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17/08/13

Mosca '13: Day VII - chi piange e chi ride - Donato e la maledizione mondiale

Foto G. Colombo/Fidal
100 hs femminili - Marzia ride, Veronica piange - Si comincia subito con Marzia Caravelli, che dopo un cappuccio e una brioche in partenza (0"232 la sua reazione mattutina allo sparo... ovvero circa 6/7 da una partenza "buona") imprime nella storia un bel 13"07 con 0,5 contro di vento. Partendo "normalmente" avrebbe corso uno dei suoi tempi periodici dell'anno (un 13"00 o 13"01). Non sarebbe cambiato molto, visto che passavano ben in 4 e lei era seconda. Male invece Veronica Borsi, che nonostante un infortunio aveva voluto esserci lo stesso: 13"35, e fuori, quando sarebbe bastato un molto più che abbordabile (per lei) 13"23. Marzia prosegue, e adesso si fa davvero dura: probabilmente nemmeno correndo su tempi da record italiano si potrà andare in finale... certo, partendo "reattivamente" qualcosa dovrebbe venir molto meglio. Marzia è la seconda italiana di sempre ad arrivare ad una sermifinale mondiale: la prima e unica fu Patrizia Lombardo a Roma '87. Si fermarono in batteria sia la Tuzzi (per ben 3 volte: Goteborg '95, Stoccarda '93 e Atene '97), la stessa Caravelli a Daegu '11, e naturalmente la Borsi. Solo 4 atlete italiane in 30 anni di mondiali, e solo due di esse in semifinale. La Caravelli, col suo 13"07, stabilisce anche il miglior tempo azzurro di sempre ad un mondiale (precedente il 13"10 di Carla Tuzzi ad Atene '97).

200 maschili - Demonte fugace apparizione - non ha particolarmente inciso la presente di Enrco Demonte nei 200 maschili. Troppo lontana la condizione di quel 20"45 per poter ambire a correre quanto meno la semifinale che si raggiungeva col minimo B, ovvero 20"60. E' comunque difficile correre così veloce con soli 2 risultati all'attivo sub 21". 

Triplo maschile - dalla Caporetto si salva la vedetta lombarda - che mattinata pazzesca. Daniele Greco che si infortuna ancor prima di entrare in trincea, quando ancora è nelle retrovie in attesa di passare alla prima linea. Clamoroso: una delle poche nostre carte da giocare sul tavolo del consesso internazionale, scartata subito. Per fortuna c'è Fabrizio Donato, no? Macchè, Fabrizio incappa in una giornataccia, di quelle che statisticamente posso accadere (dopo parecchi mesi di astinenza agonistica) e il risultato è quello che può succedere a qualunque atleta che non ha seguito i pattern necessari per rendere il massimo. 16,53, 10 centimetri dalla qualificazione, e l'addio ai sogni di medaglia del bronzo olimpico. Ma che vogliamo? Che sia sempre festa? C'è da dire che nella impareggiabile carriera di Donato, nonostante le 5 partecipazioni ai mondiali, il laziale non è mai riuscito ad arrivare in finale. Così dall'ecatombe di sogni, dalla gragnuola di raffiche di mitra del nemico, esce indenne e a sorpresa la vedetta lombarda, Fabrizio Schembri. 16,83 e qualificazione diretta. Uno dei momenti più elevati della sua carriera, nella quale ha avuto la "sfortuna" di coabitare con due mostri sacri come Donato e Greco. Fino al suo salto di 16,83, in finale ad un mondiale c'erano andati solo Dario Badinelli a Roma '87 (11°), e Paolo Camossi due volte, a Siviglia '99 (dove fu 5° con 17,29) e ad Edmonton '01 (11°). 15 le presenze azzurre, e per Schembri si tratta del terzo mondiale. Greco partecipò alla sfortunata spedizione di Berlino, dove tutti e tre gli azzurri uscirono malamente. Nelle 15 partecipazioni mondiali, solo Camossi è riuscito a superare i 17 metri (il già ricordato 17,29). 

4x400 femminile - finalmente una sorpresa positiva - nel bollettino di guerra, finalmente arrivano le notizie positive. Dopo Schembri, che lenisce un minimo le ferite azzurre triplistiche, arriva una bella prova di coraggio della 4x400 femminile, che si guadagna una storica finale della 4x400. Era dal 1999 (Siviglia) che non si correva una finale con il quartetto del miglio femminile. Nel '97 ad Atene si era invece verificata la prima finale italiana della 4x400. Gli split presi elettricamente dicono Bazzoni 52"46, Milani 52"60, Chigbolu 53"68 e Grenot 50"88 (tempi presi sulla linea del traguardo con apposito software di cronometraggio sportivo). C'è da dire che il cambio tra Chigbolu e Grenot è avvenuto 5 metri prima del traguardo, giusto per la precisione. E ora? Ora la finale sarà impresa ardua: si parte dalla 6^ posizione, e il miglior risultato ad un mondiale sono stati due ottavi posti... 

Considerazione dell'ottava giornata - Ma che belli questi mondiali... peccato che nelle gare all'interno dello stadio l'azzurro non vada proprio di moda.

03/03/13

Goteborg '13: il Dio Greco del Salto Triplo

Mentre tutte le specialità sportive visivamente appaiono come frenesia di gesti, esplosività assoluta, dinamicità, un inno futuristico al corpo umano e all'amore passionale, quello del triplo è invece, nel mio immaginario, un inno all'Amor Cortese, all'armonia del corpo e della sua "musicalità". Non sono un tecnico di triplo, ma un cultore della bellezza plastica del gesto sportivo, sì. Il salto triplo è prima di tutto armonia, immagini in lenta successione immortalate per l'eterno. E più si va lontano, laggiù nella sabbia e più quel volo si ferma nello spazio e nel tempo e rimane impresso. Avete in mente Jonathan Edwards, no? L'ipnotismo che crea è legato sì all'impresa, ma anche e soprattutto alla immobile armonia del volo, al controllo totale del corpo in quella fase nella quale molti si sbraccerebbero come dei novelli Icaro avvicinatosi troppo al sole con le proprie ali di cera tanto da dover gestire l'ineluttabile impatto a terra. Poi è chiaro, dietro le quinte di un salto che rimane nella storia, c'è un lavoro abnorme, un talento sopraffino, le cesellate di mastri scultori sul marmo grezzo di Carrara. Ma a me rimane impresso il volo, la sospensione pneumatica del gesto come un ralenty che al'improvviso diventa vorticoso negli impatti a terra.

In tutto questo contesto Daniele Greco ha il suo modo di intendere la musicalità del gesto. Necessariamente. Mentre Edwards e quelli come lui sfruttano quel meccanismo perfetto da orologio svizzero che il buon Dio gli ha dato nei piedi, massimizzando così quella fase di volo che a causa di una velocità d'entrata più limitata rispetto ai "velocisti" alla Greco, risulta eterna, Greco appunto deve rispettare il medesimo copione ma ripercorrendo le stesse note nel minor tempo. Un'impresa nell'impresa. Daniele Greco ha una velocità d'entrata da suicidio in diretta, forte del suo sub-10"40 che vanta, che lo costringe a interagire con la pedana in maniera diversa. I "voli" hanno una parabola più bassa, per evitare atterraggi deflagranti, con chissà quale peso da sostenere a quel punto. I contatti a terra durano infinitamente di meno di quelli dei propri avversari, proprio per quella velocità inusitata.

Campione d'Europa. Basta questa locuzione e poi ripeterla qualche volta per assaporarla nella sua giusta dimensione. Probabilmente la miglior prestazione tecnica assoluta vista a questi Campionati Europei di Goteborg '13: il sontuoso 17,70 di Daniele Greco, 31° oro della storia italiana agli Europei Indoor, edizioni dimostrative incluse. 90 medaglie totali, sempre nel medesimo arco di tempo.

Greco fa il secondo salto più lungo della storia del triplismo italiano, dopo il sensazionale 17,73 di Fabrizio Donato a Parigi '11, quando il primo, un tal Teddy Thamgo si spinse laddove nessun uomo era mai giunto prima, ovvero il record del mondo indoor di 17,92. Per Donato quello fu il salto più lungo nella storia per un secondo classificato nel salto triplo. 8^ essere umano di sempre in una gara al coperto. Oggi Daniele Greco si è quasi arrampicato lassù, accanto al Fabrizione nazionale, 3 soli centimetri sotto. Sufficienti per essere l'11° uomo di sempre in una gara di salto triplo indoor, insieme ad un suo competitor attuale come Will Clay, che con la stessa misura, 17,70, vinse il mondiali di Istanbul l'anno scorso. Ma come Jonathan Edwards con "solo" 17,64 come miglior prestazione indoor? Dietro a Greco? E il 17,70 è anche il secondo salto più lungo di sempre di un italiano, visto che all'aperto resiste sempre l'annoso 17,60 di Fabrizio Donato ottenuto in una notturna milanese del 2000, quando duettò con Paolo Camossi.

Quel salto che trucida la gara, arriva al quarto attempt, quando il solo russo Fyodorov era riuscito a mettere il naso davanti per qualche secondo (17,12 dopo il 17,00 iniziale di Daniele). Poi il 17,15 e quindi il corpo mortale all'oro europeo. Molto più sotto la gara si anima solo col 17,30 di Samitov del 5° tentativo. Ma non c'è più nulla da fare, e non ce ne sarebbe nemmeno stata vista la differenza di classe in pedana. Bene, ora sotto col doppio moscovita Will Clay e Christian Taylor contro Fabrizio Donato e Daniele Greco.

02/02/13

Orgia azzurra: ma da domani sciopero

R. Bruni - foto Fidal.it
Penso che se mi avessero pagato per scrivere, non avrei scritto così tanto. Ma domani mi prendo un giorno di riposo e me ne vò ad Ancona a correre, e cascasse il mondo, domani non scrivo nulla... se ci riesco. Troppe cose successe oggi, tanto da farmi sbottare ad un tratto (dopo quel domino di risultati che sono piovuti dall'Europa) che "Giomi mi sembra l'Arrigo Sacchi dei Mondiali del '94". Quelli per intenderci dove tutto si aggiustò grazie alla Dea Fortuna sulla strada verso la finale col Brasile, ma che, purtroppo, si voltò proprio sulla curva finale, visto che Roby Baggio sparò sul tetto dello stadio di Pasadena il rigore maledetto. Di Tumi ne ho ampiamente parlato (prossimamente potrebbe pure assumermi come PR) con annessa vetrina dei sub-6"60 della storia dell'atletica azzurra, che trovate nella sezione "news". Peccato che le statistiche fornite dalla Fidal siano un pizzico asfittiche da questo punto di vista, fornendo solo la punta dell'iceberg di quello che potrebbe essere, e invece non è. Michael Tumi, quindi, nuovo record italiano sui 60 metri con 6"59, a Magglingen, e prima pagina dedicata del settimanale "Blu-Sky-Athletics" che non esiste chiaramente, ma dovrebbe, visto che più passa il tempo, più i media che parlano di atletica diminuiscono esponenzialmente. 

Bruni record nell'asta - Si va a Fermo, e troviamo il secondo record italiano di giornata. Roberta Bruni, la P!nk mora dell'asta italiana, che entra a piè pari nella storia assoluta dell'asta italiana, saltando 4,51 e relegando Anna Giordano Bruno nella cronologia storica della specialità. Anna Giordano Bruno, ricordiamolo, che aveva saltato 4,50 ad Udine nel 2010 e che aveva migliorato tre volte il record italiano indoor nel corso della propria blasonata carriera, finita troppo presto, purtroppo. Ma la vita non è solo atletica, giustamente, e c'è chi deve seguire la propria strada fuori da una pedana e da una pista. P!nk Bruni diventa così la nuova capostipite dell'astismo femminile italiano, che, stranamente, raramente ha vissuto di dualismi, lasciando sempre campo libero a rotazione alle migliori atlete. 

The Three Tenors dei 60hs femminili: Caravelli, Borsi e Cattaneo - in una giornata così densa di informazioni, risulta di incredibile qualità l'innalzamento dell'ostacolismo femminile italiano, di cui sto parlando insistimente da ormai diversi mesi. Marzia Caravelli sciabola il Pb sul verde linoleum dei record di Magglingen: 8"03 dopo una batteria corsa in 8"11. Micol Cattaneo a Karlsruhe 8"09 in finale, addirittura seconda in un meeting internazionale, dopo l'8"13 delle batterie. E poi Veronica Borsi, che a Mondeville ha sparato un 8"06 mirabolante (dopo un 8"12 corso in batteria). Fermiamoci tutti un attimo: in una giornata, ed in giro per l'Europa, si è di fatto riscritta la piccola storia dei 60hs femminili italiani. Marzia Caravelli si posiziona con un più "regolare" 8"03 al terzo posto di sempre (visto con gli occhi di oggi, quel 7"97 di Carla Tuzzi rimane davvero un'impresa grandiosa), anche perchè, incredibilmente, qualcuno in Fidal e testardamente ha voluto certificare l'8"04 (corso sub judice) ma per il quale ci fu squalifica, venendo smentiti anche a livello internazionale. Per fortuna è stata cancellata anche questa onta della vecchia gestione. O si rimangiavano la squalifica per la falsa (che a mio parere non era dovuta, vista anche la circolare chiarificatrice della IAAF in relazione a chi si muove sui blocchi prima dello sparo) o cancellavano il record. Hanno tenuto tutti e due. Amen... per fortuna c'è Marzia, vittima d'allora e oggi carnefice di tutta quella vicenda. Scordamoce O' Passato. Intanto, zitta-zitta, la Borsi mette la freccia e dal settimo rango di sempre, si issa al 4° posto, mentre la Cattaneo rimane ancorata al secondo posto, anche se aggiunge un cammeo alla sua carriera, che ormai lo possiamo dire, ha ripreso dal punto-e-virgola di quando fu costretta a sospendere l'attività. 

Dal Molishon scende ancora 7"64 - Paolo Oliver Dal Molishon riscrive ancora, per l'ennesima volta la sua personale storia con i 60hs. Aveva 7"68? Eccoci... e allora becchiamoci un 7"64 in batteria a Karlsruhe, a 7 centesimi dalla bandiera ficcata da Emanuele Abate in cima alla vetta azzurra della specialità. In finale corre la sua seconda prestazione di sempre: 7"66, prestazione che  mi è capitata pure di vedere in diretta. Un macellaio di ostacoli! 7"66 è davvero tempo bugiardo, e chissà se gli riuscisse di sfiorare quegli ostacoli come un cesellatore di diamanti De Beers, piuttosto di fare il tritacarne. Comunque, c'è!

Greco, secondo al mondo: 17,07 -  in questa orgia di risultati, mi scuso con Greco se ricordo che il suo risultato è secondo al mondo dietro al risultato di Marian Oprea. 17,07, ad Ancona, che è il suo terzo risultato di sempre (con un 17,28 là davanti). 

Anche la Magnani alla festa: 4'13"17 e 5^ all-time - Margherita Magnani, sempre a Karlsruhe, che arriva 4^ e mette il 5° posto di sempre nelle graduatorie italiane. Di sicuro la mezzofondista più in forma del momento. 

Degli altri (Chiara Rosa, Cerutti & Collio, Julaika Nicoletti, Audrey Alloh, Elisa Cusma & Marta Milani, Abdellah Haidane & Maksym Obrubansky) rimando alla prossima uscita. Mò basta per oggi, davvero troppo. Per domani scendo in sciopero e me ne vò ad Ancona ad immolare l'anima al Dio Kronos, sperando sia magnanimo. 

21/01/12

Daniele Greco esplode nella storia: 17,24 ad Ancona

Daniele Greco - foto FFOO
Se dovessi trasportare Daniele Greco al calcio, sarebbe come parlare del giocatore dal colpo funambolico alla Messi, cui manca però la continuità per essere Messi. E ne è piena la storia di questi atleti che ti fanno sperare ad ogni knok-knok-knokin' on heaven's doors, che si aprano per loro, appunto, le porte del paradiso, salvo poi... Posso sussurrare il nome di Andrew Howe, per esempio? Ma l'atletica ha il grande pregio di sparare tra gli immortali anche chi solo per qualche attimo, in un particolare giorno in cui passa la meteora (solitamente ogni 4 anni) ha trovato il giusto equilibrio tra il proprio talento, la propria forma, le congiunzioni astrali, la fortuna. E tutto quello che c'è stato prima, la sfortuna, gli infortuni, le annate sbagliate, i litigi, la tristezza, passa tutto in un attimo. Cancellato. Ebbene, Daniele Greco ha sempre dimostrato di avere i numeri per essere se non il migliore, quanto meno parte integrante del cerchio magico di coloro che possono avere lo sguardo del vincente e non quello che lo abbassa davanti a Thamgo, Idowu, Oprea o Olsson. Ad Ancona oggi il poliziotto ha scritto un'altra pagina di storia personale, e soprattutto di storia italiana del salto triplo: 17,24, suo record personale ogni-luogo, seconda volta oltre i 17 metri (la prima, il 17,20, accadde proprio durante il passaggio di una quelle comete: a Kaunas, nel 2009, durante i campionati europei di categoria). Il 17,24 è prestazione che gli vale la WL, ovvero la miglior prestazione mondiale al mondo al 21 gennaio. Gli vale soprattutto il terzo posto nelle liste all-time italiane. Davanti il miglior triplista italiano di sempre (Beppe Gentile permettendo), Fabrizio Donato (17,59), poi il campione del mondo indoor Paolo Camossi (17,32) e poi lui. Superato uno dei triplisti italiani più solidi degli ultimi anni, il lombardo Fabrizio Fabrizio Schembri (17,12). Comunque, lo capiremo solo vivendo e speriamo che nell'anno olimpico.... basta, non dico più nulla. Più tardi ampio spazio agli altri risultati. 

26/01/11

Verso Parigi 2011: Il triplo italiano agli Euroindoor

Parlando del minimo ottenuto da Schembri, mi è venuta da fare questa riflessione statistica sul salto triplo italiano agli Euroindoor. Ebbene, iniziamo dal fatto che se potessimo contare le presenze ai campionati europei indoor degli atleti italiani raccoglieremmo 29 caps (tra qualificazioni e finali). Le 29 presenze si riducono di fatto a 24 partecipazioni (ma secondo me, il fatto di passare le qualificazioni attribuirebbe due presenze, non una nell'overall di maglie azzurre). Nel club azzurro dei presenti agli euroindoor del salto triplo si trovano solo 9 atleti, nonostante la storia dei campionati continentali indoor sia ormai ultra quarantennale. Dario Badinelli vanta 7 presenze, ed è l'atleta italiano con più presente nel salto triplo. 4 gettoni (e 5 caps) per la leggenda di Mexico-68 Giuseppe Gentile (ma tenete presente che le prime edizioni fino al 1968 non erano considerati ancora Campionati Europei), così come Roberto Mazzuccato. A 3 presenze (e 6 caps) si ferma Fabrizio Donato. 2 Paolo Piapan, e a 1 Alessandro Ussi, Paolo Camossi, Salvatore Morello e Daniele Greco. Fabrizio Schembri, che la settimana scorsa ha ottenuto con 16,93 il lasciapassare per Parigi '11 (teorico... perchè poi la Fidal vuol sempre avere l'ultima parola) potrebbe essere quindi il decimo atleta italiano a cimentarsi in questa specialità ad un campionato europeo indoor. Per quanto riguarda i risultati, l'apogeo della specialità è stato raggiunto da Fabrizio Donato nell'edizione 2009, quella torinese, dove sulla magica pedana del Lingotto (erano lì, no?) riuscì a stampare un bestiale 17,59. Per trovare un'altra medaglia bisogna tornare invece all'edizione 2000 di Gand, in Belgio, quando Paolo Camossi riuscì invece a giungere terzo con 17,05. Statisticamente si contano 16 piazzamenti tra il 4° e l'8° posto (fino cioè a quella posizione che le Federazioni ritengono "significativa" per un'ipotetico campionato a squadre). Due quarti posti (Donato a Vienna '02 e Gentile nell'edizione del '66 di Dortmund), tre quinti: Badinelli nel 1989 a L'Aja, in quella che rimane la sua miglior prestazione in un Europeo. Ancora Giuseppe Gentile a Madrid nell'annata d'oro 1968, e Paolo Piapan a Milano nel '78 (l'edizione passata alla storia per la presenza sulla pedana dell'alto dell'Angelo Biondo). Roberto Mazzuccato ha ottenuto due settimi e due ottavi posti, mentre è significativo come Dario Badinelli fosse arrivato ben sei volte tra i primi 8 in una finale continentale. Se è chiaro che non è stato il triplista più vincente, di sicuro il bresciano è stato quello più longevo ad alti livelli. Lo stesso Fabrizio Donato, che quest'anno fa-35, nonostante sia stato l'atleta con più anni di attività ad alto livello, porta nel proprio carnet un numero inferiore di finali. Proprio sulla longevità in questa particolare manifestazione si può disquisire: Dario Badinelli, tra la prima e l'ultima edizione di Euroindoor cui ha partecipato, ha lasciato intercorrere 8 anni (dal 1983 al 1990). Fabrizio Donato, partecipando sia all'edizione 2000 sia a quella del 2009, ha già coperto un arco temporale di 10 anni. Partecipando anche quest'anno arriverebbe a 12 anni... sulla breccia. Sempre Dario Badinelli è stato l'atleta che ha collezionato più presenze consecutive ad un Europeo (4, dal 1983 al 1986). 
Dicevamo 24 partecipazioni (e 29 caps): su 24 partecipazioni, tenendo presente che in molti campionati si è svolta la finale diretta, solo in 3 casi non vi è stato accesso alla finale dal turno preliminare: la prima vittima illustre fu proprio Giuseppe Gentile a Praga '67 (fuori con 15,51). Poi è toccato in tempi recenti a Salvatore Morello (nel 2005, fuori con 15,82) e l'estroso Daniele Greco, vittima ormai di inciampi illustri (15,76 a Torino 2009). Quindi: in 8 circostanze gli italiani hanno fatte le qualificazioni, ed in 3 sono usciti dalla porta di servizio. 
Le misure: sarà un caso, ma le uniche due circostanze in cui un italiano ha superato la fettuccia dei 17 metri ha conquistato una medaglia europea (l'oro di Donato e il bronzo di Camossi). Nella lista all-time dei campionati troviamo poi il 16,90 sempre di Donato che gli valse il quarto posto a Vienna '02 e quindi il 16,86 in qualificazione di Camossi a Gand '00, l'edizione che lo vide sul podio col citato 17,05. Badinelli si è fermato al 5° posto di questa classifica avulsa con il 16,67 di Madrid. Qualcuno dovrebbe scrivere la storia di Dario Badinelli: un atleta che per molti versi si è fermato alle soglie del paradiso. Una longevità sportiva senza precedenti, ad alti livelli in cui è mancato sempre quel pizzico di fortuna che lo portasse a vincere una madaglia prestigiosa. Riflessione: su 29 caps (tra qualificazioni e finali) solo 11 sono prestazioni sopra i 16,50, che rappresenta una soglia di visibilità minima. C'è da dire che nei suoi 6 caps, Donato non è mai andato sotto questa soglia, così come Camossi, che però ha partecipato ad una sola edizione di Campionati Europei. In 7 non hanno invece raggiunto la soglia dei 16 metri (ed infatti in questa "fossa" si trovano ovviamente i 3 unici eliminati della storia del triplo italiano agli Euroindoor). 

23/01/11

Ma che succede a Daniele Greco? Brillano Greg Bianchi e Irene Pusterla... ma è ticinese

Irene Pusterla col suo 6,76 estivo: record svizzero e... ticinese
Le gare indoor in Italia seguono un canovaccio consolidato da qualche anno, data la scarsezza di impianti: ad Ancona ci si cimenta in tutte le specialità, mentre nel resto dei palazzetti di Italia, nei salti, nel solo lancio del peso, nei 60 piani e se va bene nei 60hs. I risultati migliori arrivano forse dall'inviolabile palazzetto di Saronno (per via della sacralità della pista, che è utilizzabile esclusivamente dopo una benedizione, la verifica dei chiodi, la pesatura e caratura dei coturni) dove nel salto in lungo sia maschile che femminile si sono avuti risultati di una certa consistenza. Tra le donne ha prevalso la ticinese Irene Pusterla, con 6,39, ma quest'anno ha sfiorato l'accesso alla finale degli Europei di Barcellona oltre che sfondare il trentennale record elvetico di 6,71 con un mostruoso 6,76. Superiore. Cenni di ripresa dalla stessa specialità all'italiana, visto che Tania Vicenzino è arrivata sino a 6,28, con una buona serie di salti. Gli ultimi due anni per il salto in lungo al femminile italiano sono stati una sorta di Caporetto senza precedenti: si spera che si torni ai fasti di un tempo nemmeno tanto lontano: non si chiede una seconda May, ma una Capriotti o un Uccheddu non sarebbe male. Tra gli uomini è sempre più da seguire l'estro italo-elvetico di Gregory Bianchi, che è planato a 7,49. Ma incredibile affollamento una ventina centimetri più sotto (tra l'altro tutte promesse), con Kevin Ojiaku 7,30, Lorenzo Crosio 7,29, Federico Chiusano 7,29, Simone Cairoli 7,28, Stefano Combi 7,26. Nel triplo Cecilia Pacchetti, astro nascente e grandissima promessa di nemmeno tanti anni fa, si avvicina ai 13 metri: 12,82. Dovrebbe saltare attorno ai 13,50 per diventare qualche cosa di più di una promessa, e per mantenere su quel nome e cognome le speranze di un futuro fulgido.
A Napoli la junior Dariya Derkach invece sfonda la barriera dei 13 (sempre nel triplo): 13,04. Lei il futuro se lo sta già scrivendo. Nei 60 Mario Longo non riesce ad avvicinare il suo record del mondo "chiamato" M45 di 6"97: 7"16 per ora.
Ad Ancona si vede un grande Michele Oberti (1987) che sugli 800 catechizza un tizio più alto in grado di lui e coi galloni più pesanti dei suoi, di innumerevoli sanguinose pugna come Livio Sciandra: 1'50"78 a 1'51"25 dell'aviere. Giorgio Berdini (1979) abbatte invece a spallate la barriera degli 8" sugli hs alti: 7"98 sufficiente a regolare l'astro emergente John Nalocca, 8"14. Nell'alto notevole il 2,11 dello junior Stefano Nadalini che poi prova inutilmente i 2,14. E poi c'è la questione Daniele Greco, che non riesce a raggiungere i 16 metri, fermandosi a 15,92 rischiando di essere battuto da un ottimo atleta come Michele Boni (15,85). Che dire? Siamo di fronte ad un talento impressionante, capace di essere veloce come non pochi, che potrebbe avere chance anche nella velocità, ma che nel triplo cerca una dimensione che per il momento non ha ancora trovato, se non saltuariamente. Raggi di sole di un talento cristallino, che probabilmente dovrebbe essere in qualche modo disciplinato in una specialità tra le più tecniche dell'atletica. Per ora nelle grandi manifestazioni internazionali cui è stato portato, dopo prestazioni da uomo-superiore durante la stagione, Greco ha deluso indubbiamente le aspettative, visto che è uno dei talenti italiani più promettenti per la seconda decade del XXI secolo. Nel lungo femminile, Valeria Canella non riesce a rispondere alla Vicenzino, fermandosi ad un dignitoso 6,14 (ma è pur sempre misura da podio ai campionati italiani assoluti), mentre negli 800 femminili si è vista all'opera la cantante Annalisa Minetti, che essendo del 1976 è pure F35: 2'32"90 per lei, record italiano per la sua categoria di ipovedenti, e tempo di tutto rispetto anche nell'ottica di un campionato italiano master.