paio di interventi ho potuto pure inoltrarli... tant'è che la loro ironia si è abbattuta su di me dopo la finale dei 110hs vinta da Oliver, dopo che in semifinale avevo definito un "Dio" degli ostacoli Jason Richardson. Trezzi "Jason Richardoson sarà pure un Dio sugli ostacoli, come dice un nostro amico, ma alla fine il più forte è David Oliver". Cova, "eh già, sarà pure un Dio...". Ok, uno a zero e palla al centro... e comunque, il migliore tecnicamente rimane Jason Richardson, senza se e senza ma. In Rai non ci vedo proprio Bragagna rispondere o colloquiare con gli utenti televisivi... men che meno Monetti. Il modello televisivo della Rai è quello lì, un pò imbastito, statico, con davvero poco entusiasmo. Mentre si commentava sulla nostra pagina di facebook, gli amici seguivano lo streaming di altre emittenti estere dove i giornalisti si intrufolavano sulle tribune ad intervistare i tecnici... ecco, perchè i tecnici non vengono mai intervistati? Ma poi... durante! Non stanno mica gareggiando... qualche impressione a caldo potrebbero darla, e verrebbero incontro a molte esigenze.

Chi rimane? L'ormai amico Stefano Mei si era ritagliato uno spazio su Sky con Stefano Baldini alle Olimpiadi di Londra. Era Maurizio Compagnoni la voce portante? Il format era un mix tra quello vintage della Rai e quello stitico di Eurosport, prendendo un pò da uno e un pò dall'altro. Fiona May si era sostituita alla Caporale, con risultati simili. Per fortuna sono mancate le domande alla Marzullo. Comunque, non ci si può allontanare troppo nel narrare un evento sportivo da quello che sta accadendo sulle piste e sulle pedane, e nel contempo acuire la distanza tra il telespettatore e chi racconta l'evento. Al tempo dell'olimpiade Baldini dimostrò una grande umiltà (questo me lo ricordo bene) e con Stefano dimostrò (nonostante gli allora litigi con tutti noi via facebook per le mancate convocazioni aresiane) di avere una certa duttilità con il mezzo televisivo. Purtroppo il fatto che non vi sia più concorrenza (sparita Sky) porta i pochi o l'unico detentore del diritto televisivo a vendere un prodotto non sempre (o quasi mai) all'altezza delle aspettative. 

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