22/06/13

Come organizzare i Trials in Italia... un'ipotesi

Chi guarda all'atletica come spettacolo, non può non guardare al mondo a Stelle e Strisce e trarne delle conclusioni. Negare che lo sport debba fornire spettacolo, vuol dire tagliare a fette il senso stesso dei gesti sportivi... del resto lo spettacolo lo fanno le prestazioni, e noi guardiamo le massime manifestazioni perchè lì sono presenti coloro che riescono ad ottenere le migliori prestazioni dell'essere umano. Agonismo e spettacolo non possono essere due estremi di una stessa dimensione: devono essere due aspetti di una medesima realtà. Del resto lo stiamo notando in tutti gli sport, anche individuali: il proselitismo è dato dalla visibilità di uno sport, non dal fascino atavico che questo ha. O almeno, non più: una volta la gente arrivava all'atletica per costrizione culturale. Oggi i programmi didattici prevedono di tutto e di più, e l'atletica è solo uno dei tanti sport e spesso non tra quelli più desiderati. Vi ricordate il wrestling su Italia 1 di qualche anno fa? Ebbene, è bastato spettacolarizzare quattro maschere in prima serata per vedersi i ragazzini cimentarsi nel 619 sui sacconi del salto con l'asta... 

I trials sono probabilmente la manifestazione di atletica che dal punto di vista spettacolare, ha più da dire. Del resto le politiche sociali negli USA le fanno le grandi Major televisive. Ok, discutibile dal punto di vista etico, ma che ha un portato indubbio di visibilità per chi ne è toccato. Come abbiamo visto, a Desmoines hanno deciso di invertire i rettilinei di arrivo delle gare di sprint. Non sono pazzi, le condizioni agonistiche sono rimaste invariate, e il più forte in quel momento, ha vinto, com'era nella logica delle cose. Però la notizia di Tyson Gay che corre in 9"75 ha girato il mondo (più che se avesse corso in 10"00). Gente che legge, che commenta, che ipotizza, che diffonde il vero dell'atletica come le apine portano il polline sulle zampette per infiorare. Oggi Bolt deve rilasciare interviste per dire che Gay dovrà correre come lui, e giù altro polline sulle zampette, e altri fiori impollinati. E stessa cosa dicasi di Brianna Rollins (12"33 ventoso sui 100hs, a un decimo dalla Donkova), LSM che corre il giro in 44"36 (ma qui il vento c'entra poco, ma la location sicuramente), i ragazzi NCAA che corrono in meno di 10" sui 100, le 6 ragazze sotto gli 11" nei 100 in finale... si sarebbe parlato lo stesso se fossero andati tutti piano con 3 o 4 metri di vento contro... ma regolare? Se la Rollins avesse corso in 13"? O se LSM avesse corso in 45"? No, meno polline, meno atletica. L'hanno capito tutti gli sport che lo spettacolo è il vero volano al proselitismo, tranne l'atletica, evidentemente, che rimane legata a logiche romantiche di fissità sempiterna. L'uomo cambia, non è quello di 2000 anni fa, e nemmeno quello di 100 o di soli 10 anni fa. Perchè non cambiano quindi anche le sue manifestazioni, come lo sport? L'agonismo rimane immutabile, ma le forme... 

Quindi, questo lungo preambolo per introdurre l'idea dei Trials in Italia. Perchè? Perchè contrariamente a quanto si possa pensare, i Trials sono la massima manifestazione agonistica in circolazione. Più dei campionati mondiali o olimpici stessi, perchè rappresentano la porta del sogno. Mors tua vita mea, l'essenza dello sport: i detrattori dei Trials (e dei cambiamenti di rettilinei) dimenticano che l'aspetto agonistico non solo non viene meno, ma addirittura viene accentuato quando le prestazioni iniziano a migliorare e quando gli spazi si accorciano. Ai trials c'è felicità solo per 3: ai mondiali o olimpiadi, la soddisfazione è per quasi tutti anche il solo fatto di partecipare.  

I trials in Italia innanzi tutto costringerebbero tutti i migliori atleti italiani a scendere in pista. La manifestazione in sè finalmente non sarebbe un surrogato morente di un campionato minore. Sarebbe la massima manifestazione nazionale, cui tutti dovrebbero puntare per... Avere dei "personaggi" presenti attira. Non averli, non attira, semplice. Oggi le Tv non trasmettono nemmeno più gli Italiani assoluti, per ovvie ragioni di decenza televisiva: ve li siete visti i 5000 di un paio di stagioni fa con 3 o 4 atleti al via o gli 800 donne con la finale diretta con 7 atlete? Dai, su...

La critica ai trials sarebbe: vabbè, ma come si fa ad organizzare un Trials, se chi consegue un minimo per una grande manifestazione internazionale nel nostro Paese, è davvero sparuto? Vero, ma vi spiego la mia idea, che mutuo dalle regole dei Trials Jam.

L'assunto principale è: i primi tre atleti arrivati, ottengono il diritto di partecipare alla grande manifestazione per cui i Trials (o campionati nazionali) vengono organizzati. Naturalmente tale regola si applicherebbe solo nella circostanza in cui i tre avessero soddisfatto anche la seconda condizione, ovvero aver ottenuto il "minimo" per la manifestazione. Chiaramente risulta pressochè impossibile da Noi avere i primi tre col minimo (forse nel triplo uomini e nei 100hs donne). E' così che subentra una condizione bellissima: chi non ha il minimo, ha un periodo di tempo entro il quale ottenerlo, dopodichè si andrà a ritroso nella classifica finale del Trial, a ripescare chi eventualmente nel frattempo lo avesse già ottenuto (o ottenuto in seguito). Come se il piazzamento tra i tre garantisse il diritto di partecipazione; terminato il periodo di ottenimento, il diritto passerebbe agli altri che quel minimo lo avesse ottenuto. Ricordo a tal proposito (in molte circostanze) i trials jamaicani del 2011 pre-Daegu, dove il miglior quartermiler giallo-verde di allora, Jermaine Gonzalez, steccò proprio i trials per i mondiali a Kingston, giungendo 4°. Poi... di fatto fu l'unico a partecipare nella gara individuale in Corea, perchè nel tempo concesso dalla federazione, nessuno dei primi 3 (Hylton, Green e Spence) riuscì a correre nel minimo "A", perdendo quindi ogni diritto. 

Il sistema "trials" sarebbe anche una modalità di selezione dei "Minimi B". Se le regole si conoscono prima, non ci sarà infatti la ridda di insulti consecutiva. Se nessun atleta dovesse ottenere infatti il minimo "A", come è noto, passerebbe un solo atleta con un minimo "B". I Trials definirebbero tale gerarchia, e avrebbero molto più senso in Italia, visto che veleggiamo più sui minimi B che su quelli A. Poi c'è la questione delle staffette... i diritti si guadagnano sul campo di battaglia, non per "deduzione tecnica", come siamo abituati ormai da troppo tempo. La deduzione tecnica la si potrà fare sulle capacità dei primi 6 al traguardo dei 100, e solo su quella. Non sul 7° o su quello che si è visto un giorno correre una curva pazzesca in allenamento. Diamo all'agonismo lo spazio che merita, e alle deduzioni il loro. 

Chiaramente sarebbe una rivoluzione culturale: in Italia i tecnici vogliono saperne e comprenderne di più di quello che il cronometro e il metro stabiliscono. Un metodo rigido e definito come quello dei Trials da una parte risulta sicuramente rischioso (ma siamo proprio sicuri?), dall'altra eliminerebbe quei meccanismi di discrezionalità talvolta arrogante, che hanno fatto incazzare in lungo e in largo in tutti questi anni. 

20/06/13

A noi interessa Veronica Campbell Brown (e non Schwazer)

Ho voluto fare un esperimento, ovvero postare su facebook la notizia dei cinque indagati (tra i quali esponenti della Fidal) da parte della Procura di Bolzano collegati al Caso Schwazer e il caso di Veronica Campbell Brown, per verificarne le reazioni. Ebbene, un'analisi non statistica quindi non dotata di fondamenti scientifici, ma esclusivamente dedotta dalla quantità e qualità delle reazioni lette ai post comparsi sulla mia bacheca, sembra lasciar trapelare degli strani fenomeni di tendenza, ovvero che VCB interessi più di Alex Schwazer, e che le "cose jamaicane" interessino più di quelle italiane.

Si son lette contro VCB insulti inusitati, sprezzanti, una cattiveria davvero spinta. Nel frattempo mi chiedevo: ma quante medaglie VCB ha portato via alle sprinter italiane con la sua "positiva" presenza per scatenare un tale putiferio? Viste le reazioni, presumo a manciate, anche se francamente ammetto di non ricordarmi i nomi delle nostre atlete defraudate. Del resto è la medesima reazione ad ogni caso di doping: si parte dalla gogna, passando per le impiccagioni pubbliche, agli insulti veri e propri. Per carità, nessuno difende la pratica del Doping, ma ogni tanto mi trovo a pensare che se la stessa verve e partecipazione la si mettesse nelle vicende pubbliche italiane, probabilmente adesso staremmo vivendo un altro periodo storico-politico-sociale magari purificato dalla tossine di illegalità. 

Ciò che mi sorprende è l'assoluta (quasi) noncuranza generale circa un comportamento che, se provato dagli inquirenti anche in sede dibattimentale, sarebbe la pietra tombale di questo sport. Del resto Sandro Donati fa furore per libri che dovrebbero far tremare i palazzi dello sport, ma invece poi rimane tutto a livello di mandibole cascanti, senza che nessuno dei citati che nel frattempo ha magari fatto una carriera dirigenziale o politica, si degni di nascondersi o dimettersi. Ma come: tu sei arrivato a quel punto grazie allo sport per il quale avevi barato, e nonostante la cosa sia nota, non te ne vai? Incredibile visto Oltralpe, ma in Italia è noto di come si sia alzata l'asticella della tolleranza verso chi delinque. 

I 5 indagati "silenziosi" potrebbero tramutarsi quanto meno in una spallata alla credibilità del Sistema Atletica. Ormai credo pedissequamente al verbo di Sandro Donati (che vorrei un giorno come Presidente della Fidal) dal quale, astraendo un consuntivo dai suoi scritti sull'atletica italiana (e su molti altri sport) degli ultimi anni, si può dedurre che proprio l'atletica italiana, alla fine, sia sempre stata più o meno come quella di oggi. Ovvero è normale produrre uno o due fenomeni ogni decade (che vincono le medaglie), mentre in un certo periodo quei fenomeni sono diventati due o tre... per anno. Il "come" si siano impennate il numero di medaglie è certificato in due libri contro i quali nessuno si è azzardato a dire "ehm...". Non ci sono nemmeno "tesi" complottistiche: ci sono fatti, nomi e cognomi. Un'organizzazione che per autoperpetrarsi ha voluto, o dovuto, ricorrere a delle scorciatoie. Ma nonostante questo, la cosa non indigna come dovrebbe, non causa reazioni a catena che innestino circoli virtuosi per il ritorno alla legalità. Il passato è stato intombato. Vien un pò da ridere, oggi, pensare che la sorte dei Presidenti Federali dipenda sempre proprio dalle medaglie internazionali piuttosto che altri aspetti e valori che lo sport dovrebbe traghettare. Più che il medaglismo, sarebbe da perseguire un proselitismo sano (e non gonfiato in maniera artificiale dai meccanismi di tesseramento); quindi il successivo "contenimento" delle emorragie di tesserati dall'atletica; ancora: l'aumento degli standard con cui vengono organizzate le gare, ovvero il trattamento di tutti i tesserati. I risultati arriveranno alla fine, magari aspettando un pò di più, ma dopo aver costruito una casa dalle fondamenta solide. Oggi tutto traballa, per colpe che si tramandano da mandato a mandato, e che si traducono nella massimizzazione dell'atletica di vertice (con le derive che ormai tutti conosciamo), piuttosto che con una politica educativa e valoriale a 360° gradi. Vabbè, fantascienza: lo sport agonistico come fonte educativa, oggi, sembra più un ossimoro che una speranza. 

Torniamo all'ultimo caso, ovvero l'iscrizione nel registro degli indagati (penso si sia ancora nella fase delle indagini preliminari) di 5 persone, alcune delle quali appartenenti al cuore stesso della Fidal (meglio precisare: non questa di adesso, e non so nemmeno quanto a quella passata). Penso che il Gip non si sia ancora espresso, quindi probabilmente la loro posizione potrebbe essere ancora archiviata. Però la teoria accusatoria della Procura disegna un quadro non certo edificante. Attenzione: non si parla negli articoli comparsi sulla stampa di ruoli attivi nella commissione dei reati contestati, ma apparentemente passivi, omissivi. Qualche occhio chiuso di troppo, controlli e sollecitazioni non eseguite con tempestività. Insomma, il necessario per far ritenere alla Procura che i comportamenti omissivi fossero in realtà "voluti" (l'elemento psicologico sarà stato chiaramente l'elemento investigato). Le difese di solito in questo caso hanno più spazi di manovra. Per cosa tutti questi comportamenti sarebbero stati tenuti è presto detto: far vincere ad Alex una medaglia. Non c'è scritto, ma non si spiegherebbe altrimenti. semplice deduzione. 

Questo lascia lo spazio a successive considerazioni, no? Perchè un medico, o un responsabile di un'area dell'antidoping della Fidal dovrebbe consentire di vincere una medaglia illecitamente? Cosa gliene sarebbe venuto in "tasca"? Il passo è breve, e si arriva ad ipotizzare il "Sistema", che sarebbe la cosa di gran lunga peggiore di tutte. Magari costruito non su una funzione attiva verso la pratica del doping, ma, appunto, omissiva. Omettere è sempre meglio che commettere. Nel ciclismo sembra che le dinamiche siano proprio queste: una tacita conoscenza dei fenomeni di doping da parte dei responsabili dei team ciclistici, in cui si demanderebbero le profilassi ai circuiti informali intessuti dai singoli atleti. Così il team diviene vittima (benchè ne sia consapevole) e il ciclista di turno viene impallinato e messo alla gogna senza sporcare troppo la maglietta che indossa. 

Concludo: ma 'sto doping lo si combatte davvero insultando Veronica Campbell Brown mentre dall'altra parte nulla ci tange di ipotesi gravissime avanzate dalla magistratura? Mi sa che il doping prima di essere una truffa di natura personale, sia una carenza di legalità culturale. Se tutti gli organismi che ruotano attorno agli atleti sono "legali" e votati alla correttezza, che dite? Non sarà più difficile sfuggirgli? 

19/06/13

La Placa cancella Zerbini: nuovo record italiano M45 del peso

Riporto fedelmente quanto giuntomi sulla mail di Queenatletica.

Nino La Placa è il nuovo primatista italiano del getto del peso mm45. L’atleta di Terrasini ha raggiunto questo incredibile risultato grazie alla notevole prestazione realizzata domenica 9 giugno 2013 allo stadio “vito schifani" di Palermo, dove con un poderoso lancio ha raggiunto la misura di 16,27 metri. Con tale misura infatti l’atleta in forza alla Polispotiva APB ha spodestato il precedente detentore del record italiano,  Luciano Zerbini che il 10 febbraio del 2005 a Rovereto aveva scagliato l’attrezzo a 15,78. Nino La Placa, alto 1,92 per 125 kg di peso, è uno dei punti di forza della polisportiva apb bagheria, squadra di serie A1 che grazie anche alle prestazione dell’atleta di Terrasini cercherà di mantenere la categoria.

18/06/13

Misterbianco e il segreto svelato dell'Area 51

L'atletica è prima di tutto sogno. O la "speranza" che si possa andar più forte, o più lontano, o più in alto. Si vive sportivamente tendendo a qualche cosa di meglio, che arriverà prima o poi, se... se... se... E tutti sono convinti di poter un giorno migliorare, o ritrovare le condizioni della miglior gara per migliorarsi ancora. Spesso invano, lo so. Ma quel tendere ci frega tutti irrimediabilmente. Riflettevo su questa cosa dopo esser stato a Misterbianco, sobborgo ai piedi dell'Etna, in quella che il mio amico Valerio Bonsignore considera la città potenzialmente più completa d'Europa, Catania. Avvezzo alle piste "veloci" del nord Italia, ho voluto calcare con piede una delle tappe obbligate del Gambero Rosso dello sprintismo italico. Lo dico subito: fantastica esperienza sportiva. Naturalmente è per chi, come me, di fronte ad un quesito tipo: "preferiresti correre un 10"99 sui 100 ventoso o 11"01 regolare?" sceglierebbe tutta la vita il ventoso. Questione di apparenze effimere. Perchè privarsi di queste piccole ed effimere soddisfazioni che durano il solo lasso di tempo dell'attesa del dato del vento? Preferisco così e non ho voglia di convincere nessuno. Sono considerazioni personali. 

Torniamo a Misterbianco. Nel recente passato molti atleti anche di grido dello sprint azzurro, hanno riportato tempi fotonici su questa pista. Il perchè è presto spiegato, anche se c'è chi, come suggerito dai Servizi Segreti dell'Umana Invidia, come al solito vede piste più corte, rettilinei in discesa, cronometraggi gestiti da loschi figuri, anemometri truccati... la nuda e cruda verità è che a Misterbianco ci sono le condizioni ideali per correre una gara di sprint. A partire da un tasso di umidità che non troverete mai in Pianura Padana, se non qualche minuto dopo un terrifico temporale. Lo sprint passa in primis per il tasso d'umidità, poi, dopo, per la direzione del vento. Quello che Tilli chiama "Er metro cubbo de aria". Gola secca da arsura, umidità assente. Poi il caldo, che chiaramente non ha paragoni al Nord. Il vento viene dal mare al pomeriggio, e la pista è direzionata verso l'Etna, che voi vedrete ingigantirsi mentre correte verso il traguardo. Quindi vento a favore, senza umidità e infine... la pista velocissima. Dura, sportflex di ultima generazione: certo, le righe sono intuibili allo stato attuale, ma chi se ne frega. Correndoci si spinge davvero tanto. E infine l'impianto nuovo... vi dico la verità: non me lo aspettavo proprio. 

Quindi, è presto detto: ben vengano le piste superveloci, se non altro per un aspetto di uno sport che in Italia sembra debba essere necessariamente sacrificato: lo spettacolo. In Italia si corre contro vento quasi sempre, con organizzazioni delle gare super-burocratizzate, giudici che si interessano di aspetti organizzativi anzichè tecnici (possibile che nessuno riesca a togliergli dalle mani queste funzioni, limitandone la funzione al solo ruolo di "giudice" nella gara e non della gara e di tutto quello che gli gira intorno?); bizantinismi sulle formalità di iscrizione, nelle conferme iscrizioni, negli orari... Pensateci bene: le gare di atletica in Italia vengono organizzate non per permettere agli atleti di andar forte, ma per gli organizzatori per poter dire: "ho organizzato una gara". Non ci sono evoluzioni sostanziali, migliorie che le tecnologie odierne consentirebbero... la cosa fondamentale è consentire di consegnare le migliori condizioni di gara per gli atleti. Tra queste naturalmente, è chiaro, c'è la location. 

In Italia chi ottiene tempi degni di nota nello sprint a Donnas, a Rieti, o Misterbianco (ultimamente anche a Gavardo), è comunque tacitamente (o meno) accusato di qualche forma di truffa. Le piste taroccate sono un must, perchè implicherebbe una premeditazione che parte addirittura dai progetti della pista... come se una qualunque azienda che produce piste di atletica possa vedersi bruciare la credibilità sul mercato per aver costruito piste più corte... si brucerebbe la credibilità e la possibilità di venderne in seguito. Rischiare il crac economico per far correre più veloci? E' ridicolo. Chiaramente potrebbero arrivare allora gli "omologatori" della pista corta convinti dell'illecito... ma l'organizzazione criminosa inizierebbe a prendere dimensioni fuori controllo poco credibili. Per cosa? Perchè la gente vada veloce? 

Che poi l'atleta corre e basta, che colpa ha? Stranamente negli Usa, dove evidentemente non se ne intendono di sprint, quelle gare le vanno a cercare e a proporre addirittura per un meeting della Diamond League, come Eugene. In Italia, invece, Donnas (primo esempio "storico") è vista da molti come una sorta di truffa legalizzata... perchè? 

Molti atleti di punta di sicuro non si presentano per non essere tacciati di qualche forma di aiuto o scorciatoia: mi sembra una scemata legalizzata la mancata loro partecipazioni piuttosto che la location che facilita le prestazioni. La pista è di 400 metri esatti, il rettilineo di 100 metri, l'anemometro funziona benissimo... e allora perchè scandalizzarsi se si va veloci anche col vento a favore? 

Se Eugene fosse stata in Italia, invece che dire "Porca Vacca Brianna Rollins 12"39 sui 100hs con 1,7! 9^ all-time! Fantastic!" avremmo detto "Brianna Rollins è andata a farsi il tempo col vento a favore... facile così... avranno taroccato l'anemometro... di sicuro c'erano condizioni ideali...". Una cultura dello spettacolo, contro una cultura da sfigati burocratizzati. L'atletica è quindi antitetica allo spettacolo che una prestazione, benchè viziata da condizioni meteo favorevoli, può dare? E se invece di continuare a gareggiare in quelle condizioni sfavorevoli, gli atleti fossero al centro dell'attenzione, e fossero messi nelle condizioni di "andare veloci"? Le location, i rettilinei rivolti a favore di vento (anche col rischio trascurabile che una maggiore percentuale di gare venga annullata), gli orari con condizioni meteo favorevoli, magari gli orari già definiti ante quo, un programma gara meno intenso (inutile creare un programma con 13 gare col rischio di andare di fretta o sforare... meglio poche, ma ben organizzate). Naturalmente penso alla Lombardia, ma ogni regione ha le sue problematiche... spesso anche di carenza di materia prima. 

Concludo così: inutile incazzarsi e farsi il sangue amaro se un avversario va forte a Misterbianco, Donnas o Rieti. Bisogna andarci. 

12/06/13

L'ubiquità di Hanne: corre contemporaneamente ad Avellino e a Dakar?

Ma allora lo stargate l'hanno davvero inventato! Almeno, qualche cosa dei viaggi quantistici deve sicuramente saperne un certo Mamadou Kasse Hanne, classe 1986, atleta senegalese di ottima levatura (semifinalista olimpico a Londra) che sarebbe riuscito in un'impresa fin'ora riuscita a pochi, ovvero correre contemporaneamente (è successo oggi) in un luogo (Avellino) e contemporaneamente in un altro (in Senegal), ad un meeting della IAAF, come meglio spiegato qui sotto. Fin'ora, nella storia, tale prestazione era riuscita esclusivamente ad un tizio della Giudea o ad un Nazareno, non ricordo, anche se i risultati non sono stati mai omologati e di lui non c'è traccia in all-athletics. Il caso di omonimia è chiaramente la prima ipotesi, anche se lo spessore delle prestazioni (un 46"56 sui 400 corso ad Avellino alle ore 18:05) e soprattutto il 48"99 sui 400hs corso a Dakar, in Senegal, nel meeting IAAF, raccontano di un atleta non certo di serie "B". Vediamo i dati a disposizione:
  1. Il HANNE Mamadou Kasse di Avellino è nato nel 1986, così come quello di Dakar. 
  2. Per All-Athletics esiste un solo HANNE Mamadou Kasse nato il 10 ottobre 1986, ovvero la data di nascita dell'HANNE di Dakar, così come recita il link al nome dell'atleta senegalese sul sito della federazione internazionale. 
  3. Un HANNE Mamadou Kasse ha gareggiato al Golden Gala sui 400hs, finendo con il tempone di 48"56. Di conseguenza è presumibile che quello di Dakar che ha vinto la medesima prova del Challenge IAAF sui 400hs sia proprio lui. 
  4. Ad Avellino il HANNE Mamadou Kasse è senegalese e dell'86 e corre in 46"56. Nelle liste senegalesi dell'anno il migliore, prima di oggi, risultava il "bergamasco" Mamadou Gueye con un risultato ben peggiore di quello di Hanne, ovvero 47"43. L'Hanne sarebbe alla prima prova sui 400, in una lista senegalese (sempre fonte all-athletics) che arriva sino a 49"68. L'anno scorso HANNE corse una sola gara, correndo in 46"64
Quali ipotesi si possono a questo punto per comprendere l'arcano?
  1. caso di omonimia di due atleti nati nello stesso anno e nello stesso Paese, e che sono riusciti per strade diverse a diventar davvero forti;
  2. scarsa fantasia dei genitori HANNE, che avrebbero dato il medesimo doppio nome a due gemelli omozigoti, poi dimostratisi forti entrambi, uno in una disciplina, uno in un'altra; 
  3. istituzione di un nuovo volo Shuttle Roma-Dakar (o Dakar-Roma), con incluso viaggio ad Avellino, con contrazione dei tempi di check-in;
  4. errore materiale dell'inseritore Sigma dei nominativi ad Avellino (stante la "stranierosità" di Hanne); 
  5. molto meno prosaicamente, un errore nelle date dei due appuntamenti da parte di chi li ha inseriti (quindi non si sarebbero tenuti in contemporanea oggi).
  6. varie ed eventuali; 
Fornisco altri dati. Qui il risultato di Avellino (400 di Avellino), quello di Dakar (400hs di Dakar), la pagina in francese di Wikipedia di Hanne (pagina di wikipedia). 

11/06/13

Punto 4,2 di pagina 74 del Vademecum: quando la burocrazia uccide l'atletica

Mi è arrivata questa mail da un mio amico, che mi sento di condividere. Il Presidente Fidal Alfio Giomi si è dimostrato molto sensibile in questo inizio mandato sul tema della "semplificazione", tanto da farmi interrogare se non sia possibile anche affrontare questo tema che mi è sempre stato molto caro: l'integrazione dei ragazzi stranieri residenti, che non siano qui con un permesso di soggiorno per sport... ovvero ragazzi non professionisti, che vanno a scuola con i nostri ragazzi, che vivono le problematiche della nostra società (crisi compresa) ma che alla fine vengono esclusi da percorsi educativi con piccoli ostacoli burocratici insormontabili. Qui sotto la storia di Kossi raccontata da Federico Nettuno.

Mi trovo a scrivere per rendere noto come nel regolamento FIDAL ogni tanto emergano articoli che portano danno a chi pratica con tanta passione e sacrificio questo sport. 

In occasione dei campionati italiani junior e promesse di Rieti 2013 la mia società, la Nuova Atletica Fanfulla Lodigiana, ha iscritto l'atleta KOUDOKPO Kossi Jean Luc nelle staffette 4x100 e 4x400. In mattinata è arrivata però dalla FIDAL la seguente risposta: 

Spett. le Società, siamo spiacenti di comunicarvi che l'atleta in oggetto non può partecipare ai Campionati Italiani Promesse in quanto non è stato "tesserato continuamente sin da allievo per una qualsiasi Società affiliata alla Fidal" come da punto 4.2 di pagina 74 del Vademecum Attività 2013. 

Il ragazzo è nato in Togo e si è trasferito in Italia all'età di 16 anni con i fratelli e la madre per ricongiungersi con il padre che lavorava in Italia da diversi anni. Come molti ragazzi, per integrarsi meglio, ha scelto il calcio nella squadra dell'oratorio come attività sportiva. Dopo un paio di anni, grazie ad un suo compagno di classe che praticava atletica leggera, ha deciso di iniziare a correre. Passione, sacrifici ma anche tanto divertimento lo hanno portato a correre i 60m in 7"28, i 100m in 11"46, i 200m in 23"00 ed i 400m in 52" e moneta, ma cosa più importante il ragazzo si è integrato crescendo e maturando nuove amicizie sul campo.

Ora per lui, come per tanti, i campionati italiani di Rieti raprresentavano un obiettivo, non solo sportivo ma anche di crescita ed integrazione: la prima trasferta con i coetanei, il vedere una città nuova, incontrare tanti ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia, vedere dal vivo gare di alto livello... tutti stimoli che devono portare i ragazzi di questa fascia d'età a continuare a praticare sport.

Purtroppo la regola creata dalla FIDAL per evitare episodi successi in passato, dove venivano tesserati atleti provenienti dall'estero solo per vincere campionati (un atleta della mia società ha perso anni fa a livello junior un titolo nel salto in lungo andato ad un atleta mi pare lettone tesserato solo per l'occasione!) o partecipare ai CDS, non permette a ragazzi come Jean di partecipare ai campionati italiani perchè arrivati in Italia troppo tardi!!!

Quindi nessun ragazzo straniero arrivato in Italia dopo i 16 anni potrà mai partecipare ai diversi campionati italiani! Credo che mettere questo vincolo nel regolamento abbia escluso e discriminato molti ragazzi stranieri che si trovano nella stessa condizione di Jean la cui unica "colpa", secondo la FIDAL, è quella di essere arrivato in Italia troppo da grande!

Secondo il mio modesto punto di vista, i campionati italiani allievi, junior e promesse, oltre agli obiettivi agonistici dovrebbero anche avere obiettivi educativi! Ritengo lo sport un mezzo fondamentale per l'integrazione dei ragazzi stranieri e questa norma creata dalla FIDAL per colpa di qualche furbetto del passato fa si che escluda molti ragazzi la cui unica "colpa" è quella di essere venuti tardi in Italia.

Concludo questo mio sfogo con la speranza che la FIDAL inizi a pensare di più agli atleti tesserati sia che essi siano esordienti o master, sia che essi siano italiani o stranieri. E' giusto tutelare i campioni che, forse, portano le medaglie... ma non è giusto continuare a dimenticarsi di tutti gli altri che pagano il tesseramento. Spero tanto che l'atletica di questi ultimi anni non faccia morire la passione che è dentro di me fin da quando ero bambino.

 FEDERICO NETTUNO

10/06/13

Campionati italiani 10000, staffette e prove multiple: i 10000

Parto subito senza tanti preamboli, non c'è tempo. Nei 10000 M35 vittoria a Felice Dell'Acquila, che conquista il suo primo titolo italiano con praticamente lo stesso tempo del vincitore dell'anno scorso: 33'12"87. Altro primo titolo nei 40 con Luca Riu, con 36'00". Decimo titolo italiano su pista per Adriano Pinamonti, con 34'32"38, il terzo consecutivo sui 10000, il 6° in tre stagioni, il 5° totale sui 10000. Altra "prima volta" col titolo per Gianluca Grassi tra gli M50: 35'28"50. 3° titolo italiano e tutti nei 10000 per Antonio Di Luca (M55): 36'15"29. Rolando Di Marco, M60, conquista il 9 titolo italiano in carriera con 38'08"75 (su pista), il 3° sui 10000, a 16 stagioni di distanza dal primo titolo, vinto nel 1998. Tra gli M65 ancora una volta, questa stagione, riflettori sullo scatenato Dario Rappo, al 28° titolo italiano personale, il 4° solo del 2013 (6 nel 2012), e dopo i fasti continentali e i diversi record italici sparsi qua e là per le specialità del mezzofondo. Per lui 38'34"02. Secondo titolo italiano invece per Sauro Ballardini tra gli M75 (56'28"74), mentre tra gli M80 coglie il suo 32° titolo Giovanni Guerini, che, pensate un pò, il primo titolo lo vinse addirittura nel 1981, ovvero 32 anni fa. 32, 32... 11 titolo sui 10000 con 54'13"42.

Tra le F35 invece vince Sonia Marongiu con 37'52"66, che rappresenta il suo 4° titolo italiano in pista (giusto Sonia?) il secondo consecutivo sui 10000, e il secondo titolo italiano (sempre su pista) del 2013 dopo i 1500 indoor. Primo titolo per Elena Cinca, F40 (40'41"40), e per Marilena Dall'Anese tra le F45 (41'43"48). Secondo titolo italiano individuale su pista per Elsa Mardegan (F50), dopo il lontano 1500 del 2004: 42'51"68. Naturalmente non poteva sfuggire il titolo a Maria Lorenzoni, tra le F55, lei che negli ultimi anni ha dominato il mezzofondo delle proprie categorie in lungo e largo. 40'29"83 per il suo 26° titolo italiano su pista (non ho il dato di strada e cross), anche se solo il 2° sui 10000 che vinse per la prima volta l'anno scorso. Rosa Pattis fa sua la categoria F60 con 45'16"13, ovvero quello che rappresenta il suo 17° titolo italiano su pista, il primo sui 10000. Angela Pin conquista la categoria F65 con 51'47"00, primo titolo italiano. Jole Sellan vince invece il 3° titolo italiano siglando il tempo di 54'38"67: 3 titoli e tutti nel corso di questo 2013. E infine, titolo e record italiano per la F75 Maria Cristina Fragiacomo, che diventa la più "matura" atleta italiana ad aver corso un 10000. 58'26"68 il suo crono. 

08/06/13

Cosa manca a Benedetti per... un pò di storia degli 800 azzurri

Giordano Benedetti, trentino, è stata una di quelle cose da salvare del Golden Gala, forse annichilito dall'umidità, o meglio, "dar mettro cubbo de aria" impregnata di molecole bagnate, e che quindi ha bagnato le polveri di uno dei meeting che solitamente risultano nei punteggi tabellari della IAAF tra quelli con il più alto tasso tecnico legato ai risultati. A quasi metà stagione, in quel famoso ranking, Roma è terza dopo Eugene (meeting stellare!) e Doha, ma davanti a Shangai (tenutosi comunque ad inizio stagione) e New York, quest'ultimo ucciso da condizioni meteo quasi proibitive. Benedetti, dicevo: una di quelle cose da salvare in chiave azzurra, naturalmente, anche se poi in definitiva, quasi tutti gli italiani esibitisi allo Stadio Olimpico, sono tornati negli spogliatoi con i calzettoni sporchi di fango e la maglietta sudata. Buona prestazione collettiva. Benedetti però ha fatto gol, cioè ha corso la sua Dram Race, correndo un rettilineo finale di quelli che gli 800isti si sognano per un'intera carriera. Il rettilineo del salmone, come lo chiamo, dove si riesce a risalire la corrente costituita di atleti obnubilati dall'acido latico, come se fossero scogli immoti del flusso fluviale. 1'44"67, un tempo che promuove nell'elite mondiale, quanto meno sulla carta d'identità. 

Naturalmente il passaggio nella "storia" si ottiene solo con una medaglia, e oggi come oggi, il panorama internazionale non sembra avere delle offerte di lavoro. Intasato come una casa-dormitorio di Tokyo. Rimane il panorama europeo in cui, proprio al Golden Gala, Giordano ha dimostrato di poter dire la sua. Uno dei migliori del ranking continentale, Adam Kszczot battuto di un decimetto, anche se non dobbiamo dimenticare che mentre si consumava la personale salmonata di Benedetti, si concretizzava la prestazione-monstre del francesino Pierre Ambroise Bosse: 1'43"91, dietro all'1'43"61 di Mohamed Aman

A Benedetti cosa manca adesso? Come molti hanno sostenuto, anche sui media, la "pallonara" continuità, ovvero il riproporre un target di risultati se non inferiori, quanto meno "simili" a quello ottenuto al Golden Gala. L'Italia degli anni '90, primo-lustro del XXI secolo, ha concretizzato una "tradizione", come è ben noto. E buona parte di quegli atleti è arrivata a vincere "qualcosa" o comunque è entrato in una finale mondiale o olimpica. Ad oggi non saprei stilare un ranking all-time azzurro, nonostante gli argenti olimpici di Lunghi e Lanzi rispettivamente nella preistoria e nell'Impero Romano dell'atletica azzurra. 

Andrea Benvenuti arrivò in finale a Barcellona '92 (5° con 1'45"23) e fu il primo successore dell'epopea di Donato Sabia, che, unico italiano nella storia, riuscì ad andare due volte in una finale degli 800 (Los Angeles e Seul). Oh, Donato Sabia nel mio immaginario ha sempre rappresentato il meglio in quanto a classe... un campione alla Bertoli (il ciclista), cioè classe pura ma cui è mancato in carriera il "perfect day" in cui entrare nella leggenda dello sport. Aspettammo fino all'estate del 2000 per rivedere la 7^ finale corsa da un italiano sugli 800: fu quella di Andrea Longo, a Sydney, quella degli autoscontri con l'evetico Andrè Bucher (mi sembra) che portarono alla sua squalifica. Ai mondiali all'aperto, vantiamo Giuseppe D'Urso, argento a Stoccarda '93 (1'44"86), e il doppio finalista Andrea Longo, in finale sia a Parigi 2003 (5°), che a Siviglia '99 (6°). Andrea Giocondi raggiunse la finale mondiale di Goteborg '95. Tra mondiali ed olimpiadi, quindi, 11 finalisti, e Longo, benchè mai medagliato, piazza 3 caps in questa classifica avulsa dei finalisti mondiali-olimpici azzurri sugli 800:
  1. 3 - Andrea Longo (2 mondiali, 1 olimpiade)
  2. 2 - Donato Sabia (2 olimpiadi)
  3. 1 - Emilio Lunghi, Mario Lanzi, Andrea Benvenuti, Carlo Grippo (1 olimpiade); Giuseppe D'Urso, Andrea Giocondi (1 mondiale).
Se allarghiamo lo sguardo alle manifestazioni più abbordabili, ovvero europei, europei indoor, e mondiali indoor, riusciamo a dare anche più profondità alle classifiche di cui sopra. Chiaramente, prima degli anni '70 non c'erano gli europei indoor; degli anni '80 i mondiali outdoor e quelli indoor...

Classifica dei finalisti azzurri delle 5 più grandi manifestazioni internazionali sugli 800 (31 presenze: Ol: olimpiadi; Mo: mondiali; Eu: Europei; EuI: Europei Indoor; MoI: Mondiali Indoor);
  1. 06 - Andrea Longo (1 Ol - 2 Mo - 2 Eu - 1 EuI)
  2. 05 - Giuseppe D'Urso (1 Mo - 2 Eu - 2 EuI); 
  3. 04 - Tonino Viali (1 Eu - 2 MoI - 1 EuI); 
  4. 03 - Mario Lanzi (1 Ol - 2 Eu); Donato Sabia (2 Ol - 1 EuI);
  5. 02 - Andrea Benvenuti (1 Ol - 1 Eu); Carlo Grippo (1 Ol - 1  EuI); 
  6. 01 - Maurizio Bobbato (1 EuI);  Marco Chiavarini (1 EuI); Gabriele Ferrero (1 EuI); Marcello Fiasconaro (1 Eu); Andrea Giocondi (1 Mo); Lunghi Emilio (1 Ol); 
Quindi 13 atleti azzurri sono arrivati ad una finale internazionale nella ultracentennale storia dell'atletica. Questo per dire... non è proprio una passeggiata. Le medaglie sono state invece 11, e gli unici che hanno vinto una gara tra le 5 più importanti della panorama, risultano Andrea Benvenuto (oro agli Europei di Helsinki '94) e Donato Sabia agli Euroindoor di Goteborg '84. Qui nel dettaglio le medaglie in ordine per numero di metalli conquistati.
  1. 03 - Mario Lanzi (arg-Ol; arg-Eu; bro-Eu)
  2. 02 - Giuseppe D'Urso (arg-Mo; arg-EuI); Tonino Viali (bro-EuI; bro-MoI);
  3. 01 - Andrea Benvenuti (oro-Eu); Maurizio Bobbato (bro-EuI); Emilio Lunghi (arg-Ol); Donato Sabia (oro-EuI); 
Mi sto dilungando troppo con queste elucubrazioni statistiche? Me ne rendo conto, mi lascio prendere la mano. Un attimo! Forse può interessare quali sono stati i tempi sugli 800 più veloce mai corso durante una di quelle 5 manifestazioni sotto gli '145".
  1. 1'44"49 - Andrea Longo - III semifinale (2°) Sydney '00 (Olimpiadi)
  2. 1'44"53 - Donato Sabia - finale (5°) Los Angeles '84 (Olimpiade)
  3. 1'44"83 - Giuseppe D'Urso - II semifinale (1°) Stoccarda '93 (Mondiali)
  4. 1'44"86 - Giuseppe D'Urso - finale (2°) Stoccarda '93 (Mondiali)
  5. 1'44"90 - Donato Sabia - I semifinale (3°) Seul '88 (Olimpiadi)
  6. 1'44"90 - Donato Sabia - I quarto di finale (2°) - Los Angeles '84 (Olimpiadi)
E' un caso che ci siano solo Olimpiadi e Mondiali? Evidentemente no. Qui si vede la solidità degli atleti, ovvero la capacità di non essere atleti una-tantum, ma professionisti in grado di correre attorno agli 1'45" (o magari sotto) non una, ma almeno due volte nel giro di 48 ore. 

Infine vediamo dove si colloca Giordano Benedetti nella lista all-time italiana di sempre. Il trentino diventa il italiano della storia a scendere sotto gli 1'45", ed è anche attualmente l'unico con Andrea Giocondi, a vantare un personale collocato tra i 1'44" e 1"45, in quanto i primi 5 della lista sono riusciti tutti a scendere sotto gli 1'44". Dal 13° rango all-time con 1'45"34, passa quindi al , in una classifica da far tremare i polsi:
  1. 1'43"7  - Marcello Fiasconaro - Milano 27/06/1973
  2. 1'43"74 - Andrea Longo - Rieti 03/09/2000
  3. 1'43"88 - Donato Sabia - Firenze 13/06/1984
  4. 1'43"92 - Andrea Benvenuti - Montecarlo 11/08/1992
  5. 1'43"95 - Giuseppe D'Urso - Roma 05/06/1996
  6. 1'44"67 - Giordano Benedetti - Roma 06/06/2013
  7. 1'44"78 - Andrea Giocondi - Zurigo 13/08/1996
  8. 1'45"05 - Marco Chiavarini - Roma 08/06/1995
  9. 1'45"24 - Davide Cadoni - Roma 08/06/1994
Il tempo di Benedetti si colloca invece al 21° rango di sempre (più o meno, per "induzione" visto che i primi 20 disponibili arrivano a 1'44"62... qualcuno si è inserito tra quel tempo e l'1'44"67? Forse che sì, forse che no. Ma al limite ci sarà un risultato, non penso di più. Ok, basta per oggi: forse ho fornito troppo dati, ma serviranno per comprendere quanta strada ci sarà da fare per entrare nella leggenda degli 800. 

05/06/13

Chesani contro la maledizione del salto in alto italiano: un solo bronzo in 120 anni

Bello il giochino di alimentare il calderone degli over-2,30 della storia del Salto in Alto azzurro. Come è ormai arcinoto, Silvano Chesani ha saltato a Modena lo scorso 1 giungo la misura di 2,31 al terzo tentativo, con (per la cronaca) un successivo tentativo di saltare 2,34, purtroppo (evidentemente) fallito. La serie conta anche un 2,26 saltato prima del 2,31. Purtroppo la storia del salto in alto maschile italiano è una vicenda purtroppo quasi esclusivamente autoctona, nel senso che le grandi prestazioni di altisti azzurri sono state generalmente "una tantum", ovvero eventi (o qualche evento) quasi mai coincidenti con le grandi manifestazioni. Naturalmente il 2,31 o meglio ancora, il 2,33 (saltato durante la stagione indoor) che Silvano Chesani ha nelle caviglie, se saltati al posto giusto, nel momento giusto, potrebbero fargli togliere qualche soddisfazione. Ovvietà... direte. Me lo dico anch'io. 

Comunque, i dati sono impietosi per i maschietti nel salto in alto: l'unica medaglia azzurra conquistata tra Olimpiadi, Mondiali, Europei, Mondiali Indoor e Europei Indoor, risulta il bronzo (a questo punto un macigno statistico) di Erminio Azzaro ai Campionati Europei di Atene 1969, con la misura di 2,17. Una medaglia in 120 anni di storia dell'atletica (togliendo i Giochi del Mediterraneo e la Coppa Europa se me lo consentite, dove comunque Andrea Bettinelli vinse l'edizione del 2007 a Milano con 2,30). Non molto, diciamocelo. Volete vedere? Alle Olimpiadi il miglior risultato è stato il posto di Giacomo Crosa (proprio il giornalista...) a Città del Messico '76 e di Rodolfo Bergamo a Montreal '76 (12 finalisti totali). Ai mondiali il di Nicola Ciotti a Helsinki '05 (e solo 3 finalisti). Agli Europei il citato bronzo di Azzaro e poi viene il posto di Talotti a Monaco '02. Ai mondiali indoor il rango di Giulio Ciotti a Mosca '06. Infine 3 quarti posti nella manifestazione più abbordabile, ovvero i campionati europei indoor: Massimo Di Giorgio a Budapest '83, Fabrizio Borellini a Budapest '88 e Filippo Campioli a Torino '09. 
E questo nonostante si siano comunque succedute nidiate di ottimi e fenomenali atleti che, arrivati vicini alle porte del paradiso, si sono visti tutti, irrimediabilmente, sciogliersi le ali e precipitare a terra. Eppure si è assistito a stagioni con diversi atleti italiani sopra i 2,20 ma che nonostante questo, non hanno mai prodotto l'eccezione "statistica", visto l'altissimo livellamento verso il basso (ma a quote elevate). Vista in maniera diversa: va da sè che i campioni è più facile trovarli se la base statistica è ampia: il salto in alto maschile italiano ha trovato l'ampia base statistica, ma non ha mai trovato il super-atleta. Chissà perchè. 

Torniamo a Chesani, uno di coloro che potrebbe interrompere questa maledizione, e al suo 2,31. E' implicito che detto quanto trovate qui sopra, la "storia" del salto in alto maschile italiano la scrivano i primatisti e i vincitori di titoli italiani. Oppure chi ha superato i 2,30. Dopo il 2,33 indoor Chesani aveva raggiunto quella specie di salto tabù di Marcello Benvenuti saltato a Verona il 12 settembre del 1989. Salto che rimane ancora quale record italiano outdoor. Chesani, stranamente, all'aperto non aveva ancora saltato, prima di questo 1 giugno, un risultato superiore ai 2,30, essendosi in precedenza fermato a 2,28 ad Orvieto e Torino nel 2011. Aggiorno quindi la lista all-time dei salti di Silvano Chesani, che già avevo proposto qualche mese fa in seguito al record italiano indoor. La lista comprende anche i salti ancillari:
  • 2,33 - Ancona - 17/02/2013 (indoor)
  • 2,31 - Ancona - 26/02/2012 (indoor)
  • 2,31 - Modena - 01/06/2013 (outdoor)
  • 2,29 - Ancona - 17/02/2013 (indoor-ancillare)
  • 2,29 - Ancona - 26/02/2013 (indoor-ancillare)
  • 2,28 - Orvieto - 22/05/2011 (outdoor)
  • 2,28 - Torino - 26/06/2011 (outdoor)
  • 2,28 - Banska - 06702/2013 (indoor)
Salgono invece a 23 le salti di italiani sopra i 2,30 all'aperto, per un totale (contando le indoor) di 40 gare in cui un italiano è riuscito a saltare oltre la soglia di eccellenza. Questa la classifica delle gare oltre i 2,30 (sia all'aperto che indoor) da parte degli italiani. Silvano Chesani scala una posizione, pareggiando Fillipo Campioli a quota 3. :
  1. 9 volte - Andrea Bettinelli
  2. 8 volte - Nicola Ciotti
  3. 6 volte - Alessandro Talotti
  4. 4 volte - Giulio Ciotti
  5. 3 volte - Filippo Campioli - Silvano Chesani
  6. 2 volte - Gianmarco Tamberi
  7. 1 volta - Marcello Benvenuti - Luca Toso - Massimo Di Giorgio - Roberto Ferrari - Fabrizio Borellini
Se contiamo invece anche i salti ancillari, Marcello Benvenuti nella famosa progressione di Verona saltò 2,30 alla prima. Quel 2,30 dovrebbe essere l'unico salto ancillare saltato da un italiano sopra i 2,30 (poi saltò, com'è arcinoto, 2,33). Di conseguenza i salti sopra i 2,30 in realtà sarebbero 41. Se qualcuno sa altro delle progressioni (ovvero se sono noti altri salti ancillari oltre i 2,30) o vuole correggere, mi dica. Sono curioso. 

03/06/13

Il record della Borsi e i 15 anni persi dell'ostacolismo italiano

La storia dell'atletica la scrivono i numeri. Non son possibili revisionismi o interpretazioni: esiste solo la fredda verità data da un numero, o meglio, da una successione di numeri. Tempi e misure. Leggiamo il record di 12"76 di Veronica Borsi così: è la quarta italiana di sempre a scendere sotto i 13", dopo Carla Tuzzi e Micol Cattaneo, e dall'anno scorso Marzia Caravelli, che aveva, com'è arcinoto, l'ultimo record italiano di 12"85 a Montgeron. Se contiamo invece le prestazioni sotto i 13", la prestazione della Borsi porta il totale a 6: 2 a testa Tuzzi e Caravelli, e una per Borsi e Cattaneo. Statisticamente la Caravelli è sicuramente l'atleta azzurra che più ha segnato la specialità (così dicono i numeri) vantando ad oggi 6 delle 10 migliori prestazioni all-time, che elenco qui sotto:
  1. 12"76 (0,6) - Veronica Borsi - Orvieto (02/06/2013)
  2. 12"85 (1,8) - Marzia Caravelli - Montgeron (13/05/2012)
  3. 12"96 (-0,1) - Marzia Caravelli - Roma (31/05/2012)
  4. 12"97 (1,1) - Carla Tuzzi - Valencia (12/06/1994)
  5. 12"97 (-0,2) - Carla Tuzzi - Trento (16/06/1994)
  6. 12"98 (-1,3) - Micol Cattaneo - Annecy (22/06/2008)
  7. 13"00 (0,2) - Marzia Caravelli - Cagliari (01/06/2013)
  8. 13"01 (0,7) - Marzia Caravelli - Pergine (23/07/2011)
  9. 13"01 (0,0) - Marzia Caravelli - Arzana (30/07/2011)
  10. 13"01 (0,4) - Marzia Caravelli - Londra (06/08/2012)
Com'è altrettanto arcinoto, la lista all-time dei 110hs è stata devastata nelle ultime 3 stagioni, e due anni solari. 7 dei 10 risultati qui sopra, sono arrivati proprio dal 2011 a al 2013, e naturalmente è logico pensare e tutto sembra far ipotizzare che si fluidificherà ulteriormente. Guardavo la citata lista all-time e mi è venuta in mente questa cosa: cos'è successo all'ostacolismo italiano femminile post-Tuzzi (quindi da metà degli anni '90) e pre-Cattaneo (la prima rondine, diciamocelo, della primavera ostacolista italiana, avvenuta nel 2008). Cioè per 15 anni, cos'è successo all'ostacolismo italiano? Scorrendo la lista si trova la sparata di Margaret Macchiut nel 2006 (13"03), unica mosca bianca di un digiuno quaternario. Non conosco le ragioni, naturalmente, pongo solitamente problemi senza conoscere le risposte. Significativo che in quella stessa lista di sempre compaia all'ottavo posto di sempre Ilena Ongar, che a metà degli anni '70 correva in 13"24. Mi immagino cioè una curva prestativa che non ha seguito il suo corso, che si è interrotta forse troppe volte, e che ha lasciato questa branca dell'atletica femminile scoperta per troppi anni. Non per nulla a chi me lo chiede (in pochi invero...) suggerisco sempre di gettare a capofitto le proprie figlie in cerca di uno sport a fare ostacoli. 

Secondo il ranking dei Paesi di All-Athletics, oggi i 100hs femminili italiani rappresentano la seconda forza europea dietro la Russia (ma di un soffio... l'Italia sembra aver messo comunque la freccia dopo l'ultima infornata di risultati) e la quarta mondiale, dietro agli USA e il Canada, ma davanti all'Australia di quella aliena là che ben conoscete. Naturalmente il ranking si costruiscono sulle prime tre atlete, quindi sulla creme del movimento. 

Altra riflessione: Veronica Borsi, l'italiana più veloce di sempre sugli ostacoli "alti", si colloca al 69° posto di sempre delle liste europee, con la 631° prestazione, insieme a Nina Derbina, Xenia Siska, Julie Baumann e Nicole Ramalalanirina. Ci sono rimasto un pò, perchè la prestazione alle nostre latitudini pare qualche cosa di mostruoso, mentre sul piano storico sembra rivelare quel famoso gap generazionale. Certo, se poi andiamo a leggere le interpreti autrici di quelle 630 prestazioni, trovi dei veri e propria Frankenstein dell'atletica, costruite pezzo per pezzo negli arsenali militari oltrecortina o imballate all'Area 51, accanto agli alieni antropomorfi portati di nascosto dai campi di grano di Rosswell. Comunque cosa vuol dire 12"76? Sembra il classico tempo da correre in una semifinale di qualcosa di molto importante, come successe infatti a Tatyana Dektyarova ai mondiali di Daegu '11 (3^ in semifinale, la stessa battuta al Terra Sarda dalla Caravelli) o Susanna Kallur agli Europei di Goteborg '06. Andando più indietro negli anni, a Bettine Jahn alle semifinali dei mondiali di Helsinki '83, o a Yordanka Donkova nelle semifinali di Roma '83... devo continuare? Insomma, ci siamo capiti: 12"76 è lo Stargate che porta al Paradiso. Ma lo Stargate ha i suoi tempi in cui attivarlo, e ora andrà attivato al momento giusto e al posto giusto. 

Chiudo con una riflessione mia personale: non posso far a meno di pensare al "prima", così come successo con Emanuele Abate durante la stagione indoor (e l'esplosione di Dal Molin). Ora non posso non ricordare la presenza (compare pure nelle foto di Orvieto) di Marzia Caravelli. Marzia ha corso in 13"00 e 13"06 nel giro di un paio di giorni, cioè tempi comunque incastonati nella storia dell'ostacolismo italiano, e che adesso passano necessariamente in secondo piano, benchè piccole pietre miliari. Ora quella rabbia (da atleta non posso non pensare che sorga spontaneo uno spirito di rivalsa immediato), speriamo venga incanalato pacatamente in un meccanismo così delicato come una gara ad ostacoli alti ma corti. Alla fine Marzia è praticamente ai livelli dell'anno scorso. Si preannuncia una calda estate (in attesa di quella vera) di ostacolismo, anche con la pungolatura della Cattaneo, anche lei messasi in scia in fondo al rettifilo prima della chicane. 

02/06/13

Barbara Martinelli vicina alla barriera del minuto sui 400 a 48 anni.

A Lodi, ieri pomeriggio, ennesimo risultato di grido della lombarda Barbara Martinelli, che ha migliorato il record italiano F45 dei 400 metri di Elena Montini (altra lombarda) di quasi 4 decimi. Il nuovo record italiano, stando a questa pagina di risultati del sito Fidal Lombardia (qui la pagina), è sceso a 1'00"11 (i risultati dei 400 femminili sono stranamente presentati in forma random), contro l'1'00"50 di Elena che l'aveva stabilito nel 2009 sulla medesima pista lodigiana (dove peraltro l'aveva già migliorato, superando il decennale primato di Umbertina Contini). Nella conversione AGC, esce un roboante 94,82%, cioè, tradotto, un 50"20... Impresa nell'impresa, naturalmente, il fatto che il record sia arrivato al 3° anno di categoria (Barbara è del '65). Per soli 11 centesimi Barbara non si è potuta fregiare del titolo virtuale di prima donna italiana dai 45 anni in su sotto il minuto nei 400. Ma la stagione non è nemmeno a metà... Altre chicche statistiche: agli Europei di Zittau 2012, i 400 F45 furono vinti dalla spagnola Esther Colas con 1'00"67, quindi superiore al tempo della Martinelli. La Martinelli detiene anche il record al coperto con 1'00"16, e nell'arco delle ultime 3 stagioni ha già migliorato 6 volte i record italiani F45 di 400 e 800, indoor e outdoor, di cui attualmente è detentrice. Il record mondiale/europeo, giusto per avere delle pietre di paragone, è fissato all'incredibile 57"91 siglato dalla britannica Barbara Burton ai mondiali master di Buffalo del 1995. Qui sotto la cronologia recente del record italiano dei 400 F45. 
  • 1'05"0m - Umbertina Contini (1950) - Padova - 29/05/1999
  • 1'01"75 - Elena Montini (1962) - Lodi - 16/05/2009
  • 1'01"50 - Elena Montini (1962) - Lodi - 04/07/2009
  • 1'00"11 - Barbara Martinelli (1965) - Lodi - 01/06/2013

01/06/13

Francis come Galileo: la terra è piatta perchè.... Ben Jonhson si dopava

Preciso subito che il titolo dell'articolo ce l'ho messo io, perchè Valerio manco aveva pensato di firmare il suo articolo. E quindi eccola qui, un'altra pietra miliare sull'allenamento dello sprint scritta da Valerio Bonsignore. Certo, il presupposto è discutere delle tesi un pò debolucce di chi conduce le solite cacce alla strega Charlie Francis, che arrivano inevitabilmente tutte alla demonizzazione del suo pensiero qualunque esso sia, considerato che sulla strada verso l'inferno della logica si è accompagnati da Virgilio Ben Johnson, che la retta via era smarrita. Come se un'idea logica diventasse illogica se la dicesse un baro. Se Einstein fosse stato un truffatore, oggi saremmo stati molto meno relativi e più ancorati alla terra? Se Darwin fosse stato un ladro, oggi discenderemmo tutti da una costola? Se Leonardo fosse stato uno strozzino, la Monna Lisa sarebbe stata una baldracca fiorentina? Insomma la Santa Inquisizione è terminata da un pezzo, le streghe sono state già bruciate tutte, la responsabilità penale è personale e così come è successo a Francis, si paga per i propri reati (tranne che in Italia, naturalmente). Ma diamine, se uno dice una cosa intelligente, perchè dargli dell'imbroglione? Ma bando alle ciance e spazio a Valerio con il suo articolo illuminante su cosa, quanto e come Charlie Francis abbia portato novità ai sistemi di allenamento nello sprint e che è difficile francamente associare all'uso del doping. 

Rivoluzione del Mondo Master è iniziata: cosa cambierà dal 2014

Torno a scrivere dopo un lungo periodo di pausa, ma non mi voglio soffermare sulla cosa che non interessa ai più. Interessa di più quello che è successo lo scorso giovedì presso la sede nazionale della Fidal, dove si è riunita la Commissione Master della federazione, e dove, come è noto, il nostro rappresentante, Edgardo Barcella, dopo aver raccolto pubblicamente le istanze provenienti dalla base, le ha discusse in quella sede. Tramite la bacheca di Queenatletica su facebook, la pagina del gruppo del mio sito, e naturalmente quella di Edgardo, abbiamo cercato di richiamare quante più proposte possibili, attuabili, fattibili, che potessero migliorare il mondo master. Ho letto di alcune inevitabili lamentele provenienti dal popolo della rete circa l'assenza di alcune proposte a discapito di altre: bè, ora non ci sono più scuse per piangersi addosso. Se qualcuno ha idee perchè il mondo master venga migliorato, le dica adesso o faccia ammenda con sè stesso. La protesta trova la propria ragion d'essere quando non si viene ascoltati, o se si viene presi in giro con risposte pretestuose. Se si ha l'opportunità di dialogare con la controparte e poter portare le proprie idee, non ha senso sbraitare e inveire contro il cielo perchè i legislatori non ci ascoltino. Semplicemente bisogna chiederglielo, tramite un referente all'interno della Commissione, valutare la risposta e quindi agire. Comunque, qui sotto potrete leggere degli argomenti che abbiamo raccolto in rete e abbiamo quindi presentato in commissione tramite Edgardo, che li ha discussi. Li ha quindi raccolti in un sunto, che abbiamo rielaborato in maniera che tutti possano capire cosa sia successo. Ogni argomento presenta un titolo, quello che è stato l'esito della discussione e un nostro commento alla cosa.


  1. Abolizione doppio tesseramento Master/Assoluto – è ufficiale, non esisteranno più discriminanti. Resta solo da sciogliere il nodo sul "nome" della categoria, ovvero se dopo i 35 tutti si chiameranno master o se resterà (come sembrerebbe suggerire l'orientamento percepito) il termine "senior". I costi del tesseramento saranno uguali per tutti. Commento: una battaglia di civiltà che durava da anni sembra esser arrivata finalmente al capolinea. Una rivoluzione epocale, che metterà i master sullo stesso piano dei senior e grazie alla quale dall'entrata in vigore della stessa, conterà esclusivamente l'unica cosa che conta nell'atletica: i tempi e le misure. Per gli atleti in età master e la loro attività non cambierà assolutamente nulla (in relazione ai campionati individuali, di società, meeting con premi per categorie), mentre sarà finalmente vietato agli organizzatori di manifestazioni di atletica operare discriminazioni in base alla categoria, come ci si era abituati da anni. 
  2. Campionati Italiani su pista in sedi agevoli: il consigliere Giacomo Leone ci ha spiegato molto bene che non vi sono richieste da parte di città per accaparrarsi i campionati. A causa di questo, la federazione deve elemosinare di volta in volta una location. Commento: anche questo è un argomento da affrontare con decisione, visto che sulla scelta delle sedi e il conseguente svolgimento delle manifestazioni, si sono sollevate proteste da scuotere il Palazzo dalle fondamenta. Comprendiamo le difficoltà organizzative della Fidal, ma vogliamo contro-proporre delle idee, sulle quali chiederemo alla Commissione di riflettere. Perchè ad esempio la Fidal (magari la Commissione stessa) non si fa promotrice di proporre delle sedi, e poi non lavori per convincere le società o gli Enti (Fidal, Comuni e Regioni) di quelle stesse sedi ad organizzare l'evento? E' anche per questo che abbiamo proposto il "preavviso" di due anni per l'organizzazione dei campionati italiani. Gli italiani master non sono un costo, ma un investimento, per tutto l'indotto dovuto allo spostamento di 3000 persone, esclusi parenti ed affini. La Fidal ha diversi Uffici che potrebbero sfruttare l'evento, coinvolgere sponsor che lo garantiscano, crearci attorno l'alone di "evento" che renda felici i partecipanti, e perchè no (così va il mondo), curare l'aspetto di business. L'italiano master è un evento che va valorizzato, e che può regalare molto a tutti coloro che si troveranno coinvolti. Svilupperemo meglio questa idea.  
  3. Campionati italiani strutturati su più giornate: sembra di non facile attuazione ma la federazione valuterà la nostra possibilità di dividere l'organizzazione della manifestazione a seconda delle categorie. Sembra ormai invece assodato che i 100 metri prevederanno da oggi ed in futuro batterie e finali. Commento: l'estensione dei campionati a più giornate (anche una sola) ha un senso per noi (e chi ce l'ha inoltrata): sgravare il carico organizzativo, e consentire i recuperi a chi si cimenta in più specialità. Naturalmente comprendiamo che, partendo già dalle difficoltà sulla scelta della sede, diventerebbe ulteriormente difficoltoso individuare soggetti che si prendano l'onere di ospitare un campionato master se questo dovesse allungarsi a 4 giorni. Se però prendiamo quello che si è detto al punto "2"... 
  4. Affidamento dell’organizzazione dei campionati italiani con due anni di anticipo: vedi il punto 2 e il punto 3!! Qui Edgardo sottolinea la grande disponibilità del segretario generale della Fidal Paolo Bellino, che si è impegnato perché questo avvenga almeno per gli assoluti che hanno almeno più richieste dalle città. Commento: siam contenti che la cosa si estenda in realtà agli assoluti, anche se poi son 4 gatti. Sugli assoluti, personalmente, per estendere a 4 (ogiorni gli italiani bisognerebbe anche ampliare a dismisura la partecipazioni (se leggi, Paolo, valuta questa cosa) cosa buona e giusta per incentivare una grossa fetta di atleti "senior" a non abbandonare. Difficile correre batterie e finali degli 800 femminili quando le atlete sono in 7 o i 200 maschili con 9 iscritti. Più partecipazione, più festa e più spettacolo. 
  5. Accorpamento dei campionati di lanci invernali con quelli indoor - il consigliere Leone ha giudicato ottima l’idea ma mi ha anticipato che già nella riunione di marzo ad Ancona vi è il no della maggior parte dei lanciatori. Commento: la proposta che abbiamo portato l'abbiamo acquisita da alcuni lanciatori sulla rete. Ecco, sarebbe il caso che i lanciatori si mettessero d'accordo e facessero arrivare in Fidal una posizione condivisa sulla cosa. Comprendiamo che grazie al Grand Prix Master di lanci di fatto si sia costituita una allegra e festosa comitiva itinerante che dà senso sia agli aspetti agonistici che ad un rugbystico terzo tempo, ma parimenti la scissione di una branca dell'atletica dal resto delle discipline, potrebbe essere deleteria per tutto il movimento. Siam consapevoli che tra discipline esista di fatto già una separazione di scopi, spazi, tempi e di linguaggio, ma crearla anche in base alle sedi potrebbe alla lunga far perdere peso alle decisioni generali. Ma è solo una nostra opinione, visto che secondo noi, dovrebbero essere essi stessi a determinare il loro futuro. 
  6. Atleti stranieri tesserati in Italia senza limitazioni alla partecipazione all’attività master Assolutamente SI. Dall'approvazione della norma gli atleti stranieri tesserati e stanziali sul nostro territorio potranno partecipare a tutta l'attività master senza limitazioni (a patto che non abbiano un permesso di soggiorno per sport... sarebbe impari verso tutti). Commento: l'atletica master, più di qualunque altra branca di questo sport, deve essere un mondo senza confini, dove conta non la maglietta, ma l'uomo e la donna che ci stanno dentro. Poi è una scelta di grande civiltà: gli stranieri stanziali che lavorano in Italia, a causa dell'età, non hanno velleità di natura economica, fanno sport per passione. Vivono in Italia, sono tesserati in Italia, non sono professionisti, e li vediamo da anni sulle piste accanto a noi... sono in Italiani de facto. Dall'anno prossimo di diritto. 
  7. Attività internazionale: spronare l’EVAA ad un circuito europeo master e a rappresentative tra nazionali – punto purtroppo non toccato a causa della mancanza di tempo. Commento: su questo punto continueremo a spingere, perchè le offerte di partecipazione all'attività master devono essere molteplici. Anche quelle internazionali. Il fine ultimo è stimolare il proselitismo. Più persone praticano l'atletica, anche in età avanzata, più la ragnatela che compone questo mondo sportivo, si intensificherà, condenserà, coinvolgerà. 
  8. Nomine di cariche di organismi internazionali master su suggerimenti della Commissione master – la commissione valuterà le candidature e darà la propria opinione al consiglio. Commento: finalmente le candidature per le cariche internazionali potranno avere un'investitura (quasi) popolare (tramite i rappresentanti della commissione) facendole così uscire dalle logiche dello scambio di prebende e regalie. Si potrà finalmente puntare su persone cui dovrà essere riconosciuto il merito, la passione, la conoscenza di questo mondo, in modo tale che rappresenti il nostro Paese in quanto esempio di trasparenza cristallina. A noi piacerebbe tanto Lyana Calvesi... ma accettiamo suggerimenti, proposte, che poi sottoporremo all'assemblea virtuale e ai diretti interessati. 
  9. Visibilità dell’attività master: inadeguatezza del sito Fidal.it e rilancio delle informazioni sull’attività master – il link della pagina master nel sito Fidal verrà rimodernato con informazioni di tutti i tipi. Dalla logistica gare, ai centri fisioterapici convenzionati, alla designazione di “casa italia” nelle manifestazioni e a tutto quello che serve ai più esperti e non. Vi sarà anche un numero di telefono per necessità urgenti. Commento: chiaramente ai master, oltre che agli aspetti logistici-normativi, interessano (anzi, sono i più importanti), quelli agonistici. Servono informazioni costanti sull'attività master, sui risultati, i record, le medaglie. La Fidal dovrebbe cercare di trovare il modo di curare questo aspetto, conditio sine qua per diffondere il masterismo tra gli ex atleti (o nuovi...) over 35. 
  10. Visibilità dell’attività master: inserimento di una prova durante i campionati italiani assoluti – Si è avuta conferma del segretario Paolo Bellino che si farà. Quindi molto presto avremo una serie (da stabilire la specialità e la categoria, ma sulla quale avanzeremo proposte) che sia rappresentativa del mondo master all'interno dei campionati italiani assoluti. È piaciuta molto anche l'idea di Edgardo di riproporre una gara ad Handicap fra varie categorie come si vide ai mondiali master di Lahti. Commento: abbiamo ritenuto che la diffusione ed il proselitismo dell'attività master passasse attraverso due filtri: la piena partecipazione alle gare e la visibilità, conoscenza, dell'esistenza di questo mondo, e delle logiche agonistiche (e non pietistiche) che lo sorreggono. Lo sport, anche dopo i 35 anni, è sport: competizione, vincitori e perdenti. L'aver depauperato da sempre questo aspetto da parte dei decision makers è stato il grande freno alla diffusione dell'attività master nella seconda e terza età. Con la visibilità ai campionati italiani si rompe un tabù che in altre nazioni non è mai esistito. Durante i trials americani, la serie master è praticamente sempre esistita. Il riconoscimento ad una componente fondamentale e necessaria del nostro sport. 
  11. Da attuare nell’immediato: abolizione del divieto di partecipazione dei senior ai campionati italiani di società e alle staffette - sembra che sia quasi impossibile a livello burocratico ma il segretario Paolo Bellino ha promesso che ci proverà comunque vista la grande anti democraticità della cosa. Ovviamente dall’anno prossimo con il tesseramento unico non esisterà più questa limitazione bizantina. Commento: nel nome di questa norma, apparentemente stupida, ma che a ben guardarla nascondeva precisi intenti da parte di qualcuno non ben individuato, si sono consumate numerose ingiustizie. Pur comprendendo le difficoltà tecniche, ci sarebbe piaciuto che quanto meno le staffette potessero schierare i senior già da quest'anno. Aspetteremo. 
Il commento di Edgardo - Il presidente Alfio Giomi, il primo ad intervenire al termine dello svolgimento dei lavori della commissione, ha confermato che la nostra battaglia del tesseramento unico è vinta.
Il segretario Paolo Bellino, che devo lodare per l'impegno dimostrato, ha promesso una gara master all’interno degli assoluti, la programmazione biennale dei campionati italiani assoluti, il tesseramento unico ed ha fatto anche un excursus sui WMG di  Torino 2013: ebbene, la federazione, in relazione agli elevati costi di iscrizione (175 €) non ha voce in capitolo, ma essendo stato in precedenza inserito nel comitato organizzatore, ha voluto far capire che quello non è un evento legato alla sola atletica, ma bensì alla promozione dello sport in genere. Da qui il costo legato a tutte le gare che si possono fare, ai musei gratuiti, ai mezzi di trasporto gratuiti ed ad un pacco gara definito ”di valore”.
Il prof Dino Ponchio ha invece lodato la trasversalità delle commissioni e dei gruppi nati (master, cadetti, corsa su strada, regolamenti ed ente di promozione sportiva). Ha promesso che la commissione si riunirà ogni volta che vi siano da deliberare importanti decisioni. Si è vociferato in quella sede che la l'apertura della pista indoor di Padova, a causa della messa in liquidazione della ditta “Mondo” (ahinoi) vincitrice dell’appalto, riceva una brusca frenata.
Molto simpatica e di valore l’idea di Frederic Peroni (assente per motivi lavorativi) di far effettuare le gare ostacoli ai master all’interno delle gare giovanili cadetti. Essendo delle medesime altezze gli ostacoli non vi sarebbero problemi e vi sarebbe inoltre la tanto auspicata integrazione di generazioni. Molto probabile che anche questo vada in porto a favore dei tanti ostacolisti master che hanno solo un paio di gare l’anno.

19/05/13

Rubbiani con 5,22 cancella il più vecchio record master in vigore nell'asta

Tra i record italiani di over-35 della prima di stagione, ci sta anche quello dell'asta M35. Matteo Rubbiani, al Trofeo Liberazione di Modena, ha infatti saltato la misura di 5,22, ovvero 2 centimetri in più della misura ottenuta da Marco Andreini nel lontano 1997 a Rieti: 16 anni anche in questo caso (come per Trabucco con 10000 M65) (qui il link al risultato). Il record di Andreini rappresentava il più vecchio record italiano presente negli almanacchi nella specialità del salto con l'asta sia indoor che outdoor, tra uomini e donne. Quest'anno a Rubbiani era riuscito anche di portar ad Andreini via il record indoor, anch'esso datatissimo. Ora la palma di record più "antico" passa al salto di Carla Forcellini con il record indoor delle F40 risalente al 1999. 

Lo storico record di Trabucco nei 10000 M65

Torno per una comparsata dal mio silenzio forzato. Tra le decine di record italiani master già ottenuti nel 2013, assume un particolare valore storico il record sui 10000 M65 di Antonio Trabucco, classe 1948, che lo scorso 21 aprile a Roma è diventato appunto protagonista di una pagina indelebile di masterismo. Il tempo ottenuto al termine della sua gara, 36'42"62, (il link al risultato) ha infatti cancellato uno degli storici record di Luciano Acquarone, cioè Sir History parlando di masterismo tricolore, nella dizione "mezzofondo". Basti pensare che Luciano Acquarone detiene ancora la bellezza di 30 record italiani master: un'enormità. Una specie di precursore e pioniere del mondo Master. Così Trabucco riesce a scalzare una delle 31 perle di Lucianone, stabilendo un controvalore in AGC di 93,27%, ovvero, tradotto, un 28'14" sui 10000. Ma l'aspetto storico è dato dall'intervallo di tempo da cui resisteva il vecchio record di Acquarone: quasi 16 anni. Correva infatti il luglio del 1997, quando ai mondiali di Durban, in Australia, Luciano stabilì quel record. Era il quarto record più vecchio sui 10000 tra tutte le categorie master. Manco a dirlo, due dei tre davanti appartengono ancora ad Acquarone, che vanta il più datato primato italiano sui 10000: quello della categoria M50 che risale addirittura al 1981, cioè 32 anni fa! Pensate che invece quello dei 10000 M40 Acquarone l'ha detenuto di fatto per 40 anni, vedendoselo sottratto solo da Daniele Caimmi nel 2012. Il record europeo distava invece una decina di secondi: è infatti il 36'32"64 del portoghese Francisco Vincente del 1998.