07/11/13

Carmelo Rado: il miglior master italiano dell'anno?

In periodo di consuntivi di fine anno, dopo aver assistito all'attribuzione dei premi ai migliori master dell'anno di EVAA e WMA, volevo parlare di un atleta che avrebbe meritato sicuramente qualcosa di più nel consesso internazionale, ma che i soliti meccanismi oscuri e amicali di attribuzione dei premi, ha tagliato fuori. Penso che la Fidal debba a questo punto consegnare a Carmelo Rado il premio al master dell'anno, se non altro per i 3 record mondiali ottenuti in una specialità numericamente molto più frequentata rispetto al resto delle specialità in età avanzata, come quella dei lanci. I numeri non nascondono nulla, a partire dai 3 record mondiali (nel pentalanci con 5355 ottenuto ad Aosta l'8 settembre, con il 40,45 nel disco ottenuto a Montecassiano il 21 settembre e il 19,91 nel martellone a Rimini il 30 agosto. Diventano così 6 i record del mondo master attualmente detenuti da Rado, visto che ricomprendono oltre a questi 3, quelli del disco M70 e M75 e il pentalanci M75. Solo in Italia, (lui compie gli anni ad agosto, quindi l'ottantesimo de facto l'ha compiuto solo da un paio di mesi) i record nazionali del 2013 sono stati ben 10. 48 i titoli italiani di cui 2 quest'anno... mi sembra che se ci dovesse essere un master dell'anno, questo dovrebbe essere Carmelo Rado.  

30/10/13

Ricordi: Agostino, il mobbing e la nostalgia per il futuro (de il Corridor Cortese)

ACHTUNG RIKORDEN!  - per dirla alla Bonvi; oppure - FULL MEMORIES JACKET - per dirla alla Kubrick o - BORN TO REMEMBER - per dirla alla Hasford.  Insomma dovrei definire un nuovo logo per una etichetta che avvisi, come per i celiaci, del contenuto potenzialmente dannoso agli allergici ai ricordi: - MEMORIES FULL - al posto di - Gluten free - ?
Cosa ci posso fare, voglio bene ad alcuni dei miei ricordi, che quasi sempre arrivano da soli e non dargli una dignità scritta mi parrebbe un peccato e una perdita.
Da loro ho imparato e imparo ancora, così come dai ricordi degli altri.
Che poi, un ricordo è semplicemente ciò che è appena passato; ecco: la parola che abbiamo appena letto è già il passato (dunque un possibile ricordo), la parola che leggeremo è il futuro; e il presente dove diavolo si trova?  Forse nello spazio vuoto tra una parola e l'altra?  Ma hanno qualche importanza queste tentate definizioni?
Non lo so' naturalmente.  So' però che non saprei dire granché su uno spazio vuoto.
Dovrei ringraziare la Signora Roberta De Monticelli, a cui si potrebbe eventualmente girare la domanda: "dove si trova il presente"?   La Signora Roberta, tra l'altro, ha scritto "L'allegria della mente", che senza farmi spaventare e citando "Nutre la mente solo ciò che la rallegra", mi ha avvicinato al signor Aurelio Agostino da Tagaste.

Con la speranza che nessuno mi denunci per vilipendio o blasfemia, trascrivo qualche riga da "Le Confessioni", Libro decimo, capitolo VIII; dove Agostino (nella traduzione di Carlo Vitali) scrive:
- Tutto ciò si svolge nel mio interno, nella sala immensa della mia memoria. E vi sono pronti al mio cenno, il cielo, la terra, il mare, e tutte le sensazioni che mi hanno dato, ad eccezione di ciò che ho dimenticato. E là mi faccio incontro a me stesso, ricordo me stesso, quello che ho fatto e quando e dove -.  
Insomma, se Agostino teneva in gran conto i suoi Ricordi, perché non potrei tenermi stretto qualche mio ricordino?  Niente di che, per carità, una fotina ricordo, un ciondolino di Venezia, una Torre di Pisa che cambia colore con il cambiar del tempo...

Ne ho, per caso, uno piccolo, non di quando ero nella Legione Straniera (anche perché non ci sono mai stato) ma di quando ero Allievo.
Penso sia possibile proporlo, perché forse potrà tornare utile ad altri.  Poi più che me riguarda il mio Presidente, che chiameremo "T", di cui avevamo e ancora ho una gran stima. 
Si, T, il felice possessore del primo videoregistratore, portatile, ma da due Sherpa, di cui parlavo nell'Allenamento 1.1.
T era in gamba. Già redattore de la Zanzara, da ragazzo al liceo Parini; era un tipo poco incline ad apparire, ma straordinariamente efficace nel perseguire la sua idea di Atletica, che doveva essere per tutti. Da quelli più bravini a quelli diciamo più orientati alla compagnia piuttosto che all'agonismo; senza discriminazioni possibili.
Quell'anno ottenni il minimo di partecipazione per il trofeo Notari a Bologna, riservato agli allievi.  T mi propose per la partecipazione alla gara individuale, anche se ero l'unico a poter partecipare. La Società disse di sì, eppure era certo, almeno per me, che non sarei mai potuto entrare in finale.
Quando si trattò di capire chi mi avrebbe accompagnato, il presidente alzò gli occhi, si guardò attorno e non vide più nessuno.  
T ed io arrivammo la sera prima della gara. Usciti dalla stazione ci incamminammo alla ricerca di una pensione a buon mercato che ci ospitasse per una notte.  Trovata, sembrava tutto a posto, ma il presidente ad un certo punto mi guardò, - andiamo via - disse.  
Presi la borsa e uscii.  
Mentre si camminava alla ricerca di un nuovo posto, gli chiesi perché.  Attese un po' a rispondermi, poi disse - non ci guardavano bene - !  Non capii granché, anche perché non sono mai stato.. troppo precoce nel capire, ecco.  Ancora oggi diciamo che ci arrivo, si, ma con un po' di calma. Non dimenticai mai però lo sguardo di quel portiere di notte che guardava me e soppesava T con un mezzo ghigno sulla bocca.  Tornammo verso il centro, fermandoci in un albergo che la società non avrebbe potuto permettersi; T ci mise la differenza.
La gara, naturalmente, andò come doveva andare: non trattandosi di una fiction, non entrai in finale, anzi, andò proprio male.
- Non ti preoccupare, oggi pomeriggio andrà meglio - disse T; e aspettammo l'arrivo dei miei compagni di staffetta.
Grazie Presidente.
Le cose che ti vengono regalate in modo gratuito, non puoi dimenticarle.
Capisci che non dovrai sdebitarti con chi te le regala, ma forse ti sentirai meglio quando avrai fatto qualcosa del genere per un altro ragazzo.
Da quando ero Allievo, sono poi cresciuto (non tanto), allenandomi e correndo.
C'era un giornalino della Società, fatto da noi, raro per la sua puntualità. 
Ci si trovava una sera alla settimana in sede per coordinarsi, si discuteva di tutto, sicuramente di sociale e di politica molto più che di Atletica.   
Altre Società esigevano che ci si occupasse solo di Atletica, dimenticando che dopo la scuola, molto del nostro tempo lo dedicavamo all'Atletica e poi ci si vedeva pure fuori dal campo, perché si era amici.
Dunque, quello dell'Atletica era sicuramente l'ambito formativo più importante che frequentavamo. 
Mi sembrava più che giusto poter parlare di tutto, compreso delle non poche sollecitazioni sociali che mi circondavano, senza che nessun "talebano" potesse dire: "non si può" ! 
Comunque, in qualche altra società, spesso, la selezione qualitativa era immediata, chi non aveva abbastanza talento veniva emarginato.
Ricordo un allenatore di mezzofondo, sicuramente bravo (ancora oggi), che allenava alcuni tra i migliori allievi e junior italiani. Quando arrivava un nuovo aspirante atleta, lo aggregava immediatamente agli altri per il classico giro dell'ippodromo (di San Siro).
Se aveva talento e un po' di allenamento tornava comunque paonazzo al campo, altrimenti rimaneva per strada.  Durante l'inverno, tra quelle stradine un po' oscure era facile smarrirsi se non le si conosceva; come del resto diceva anche il Sig. Alighieri. 
Così capitava che quando arrivava il gruppetto della mia "ecumenica società", ramazzasse e riconducesse a casa le pecorelle sfinite e smarrite, che non avevano nemmeno più il coraggio di guardare negli occhi l'allenatore.
Allora il mobbing non era conosciuto, ma già praticato, pur senza un nome. 
Il mobbizzato spariva alla svelta, oppure capitava, a volte, che continuasse a correre con noi. 
Non me ne andai mai dalla mia Società: cambiò sede, provò anche a cambiar nome, ma senza mai riuscire a liberarsi di me.
Vado a chiudere, scrivendo delle mie piccole beghe familiari, almeno mi sfogo un po'.
Gino mi guarda spesso e adesso ho la percezione che si sporga un po' di più alle mie spalle per sbirciare ciò che ho scritto. Infatti, non passa un secondo che mi sento dire: - ancora con la nostalgia e i ricordi, ma bastaa - !
Non lo sopporto più, si è incattivito qualche mese fa, quando ha capito che non gli avrebbero restituito l'IMU sulla prima gabbia.  Si, sulla prima gabbia, Gino è il mio pappagallino.  Gli dico: - ma chi ti credi di essere - ?  Lui mi regala uno sguardo di compatimento e dice: - guarda che non mi fa ridere quello che scrivi, non sono mica pirla io -!
Che classe! Neanche fosse Mourinho! 
Figuratevi che è convinto, anche se per ora non ha il telefono, di essere stato incluso nell'elenco degli "intercettati" dalla Nsa. 
Comunque lo sapevo che sarebbe stato un errore insegnargli a parlare! 
Va be, nonostante il giudizio prevenuto di Gino, che secondo me, guardando i giornali che legge, è anche un po' reazionario; penso che i ricordi siano importanti; di fatto sono la nostra storia e possono aiutarci a capire perché siamo diventati ciò che siamo, nel bene e nel male, singolarmente e come collettività.
La nostalgia invece la riserviamo al futuro, a ciò che ancora di buono riusciremo a fare, per noi e magari per qualche ragazzo che vuole avvicinarsi all'Atletica.
Possiamo provarci.


il korridor cortesen

29/10/13

Mondiali Master IV: tutti i risultati degli italiani

Qui di seguito inserisco tutti i risultati dei mondiali. Come detto e ridetto, il peggior servizio dati della storia, purtroppo. Un passo indietro deciso che sicuramente non si riproporrà a Lione '15. L'Italia finisce, come si diceva su facebook, a 30 medaglie con 37 atleti totali presenti. A Sacramento, 2 anni fa, le medaglie furono 39, con 73 atleti (il doppio di quelli che hanno partecipato in Brasile) di cui 15 ori ma contro i 17 recentemente conquistati in Brasile. 85 finali per la spedizione negli USA contro le 56 brasiliane, ma chiaramente sempre tenendo in mente la consistenza della spedizione. Il principio appare anche abbastanza banale: più ci si allontana dalla Patria, o da dove è più facile arrivare, più la selezione viene fatta dalle opportunità di ben figurare... del resto attraversare mezzo mondo avendo pochissime chance di accedere ad una finale, spesso sconsiglia l'investimento. Volenti o nolenti, il mondo master sarà sempre legato alle capacità economiche dei singoli di permettersi i viaggi. Quello che inserisco qui sotto, è il prospetto di tutti i risultati degli italiani... 

26/10/13

Mondiali Master III - l'Italia arriva a 19 medaglie - qualche dato statistico

Passato qualche giorno di silenzio, eccoci di nuovo qui, con un altro spezzone di report che riporta le prestazioni di altri italiani. Le medaglie si sono moltiplicate a dismisura, portando lo score generale a 19. Purtroppo il sistema utilizzato di presentazione dei dati è una cosa scandalosa: un foglio di html nudo che viene continuamente aggiornato trasformandolo in un vero e proprio lenzuolo infinito. Comunque, per gli italiani iniziano le doppiette, se non le triplette di medaglie. Sugli scudi Giorgio Bortolozzi, ma anche Walter Arena, giunti alle doppiette di ori. Difficile dare un giudizio complessivo, quindi vediamo le medaglie dei singoli. Il giudizio finale arriverà appena avrò tutti i dati (e se non me ne sfuggirà qualcuno). 

Antonio Montaruli - oro nei 300hs M65 con 48"22 - prepotente vittoria iridata di Antonio Montaruli, che come ama ricordare Frederic Peroni (uno dei pochi della commissione master a salvarsi) è figlia, oltre che dalle capacità atletiche di Antonio, dalla possibilità data a livello regionale di poter gareggiare alcune gare con i cadetti, laddove gli ostacoli master nella programmazione generale non trovano praticamente spazio se non nelle feste comandate, come gli italiani. Proprio in quelle gare "miste" Antonio ottenne i due record italiani che lo hanno messo in pole position a questi mondiali. Poi uno-due micidiale, con il miglior tempo in batteria (49"53) e poi la vittoria di "giustezza" (8 centesimi) in finale: 48"22 contro il 48"30 del britannico Tony Wells.  Primo oro mondiale individuale per Antonio che solo nel mio database vanta 77 caps azzurri (ma come è noto mi mancano una bella fetta di europei pre-2000). L'altro oro individuale lo conquistò agli europei di Lubiana '08. Ai mondiali, fino alla finale di Porto Alegre, aveva conquistato due bronzi (S. Sebastian '05 nei 100hs e Sacramento '11 nei 300hs). La sua è la prima medaglia in assoluto conquistata da un italiano M65 negli ostacoli (in entrambe le specialità) ai mondiali master.

Frederic Peroni - oro nei 400hs M50 con 59"38 - pioggia di ori dagli ostacoli, tra i quali riluce particolarmente quello di Frederic, anche per il fatto di aver battuto l'americano Darnell Gatling, che (così si dice) avrebbe vinto le ultime 5 edizioni consecutive dei mondiali master. In finale oltre all'oro arriva il terzo miglioramento del record italian quest'annoo: 59"38, primo italiano over 50 a scendere sotto il minuto nei 400hs (anche se a 84 cm). Dopo l'oro di Zittau '12, arriva così l'oro mondiale: proprio ai mondiali aveva come miglior risultato il 4° posto di Lahti '09, mentre fu 6° sia a San Sebastian '05 che a Riccione '07. Il suo è anche il primo oro (ma anche la prima medaglia) di sempre di un M50 tra mondiali (da sempre) ed europei (post 2000) sui 400hs. Bisogna tornare addirittura al 1977, ovvero 36 anni fa, per trovare il miglior piazzamento sui 400hs di un M50: fu il 5° posto di Francesco Bettella ai mondiali di Goteborg '77.

Walter Arena - oro 10 km di marcia M45 in 48'36" - doppietta prestigiosa per il siciliano. Dopo l'oro dei 5 km arriva quello sui 10 km, in quello che si è trasformato per lui in un mondiale sontuoso. Come mi è stato giustamente segnalato dopo il primo report relativo alla prima medaglia sui 5 km, anche Roberto Cervi a Gateshead '99 vinse l'oro da M45. Ora, per non far torto a nessuno diciamo che questo è il 6° oro azzurro di sempre nella marcia ai mondiali tra gli M45, ma ora sì, l'unico nei 10 km, specialità nella quale non era mai stata vinta alcuna medaglia, e che, a Porto Alegre invece, ne porterà addirittura due, visto che al posto d'onore, così come sui 5 km, arriverà Salatore Cacia.

Paola Tiselli - oro nei 5000 W40 con 18'01"02 - uno dei primi ori, cui si può dare contezza solo adesso, dopo una serie di battaglie legali dovute alla "svista" dei diversi sistemi tecnologici brasiliani. 23^ medaglia internazionale (staffette incluse), e la terza mondiale, dopo i 1500 di Lahti '09 ed i 3000 di Jyvaskila '12 (indoor). Ma quella sui 5000 è anche la sua prima apparizione sulla distanza a livello internazionale, visto che fino ad ora la si era vista su 800, 1500, 3000, 2000 siepi. Primo oro italiano di sempre sui 5000 W40 ad un mondiale (e di tutte le edizioni degli Europei post-2000): il miglior piazzamento era stato fino alla tribolata gara, il bronzo di Silvana Acquarone a Roma '85, 28 anni fa.

Giorgio Bortolozzi (M75) - oro triplo - bronzo alto - sicuramente il miglior campionato internazionale master di sempre per il portacolori dalla Silca Ultralite Vittorio Veneto. Due ori e un bronzo che lo pongono tra i migliori master italiani della trasferta brasiliana. Dopo l'oro nel lungo, ecco infatti che arriva a stretto giro di posta il bronzo con 1,33 nell'alto, a soli 3 centimetri dal suo stesso record italiano M75 stabilito l'anno scorso a Comacchio. Quindi l'apoteosi finale con l'oro nella "sua" specialità, ovvero il triplo: un sontuoso 9,76 purtroppo ventoso (2,5), e che sarebbe stato solo 5 centimetri sotto il suo stesso record italiano sempre stabilito a Comacchio, e schiantando di oltre 60 centimetri il vice campione del mondo, il russo Roytman. L'oro del triplo M75 è il primo della storia per un azzurro ad un mondiale (anche indoor) nella categoria. Il miglior piazzamento era stato infatti conquistato fino all'impresa di Bortolozzi da Bruno Sobrero, argento agli euroindor di Birmingham '97. Il bronzo invece rappresenta la prima medaglia nel binomio ad un mondiale per un italiano. Per le statistiche Amelio Compri vinse l'oro a Bordeaux '01... ma erano euroindoor. Per Bortolozzi le medaglie internazionali sono (minimo) 16... ma mi mancano tutti i campionati eruopei pre-2000, per i quali sembra che nessuno abbia traccia, nemmeno presso la disastrata Evaa, già contatta un paio di volte con scarsi risultati. Evidentemente pensano più alla "politica" che non all'atletica, che alla fine è la storia di "numeri" e non certo di poltrone.

Salvatore Cacia - argento nei 10 km di marcia M45 con 49'27" - secondo argento in due gare per Cacia, dietro, come si diceva in precedenza, all'indomabile Walter Arena. Altra doppietta ci fu in Australia, a Brisbane '01, allorquando primo-secondo lo fecero Fabio Ruzzier e il già citato Roberto Cervi (ma sulla 20 km stavolta).

Fausta Quilleri - 4^ nei 200 W60 con 31"43 - altra grandissima prestazione nei 200, dopo l'ottima performance sui 100. Per lei miglior posizione di un'italiana ad un mondiale come W60: il miglior piazzamento prima della finale della bresciana, risultava il 6° posto di Ivonne Alban a Roma '85. E' la seconda finalista, cosa che non era riuscita nemmeno a Pasqualina Cecotti e a Giusy Sangermano, due delle top-sprinter azzurre di sempre.

Livio Bugiardini - nei 200 M65 con 27"50 - medaglia di legno per Bugiardini, che migliora però il 5° posto ottenuto nei 100. Il 4° posto è il suo miglior risultato internazionale di sempre, visto che il 5° sui 100 aveva pareggiato le prestazioni degli euroindoor di Ancona '09 su 60 e 200. Altro aspetto positivo per Bugiardini è il fatto che il suo 4° posto rappresenta il miglior piazzamento di sempre di un italiano nel binomio 200/M75 ad un mondiale master (su 26 presenze-gara). Il precedente miglior piazzamento iridato era rappresentato dal 5° rango di Tamaro Tristano a San Sebastian '05.

Gianluca Grassi - 4° nei 10.000 M50 con 35'27"15 - 5000 M50: 5° con 16'54"28 -  - Esordio internazionale con grandi prestazioni di spessore. legno nei 10000 e 5° nei 5000. La posizione sui 10000 è la terza di sempre di un italiano M50 ai mondiali master, dopo l'oro del Drake Acquarone a Puerto Rico '83 e al bronzo, sempre di  Acquarone, a Roma '85.  Nei 5000 si tratta invece della 5° posizione di sempre di un italiano nel binomio ai mondiali master. 

Giuseppe Romeo - negli 800 M50 con 2'06"98 - 31 caps azzurri, e il 4° posto negli 800 mondiale che rappresenta il suo miglior piazzamento ai mondiali master outdoor sugli 800. A Riccione '07 giunse 6°, mentre a Sacramento, dopo una serie di problemi fisici, si fermò in semifinale. Nel binomio M50/800, sono 40 gli italiani che hanno corso questa distanza, ma solo in 4 hanno raggiunto la finale iridata. Il 4° rango di Romeo rappresenta il miglior piazzamento di sempre, in una specialità dove non si è vista ancora una medaglia.

Antonio Sotgia - nei 10000 M50 con 36'56"10 - dopo il 5° posto nel cross, altra prestazione di spessore: 6° in un 10000 dove il brasiliano Benedito Gomes ha clamorosamente vinto addirittura con  32'48"33... a 51 anni non è male. Davanti a Sotgia è arrivato il già citato Gianluca Grassi, 4°. Sotgia fu 6° anche a Zittau '12, ma erano europei. Il suo piazzamento è il 5° di sempre nel binomio per un italiano ai mondiali master.

Alfonso Scarfone - negli 800 M40:  con 2'04"59 - Per Scarfone il miglior piazzamento ad un mondiale. Anzi, il miglior piazzamento di sempre ad una manifestazione internazionale master a livello individuale. Partecipò ai mondiali indoor di Clermont '08 dove giunse 20° nei 3000, mentre 14° fu sui 3000 siepi di Riccione '07. Nella storia dei mondiali italiani nel binomio M40/800 solo Giovanni Ferrari nel 1999 a Gateshead vinse una medaglia (addirittura con 1'56"47). Scarfone ottiene la 4^ posizione di sempre di un azzurro, dopo il citato Ferrari, Ivano Pellegrini (5° a S. Sebastian '05), e Giuseppe Romeo (6° a Riccione '07).

Franco Venturi degli Esposti - nei 10 km di marcia M55 con 1h01'39" - uno degli atleti con più presenze azzurre quanto meno a livello di partecipazioni internazionali singole. Sui 10 km VDE ha ottenuto come miglior piazzamento il 6° rango a Lahti '09. Questo è quindi il suo secondo miglior piazzamento di sempre sulla distanza ai mondiali master. 

21/10/13

Mondiali Master II - Bortolozzi campione del mondo - argento per la Forcellini

Secondo report estratto dai raffazzonati dispacci che arrivano dal Brasile, manco servisse un vaporetto per trasportare i dati direttamente da 10 mila km di distanza. Mentre le gare sono ben oltre quello di cui si argomenta, ci si riporta a quel poco che si sa. E quindi... sono 24 gli azzurri scesi in pista nelle diverse specialità tabellati e ricavabili da quanto c'è in rete. Ne trovate le gesta qui sotto nel file allegato. Dopo i due ori (Maria Domenica Manchia nel cross W35 e Walter Arena nei 5 km di marcia M45), i due argenti (ancora Manchia nei 5000 W35 e Salvatore Cacia nei 5 km di marcia M45), e un oro alla Tiselli di cui non si sa ancora nulla, da Porto Alegre arrivano altre due medaglie (dal momento in cui è partito il vaporetto ed è arrivato qui in Italia), ovvero un altro oro ed un altro argento. L'oro è stato conquistato da Giorgio Bortolozzi, ovvero un'icona del masterismo in Italia, nel salto in lungo M75 con 4,25 (il record italiano rimane al 4,48 risalente al 1990 di Marabotti). L'argento invece è andato a Carla Forcellini nell'asta W50 con 2,90. 

Vediamo qualche chicca statistica dei due medagliati. 

Giorgio Bortolozzi - se il mio data-base non mi tradisce, nonostante la lunghissima carriera master, i numerosi titoli italiani con annessi record, le medaglie internazionali, le grandi prestazioni, quella di Porto Alegre dovrebbe essere la sua prima medaglia d'oro mondiale. Bortolozzi vanta un altro oro, ma europeo e vinto a Potsdam nel 2002, 11 anni fa. Pensate ad una cosa pazzesca: Bortolozzi vinse una delle prime medaglie italiane di sempre ad un mondiale master nell'edizione del 1977 a Gotoberg, nel triplo. Vinse l'argento mondiale anche a Roma '85, sempre nel salto triplo. 14 le sue medaglie internazionali (contando anche gli EMG... non ho i dati aggiornati dei WMG che sono rimasti clamorosamente inaggiornati nel Sigma). Il già citato Marabotti è stata anche l'unico (ora insieme a Bortolozzi) a vincere un oro nel binomio lungo/M75 ad un mondiale su 7 presenze-gara azzurre. Nelle 7 partecipazioni italiane lo score ora vede 2 ori e 3 argenti (2 di Marabotti e 1 di Sobrero). Solo in due circostanze gli italiani non sono andati a medaglie. 

Carla Forcellini - ennesimissima medaglia per Carla, quella d'argento conquistata nell'asta W50. Personalmente ne conto 33, tra tutte le specialità, staffette incluse. Delle 33, 18 sono gli ori, in particolar modo nell'asta. Ha partecipato agli ultimi 6 mondiali consecutivi vincendo 6 medaglie, 3 d'oro e 3 d'argento. Ma vinse anche l'edizione del 1999 a Gateshead. Era campionessa mondiale uscente, avendo vinto a Sacramento nel 2011. Curiosità: i 4 titoli mondiali master conquistati dalla Forcellini nel salto con l'asta sono sempre arrivati ad intervalli di 4 anni, o anche ad edizioni alterne: 1999, 2003, 2007, 2011. Cabala? 


20/10/13

Mondiali Master 1 - Italia, due ori (e il terzo smarrito) nell'imbarazzo organizzativo

Nell'imbarazzante gestione dei risultati provenienti dai mondiali Master di Porto Alegre (addirittura al 4° giorno di competizioni, l'aggiornamento delle informazioni risaliva ai primi due), finalmente posso dare le prime informazioni sui colori azzurri provenienti da laggiù. Naturalmente non si poteva non partire dal giallo, nel senso di mistero ma anche di oro. Che è ciò che è successo a Paola Tiselli, vittima una clamorosa svista dei giudici, cronometristi, addetti a che ne so io, che nonostante la vittoria dei 5000 W40 ad oggi viene data DNS, acronimo di do not start, ovvero non partita. Stando alla versione fornita dalla laziale su facebook, si sarebbe dovuti stampare le foto di circostanza per provare la propria presenza in gara davanti ai giudici dubbiosi (partenza, arrivo, passaggi...). Chiaramente cerimonia sospesa, e a stanotte ancora nulla. Rimaniamo quindi con quello che forniscono con molta fatica gli strumenti della rete. Tra l'altro: delle gare e delle batterie di ieri ancora naturalmente nulla.  

Comiunque, l'Italia a ieri (franco oro di Paola) si era portata a casa due ori, con Maria Domenica Manchia nel cross W35 del primo giorno, e il leggendario Walter Arena nei 5 km di marcia M45 in pista. Tra l'altro doppietta in questa gara, con Salvatore Cacia nella scia del siciliano con tempi molto veloci: 22'28" di Arena e 22'35" per Cacia. La 4^ medaglia arriva ancora una volta da Maria Domenica Manchia, stavolta nei 5000 W35: argento con 18'38"40

Per il resto ottima Fausta Quilleri che manca il bronzo nei 100 W60 di 9 centesimi, ma comunque prima delle europee al traguardo. Livio Bugiardini ottimo 5° nei 100 M65 (unico italiano sui 100 metri, assieme alla Quilleri). Flavio Bertuzzo giunge 6° nel decathlon M55. Nella giornata dei cross segnalo anche il 5° e il 9° posto di Mario Antonio Sotgia e Gianfranco Belluomo nel cross M50. Qui nel dettaglio le diverse 
  • Maria Domenica Manchia. Oro e Argento - Con quello del cross, la Manchia porta a 4 i suoi titoli iridati master, dopo la tripletta di Sacramento '11. Di fatto vince il secondo titolo consecutivo nel cross W35. Con l'argento nei 5000, le sue medaglie mondiali complessive salgono invece a 6: i 4 ori, questo argento, e il bronzo conquistato nei 2000 siepi sempre a Sacramento. I suoi caps con la maglia azzurra salgono a 11: 7 medaglie (una europea e 6 mondiali). A livello statistico, quello della Manchia è il 3° oro vinto da un'italiana nel cross mondiale W35: due sono suoi, il terzo è di Annamaria Vanacore, che lo vinse a Riccione '07. 
  • Walter Arena. Oro - Oro nei 5 km di marcia M45, che alla sua quinta maglia master internazionale, centra il suo terzo oro. Nelle due circostanza in cui non ha vinto, è stato squalificato, Tra l'altro doppietta iridata che fa il paio con l'oro indoor vinto l'anno scorso in Finlandia sui 3 km di marcia. Pensate che nei 5 km di marcia della categoria M45 nelle due più grandi manifestazioni master, l'Italia ha vinto complessivamente 4 medaglie, 3 delle quali sono appunto gli ori di Arena. La 4^ la vincerà Cacia proprio a Porto Alegre. Ancora: l'oro di Arena è stata la prima medaglia mondiale azzurra nella marcia M45 (comprese tutte le distanze), quando il miglior risultato italiano M45 risultava essere ancora il 4° posto conquistato da Lanfranco Benvenuto ad Hannover '79, cioè 34 anni fa, nei 10 km di marcia. Sui 5 km di marcia il miglior piazzamento era stato il 5° di Fabio Ruzzier a Brisbane '01. 
  • Salvatore Cacia. Argento - Entra nella storia della specialità (marcia M45) dietro a Walter Arena. Infatti se non ci fosse stato Arena, avrebbe scritto lui stesso un piccolo pezzo di storia della marcia azzurra master, con tutto quello che si è scritto qui sopra. Per Cacia arriva la 4^ medaglia internazionale, dove si trova l'argento-bronzo degli europei di Zittau '12, e il bronzo a Jiyvaskila '12, mondiali indoor. 
  • Fausta Quilleri. 4^ nei 100 W60. Bella prestazione, a coronamento di una stagione davvero unica. 4^, prima delle europee, nella gara vinta dalla canadese Karla Del Grande, una sorta di totem del masterismo internazionale, che in semifinale ha pure staccato il record mondiale con un incredibile 13"30. Fausta veleggia nei turni vicino alle medaglie: 4^ dopo le batterie, 3^ dopo la semifinale con l'ottimo 14"90, ma 4^ in finale con 15"17, a soli 9 centesimi dal bronzo. Il suo è comunque il miglior piazzamento di un'italiana W60 nei 100 ai mondiali master. Fino a ieri la miglior posizione era il 5° posto di Maria Surza a Melbourne nel 1987. 
  • Livio Bugiardini. nei 100 M65. Ottima prestazione per Bugiardini che si sa controllare nei turni (10° dopo le batterie) e scala come un salmone la classifica sino al 5° posto iridato in finale. Potremmo definirlo il suo career high, visto che a livello internazionale vanta altri due quinti posti, ma agli euroindoor di Ancona '09, sui 60 e 200. Nessun italiano ha mai conquistato medaglie nel binomio M65/100 metri ai mondiali master. Solo in 3 sono arrivati in finale (Marabotti, Bugiardini e Tamaro Tristano), ma solo Marabotti a Christchurch nel 1981 aveva fatto meglio dello stesso Bugiardini: 4°.
  • Mario Antonio Sotgia, nel cross M50 - miglior piazzamento di sempre di Sotgia a livello internazionale master che aveva come miglior posizione, il 6° rango a Zittau nei 10000. Sotgia ottiene comunque la seconda prestazione di sempre di un italiano nel cross M50, dietro al 4° posto di Pier Mariano Penone, che giunse 4° a Lahti '09. 
  • Gianfranco Belluomo. nel cross M50 - 5^ prestazione italiana di sempre nel cross M50 la sua. Per lui invece si registra un 8° posto sui 3000 siepi a Zittau. 

17/10/13

Un Workshop sulla velocità a Casalmaggiore il 2 novembre: conduce Bonomi

Siccome non ho preclusione alcuna verso la diffusione delle idee, pubblico qui di seguito il volantino di un evento che si terrà a Casalmaggiore (in provincia di Cremona) il due di novembre che vedrà come relatore Roberto Bonomi, già tecnico dello sprint della Nazionale Italiana. Il tutto è organizzato da "Officina Atletica" in collaborazione con il Centro Studi della Fidal e con la società Atletica Interflumina, e il tema sarà: "fisiologia, biomeccanica, allenamento della corsa veloce". I lavori si svolgeranno in una sola giornata e il prezzo, leggendo il volantino, sarà di 25 €. 

16/10/13

Allenamento 1.1 - Il sangue degli atleti, Zaciorskij e la falsa di Usain (de, il Corridor Cortese)

Premessina sulle ultime vicende che hanno visto protagonista il nostro Edgardo Barcella, la cui voce proprio non riesce ad essere percepita, neppure se infilata in un megafono messo ad un centimetro dall'orecchio della nostra Federazione. Mi sono fatto persuaso, come direbbe Montalbano, che la voce dei Masters all'interno della FIDAL  conta un tanticchio meno dell'opinione del mio pappagallino sul tema del cuneo fiscale, punto.

Ma torniamo in tema, insomma, più o meno. Avendo deciso di scrivere qualcosa che abbia una certa attinenza con l'allenamento (altrimenti mi tocca cambiare il titolo) inizierei dal sangue degli atleti.

Vedo, con buona frequenza, allenatori (soprattutto nel Triathlon) che dopo ogni ripetuta sforacchiano lobi appesi ad orecchie di qualunque età, sesso e talento; devono verificare il lattato ematico nei muscoli.  Poi tutto quello scrivere sul quadernone... si, si, fa molto Personal Trainer di buon livello.  Chissà, forse l'AVIS potrebbe utilmente interessarsi a queste pratiche.
Però mi impressionano un po' queste vampirizzazioni.
Già uno corre, soffre, fatica come un mulo (di quelli arruolati a forza nel Corpo degli Alpini) e in più ti chiedono anche il sangue !?  L'ho sempre pensato che il Triathlon non fa per me. Che poi io mica mi sono arruolato, mi sono solo iscritto ad una società.
Meglio fare una divagazione, che a ben pensarci è la cosa che più amo; non l'ho ancora detto al Sig. Andy e spero che non se ne accorga, ma con la scusa di scrivere sull'Atletica (poco) posso divagare (molto).   Ma non mi allontano troppo, solo di qualche annetto.
Faccio un piccolo passo indietro. Oplà: all'inizio degli anni '70 all'Arena di Milano si correva sul Rub Kor; come l'asfalto a vederlo, ma morbidino col caldo, duretto col freddo e rasposetto se ti capitava di cadere; era considerato l'evoluzione in positivo della terra rossa. 
Sulla terra rossa avevo imparato a correre e su quella mi allenavo.
Intanto all'Arena veniva colato il primo Tartan, una meraviglia !
Bisogna tener conto che allora noi milanesi ci sentivamo gli abitanti di una capitale europea e magari anche un po' orgogliosi. Mai avrei pensato che invece di progredire ci saremmo brianzolizzati; con infinito rispetto dovuto alla provincia ed alla Brianza.
Ma questo è un altro discorso, magari da riprendere con calma.
Comunque, tornando al Tartan, non riuscii mai ad adattarmi o a sfruttare utilmente quel fondo gommoso, forse perchè il mio modo di correre con ginocchia piuttosto alte, mi portava ad andare un po' più in alto di quanto servisse. Rimbalzavo un po' insomma, e rampando disperdevo una piccola parte della spinta verso l'alto.
Di fatto il mio record personale, pardon: P.B., lo ottenni sulla terra rossa.
Altri miei compagni di allenamento, che magari avevano cominciato a correre più tardi di me e presentavano a giudizio dell'allenatore presunti difetti di corsa: ginocchia meno alte e meno avanzanti, ottennero invece migliori e decisi benefici.

La terra rossa, o tennisolite, oltre che trattare meglio i miei tendini, era didattica rispetto ad un fondo sintetico, che per esempio non trattiene nessuna impronta.
Sulla terra potevi controllare l'appoggio, la sua correttezza, misurarne l'ampiezza; e per un velocista in fase di formazione non è cosa di poco conto.
I segni dei tuoi sei chiodi erano lì, da rivedere immediatamente, senza nessun supporto tecnologico.
Tra l'altro i chiodi mostruosi di una volta sarebbero sicuramente protagonisti ancora oggi, magari in un film di Tarantino.
In partenza per fissare i blocchi ognuno aveva a disposizione martello e chiodi lunghi una spanna.   Se avevi poco talento, almeno imparavi ad usare il martello.
Ho quasi nostalgia della terra rossa, ma ormai la si rivede solo su alcuni campi da tennis, troppo scomodi per allenarsi, e poi con la rete.. sarebbero adatti forse solo a chi si allena per i 110h.  Ma poi ad essere onesto, la mia nostalgia riguarda forse ciò che è rimasto su quella terra rossa: l'età e poi.. anche gli occhi di una ragazza, che ancora non avevano conosciuto la durezza.
Asciugata la lacrima, continuo con i souvenirs.   Allora sentivo parlare dei primi videoregistratori portatili, o meglio del primo in circolazione, non ne avevo mai visto uno.  Ma un giorno, scaricato dal Maggiolone Volkswagen del presidente della nostra società, ecco apparire un misterioso cassone di legno bianco, due persone portavano il prezioso baule della Sony con cui si sarebbero riprese le varie fasi dell'allenamento di noi ragazzi.
Oggi uno smartphone estratto dalla saccoccia, garantisce sicuramente migliori prestazioni di quell'aggeggione.  Ma volete mettere il fascino unico che emanava quel "totem" ?  La sacralità dei gesti di chi manovrava l'artificio si trasferiva agli sguardi di chi osservava e soprattutto ai movimenti e ai gesti di chi veniva ripreso.
Piccole magie milanesi, anche se ripensandole oggi , appaiono simili alle perline di vetro destinate una volta agli indiani d'America.

All'inizio degli anni '70 cominciavano i primi approcci ad un allenamento un po' meno casuale e un po' più "sc.. sc.. scientifico", come avrebbe seriamente tartagliato Vittorio Gassman ne "I soliti ignoti". 
Iniziavano i primi studi seri, che cercavano riscontri nelle esperienze verificate sul campo.
Imperdibile per noi la rivista "Atletica leggera" (grazie Dante Merlo!) con quelle bellissime sequenze fotografiche, e i suoi quaderni tecnici con le esperienze di Vittori, Donati, Arcelli, Tschiene.. etc.   Imperdibile e ancora attualissimo, non solo nell'Atletica, quel volumetto rosso pubblicato nel 1974 da Edizioni di Atletica Leggera: "Le qualità fisiche dello sportivo", di Vladimir Mihailovic Zaciorskij, tradotto da Sergio Zanon.
Ma anche "Atleticastudi", della Federazione, diretta da Gianni Benzi; dove tra gli altri scriveva l'appassionato Prof. Piero Aghemo, che rimane (lui medesimo) una enciclopedia di ricordi di quegli anni e che ritroviamo ancora oggi a rilasciare incoraggiamenti e Certificati di Idoneità al Centro di Fisiologia Sportiva di Milano.

Ancora non esisteva internet, la poca informazione circolante era cartacea e nemmeno di facile reperibilità.  Molto era basato sul passaparola, sullo scambio verbale tra allenatori.  Si sperimentava; e se gli atleti allenati, sopravvivevano, l'allenatore poteva correggere il tiro, oppure perseverare.
Quando all'inizio dell'autunno mi vedevo mettere sotto gli occhi fogli fitti di numeri, con distanze da percorrere, tempi di recupero e nuovi e strani esercizi che mi avrebbero accompagnato durante l'inverno.. non sapevo cosa dire, se non riconoscere l'impegno di chi li aveva compilati e farmi un segno della croce.
D'altra parte se ci riconosciamo in Galileo, per il quale ogni premessa teorica deve essere verificata nella pratica.. mica possiamo pensare che tocchi sempre ad altri la pratica della verifica.
Bisognava crederci; si, più che altro era un atto di fede.
Del resto tutta questa completa certezza, non mi pare presente neppure oggi. Penso però che il margine di errore riguardi ormai i dettagli (speriamo) anche se l'atleta, considerato come persona, mantiene le sue peculiarità e una certa dose di mistero.

Comunque, è certo, allora come oggi, se si vuol provare a competere bisogna allenarsi sul serio e senza risparmiarsi.
Nel microcosmo Master per esempio, c'è chi ha più talento e può decidere di faticare meno pur rimanendo competitivo nella sua categoria. In generale possiamo dire che per poter competere a buoni livelli nella propria categoria, un Master (ma non solo) necessita di un po' di talento, una buona salute e costanza negli allenamenti. In caso contrario si vedrà immediatamente superato da competitors appartenenti alla categoria superiore.

Inevitabili, le infiammazioni sono sempre in agguato; compressioni proditorie ai nervi sciatici, pubalgie carogna e tendiniti sibilanti, (mancano solo le palle rotanti) sono spesso lì a ricordarmi (i guai, non le palle) che stare in pista man mano che il tempo passa diventa più faticoso.  E' sicuramente vero che allenandosi per i Campionati di Briscola è più difficile infortunarsi, ma a me piace correre.  
Quando è capitato di dovermi fermare per dare aria ai miei tendini, ho anche pensato di smettere, ma poi, appena guarito, ho subito cambiato idea.  Ognuno ha una sua sfida da riproporre e da difendere; e poi, se non molla Clementoni Massimo da Novara o da Rimini (?), che non ricorda più cosa siano i chiodi sotto le scarpe e sotto ai suoi tendini rattoppati.... la mia rinuncia la vedrei come una diserzione.
Termino con il dubbio di aver scritto qualcosa di un po' sconclusionato; dunque tranquillo di esser rimasto nella mia consuetudine.
Mi accomiato e, coerente concludo con una cosa che non centra una beata cippetta con quanto scritto fino ad ora.
A furia di sentir ripetere centinaia di volte una parola, capita che questa ti solletichi una microriflessione; e visto che qualcuno (spero più di uno) è arrivato a leggere fino a qui, la prendo e la scodello, ecco qua; ma mi raccomando, che non mi si "interrompa l'emozione" o mi fermo qui !  Tranquilli ?  Bene, procedo.
- Usain Bolt, mica Piripicchio, dopo una partenza falsa ha avuto il buon gusto di andarsene in silenzio e l'onestà di non chiedere la grazia; accettando cioè il medesimo trattamento riservato a un Piripicchio qualsiasi. - 
Consoliamoci dunque, in fondo l'Atletica è ancora abbastanza seria e abbastanza uguale per tutti.


Un saluto dal cortese corridor: a bientot, speriamo.

14/10/13

Giomi non risponde, quindi... Lettera Aperta di Edgardo Barcella ad Alfio Giomi

Gentilissimo presidente, 

sfrutto gli spazi di Queenatletica per disturbaLa nuovamente, in seguito alla mail che le trasmisi il 1 ottobre dove chiedevo semplicemente a Lei e ai maggiori rappresentanti della nostra federazione, il perchè a quel giorno non fosse stato ancora individuata una persona da poter candidare per la rappresentanza in seno alla Wma, la federazione mondiale master. 

A distanza di due settimane da quella mail, non vedendo ricevere alcuna risposta nè da lei, nè dal segretario generale della Fidal Paolo Bellino, nè dal consigliere Giacomo Leone ma nemmeno dal professor Ponchio, ho riflettuto molto. Di solito le Sue riposte erano state sempre cortesi e quasi immediate nei nostri precedenti contatti. 

Così l’altra sera mi sono sentito in dovere di scrivere un’ulteriore lettera ai soli componenti la commissione master per avere da loro un’opinione in merito a questo assordante silenzio su una questione per la quale, è agli atti della commissione, mi ero già espresso sin da subito, ovvero che la Commissione stessa individuasse le persone più meritevoli per rappresentare il “masterismo” italiano all’estero, più volte svilito proprio in quei ruoli da sì buone persone, ma senza alcun entusiasmo, capacità dialettiche e relazionali, completamente passive e talvolta anche individuate con criteri che mi son sempre parsi discutibili.

Solo Eddy Ottoz e Frederic Peroni hanno avuto la cortezza di rispondere a quella mail, chiedendomi quale fosse il mio pensiero e palesando i loro dubbi su quanto stesse succedendo. Ringrazio Eddy e Frederic, unici finora a ritenere una questione così importante, degna di nota. Mi spiace rilevare che gli altri colleghi della commissione, diversi dei quali depositari di un mandato elettorale consegnatogli direttamente dalle mani di molti atleti master che han creduto in loro, non abbiano invece sentito l’esigenza di portare il loro contributo alla discussione che riguarda molti dei loro "elettori". 

Ma c’è una novità: con mia grande sorpresa venerdì pomeriggio mi ha contattato il Suo consigliere Giacomo Leone, che, dopo lo scambio di un paio di mail, mi ha telefonato per discutere di quanto da me sostenuto nelle diverse mail, ovvero il rumoroso silenzio federale su una questione di non certo secondaria importanza, vista la visibilità e il ruolo della candidatura. 

Non riuscivo a capire perchè Giacomo Leone mi volesse parlare. In fondo io i dubbi li ho avanzati a Lei, e così mi son sentito in rispondere al Consigliere. Forse si sentiva parte in causa? Forse è Lui il nome? Questo ho pensato dal momento in cui mi è stato detto (questo sì con grande sorpresa!) che il candidato rappresentante della Fidal presso la Wma deriverebbe da scelte politiche di pertinenza del solo Consiglio Federale e che la mia email di richiesta sarebbe arrivata in ritardo. Arrivata in ritardo?? E ritardo per cosa? Ritardo perchè? Sarà lo stesso Consigliere Leone, come mi ha voluto spiegare direttamente, a farmi partecipe come la scelta sarebbe già stata fatta in quanto il termine perentorio di presentazione delle candidature sarebbe stato luglio. I dubbi mi perseguitano e glieli elenco per comodità: 

  1. quindi la mia mail di richiesta è giunta al Consiglio Federale, di conseguenza a Lei (stanti le parole di Leone, che evidentemente l’aveva letta), e, nonostante il mio ruolo istituzionale non mi si è voluto rispondere appositamente su una questione di non secondaria importanza? 
  2. Come mai non c’è stato detto nulla del famoso “nome” nonostante la commissione master si fosse riunita due volte prima di tale scadenza? Come mai ci è stato nascosto? 
  3. Chi è questo nome? Sarà mai il consigliere Leone che ha sentito l’opprimente esigenza di volermi telefonare personalmente e spiegare i meccanismi della candidatura? 
  4. fin dalle prime proposte che ci fu chiesto di avanzare, molto prima della scadenza dei termini di presentazione del “nome”, inserii la imprescindibile necessità del mondo master di individuare personaggi preparati, addentro al mondo master, entusiasti, pieni di iniziative, non scelte “politiche” che regalino le poltrone a chi ne è in cerca. Il mondo master è francamente stanco di essere gestito da chi lo usa solo per fini personali di autoreferenziazione. Sono anni che ciò accade, tarpando di fatto la crescita potenziale di un intero movimento. 
Con tutto questo alla fine Le chiedo una cortesia in nome e per conto dei master che mi hanno votato e che mi pregio di rappresentare (ma anche di molti altri che mi hanno dato il loro supporto su questa cosa in seguito alla pubblicazione della prima lettera): considerato che ormai il biglietto per il Brasile sarebbe diventato oneroso, considerato altresì che le elezioni si terranno il 21 o il 23 di ottobre, quindi tra poco più di una settimana, ritiri quel nome dalle candidature della Fidal (che il consigliere LEONE, pur certamente conoscendolo, non mi ha voluto fare), e dia la possibilità al mondo master internazionale di poter avere un’altra persona con più preparazione, entusiasmo, RAPPRESENTANZA (ciò che manca al mondo master italiano) rispetto ad un nomignolo buttato là sul tavolo della WMA esclusivamente per “questioni politiche”. Spero davvero nel suo risolutivo intervento che sani questa situazione che ancora una volta si ripercuote sul mondo master italiano.

con affetto e trasparenza 
Edgardo Barcella

07/10/13

Come allenare i 400 metri negli anni '20: tabelle d'allenamento antesignane (o avveniristiche?)


Eric Liddel vince a Parigi '24
Vi propongo qui sotto un estratto dal Manuale "Atletica Leggera" di Emilio Brambilla, pubblicato a Varese nel 1929. Emilio Brambilla, come si definisce personalmente nella prefazione del libro, è "un vecchio milite dell'atletismo, dal patrimonio non piccolo di cognizioni atletiche, acquisito in trent'anni di passione e fede, che ha sperato e che spera sempre, oggi più che mai, in una rinascita luminosa, in una realizzazione di ciò che è stato per lunga pezza un sogno". Brambilla fu atleta (uno dei primi italiani a partecipare nell'atletica alle olimpiadi moderne, nel 1906 nelle olimpiadi del decennale ad Atene, e nell'edizione di Londra del 1908), giornalista, giudice, allenatore, scrittore, studioso. E che ci crediate o meno, nel '25 partecipò a gare "veterani" (i master già negli anni '20?). Ebbene, qui sotto Brambilla, nello stralcio riportato, emergono aspetti della preparazione dei quattrocentisti incredibilmente avveniristici, mischiati a credenze deduttive e pionieristiche dovute alla completa assenza di qualunque studio scientifico. Aspetti che mi portano a credere che negli ultimi anni in Italia, per il doversi rifare pedissequamente a teorie altrui, si sono persa quelle facoltà mentali che un tempo facevano la differenza, ovvero la deduzione, l'osservazione, la curiosità... in questo pezzo, come detto, tra tanti simpatici ed apparentemente ingenui assunti, ve ne sono alcuni di un'attualità assordante, che probabilmente qualche tecnico dovrebbe se non altro valutare. 

CORSA PIANA METRI 400 (di Emilio Brambilla)

J.C. Taylor
primatista USA
La corsa piana dei 400 metri, percorso classico, (400 yards per gli anglosassoni, sembra si siano decisi a usare il sistema metrico decimale) è una corsa che entra nella categoria delle corse di velocità prolungata. La 400 metri è la corsa prediletta degli inglesi ed americani i quali, non solo ne furono sempre i vincitori alle Olimpiadi, ma ebbero uno stuolo di campioni, molti dei quali furono dei celebri quattrocentisti: per esempio gli americani: T.E. Burke, M. W. Long, quest'ultimo vincitore dei 400 metri a Parigi 1900 e recordman del mondo delle 440 yarde in linea retta in 47" netto: T. Meredith, il popolare "Ted" recordman del mondo dei 400 metri con 47" 2/5 e gli inglesi: H.C. Tindall, E.C. Bredin, e Liddel, il pastore scozzese, che a Parigi ha sbalordito. 
E' la corsa più dura e penosa, richiede uno sforzo violento e prolungato che lascia i muscoli rattrappiti e i muscoli esausti. E' una corsa dove la volontà è uno dei migliori coefficienti. Un buon quattrocentista deve saper scattare alla partenza, poi prendere una falcata veloce e mantenerla sino alla fine; non deve preoccuparsi dell'arrivo, ma filare veloce e composto senza mai pensare alla distanza. Quando i muscoli risentiranno della fatica è la volontà che deve portarlo al traguardo. 
Nei 400 metri, sono gli ultimi metri che mettono in luce l'uomo di classe, l'atleta dal cuore generoso e dall'energia incommensurabile. Chi non ha questa possibilità sarà sempre mediocre specialista dei 400 metri. 
In questa corsa il movimento delle braccia deve seguire in piena armonia i diversi movimenti delle gambe. All'inizio dei primi 50 metri la veloce successione dei passi (lo sprint) poi la lunga e veloce falcata, rendendo l'azione facile ed elastica. Nel complesso è quella tecnica che ho spiegato nei 100 metri. 

Rudd Bewill
oro ad Anversa '20
La partenza, contrariamente a quanto viene fatto da molti dei nostri atleti, va eseguita come nei 100 m, Al colpo di pistola lanciarsi velocissimi, anche se la sorte ha relegato il corridore al vertice  di una curva, uno scatto da sprinter, che non deve durare più di 40 o 50 metri, poi si prenderà un'andatura a lunghe falcate, ma veloce, per poter coprire il maggior numero possibile di metri prima che intervenga la famosa imbastitura, indi... la volontà sorregga per il rimanente. 
Del resto, come avrebbe potuto vincere a Parigi nel 1924 il pastore scozzese Liddel partito all'esterno senza alcun punto d'appoggio? E vincere in 47" 3/5 senza piegare le ginocchia dopo il traguardo? Partendo velocissimo, tirando tutta la corsa a grandi falcate, ma agilissime, senza scomporre la classica andatura tutta inglese.
I tecnici dicono che la muscolatura umana dovrà diminuire l'intensità dello sforzo per prolungare la durata. Esattissimo, ma non a proposito dei 400 metri. Infatti dai 100 ai 400 il diminuire l'intensità dello sforzo vuol dire non poter ottenere tempi che possono classificare un atleta fra i campioni e, per persuadersene, basta vedere i tempi i tempi intermedi. M.W. Long nel suo famoso record coperse: i primi 200 metri in 22" 1/2 (si tenga presente che il record del mondo di quel tempo su metri 201,16, 220 yarde, era 21" 1/5): 320 metri di passaggio in 36" 2/5 quando il record del mondo su questa sola distanza è superiore di 2/5 cioè 36" 4/5, e sebbene tutto ciò sia avvenuto in linea retta, non è cosa meravigliosa?

Velocità e fiato: ecco le due qualità che un quattrocentista deve possedere in grado uguale. Tutti i migliori specialisti praticano assiduamente la velocità e più d'uno di essi sapeva correre un 100 metri in 11" e un 200 in meno d 22". Se il principiante manca di velocità, cioè tiene la distanza ma non riesca ad ottenere un buon tempo, in altri termini dalla partenza all'arrivo tiene sempre un'andatura uguale, faccia degli allenamenti da 100 a 300 metri, cioè i 100 e 200 metri coi corridori della specialità e più di due volte la settimana 300 metri a grande andatura curando sopra tutto la punta finale. Se l'atleta invece trova che il percorso è per lui troppo lungo, cioè manca di resistenza, e sono la maggioranza, deve fare spesso galoppate a velocità moderata di 500 e 600 metri ed ogni tanto, un buon 800 metri.

Allenamenti

Coltura fisica, esercizi appropriati come già descritti, sempre, quotidianamente, poi seguire una tabella che deve essere studiata e adeguata alle particolarità e capacità dell'atleta. Per il corridore resistente ma mancante di velocità, ecco una tabella che potrebbe fare al caso suo, naturalmente con quelle varianti che la messa in pratica può e deve consigliare.

LUNEDI': 2 o 3 partenze di 15 metri non più - 2 brevi sprints di 30 mt - un 400 mt eseguito sino ai 300 mt adagio, dai 300 ai 400 a tutta velocità.
MARTEDI': 2 o 3 partenze - 3 sprints di 25 mt - 200 mt molto rapidi - 400 mt. galoppati
MERCOLEDI': 2 o 3 partenze - 2 sprints di 40 mt. - mt 450 dei quali i primi 250 rapidi, i secondi 200 senza più forzare.
GIOVEDI': 3 partenze - 2 sprints di 25 mt - mt. 100 molto veloci senza forzare - mt. 400 ad andatura sostenuta terminando gli ultimi 60 mt. velocissimi.
VENERDI': 3 partenze - 3 sprints di mt. 50 - 200 mt. a tutta andatura per poi terminare ai 400 mt. sullo slancio. 
SABATO: 3 partenze - 3 sprints di 25 mt; 300 mt i primi e gli ultimi 50 forti. (Se alla domenica deve partecipare a gare si limiterà alle partenze e agli sprints).
DOMENICA: Se l'atleta dovrà partecipare a gare, queste bastano altrimenti: 3 partenze - 2 brevi sprints ed un 400 mt. forte senza che la muscolatura e la respirazione risentano dello sforzo. Si capisce che tra un esercizio e l'altro, deve intercorrere un breve risposo. 

Ed ecco la tabella per quell'atleta che, pur essendo veloce, si trova in difficoltà a compiere i 400 mt. per mancanza di fiato.


LUNEDI': 3 partenze di 25 mt - 420 mt. dolcemente curando che la falcata avvenga con la massima souplesse;  terminare con uno sprint di metri 60 - mt. 800 ad adantura sostenuta - mt. 250 a lunghe falcate.
MARTEDI': 3 partenze di mt. 15 - mt. 450 galoppando sino ai 400 mt., poi 50 mt. a tutta velocità senza forzare.
MERCOLEDI': 2 partenze di mt. 50 - mt. 600 divisi in tre parti: i primi 200 ad andatura sostenuta, i secondi 200 lentamente, gli ultimi 200 a velocità progressiva per arrivare al traguardo in piena velocità. Questa prova va eseguita in modo che l'atleta non ne risenta un'eccessiva fatica. Poi il mercoledì della settimana appresso, migliorerà di poco il tempo e così per tutti gli altri mercoledì.
GIOVEDI': 2 partendi di 15 mt. - 420 mt. senza sforzo, terminando gli ultimi 60 mt. con uno sprint - 250 mt. a tutta velocità, poi continuare rallentando progressivamente sino ai 500 mt.
VENERDI': 2 partenze di 15 mt. - 800 mt. a buona andatura eseguendo gli ultimi 50 mt. a tutta velocità - 300 mt. eseguendo i primi 100 come se fossero di gara e terminare gli altri calando progressivamente. 
SABATO: partenze - mt. 250 veloci ma senza sforzo - 400 mt. lentamente lavorando in souplesse. Se deve partecipare a gare, al sabato riposo.
DOMENICA: Se non si deve partecipare a gare: innanzi tutto i soliti sprints, poi un 400 mt. a media velocità, con i primi 100 mt. molto veloci, indi un 400m. a forte velocità senza dare tutta l'energia di cui si è capaci. Il massimo sforzo non si deve dare che in gara. In allenamento non bisogna eseguire mai il percorso a tempi prefissi: è un sistema dannosissimo. - Terminare la seduta d'allenamento con un buon 800 mt.

Tanto seguendo l'una quanto l'altra tabella, il corridore, se alla domenica ha partecipato ad una gara, il lunedì farà un riposo assoluto. L'allenamento, qualunque tabella si segua, va sviluppato con grande moderazione se si vuole che l'energia nervosa si esaurisca. Come ho detto nel capitolo sull'educazione dello sforzo, non credo assolutamente che si debba intensificare, forzare, l'allenamento per aumentare la resistenza alla fatica, per sviluppare la combattività. E' una teoria che può dare certe volte dei risultati rapidi e brillanti, ma, nella maggioranza dei casi, porta l'atleta al surmenage.  
Tener sempre presente in tutti gli allenamenti che l'atleta non deve mai, dopo una prova in allenamento, sentirsi affaticato, ma avere una rapida facoltà di ricupero in modo che, dopo brevi istanti senta ancora la voglia di iniziare un'altra prova. Se questa benefica reazione non avviene, si dovrà provvedere a diminuire il lavoro o ad abbandonarlo del tutto. 

La respirazione

In questa gara dove lo sforzo è violento e prolungato, la tecnica della respirazione è tutt'affatto speciale. In generale è consigliabile una respirazione ritmica, cioè abituarsi ad aspirare ad una falcata ed espirare all'altra. Però siccome i primi 50 metri devono essere percorsi a velocità da sprinter, il corridore aspirerà al pronti per espirare poi lentamente in modo che ai metri 120-140 avrà bisogno di un'altra aspirazione, e, sarà allora, da quel punto, che inizierà la respirazione ritmica. Modo di respirazione che solitamente all'atleta, man mano che si avvicina al traguardo, riesce difficile di mantenere perchè tutto compreso nello sforzo terribile degli ultimi metri. Eppure se egli saprà, con un preciso allenamento, mantenere rimica la sua respirazione fin dopo il traguardo, avrà un rendimento del suo organismo molto superiore che con una respirazione istintiva. 

05/10/13

400: le "scuole" assolute sopravvivano anche dopo i 40 anni?

foto di Tom Phillips
Qui di seguito presento un lavoro arrivato sul mio indirizzo di posta elettronica (queenatletica@gmail.com) scritto da Simone Zarantonello, e che mette a confronto dal punto di vista diacronico l'andamento dell'elite mondiali dei 400 in un ampio intervallo di tempo (1999-2012), e le elite mondiali tra gli over 35. Nella comparazione si osservano dinamiche da doversi interpretare e che lasciano aperte diverse interpretazioni sulla bontà delle scuole, sino all'insorgere di una vera e propria scuola italiana dei 400, che però non trova una sua collocazione nel mondo assoluto. Come mai tra i master esiste questa presenza massiccia, mentre a livello assoluto no? Qui di seguito i dati che possono iniziare a farci riflettere. Chiunque fosse interessato a vedersi pubblicati studi di qualunque natura che riguardino l'atletica, e che suscitino discussioni fattive, basta che mi trasmettano i loro studi all'indirizzo riportato qui sopra. 

01/10/13

Mondiali Master: si può pensare a chi potrebbe rappresentare i master italiani nel mondo?

Qui sotto riporto integralmente la lettera di Edgardo Barcella inviata al Presidente della Fidal, Alfio Giomi, alla Commissione Master della Fidal, al Segretario Bellino e al Professor Ponchio. Oggetto della lettera è la richiesta di individuare una figura rappresentativa del mondo master italiano che possa essere candidata negli organismi internazionali Master alle possibili (e probabili) elezioni che si terranno proprio durante i Campionati Mondiali di Porto Alegre. Qualcuno dal preciso identikit, come si evince dalla lettera di Edgardo, che sappia di master, oltre che essere dotato dalla necessaria carica di entusiasmo necessaria a rivestire una carica che troppe volte è stata oggetto di prebende e promesse elettorali. Qui di seguito il testo della lettera. 

Gentilissimi membri della Commissione Master della Fidal, presidente Giomi, segretario Bellino, professor Ponchio, si sta velocemente avvicinando l'appuntamento più importante a livello internazionale per le categorie master, ovvero i Campionati Mondiali di Porto Alegre, in Brasile. Chiedo così cordialmente a voi se, in vista della periodica ridefinizione delle cariche elettive in seno all'organismo internazionale (la WMA), si intenda individuare una persona rappresentativa del mondo master italiano così da poter meglio rappresentare uno dei movimenti più all'avanguardia del consesso mondiale. 

In caso fosse nell'animo della Federazione di candidare qualche rappresentante italiano, ed in ragione della democraticità della presente Commissione, si chiede di poter discutere collegialmente della persona eventualmente da individuare: una persona che, secondo il mio modesto parere, dovrebbe possedere esperienza organizzativa e regolamentare tra i master in Italia e soprattutto molta passione e abnegazione in modo da favorire ulteriormente la diffusione tra gli over 35 dell'atletica e farsi comunque ambasciatore del movimento oltre i confini italiani.  
La necessità, pare chiara, sarebbe la fattiva proposizione di una figura di spessore che riesca ad avere credibilità tanto da poter intervenire con autorevolezza e conoscenza della materia nelle discussioni regolamentari che con le loro determinazioni si riverbereranno poi sugli interi movimenti nazionali. 

Credo sinceramente che, nel caso si voglia individuare detta persona, debba essere avviata una seria, democratica ed immediata discussione in seno alla Commissione Master (magari anche con i mezzi telematici) al fine di dare un nome all'identikit del soggetto più confacente alle necessità ed esigenze dell'intero movimento master. Resto in attesa di un solerte riscontro (sempre se la Federazione abbia intenzione di presentare un proprio candidato), così da meglio indirizzare l'azione della Commissione di cui mi fregio di far parte, più celermente possibile. cordialmente.

Edgardo Barcella

Le spese e i ricavi delle Fidal regionali nel quadriennio 2008-2011

Presento qui sotto uno studio molto interessante di Gianluca Zuddas sui costi-ricavi delle diverse Fidal regionali nel quadriennio 2008-2011: tutte evidenze facilmente rintracciabili sullo stesso sito della Fidal. Quella che segue è la semplice fotografia (dalla quale non si è ritenuto di fornire commenti... ognuno sui numeri può benissimo formarsi le proprie idee e i propri giudizi). Gianluca con un lavoro certosino le ha raccolte nel lavoro qui sotto, dove è quindi possibile tracciare dei bilanci pluriennali delle singole realtà locali. Per chi sa leggere fra le righe, un gran documento...

28/09/13

Provocazione: e se la smettessimo di parlare di doping a scuola?

Tanto? Quante volte se n'è parlato nelle scuole... davvero? Vogliamo prenderci in giro? Quasi mai direi. Ma poi quali scuole? In quali gradi? In che modo lo si affronterebbe il problema del doping? E i ragazzi, lo recepirebbero questo problema? Invariabilmente, da qualunque discussione, articolo, opinione, in cui si parla di doping esce come unica soluzione affrontabile per sconfiggere la piaga del doping nella società, quella di andare nelle scuole e diffondere questi principi contrari all'uso di sostanze dopanti. Mi posso permettere di dire una cosa, che come al solito risulterà scomoda? Basta con questa baggianata della scuola come panacea di tutti i mali!

Appellarsi alla scuola, si è capito, è il modo di uscire da una discussione con le mani pulite, la coscienza a posto, la soluzione cui nessuno dice di no e con la classica proposta cui tutti assentono senza batter ciglio: tanto poi nessuno materialmente farà nulla con le scuole, si sa. Tanto nessuno andrà nei Ministeri o nei Provveditorati a dire: ehi, bisogna parlare di doping! Ma poi chi dovrebbe parlarne? I professori di educazione fisica? I professori di filosofia? Quelli di analisi? Di Sociologia? E' molto poco prosaicamente la classica non-soluzione all'italiana, la procrastinazione del problema, assolutamente impossibile da diffondere capillarmente e da applicare al nostro sistema scolastico costruttivamente, ma che lo stesso rappresenta in tutti i commenti la panacea a tutti i problemi italiani.

La scuola: quella stessa scuola per la quale i genitori devono comprarsi gli arredi per garantire ai figli un minimo di ambientazione, dove i docenti non hanno una formazione specifica sul doping? (ma vi rendete conto? Chi sa di doping tanto da doversene fare docente?). C'è un problema? Basta andare nelle scuole, no? Ci sono talmente tanti problemi da risolvere attraverso la scuola, che servirebbero probabilmente 24 ore al giorno intensive di lezione per i poveri studenti per capire in che razza di mondo stanno vivendo. Quindi, capite subito come quando qualcuno dice che il problema si risolve a scuola, secondo me, lui per primo sta sottovalutando il problema e non sa come risolverlo... o comunque, risulterebbe una soluzione nel lunghissimo periodo (pensate che razza di operazione capillare, profonda, duratura, onerosa, dovrebbe essere...), senza sapere tra l'altro se avrà mai successo. 

Prendete la piaga della mafia in Sicilia. Come si risolve il problema della criminalità mafiosa? Risposta del 99% di coloro che si esprimono sulla cosa: con la scuola. Ah sì? Ma come? Dicendo cosa? Sapete invece secondo me come si risolve il problema della Mafia, della Camorra e di tutte le criminalità organizzate? Con il lavoro. Date un posto di lavoro a tutti i disoccupati in Sicilia (la manovalanza della criminalità) e vedrete come la Mafia inizierà a perdere il suo potere contrattuale in pochissimo tempo con chi non ha nulla e deve cercarselo in tutti i modi. Anche la quotidiana sopravvivenza. Poi se vogliamo, andiamo nelle scuole a spiegare perchè la Mafia non riesce ad attecchire con chi ha la possibilità di vivere un'esistenza tranquilla. Una realtà concettuale, non sarà mai così aderente come quella fattuale. Soprattutto con i ragazzi. 

Come per il doping. Dire che il doping è sbagliato è una cosa universalmente condivisa. Lo sanno tutti ed è inutile dirlo: è forse il modo di dirlo in una scuola che lo rende più pregnante e convincente? No. I ragazzi sono attirati da milioni di attrattive, e quella del doping sarebbe l'ennesima materia senza significato per la stragrande maggioranza di loro.

Ma allora come si combatte il doping? Penso che il doping esisterà sempre. Perchè? Perchè fa parte dell'indole dell'uomo cercare di avvantaggiarsi sugli altri uomini in tutti i modi. Nello sport, poi, dove la competizione tra uomini raggiunge il massimo della conflittualità (solo dopo la guerra), perchè pensare che ci si trasformi tutti da homo hominis lupus ad agnellus rispettando le regole? E' impossibile: possiamo stare tutto il giorno, tutti i giorni in una scuola, ma la necessità di prevalere gli uni sugli altri emergerà sempre in qualche modo ed in qualcuno, tanto da portarlo a violare le regole. La scuola, nonostante vi siano passati tutti, non ha mai eliso la commissione dei reati in una società, quindi come si può pensare che ci riesca a tabula-rasa nel doping? Fantascienza.

Ho cercato di arrivare ad un piano più profondo e non so se ci sono arrivato: ho però questa idea che vi espongo. Il vero senso della scuola, non è quanto trasmette in termini di nozioni (almeno, non quella dell'obbligo), quanto la socializzazione alle norme (intesa come imparare le regole tacite della società) da parte degli studenti. Al rispetto dell'autorità (il professore), delle gerarchie. La scuola è la forma palese in cui la società insegna ai propri aderenti come viverla in maniera fattiva e funzionale. La lotta al doping quindi non la si insegna nelle scuole sostenendo l'ovvietà che il doping è una pratica vietata, quanto molto più semplicemente facendo capire che bisogna rispettare l'autorità e le regole. Il rispetto delle regole aiuta alla lotta al doping (così come per tutto il resto di devianze sociali) non il sostenere che il doping fa male.

Mia madre ha insegnato per oltre 35 anni; mia sorella lo fa da oltre 10. Ebbene, quando sento parlare delle loro esperienze quotidiane scolastiche, il minimo comune denominatore che emerge in maniera netta, è il progressivo sfaldamento dell'autorità dell'insegnante. L'insegnante è diventato quasi un collaboratore alla pari con gli studenti, uno cui si può ribattere tranquillamente, contestare, insultare, denigrare, diffamare. Nemmeno tanto tempo fa, nell'esistenza di ognuno di noi, vi erano invece più figure autoritarie nel succedersi della vita (il maestro, il professore, l'allenatore, il prete...) che affermavano continuamente la necessità del rispetto di piccole grandi regole, tacitamente o palesemente. Una società in cui non si rispettano le regole, è una società in cui si assiste a tutte le derive possibili ed immaginabili. Il mancato rispetto delle regole, porta alla conflittualità tra i cittadini tradendo il patto sociale che sta alla base del reciproco rispetto.

Questa riflessione mi è scaturita ascoltando Alessandro Donati l'altra sera ad Assago, nell'incontro organizzato dall'amico Marco La Rosa. Il passaggio per me illuminante è stato quello in cui Donati ha tratteggiato uno spaccato del mondo sportivo che si è svegliato un bel giorno col tempio inaccessibile di convinzioni violato dalla magistratura. La legge penale, e non quella sportiva e le organizzazioni che ne fanno parte, è riuscita a scardinare il portone omertoso e connivenziale del mondo del doping. La legge penale (almeno, quella italiana...) non si ferma al consumatore, al drogato, ma cerca anche gli spacciatori (i dopatori), gli organizzatori, le reti malavitose: com'è giusto che sia in una società che vuole debellare una piaga sociale! Questa è l'unica soluzione. La repressione di tutta la rete! Pensate che la legge penale in Italia è talmente evoluta da punire anche chi "assume", fattispecie che non è invece prevista dalla normativa per gli stupefacenti, per cui i consumatori al massimo incorrono in sanzioni amministrative e solo se trovati in possesso di piccoli quantitativi di droga sufficiente a scagionarli dalla possibile cessione. Il consumo di fatto non è punito, ma tutto quello che c'è prima sì.

Come dice Donati: il mondo (di connivenze) dello sport invece ci ha fregato tutti: l'unico colpevole universalmente riconosciuto rimane quel povero pirla dell'atleta, solo nella sua stupidità, apparentemente autonomo in tutto: dall'acquisto delle sostanze dopanti, ai fantasiosi suppellettili per occultarle, ai fantasmagorici viaggi per acquistarla, ai metodi naif di conservarli ed inocularli (servirebbero equipe mediche, ma loro ci riescono da soli: campioni in medicina). Piccoli chimici crescono... e noi chiaramente siamo tentati a crederci. Cazzate. Il doping è necessariamente una rete, una ragnatela di persone che punta ad un profitto (da una parte sportivo, dall'altra economico e per qualcuno politico), che va sconfitta con un'azione repressiva che deve essere edulcorata dal sistema sportivo (come sostiene Donati). Io ci vedrei bene un pool di Carabinieri o di poliziotti, specializzati, attinti dalle risorse umane derivanti da ruoli tecnici già previsti nelle forze dell'ordine (come tecnici di laboratorio e chimici) che operino solo in ragione di un obiettivo super-specialistico e che oggi è una piaga sociale con un arcobaleno di ripercussioni negative sulla società. Gli organismi di natura elettiva, politica, rappresentativa, sportiva, si è capito abbastanza chiaramente, sono troppo tentati a chiudere un paio di occhi a testa alla volta sulle pratiche poco ortodosse dei propri adepti... E se lo lascia intendere Donati, io gli credo. Voi no?