30/10/13

Ricordi: Agostino, il mobbing e la nostalgia per il futuro (de il Corridor Cortese)

ACHTUNG RIKORDEN!  - per dirla alla Bonvi; oppure - FULL MEMORIES JACKET - per dirla alla Kubrick o - BORN TO REMEMBER - per dirla alla Hasford.  Insomma dovrei definire un nuovo logo per una etichetta che avvisi, come per i celiaci, del contenuto potenzialmente dannoso agli allergici ai ricordi: - MEMORIES FULL - al posto di - Gluten free - ?
Cosa ci posso fare, voglio bene ad alcuni dei miei ricordi, che quasi sempre arrivano da soli e non dargli una dignità scritta mi parrebbe un peccato e una perdita.
Da loro ho imparato e imparo ancora, così come dai ricordi degli altri.
Che poi, un ricordo è semplicemente ciò che è appena passato; ecco: la parola che abbiamo appena letto è già il passato (dunque un possibile ricordo), la parola che leggeremo è il futuro; e il presente dove diavolo si trova?  Forse nello spazio vuoto tra una parola e l'altra?  Ma hanno qualche importanza queste tentate definizioni?
Non lo so' naturalmente.  So' però che non saprei dire granché su uno spazio vuoto.
Dovrei ringraziare la Signora Roberta De Monticelli, a cui si potrebbe eventualmente girare la domanda: "dove si trova il presente"?   La Signora Roberta, tra l'altro, ha scritto "L'allegria della mente", che senza farmi spaventare e citando "Nutre la mente solo ciò che la rallegra", mi ha avvicinato al signor Aurelio Agostino da Tagaste.

Con la speranza che nessuno mi denunci per vilipendio o blasfemia, trascrivo qualche riga da "Le Confessioni", Libro decimo, capitolo VIII; dove Agostino (nella traduzione di Carlo Vitali) scrive:
- Tutto ciò si svolge nel mio interno, nella sala immensa della mia memoria. E vi sono pronti al mio cenno, il cielo, la terra, il mare, e tutte le sensazioni che mi hanno dato, ad eccezione di ciò che ho dimenticato. E là mi faccio incontro a me stesso, ricordo me stesso, quello che ho fatto e quando e dove -.  
Insomma, se Agostino teneva in gran conto i suoi Ricordi, perché non potrei tenermi stretto qualche mio ricordino?  Niente di che, per carità, una fotina ricordo, un ciondolino di Venezia, una Torre di Pisa che cambia colore con il cambiar del tempo...

Ne ho, per caso, uno piccolo, non di quando ero nella Legione Straniera (anche perché non ci sono mai stato) ma di quando ero Allievo.
Penso sia possibile proporlo, perché forse potrà tornare utile ad altri.  Poi più che me riguarda il mio Presidente, che chiameremo "T", di cui avevamo e ancora ho una gran stima. 
Si, T, il felice possessore del primo videoregistratore, portatile, ma da due Sherpa, di cui parlavo nell'Allenamento 1.1.
T era in gamba. Già redattore de la Zanzara, da ragazzo al liceo Parini; era un tipo poco incline ad apparire, ma straordinariamente efficace nel perseguire la sua idea di Atletica, che doveva essere per tutti. Da quelli più bravini a quelli diciamo più orientati alla compagnia piuttosto che all'agonismo; senza discriminazioni possibili.
Quell'anno ottenni il minimo di partecipazione per il trofeo Notari a Bologna, riservato agli allievi.  T mi propose per la partecipazione alla gara individuale, anche se ero l'unico a poter partecipare. La Società disse di sì, eppure era certo, almeno per me, che non sarei mai potuto entrare in finale.
Quando si trattò di capire chi mi avrebbe accompagnato, il presidente alzò gli occhi, si guardò attorno e non vide più nessuno.  
T ed io arrivammo la sera prima della gara. Usciti dalla stazione ci incamminammo alla ricerca di una pensione a buon mercato che ci ospitasse per una notte.  Trovata, sembrava tutto a posto, ma il presidente ad un certo punto mi guardò, - andiamo via - disse.  
Presi la borsa e uscii.  
Mentre si camminava alla ricerca di un nuovo posto, gli chiesi perché.  Attese un po' a rispondermi, poi disse - non ci guardavano bene - !  Non capii granché, anche perché non sono mai stato.. troppo precoce nel capire, ecco.  Ancora oggi diciamo che ci arrivo, si, ma con un po' di calma. Non dimenticai mai però lo sguardo di quel portiere di notte che guardava me e soppesava T con un mezzo ghigno sulla bocca.  Tornammo verso il centro, fermandoci in un albergo che la società non avrebbe potuto permettersi; T ci mise la differenza.
La gara, naturalmente, andò come doveva andare: non trattandosi di una fiction, non entrai in finale, anzi, andò proprio male.
- Non ti preoccupare, oggi pomeriggio andrà meglio - disse T; e aspettammo l'arrivo dei miei compagni di staffetta.
Grazie Presidente.
Le cose che ti vengono regalate in modo gratuito, non puoi dimenticarle.
Capisci che non dovrai sdebitarti con chi te le regala, ma forse ti sentirai meglio quando avrai fatto qualcosa del genere per un altro ragazzo.
Da quando ero Allievo, sono poi cresciuto (non tanto), allenandomi e correndo.
C'era un giornalino della Società, fatto da noi, raro per la sua puntualità. 
Ci si trovava una sera alla settimana in sede per coordinarsi, si discuteva di tutto, sicuramente di sociale e di politica molto più che di Atletica.   
Altre Società esigevano che ci si occupasse solo di Atletica, dimenticando che dopo la scuola, molto del nostro tempo lo dedicavamo all'Atletica e poi ci si vedeva pure fuori dal campo, perché si era amici.
Dunque, quello dell'Atletica era sicuramente l'ambito formativo più importante che frequentavamo. 
Mi sembrava più che giusto poter parlare di tutto, compreso delle non poche sollecitazioni sociali che mi circondavano, senza che nessun "talebano" potesse dire: "non si può" ! 
Comunque, in qualche altra società, spesso, la selezione qualitativa era immediata, chi non aveva abbastanza talento veniva emarginato.
Ricordo un allenatore di mezzofondo, sicuramente bravo (ancora oggi), che allenava alcuni tra i migliori allievi e junior italiani. Quando arrivava un nuovo aspirante atleta, lo aggregava immediatamente agli altri per il classico giro dell'ippodromo (di San Siro).
Se aveva talento e un po' di allenamento tornava comunque paonazzo al campo, altrimenti rimaneva per strada.  Durante l'inverno, tra quelle stradine un po' oscure era facile smarrirsi se non le si conosceva; come del resto diceva anche il Sig. Alighieri. 
Così capitava che quando arrivava il gruppetto della mia "ecumenica società", ramazzasse e riconducesse a casa le pecorelle sfinite e smarrite, che non avevano nemmeno più il coraggio di guardare negli occhi l'allenatore.
Allora il mobbing non era conosciuto, ma già praticato, pur senza un nome. 
Il mobbizzato spariva alla svelta, oppure capitava, a volte, che continuasse a correre con noi. 
Non me ne andai mai dalla mia Società: cambiò sede, provò anche a cambiar nome, ma senza mai riuscire a liberarsi di me.
Vado a chiudere, scrivendo delle mie piccole beghe familiari, almeno mi sfogo un po'.
Gino mi guarda spesso e adesso ho la percezione che si sporga un po' di più alle mie spalle per sbirciare ciò che ho scritto. Infatti, non passa un secondo che mi sento dire: - ancora con la nostalgia e i ricordi, ma bastaa - !
Non lo sopporto più, si è incattivito qualche mese fa, quando ha capito che non gli avrebbero restituito l'IMU sulla prima gabbia.  Si, sulla prima gabbia, Gino è il mio pappagallino.  Gli dico: - ma chi ti credi di essere - ?  Lui mi regala uno sguardo di compatimento e dice: - guarda che non mi fa ridere quello che scrivi, non sono mica pirla io -!
Che classe! Neanche fosse Mourinho! 
Figuratevi che è convinto, anche se per ora non ha il telefono, di essere stato incluso nell'elenco degli "intercettati" dalla Nsa. 
Comunque lo sapevo che sarebbe stato un errore insegnargli a parlare! 
Va be, nonostante il giudizio prevenuto di Gino, che secondo me, guardando i giornali che legge, è anche un po' reazionario; penso che i ricordi siano importanti; di fatto sono la nostra storia e possono aiutarci a capire perché siamo diventati ciò che siamo, nel bene e nel male, singolarmente e come collettività.
La nostalgia invece la riserviamo al futuro, a ciò che ancora di buono riusciremo a fare, per noi e magari per qualche ragazzo che vuole avvicinarsi all'Atletica.
Possiamo provarci.


il korridor cortesen

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